Non merita alcuna valutazione critica la video biografia retorica e bugiarda dedicata a Giuseppe Garibaldi condotta recentemente da Piero Angela su Rai Uno.
Noi meridionali ben conosciamo i tradimenti dei generali borbonici, le alleanze tra gruppi massonici - espressione della borghesia sorgente e affamata di potere e gli schieramenti politici moderati risorgimentali.
Ben conosciamo le trame per il potere di Francesco Crispi e di Liborio Romano a capo dei camaleontici gattopardi che non difesero la dignità storica del Sud.
Noi ben conosciamo i furti delle casse comunali da parte dei garibaldini in Sicilia, i loro aspetti squadristi, le fucilazioni dei contadini che occuparono le terre credendo nei falsi e strumentali editti di Garibaldi, eroe massone al servizio dei Savoia senza alcun dubbio, a maggior conferma citiamo una sua lettera indicativa, scritta da Caprera il 24 aprile 1872:
Mio caro Mazzoni (Giuseppe Mazzoni, ndr),
che la Massoneria incarni in sé stessa tutto quanto cè di onesto, di generoso, di aspirante al miglioramento umano in Italia prima, poi nel mondo, ove le sue ramificazioni benefiche si estendono: - Non è questa la missione degna della più autentica, della più grande delle società umane?
Il primo dei Mille se da un verso elogiava la consorteria affaristica della Massoneria - i loro riti iniziatici(sic) e i loro riferimenti culturali doccasione da Pitagora a Giordano Bruno e a tradizioni diverse, sono ridicoli da altro scriveva con doppiezza alla rivista socialista La Plebe alla fine del 1871 intorno al problema contadino come la più importante di tutte le questioni e intravedeva le ragioni sociali del brigantaggio meridionale alimentato dal malgoverno che sospingeva nelle bande gli infelici contadini che morivano anche di fame: il Nostro eroe nazionale è con i padroni vincenti e con i contadini briganti, appunto un Santo onnipresente soprattutto dove la sua Gloria e Mito si amplificavano. Dopo la mitizzata impresa dei Mille, Garibaldi ritornò nel Sud infiammato dalle rivolte contadine contro i conquistatori e nellagosto 1862 si appellò in Aspromonte inutilmente a tutti i meridionali, immiseriti e già impegnati nella guerriglia (guerra civile la definisce lo stesso Garibaldi in quei giorni) e nella resistenza agli effetti disastrosi delle nuove leggi nazionali (tasse, servizio militare obbligatorio per cinque anni ecc ).
Leroe non più carismatico voleva essere affiancato dalla popolazione del Sud nella per lui prioritaria marcia su Roma (sic); in pochi scontri militari il suo drappello di uomini fu sconfitto, e uccisi alcuni dei suoi anche da truppe militari ex borboniche opportunisticamente confluite nel novello esercito nazionale che inveirono contro i garibaldini con rabbia gridando: Nel 60 a noi ora a voi! ; lo stesso Garibaldi ferito ritornò mestamente a Caprera ormai eroe inutile alla politica della nazione aristocratico borghese italiana.
Gli stessi Bakunin, Engels e Marx suoi contemporanei e leader dei nascenti movimenti rivoluzionari proletari, ben lo conoscevano e infine denunciarono il falso mito strumentalizzato dai vincitori e i limiti rivoluzionari borghesi di Garibaldi; così come furono delusi alcuni giovani garibaldini dal trasformismo vanaglorioso del falso eroe popolare; e lo stesso Mazzini pur limitatamente al tradimento dei suoi ideali di confuso e misticheggiante nazionalismo repubblicano derise il nizzardo.
Noi ben conosciamo il furto dei depositi monetari, dellintera riserva aurea del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, delle finanze, delleconomia con la distruzione della sorgente industria meridionale da parte degli invasori, e il declassamento delle nostre tradizioni militari e dellimportante Accademia della "Nunziatella" da parte dei conquistatori al servizio del tiranno Vittorio Emanuele II con linsulto e il disprezzo razzistico incivile alle popolazioni meridionali , il tutto ben pianificato dal partito dei moderati di Cavour, in accordo con gli interessi politici economici delle potenze internazionali dInghilterra e Francia.
