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Asor Rosa emblema di una sinistra senza idee

Riteniamo che la sinistra sia assolutamente senza idee, in un paese spaccato in due, dove son saltati i vecchi equilibri risorgimentali e non se ne riescono a stabilirne di nuovi. Da questa incapacità progettuale nasce la proposta (per noi aberrante) di Asor Rosa.

La sinistra, prigioniera della cultura della parte dominante (quella padana) si arrabatta per riprendersi i consensi ceduti alla lega al nord, ma non riesce ad essere credibile in nessuna parte del paese. I tempi degli slogan unitaristi (tipo Nord e Sud uniti nella lotta - che al Sud non hanno mai prodotto nulla di buono) son finiti. E' venuto il tempo di rifondare uno stato su basi nuove. Oppure sarà secessione, non importa da dove si cominci.

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Fonte:

https://www.ilmanifesto.it/ 13/04/2011

Non c'è più tempo

Alberto Asor Rosa

Capisco sempre meno quel che accade nel nostro paese. La domanda è: a che punto è la dissoluzione del sistema democratico in Italia? La risposta è decisiva anche per lo svolgimento successivo del discorso. Riformulo più circostanziatamente la domanda: quel che sta accadendo è frutto di una lotta politica «normale», nel rispetto sostanziale delle regole, anche se con qualche effetto perverso, e tale dunque da poter dare luogo, nel momento a ciò delegato, ad un mutamento della maggioranza parlamentare e dunque del governo? Oppure si tratta di una crisi strutturale del sistema, uno snaturamento radicale delle regole in nome della cosiddetta «sovranità popolare», la fine della separazione dei poteri, la mortificazione di ogni forma di «pubblico» (scuola, giustizia, forze armate, forze dell'ordine, apparati dello stato, ecc.), e in ultima analisi la creazione di un nuovo sistema populistico-autoritario, dal quale non sarà più possibile (o difficilissimo, ai limiti e oltre i confini della guerra civile) uscire?Io propendo per la seconda ipotesi (sarei davvero lieto, anche a tutela della mia turbata tranquillità interiore, se qualcuno dei molti autorevoli commentatori abituati da anni a pietiner sur place, mi persuadesse, - ma con seri argomenti - del contrario). Trovo perciò sempre più insensato, e per molti versi disdicevole, che ci si indigni e ci si adiri per i semplici «vaff...» lanciati da un Ministro al Presidente della Camera, quando è evidente che si tratta soltanto delle ovvie e necessarie increspature superficiali, al massimo i segnali premonitori, del mare d'immondizia sottostante, che, invece d'essere aggredito ed eliminato, continua come a Napoli a dilagare.

Se le cose invece stanno come dico io, ne scaturisce di conseguenza una seconda domanda: quand'è che un sistema democratico, preoccupato della propria sopravvivenza, reagisce per mettere fine al gioco che lo distrugge, - o autodistrugge? Di esempi eloquenti in questo senso la storia, purtroppo, ce ne ha accumulati parecchi.

Chi avrebbe avuto qualcosa da dire sul piano storico e politico se Vittorio Emanuele III, nell'autunno del 1922, avesse schierato l'Armata a impedire la marcia su Roma delle milizie fasciste; o se Hinderburg nel gennaio 1933 avesse continuato ostinatamente a negare, come aveva fatto in precedenza, il cancellierato a Adolf Hitler, chiedendo alla Reichswehr di far rispettare la sua decisione?C'è sempre un momento nella storia delle democrazie in cui esse collassano più per propria debolezza che per la forza altrui, anche se, ovviamente, la forza altrui serve soprattutto a svelare le debolezze della democrazia e a renderle irrimediabili (la collusione di Vittorio Emanuele, la stanchezza premortuaria di Hinderburg).

