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Fonte:
https://www.telestreetbari.it/ - Mercoledì, 05 settembre 2007

Corso Vittorio a Bari: cambiamo il nome, ridiamo dignità al Sud


di Sebastiano Gernone

(se vuoi, puoi scaricare l'articolo in formato RTF o PDF)

Da tempo sono pubblicati sulla Gazzetta del Mezzogiorno di Bari, quotidiano diffuso in tutta la nostra Puglia e nella vicina Lucania, numerosi articoli e lettere che contestano la storia glorificata e mitizzata del Risorgimento. Finanche sono stati allegati alcuni volumi sul Brigantaggio del Sud, e questa iniziativa è stata in comune con altre testate del Sud e, in prima fila, il Mattino di Napoli, ex-capitale delle Due Sicilie . 

Noi ci limiteremo, in questo cappello introduttivo, all’esperienza della Gazzetta del Mezzogiorno perché, seppur pendolari con la capitale della Nazione, siamo baresi da immemori generazioni. Due righe al riguardo vogliamo confidarle ai nostri lettori, ripromettendoci un lungo articolo dettagliato. 

Basti dire da studenti e ricercatori cresciuti ed educati alla scuola di Tommaso Pedio e Franco Molfese che le lettere e gli articoli pubblicati gridano ai quattro venti che il Sud fu conquistato, verità non contestabile a chi ha buona cultura, ma queste grida in buona fede o per ingenuità per taluni – ma in dolosa complicità per altri - sono strumento di quei gruppi di potere (culturali - economici - politici) tutti meridionali che utilizzano la Storia passata per richiamare i loro complici conquistatori del Nord, al patto risorgimentale fondatore della Nazione, vale a dire quello tra le grandi famiglie latifondiste borboniche del Sud e il Nord dei gruppi finanziari - economici – politici alla corte dei Savoia e organizzati per lo più dalla Massoneria. 

Nel Risorgimento fatto il patto tra lo schieramento politico – economico – culturale - militare  borbonico (che escluse il re Francesco II, e i pochi dirigenti a lui fedeli) e i moderati del Cavour, si eliminarono dalla vittoria politica gli utili idioti legati al Garibaldi – strumento dei Savoia e,sostanzialmente, del Cavour – e i contadini briganti che a centinaia di migliaia si armarono contro la conquista del Sud, il servizio militare obbligatorio di 5 anni imposto dai Savoia, le mille tasse ecc..

Dunque, la proteste che leggiamo, confermano quel che scrisse in una nota acutissima un grande sardo e  meridionale rinchiuso per anni a Turi di Bari, impegnato a scrivere “qualcosa per sempre” perché conscio del triste destino a lui assegnato dal fascismo, vale a dire che quando si agitavano le proteste sul Risorgimento nel Sud, il nemico era sempre il Nord conquistatore, mai si attaccavano i loro complici passati e presenti, vale a dire la classe politica, imprenditoriale e culturale del Sud: compattiamoci tra noi affinché i conflitti e gli sfruttamenti nel Sud rimangono inalterati.

Se ben si leggono ad esempio alcuni articoli e scritti di questi  scrittori di storie fantastiche e brigantesche e del sud, e della banda al seguito di storici servili, cialtroni e funzionali, tutto è chiaro: alla fin fine si accodano ed esaltano le analisi dello Scirocco e del Galasso, storici meridionali della storiografia risorgimentale classica asservita alla formazione della  Nazione, seppur loro – si badi bene - esaltano e mitizzano (dunque, distorcono la complessità della storia) i contadini briganti, confermano menzogne storiche, e nel frattempo poiché sono legati al carro dei ricconi locali(nei loro lions e royal club presentano i loro testi), spadroneggiano con l’accumulo di professioni  e danari (sono presenti in mille posti, superando nelle ipocrite apparenze l’ubiquità di Padre Pio o della calabrese Natuzza Evolo),). Ma alla banda dei Cialtroni dedicheremo una nota specifica, in questa sede riportiamo un articolo di Roberto Selvaggi (ma noi vorremmo che le vie siano titolate per praticità: via Crispi ritorni a essere via Napoli, e magari  altri nomi non vincolati a potenti della storia...) che fu, appunto Selvaggi,  un neo borbonico onesto che sicuramente amava il Sud e, per stima presentiamo il nobile ricordo che ne tracciò Nicola Zitara:  magari con Selvaggi e Zitara non si potrà essere sempre d’accordo, ma sappiamo e ne siamo certi del loro vero senso di appartenenza e dignità alla nostra terra e alla gente onesta del Sud.


Roberto Selvaggi

di Nicola Zitara


Gli uomini non siamo tutti uguali. Roberto Selvaggi apparteneva a una tipologia oggi rara: era un greco antico, un combattente, uno come Ajace, che si dette la morte per non aver ottenuto le armi d’Achille. 