Noi ben conosciamo gli eccidi dei bersaglieri a Pontelandolfo, Casalduni e in tutto il Sud dei militari a noi stranieri con paesi distrutti e bruciati, fucilazioni di decine di migliaia di ribelli, di civili, con stupri (un simbolo per il Sud: Concetta Biondi 16 anni stuprata e uccisa dai bersaglieri a Pontelandolfo nellagosto 1861) e assassinii ingiustificati, e deportazioni al nord di divisioni militari, di contadini, di meridionali resistenti ai conquistatori.
Noi ben conosciamo i generali invasori, i criminali di guerra e dellumanità Cialdini, Lamarmora, Pinelli e tanti altri a tuttoggi onorati dalla Repubblica italiana.
Si badi bene che a noi non sono sconosciuti i limiti, i soprusi nei confronti dei contadini oppressi, sfruttati e condannati alla fame dal regime feudale borbonico che spremeva i braccianti, i coloni e i piccoli possidenti meridionali utilizzando i proventi per lesercito e per i propri lussi: ma era affare nostro ribellarci, fermo restando come scrisse lo stesso Pisacane meridionale ignobilmente strumentalizzato dalla propaganda risorgimentale " che il governo costituzionale del Piemonte sia più nocevole allItalia, che non la tirannia di Ferdinando II. Credo fermamente che, se il Piemonte fosse stato governato nella stessa maniera che gli altri Stati italiani, la rivoluzione dItalia a questora si sarebbe fatta " (da Il Testamento di Pisacane, 24 giugno 1857 Genova).
Così comè vero daltronde complessità della Storia che già si era manifestata nel 1799 nella saldatura tra reazione popolare e ancien régime - quanto affermò anni dopo lultima regina del Sud, Maria Sofia di Borbone: " Quasi tutto il popolo delle Due Sicilie era fedele al suo Re legittimo ma il conte di Cavour riuscì a corrompere alcuni generali del nostro esercito, che si ritirarono senza combattere, lasciando la via aperta dinanzi a Garibaldi. E la fortezza di Gaeta non si sarebbe arresa se non fossero giunte le artiglierie del Re di Sardegna, il quale, poco tempo prima aveva offerto alleanza al Re mio consorte. Ma il popolo rimase fedele alla dinastia. "
Quella che gli storici italiani chiamano "guerra del brigantaggio" fu la generosa rivolta degli umili contro il regime piemontese. Se il mio sposo, invece di rimanere a Roma, avesse varcato i confini del Regno e si fosse messo a capo degli insorti, raccogliendo le bande sparse in un solo esercito, saremmo rientrati vittoriosi nella Reggia di Napoli.". Lo stesso Carmine Crocco Donatelli, pastore e contadino, il più noto brigante dopo la conquista del Sud da parte dei Savoia scrisse nelle sue memorie raccolte dal capitano Massa:
Oh, perché il Borbone non seppe utilizzare tanto valore e tanto eroismo così spontaneo, nei figli di questa forte regione, cosicché il potente esercito borbonico fu messo in fuga da un pugno di giovinetti e questi furono chiamati eroi, e vili quelli? La verità di quelle facili vittorie, la causa delle fughe, il facile sbandarsi e chi noi sa!.
Ancor più fa luce sul trasformismo e sulle sfaccettature della lotta politica economica di quegli anni, lo scritto autografo e non italianizzato dello stesso Crocco riportato da Cascella:
"La Signoria da prima tutti oppressori, poi divisi in due. Luna liberale, laltra realista, questi, conoscendo il male che loro cadeva sopro, volendo tendari lultimo colpo di vendetto aizzava la misera plebba, la quale con facilità si precipita nella voragine, terribile sono le sue prime mosse, ma codarda nel sostenere il fine La cecità del governo il quale faceva passare per le armi le Locertole, e metteva nel suo seno i Serpenti velenosi i quali avuto il pieno loro indente finivano di sterminare le Serpungole, uno dei quali sono io Guai ai prepotenti se Luomo conoscesse che la forza sta nelle sue mani, guai agli oppressori se luomo conoscesse i suoi diritti e suoi doveri". Crocco ergastolano non risparmia la Chiesa dal suo giudizio e a proposito degli ultimi giorni della sua vita da generale dei briganti così ci ricorda (in Massa cit.):
Sciagurati dove andate? A chi prestate fiducia? Qual pensiero vi guida? Tornate alle vostre selve, alle macchie vostre, ite lungi dai principi dei sacerdoti imperocchè dessi sono più vili e traditori degli antichi giudei!
