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Tratto da:
Rivelazioni ed altri documenti inediti riguardanti la rivoluzione italiana
Napoli 1864 (Pag. 40)


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Posseggo un numero di documenti officiali e molte lettere, che emanano da principali personaggi, i quali in questi ultimi anni hanno recitata la loro parte nell'Italia meridionale, lettere e documenti che per felici azzardi son rimaste fra le mie mani

Tenevano il primo posto tra essi Scialoja e de Cesare (stati entrambi ministro e direttore delle Finanze!!)

A suo tempo questa storia. Sappisi intanto una particolarità. All'epoca del plebiscito ei si fece fare una liberanza di 36,000 per le spese segrete che quest'atto richiedeva!! Ma di questa somma non versò nelle Casse della polizia che soli ducati 100!!! Gli altri entraron nella sua.

Io abbandonai Napoli con Ponza di S. Martino arrivando a Torino, la mia dimissione m'ha resa la libertà.

Già da lungo tempo m'era risoluto di rientrare nella vita privata per trovarvi un riposo, di cui aveva gran bisogno dopo una vita straordinariamente attiva ed agitata delle occupazioni di oltre 30 mesi.

La morte del Conte di Cavour, mio protettore aveva finito di staccarmi dalla politica. Egli era il solo uomo che m'avrebbe fatto conservare ancora qualche illusione, e che io credeva capace di vincere le difficoltà ondera circondato il gabinetto di Torino. Gli altri uomini che venivano al potere non m'ispiravano che una fede mediocre per l'avvenire: li aveva forse veduti troppo dappresso?... D'altronde, convien pur dirlo, l'esperienza da me acquistata aveva modificate singolarmente le mie idee. Avendo toccate con mano le cose e conoscendo meglio i bisogni e le aspirazioni d'Italia, io cominciava a dubitare assai del coronamento dell'edilizio, le cui base gettate a Plombieres, si erano così smisuratamente estese lo vedeva il Piemonte, accettato con ripugnanza e come una transazione dalla Lombardia, imporsi colla sorpresa e col raggiro a Parma a Modena, e nell'Italia centrale, e mantenersi a gran pena a forza di sangue, nel regno di Napoli, che parecchi uomini gli avevano di recente venduto (1).

Insomma io non aveva osservato da nessuna parte quel fanatismo per l'unità italiana, che, imbevuto dalle illusioni piemontesi, m'aspettava di veder scoppiare da ogni dove: per lo contrario avevo trovato dovunque e in tutta la sua vivezza l'istinto dell'indipendenza locale. Dapertutto, in una parola, il Piemonte era avuto in conto di straniero e di conquistatore.

In cospetto di tali sentimenti io era forzato riconoscere che il verace vessillo del movimento italiano non aveva cessato di essere l'indipendenza, ma non era stato mai l'unità, la cui idea non era per anche matura: riusciva evidente ai miei occhi che la Casa Savoia volendo falsarne il senso, per servire alle sue ambizioni, si era gettata in un'impresa ben superiore alle sue forze e che il fascio delle provincie che agognava di abbracciare, non tarderebbe a sfuggirle dalle mani troppo deboli. L'unità d'una nazione non si crea: conviene aspettare l'istante della sua nascita. Allora solo può esser forte e vitale.












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