Il mito vuole che, sospinte dagli Dei pietosi, quelle armi navigarono sulle onde fino agli scogli dell’Ellesponto, per posarsi sulle spoglie dell’eroe. Se mai avverrà qualcosa di simile, noi potremo dire che la morte di Selvaggi è servita a questa nostra terra, alla quale egli ha dato tutto, persino la vita.

Ma di ciò dubito fortemente. I nostri avi, per ben due volte nel giro di sessant’ anni svendettero la patria e la loro dignità uomini, perché arrivasse qui un esercito di sbirri. Stupidi pulcinella, persero la patria e anche la terra!

Non siamo diversi da loro. Diciamo di amare la nostra antica patria, però teniamo la mano ben salda sul portafoglio.

Selvaggi era di un altro stampo. Ci chiamò a raccolta, e noi lo seguimmo finché la cosa non costò alcunché. Poi, quando sarebbe stato necessario mettere mano al borsellino, ci siamo tirati indietro. Proprio come quei crociati che volevano liberare il Santo Sepolcro, ma, appesantiti dal bottino e temendo di perderlo, rimisero le vele al vento e se ne tornarono a casa.

Caro Selvaggi, non so se mai potrò portare un fiore sulla tua tomba. Sicuramente, hai le mie lacrime. Oggi, domani, sempre finché vivrò.


Corso Vittorio a Bari: cambiamo il nome, ridiamo dignità al Sud

di Roberto Selvaggi

Credo ormai non sia più una novità storica che nel 1860 un intero paese con costumi, leggi e tradizioni proprie da sette secoli, dall'unificazione voluta da Ruggero il Normanno, fu militarmente conquistato ed annesso al Piemonte - D'altra parte i vincitori in quanto tali non si sono nemmeno peritati di mascherare questo avvenimento. Infatti, nei testi scolastici si parla sempre e comunque di annessione al Regno delle Due Sicilie  e lo stesso Vittorio Emanuele I re d'Italia, ma preferì, perchè intimamente convinto che di conquista si trattasse, rimanere II di Sardegna.

Tutto questo non vuole minimamente ridiscutere l'unità di questo paese ma soltanto ridare dignità e orgoglio al Sud ed ai suoi abitanti ritrovando la loro memoria e non quella imposta da altri. Il malvezzo di cancellare i nomi di strade, di abbattere stemmi e lapidi, fu purtroppo soltanto sabaude fu una caratteristica spietata e costante in tutto il territorio meridionale.

Mai un Borbone pensò di cancellare i ricordi della presenza austriaca, né a Napoli né altrove, per il semplice motivo che civiltà imponeva il ricordo di tutta la memoria storica del regno e non a caso gli almanacchi reali venivano riportati come re cronologicamente tutti quelli che si erano succeduti sul trono, da Ruggero il Normanno fino all'imperatore d'Austria. Civiltà imponeva anche che un monarchia che aveva reso indipendente prospero il Regno non avesse paura del passato.

Probabilmente i padri della Patria italiana ebbero paura del passato del Sud e cercarono in tutti i modi di cancellarlo. Non a caso a Modena esiste la Galleria Estense ed a Napoli non esiste più il Real Museo borbonico, ma semplicemente ed anonimamente il Museo Nazionale. Ferdinando II volle la costruzione d'imponente arteria di Bari ma intitolata a Vittorio Emanuele per dare lustro ad una città che in pieno sviluppo economico e sociale meritava un'urbanistica degna di questo nome. 

Si costruì così il grandioso palazzo dell'Intendenza ora Prefettura, si costruì il teatro Piccinni ed infine il grandioso nuovo porto, capolavoro d'ingegneria per l'epoca. Tutte opere che furono realizzate con i proventi di quel fisco equo e leggero che imponeva soltanto a chi possedeva, al contrario di ciò che avvenne dopo l'unità.

In terra di Bari la solidarietà dello Stato borbonico aveva fatto nascere venti ospedali in altrettante città della Provincia, cinque grandi orfanotrofi, consiglio tutti di andare a vedere quello di Bitonto intitolato a Maria Cristina di Savoia, moglie di Ferdinando II, unico nome salvatosi dalla cancellazione per il cognome che portava da nubile. Ed ancora il porto di Molfetta e di Brindisi, la creazione aspese dello Stato del Comune di San Ferdinando di Puglia, nato per salvare gli abitanti dalle malattie legate all'estrazione del sale, e centinaia di monti frumentari e di maritaggio, sorta di piccole banche di solidarietà, poi cancellate dal governo post unitario.

Comunque ringrazio il presidente della Provincia di Bari per l'atto di coraggio nel proporre di intitolare corso Ferdinando II la strada. Lo ringrazio da meridionale e da italiano per aver tentato di restituire ai pugliesi ed ai meridionali in genere quell'orgoglio per un passato che non è cominciato con Garibaldi, Mazzini e Camillo Benso conte di Cavour ma molto tempo prima con una dinastia nata e cresciuta al Sud.

Roberto Selvaggi, Napoli

(Cfr.La Gazzetta del Mezzogiorno del 17 novembre 1996)

















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