Dei dodici cavalieri sette caddero malati per via e assagiarono il piombo del governo, io ed altri quattro scendemmo a Roma.
Da uno dei sette colli spedii ad un diplomatico una raccomandatizia avuta da un signorone meridionale, che non nomino per non offendere la sua memoria.
Quegli mi rispose dandomi consiglio di presentarmi al governatore del Papa Re, cosa che io feci tosto.
Che fece il gran Pio IX, ci seppellì alle carceri nuove di Roma, poscia ci trasferì alle carceri di San Michele a Ripa sempre chiusi in cella di rigore.
Alle tante e reiterate mie suppliche per essere consegnato al governo dItalia, non fu risposto mai. Chiesi di avere un po di denaro del mio (sequestratomi allatto dellarresto) per supplire al magro vitto, nebbi in risposta dall esecrato monsignore Randi Lorenzo, governatore di Roma, e quando sarai libero come farai a vivere se ora consumi i tuoi denari? Il Santo Padre ricevendo nel suo regno la mia persona doveva dire Tu hai toccato le mie vesti, hai baciata la mia pantofola ti siano rimossi i tuoi peccati"...Ciò non fece, quindi ho il diritto di maledire la sua memoria, il suo triregno e la sua scellerata curia".
Crocco, da acuto contadino qual era , capì di essere stato con tutti i meridionali subalterni massa di manovra di uno scontro di potere, e si vide rinchiuso nella cella romana finanche ignorato e disprezzato sia da Pio IX che da Francesco II che non gli concessero nessun onore, al contrario delle importanti esequie che furono organizzate quando ritornò a Roma il corpo del generale carlista Borges che tentò di riconquistare inutilmente il regno meridionale ai Borboni non seguito dai contadini, capeggiati da Crocco e dalla spia francese De Langlois che sempre ostacolò Borges.
Crocco aveva una competenza diretta e unica dei fatti : insieme a Ninco Nanco e altri contadini briganti combatterono con i garibaldini contro i borbonici finanche nella battaglia finale del Volturno, dopodiché si ricredettero e contrastarono linvasione dei Savoia.
Ma cosa fu il nascente Stato italiano in quegli anni?
Gramsci rispose il 20 febbraio del 1920 su Ordine Nuovo:
" Lo Stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e a fuoco lItalia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono infamare col marchio di briganti . "
Noi ben conosciamo le responsabilità della Destra risorgimentale e della Sinistra Storica ottocentesca, dei governi liberali giolittiani, del Fascismo, dei partiti "appunto" nazionali che trasformarono e sacrificarono allidea nazione le nostre sette regioni lAbruzzo, la Calabria, la Campania, la Lucania, il Molise, la Puglia, la Sicilia umiliandole in uno status da colonie subalterne.
Noi ben conosciamo lennesima rapina che è in atto in questi anni da parte dei gruppi finanziari settentrionali intrecciati al capitalismo internazionale i quali hanno la direzione della stragrande maggioranza delle banche del Sud: lor signori indirizzano il risparmio dei meridionali al nord sottraendolo alle imprese, al commercio, al lavoro, allo sviluppo del Mezzogiorno.
Noi ben sappiamo che questi gruppi di potere sono presenti in tutti i partiti nazionali italiani e non è casuale che compaiano con le loro consorterie bancarie tosco padane massoniche nei titoli di coda tra i finanziatori del Garibaldi televisivo propagandato da Angela ; essi perpetuano uno sfruttamento del Sud che intendono continuare a mantenere in Europa, al di là di ogni strategia politica della stessa unione multinazionale rispetto allimperialismo americano.
Anche loperazione dinvenzione cine - televisiva e di basso profilo dei fratelli registi Taviani, incentrata sul falso mito di Luisa Sanfelice, segue e rafforza il progetto di condizionamento culturale e pianificazione di unidentità "nazionale", traendo spunto dalle vicende del 1799 napoletano non per evidenziare il carattere subordinato ed esterofilo dei giacobini meridionali asserviti a quelle che già ben si profilavano le mire imperialistiche napoleoniche, ma per rimarcare il ruolo ideologico della èlites dei gruppi dirigenti e la loro manipolazione egemonica dellidentità del Paese, che a tuttoggi si perpetua di là dagli schieramenti governativi che si alternano.
I giacobini meridionali della Repubblica Partenopea difatti tentarono opportunisticamente di porsi al seguito dei fratelli maggiori che avevano fatto la Rivoluzione ha scritto acutamente Luciano Canfora - mentre loro la trovavano bella e fatta e tentavano di assumerne la guida sulla scia delle armate della Grande Nation . I giacobini europei, infatti, e quelli italiani in particolare, entrano in scena proprio quando il clima politico e lassetto politico cambiano: la guerra rivoluzionaria cambia codice genetico e diventa guerra di conquista mirante, per questo tramite a garantire alla Francia la sicurezza; e intanto si fa strada, apertamente col 18 brumaio 1799, il potere personale.
Il rapporto dipendente dei giacobini napoletani dai francesi del Paese guida si fa giocoforza nel tempo debole deteriorandosi, e lalleanza tra il Popolo e il Re Ferdinando di Borbone sconfigge la Repubblica elitaria Napoletana. Canfora ci chiede di analizzare entrambe le esperienze : - mancanza di capacità progettuale e autonomia dai giacobini francesi ormai quasi imperialisti, e incapacità a creare comuni alleanze reali con i subalterni - che impongono drammaticamente ai giacobini tutti (e direi ai giacobini di tutte le epoche) la domanda autocritica per eccellenza , che è sempre aperta : dove abbiamo sbagliato?
Il loro essere elitari antico e nuovo è il loro limite, a nostro avviso, e il loro giudizio nei confronti dei popolani come tutti i giudizi calcolatori - di masse spoliticizzate, ignoranti e plebee, è una scusa che non li giustifica: lascolto e la lettura delle ragioni degli Ultimi quando è confronto crea solidarietà, percorsi comuni, patrie reali. Il concetto giacobino di Libertà è astratto e prigioniero sin dalla dichiarazione dei Diritti dellUomo del 1789 della gabbia ideologica degli Stati Nazione, successivamente Imperialisti e Totalitari come ci indicò saggiamente Anna Harendt. La vera Libertà di uomini e donne si basa sui concreti diritti di Lavoro, Casa, Cultura, Creatività, Relazioni Umane, Partecipazione Responsabilità al governo del Paese che si vive: queste garanzie ci difendono dal sorgere di sempre nuovi dominatori. Nella lotta politica risorgimentale ma non solo la contesa tra élites per costituire o conservare la propria potenza di dominio si attuò strumentalizzando le masse e costruendo e agitando miti che sono autentiche falsità (Garibaldi, come inviato di Santa Rosalia in Sicilia, e poi ancor più in tutto il Sud che da sempre aspettava il Salvatore taumaturgo, ci ricorda si badi simbolicamente il conquistatore spagnolo Francisco Pisarro - biondo dagli occhi azzurri e a cavallo anche lui- idolatrato dai nativi ma astuto dittatore e distruttore dei popoli e delle civiltà preispaniche peruviane).
A parere del Croce e dei suoi discepoli, tra le élites in lotta ve nè una che fa valere gli interessi del bene generale: laristocratica e democratica classe degli intellettuali. E luomo e la donna comune non sono degni di Libertà? Le ragioni ben concrete di Libertà e di Giustizia dei contadini briganti (la Terra! Con i diritti di semina, raccolto, far legna, lusufrutto e il guadagno del proprio lavoro) non furono considerate nello scontro di Potere tra clerico borbonici, democratici (garibaldini e mazziniani neppure uniti) e moderati di Cavour. E alla fine vinse lalleanza, sottolineata dallergastolano Crocco, tra i potenti che esclusero la ormai non più funzionale Casa Borbonica e i contadini. Il problema della Terra dopo il 1860 rimase irrisolto anzi si acuì con la nascita di agrari che ancor più sfruttarono le masse bracciantili meridionali. Ed è dobbligo e veritiero constatare che quando fu respinto anni prima dai rurali meridionali il tentativo insurrezionale dei mazziniani Fratelli Bandiera che volevano imporre la loro Libertà, astutamente Ferdinando II di Borbone ricompensò i contadini locali con favorevoli e speciali concessioni per lutilizzo della Terra.
Paradossalmente lo stesso Croce - maestro riconosciuto dei nostri custodi della memoria risorgimentale, e tra laltro autore del La Rivoluzione napoletana in cui ravvisava nei popolani che contrastarono lentrata delle truppe francesi a Napoli nel 1799, il pericolo maggiore per laffermarsi dellItalia risorgimentale e liberale -, considerava nello scritto apparso sul Manifesto per la chiamata dei volontari, affisso in Napoli il 10 ottobre 1943 gli stessi lazzari quali precursori della difesa e resistenza contro i fascismi europei: "E già il nostro popolo, in ogni parte dItalia, nei più vari modi, combatte e contrasta; e uomini, donne e fanciulli di Napoli hanno dimostrato, pur con le scarse armi che sono riusciti a procurarsi, quel cuore e quello spirito pugnace e quello spontaneo eroismo che in passato rifulse in famose difese della nostra città contro gli stranieri"- in: B. Croce, Quando lItalia era tagliata in due. Estratto di un diario (Luglio 1943 Giugno 1944), Bari, Laterza,1948,pp.155.
E un uso strumentale e cinico della "Cultura" da parte del latifondista don Benedetto e si rispecchia questa sua doppiezza quando in momenti storici tranquilli affermò che la rivoluzione dei giacobini napoletani aristocratici fu più nobile di quella degli stessi francesi perché giurarono per la Libertà (elitaria, sintende; N.d.R.), la Filosofia e la Repubblica: quante parole retoriche per mascherare la lotta di potere delle élite.
Il progetto culturale attuale inneggia sui mass - media "dallItalia allEuropa" - ma si badi bene non mettendo fine alla Colonia del Mezzogiorno -, ed è complice con gli storici al servizio della Repubblica che hanno istruito Angela (i proff. Talamo e Scirocco su Garibaldi) e i Taviani ; per noi rimane misterioso il perché i fratelli cineasti sensibili in passato agli sconfitti e nobili anarchici e ai subalterni, si siano svenduti e trasformati in filmaker dei gruppi di potere coi loro dignitari: en passant , forse veleggiano verso un buon pacifico e dolce rincoglionimento senile. Ci dispiace per loro.
E dato di fatto, ad ogni modo, che programmatori dei mass media e i loro collaboratori sono quelli che Alfieri definiva gli intellettuali del Principe, i "prezzolati" di regime li chiamava Antonio Gramsci, coloro che ingannano la gente come li definiva Danilo Dolci, giusto a proposito questultimo delle terre promesse e non concesse da Garibaldi in Calabria. Tutti insieme (il Potere con i suoi servi) sono i veri briganti come scriveva Don Milani, e ancora riecheggiano in noi le sue toccanti parole in polemica con i cappellani militari:
"Certo ammetterete che la parola Patria è stata usata male molte volte. Spesso essa non è che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori ben più alti di lei. Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo. È troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé non accettò nemmeno la legittima difesa. Mi riferirò piuttosto alla Costituzione. Articolo 11 "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli...". Articolo 52 "La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino". Misuriamo con questo metro le guerre cui è stato chiamato il popolo italiano in un secolo di storia. Se vedremo che la storia del nostro esercito è tutta intessuta di offese alle Patrie degli altri dovrete chiarirci se in quei casi i soldati dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la loro coscienza. E poi dovrete spiegarci chi difese più la Patria e l'onore della Patria: quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria a tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete nel pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L'obbedienza a ogni costo? E se l'ordine era il bombardamento dei civili, un'azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l'esecuzione sommaria dei partigiani, l'uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura, l'esecuzione d'ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni (scegliere a sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri soldati della Patria), una guerra di evidente aggressione, l'ordine d'un ufficiale ribelle al popolo sovrano, la repressione di manifestazioni popolari? Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra. Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentito o avete taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la verità in faccia ai vostri "superiori" sfidando la prigione o la morte? Se siete ancora vivi e graduati è segno che non avete mai obiettato a nulla. Del resto ce ne avete dato la prova mostrando nel vostro comunicato di non avere la più elementare nozione del concetto di obiezione di coscienza. Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto la Patria, cioè noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo a caro prezzo (1000 miliardi l'anno) l'esercito, è solo perché difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranità popolare, la libertà, la giustizia. E allora (esperienza della storia alla mano) urgeva più che educaste i nostri soldati all'obiezione che all'obbedienza. L'obiezione in questi 100 anni di storia l'han conosciuta troppo poco. L'obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l'han conosciuta anche troppo. Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci direte da che parte era la Patria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire e quando occorreva obiettare. 1860. Un esercito di napoletani, imbottiti dell'idea di Patria, tentò di buttare a mare un pugno di briganti che assaliva la sua Patria. Fra quei briganti c'erano diversi ufficiali napoletani disertori della loro Patria. Per l'appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha in qualche piazza d'Italia un monumento come eroe della Patria. A 100 anni di distanza la storia si ripete: l'Europa è alle porte. La Costituzione è pronta a riceverla: "L'Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie...". I nostri figli rideranno del vostro concetto di Patria, così come tutti ridiamo della Patria Borbonica. I nostri nipoti rideranno dell'Europa. Le divise dei soldati e dei cappellani militari le vedranno solo nei musei."
La memoria collettiva sappiamo "ha costituito un'importante posta in gioco nella lotta per il potere condotta dalle forze sociali. Impadronirsi della memoria e dell'oblio è una delle massime preoccupazioni delle classi, dei gruppi, degli individui che hanno dominato e dominano le società storiche" (in Jacques Le Goff, Memoria, in Storia e Memoria, Torino, Einaudi,1986, p.350).
Noi già anzitempo avevamo dedicato delle riflessioni ad alcuni uomini simbolo dei comitati retorici dindottrinamento storico, finalizzati alla conservazione dei rapporti di sfruttamento esistenti nel Bel Paese.
E nostro dovere e ci diletta lintelligenza difendere la Memoria e le Ragioni degli esclusi dalla Storia dei vincitori, dei contadini ribelli briganti, degli emigranti; dei soldati meridionali costretti nelle trincee dalla loro Nazione padrona, dai loro imperialismi, totalitarismi, dalla loro democrazia finta che offende la dignità, la prospettiva futura del Sud e di gran parte della gente italiana, emarginandoli in un ruolo subalterno ai loro desideri e volontà di comando e dominio.
Noi sappiamo chi siete. Ben vi conosciamo.
________________
Oltre ai documenti citati, siamo debitori ad alcuni studiosi incontrati nel nostro percorso di ricerca : Franco Molfese e Tommaso Pedio la cui Memoria ci è cara.
Tra gli studi utilizzati in questo articolo vogliamo ricordare: Luciano Canfora, VITA TRIBOLATA DEL GIACOBINISMO ITALIANO, in Quaderni di Storia, Anno XXIX, numero 58 luglio dicembre 2003 pp. 6 12 ; Franco Della Peruta, GARIBALDI TRA MITO E POLITICA, in Studi Storici, Anno XXIII, n.1 gen. marzo 1982 pp. 19-20.
Col decreto del 17 maggio erano stati aboliti i dazi per il granone, i cereali, le patate ed i legumi, soppressa la tassa sul macinato; il 2 giugno 1860, da Palermo:
GIUSEPPE GARIBALDI, Comandante in Capo le forze nazionali in Sicilia DECRETA:
art. 1 - Sopra le terre dei demani comunali da dividersi, giusta la legge, fra i cittadini del proprio comune, avrà una quota certa senza sorteggio chiunque si sarà battuto per la patria. In caso di morte del milite, questo diritto apparterrà al suo erede.
art. 2 - La quota di cui è parola all'articolo precedente sarà uguale a quella che sarà stabilita per tutti i capi di famiglia poveri non possidenti e le cui quote saranno sorteggiate. Tuttavia se le terre di un comune siano tanto estese da sorpassare il bisogno della popolazione, i militi o i loro eredi otterranno una quota doppia a quella degli altri condividenti.
art. 3 Qualora i comuni non abbiano demanio proprio vi sarà supplito con le terre appartenenti al demanio dello Stato o della Corona.
E da notare con attenzione che si parla di terre demaniali , non di quelle di proprietà dei baroni; inoltre il decreto rimase, subito dopo, inosservato e cancellato.
Siciliani! "Io vi ho guidati una schiera
di prodi accorsi all'eroico grido della Sicilia, resto delle battaglie
lombarde. Noi siamo con voi! Noi non chiediamo
altro che la liberazione della nostra terra. Tutti uniti, l'opera
sarà facile e breve. All'armi dunque! Chi non impugna un'arma è un codardo
e un traditore della patria. Non vale il pretesto della mancanza
d'armi. Noi avremo fucili; ma per ora un'arma qualunque basta, impugnata
dalla destra d'un valoroso. I municipi provvederanno ai bimbi, alle
donne, ai vecchi derelitti. All'armi tutti! La Sicilia insegnerà ancora una volta, come si libera un paese dagli oppressori colla potente volontà d'un popolo unito". |
(originali conservati negli archivi
del collegio Capizzi)
Bixio, appena arrivato a Bronte, col bando del 6 Agosto dichiara il paese
colpevole di lesa umanità
AVVISO Affinchè tutti conoscano come l'ordine pubblico intenda
dal Governo ristabilirsi ne' Comuni ove si oserà turbarlo, il Governatore
della Provincia di Catania deduce a pubblica conoscenza il seguente
Decreto: Il Generale G. N. BIXIO in virtù delle facoltà ricevute
dal dittatore decreta il Paese di Bronte colpevole di lesa umanità
è dichiarato in istato d'assedio. Nel termine di tre ore da cominciare
alle 13 e mezza gli abitanti consegneranno le armi da fuoco e da
taglio, pena di fucilazione pei retentori. Il Municipio è sciolto
per organizzarsi ai termini di legge. La guardia Nazionale è sciolta per organizzarsi pure
a termine di legge. Gli autori de' delitti commessi saranno consegnati
all'autorità militare per essere giudicati dalla commissione speciale. E' imposta al paese una tassa di guerra di onze dieci
l'ora da cominciare alle ore 22 del 4 corrente giorno, ora della
mobilizzazione della forza militare in Postavina e da avere termine
al momento della regolare organizzazione del paese. Il presente Decreto sarà affisso e bandizzato dal pubblico Banditore. Bronte 6 Agosto 1860. IL MAGGIORE GENERALE G. N. BIXIO |
La Commissione mista eccezionale di Guerra pubblica la sentenza del 9 Agosto, che fa affiggere in tutti i comuni della Sicilia
IL GOVERNATORE DELLA PROVINCIA DI CATANIA Rende di ragion pubblica la Decisione emessa in Bronte, dalla Commissione mista eccezionale di Guerra, pei reati ivi avvenuti, cosi concepita: La Commissione mista eccezionale
di guerra alluopo eretta, residente in Bronte, composta dai Signori
Francesco De Felice Maggiore Presidente, Biagio Cormagi, Alfio Castro,
Ignazio Cagnotti Giudici, collintervento dellAvvocato Fiscale
Michelangelo Guarnaccia, assistita dal Segretario Cancelliere Niccolò
Boscarini nella seduta doggi stesso ha emesso la seguente decisione.
Nella causa a carico di D. Niccolò Lombardo, D. Luigi Saitta, D. Carmelo Minissale, Nunzio Longhitano, Nunzio Spitaleri Nunno, Nunzio Saperi Spirione, e Nunzio Ciraldo Fraiunco da Bronte, imputati di guerra civile, devastazione, saccheggi, incendi con seguiti omicidii, e di detenzione darme vietate pei solo Lombardo, Longhitano, e Spitaleri, avvenuti in Bronte dal 1 Agosto e seguenti del 1860 in danno di rosario Leotta e compagni, e dellordine pubblico. ha dichiarato 1. Non constare abbastanza che
Luigi Saitta e Carmelo Minissale siino colpevoli dei reati loro
addebitati, difformemente alle conclusioni dellavvocato fiscale. 2. Constare che D. Nicolò Lombardo, Nunzio Samperi Spirione, Nunzio Spitaleri Nunno, Nunzio Ciraldo Fraìunco, e Nunzio Longhitano Longi siino colpevoli dei reati loro addebitati, giusta latto daccusa, ed uniformemente alle orali conclusioni dellavvocato fiscale. ordina Prendersi una più ampia istruzione
sul conto dei sudetti Saitta e Minissale, rimanendo sotto lo stesso
modo di custodia. Condanna D. Nicolò Lombardo. Nunzio
Samperi Spirione, Nunzio Ciraldo Fraiunco, Nunzio Spitaleri Nunno,
e Nunzio Longhitano Longi alla pena di morte da eseguirsi colla
fucilazione, e col secondo grado di pubblico esempio nel giorno
di oggi alle ore 22 dItalia, li condanna altresì alle spese del
giudizio in solido in favore della cassa delle finanze da liquidarsi
come per legge. Ordina infine che della presente
decisione se ne affissino tante copie in istampa per quanto sono
i comuni dellIsola per la debita pubblicità. Fatto, deciso, e pubblicato in
Bronte lì 9 Agosto 1860 alle ore 20. Per estratto conforme - Niccolò
Boscarini CARLO DE GERONIMO |
Il 12 Agosto Bixio annuncia agli abitanti della provincia di Catania che a Bronte giustizia è stata fatta
ABITANTI DELLA PROVINCIA DI CATANIA Gli assassini, ed i ladri
di Bronte sono stati severamente puniti -- Voi lo sapete! la fucilazione
seguì immediata i loro delitti -- Io lascio questa Provincia --
i Municipi, ed i Consigli civici nuovamente nominati, le guardie
nazionali riorganizzate mi rispondano della pubblica tranquillità!...
Però i Capi stiino al loro posto, abbino energia e coraggio, abbino
fiducia nel Governo e nella forza, di cui esso dispone -- Chi non
sente di star bene al suo posto si dimetta, non mancano cittadini
capaci e vigorosi che possano rimpiazzarli. Le Autorità dicano ai loro
Amministrati che il governo si occupa di apposite leggi e di opportuni
legali giudizi pel reintegro dei demanî -- Ma dicano altresì a chi
tenta altre vie e crede farsi giustizia da se, guai agli istigatori
e sovvertitori dell'ordine pubblico sotto qualunque pretesto. Se non io, altri in mia
vece rinnoverà le fucilazioni di Bronte se la legge lo vuole. IL MAGGIORE GENERALE G. NINO BIXIO |
Vedi www.bronteinsieme.it
Iniziano i misteri italiani :
Nella notte tra il 4 e 5 marzo 1861, il poeta Ippolito Nievo, capo dellintendenza di Garibaldi e quindi responsabile di tutti i fondi (e di importanti documenti sulloperazione dei Mille), viaggiava sul piroscafo Ercole da Palermo a Napoli, ci fu una esplosione delle caldaie e tutti gli ottanta passeggeri annegarono; nelloccasione ci furono la misteriosa perdita di contatto con la nave che lo precedeva ed il ritardo nei soccorsi, si parlò subito di sabotaggio e comunque fu lunico battello ad affondare tra tutti quelli, ed erano numerosi, che avevano solcato il Tirreno per i ripetuti sbarchi in Sicilia.(dal sito il Brigantino).
Giovanni Corrao siciliano che con Rosalino Pilo aveva preparato il terreno
a Crispi e Garibaldi per loperazione dei Mille, subito dopo lannessione
forzata del Sud protesta per il servizio militare imposto ai siciliani e
con i Borboni inesistente, protesta per lo scioglimento dellesercito
dei garibaldini e denuncia sostanzialmente il carattere di conquista e colonizzazione
della Sicilia che sta avvenendo
viene misteriosamente assassinato
a Palermo dopo essere sfuggito qualche mese prima a un agguato
Ai sensi della legge n.62 del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e del web@master.