Le democrazie, se collassano, non collassano sempre per le stesse ragioni e con i medesimi modi. Il tempo, poi, ne inventa sempre di nuove, e l'Italia, come si sa e come si torna oggi a vedere, è fervida incubatrice di tali mortifere esperienze. Oggi in Italia accade di nuovo perché un gruppo affaristico-delinquenziale ha preso il potere (si pensi a cosa ha significato non affrontare il «conflitto di interessi» quando si poteva!) e può contare oggi su di una maggioranza parlamentare corrotta al punto che sarebbe disposta a votare che gli asini volano se il Capo glielo chiedesse. I mezzi del Capo sono in ogni caso di tali dimensioni da allargare ogni giorno l'area della corruzione, al centro come in periferia: l'anormalità della situazione è tale che rebus sic stantibus, i margini del consenso alla lobby affaristico-delinquenziale all'interno delle istituzioni parlamentari, invece di diminuire, come sarebbe lecito aspettarsi, aumentano.

E' stata fatta la prova di arrestare il degrado democratico per la via parlamentare, e si è visto che è fallita (aumentando anche con questa esperienza vertiginosamente i rischi del degrado).

La situazione, dunque, è più complessa e difficile, anche se apparentemente meno tragica: si potrebbe dire che oggi la democrazia in Italia si dissolve per via democratica, il tarlo è dentro, non fuori.

Se le cose stanno così, la domanda è: cosa si fa in un caso del genere, in cui la democrazia si annulla da sè invece che per una brutale spinta esterna? Di sicuro l'alternativa che si presenta è: o si lascia che le cose vadano per il loro verso onde garantire il rispetto formale delle regole democratiche (per es., l'esistenza di una maggioranza parlamentare tetragona a ogni dubbio e disponibile ad ogni vergogna e ogni malaffare); oppure si preferisce incidere il bubbone, nel rispetto dei valori democratici superiori (ripeto: lo Stato di diritto, la separazione dei poteri, la difesa e la tutela del «pubblico» in tutte le sue forme, la prospettiva, che deve restare sempre presente, dell'alternanza di governo), chiudendo di forza questa fase esattamente allo scopo di aprirne subito dopo un'altra tutta diversa.

Io non avrei dubbi: è arrivato in Italia quel momento fatale in cui, se non si arresta il processo e si torna indietro, non resta che correre senza più rimedi né ostacoli verso il precipizio. Come?Dico subito che mi sembrerebbe incongrua una prova di forza dal basso, per la quale non esistono le condizioni, o, ammesso che esistano, porterebbero a esiti catastrofici. Certo, la pressione della parte sana del paese è una fattore indispensabile del processo, ma, come gli ultimi mesi hanno abbondantemente dimostrato, non sufficiente.

Ciò cui io penso è invece una prova di forza che, con l'autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall'alto, instaura quello che io definirei un normale «stato d'emergenza», si avvale, più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d'autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d'interessi, le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, e avvalendosi anche del prevedibile, anzi prevedibilissimo appoggio europeo, restituisce l'Italia alla sua più profonda vocazione democratica, facendo approdare il paese ad una grande, seria, onesta e, soprattutto, alla pari consultazione elettorale.

Insomma: la democrazia si salva, anche forzandone le regole. Le ultime occasioni per evitare che la storia si ripeta stanno rapidamente sfumando. Se non saranno colte, la storia si ripeterà. E se si ripeterà, non ci resterà che dolercene. Ma in questo genere di cose, ci se ne può dolere, solo quando ormai è diventato inutile farlo. Dio non voglia che, quando fra due o tre anni lo sapremo con definitiva certezza (insomma: l'Italia del '24, la Germania del febbraio '33), non ci resti che dolercene.


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Fonte:

https://www.libero-news.it/ 18/04/2011

Asor Rosa chiede il golpe ma è distratto:
già fatto, dai politici contro la politica

Una legge demenziale  e il gioco è fatto: così il palazzo sfiducia i cittadini e si suicida

di Giampaolo Pansa


Come succede spesso ai cervelloni della sinistra più vecchia, anche il professor Alberto Asor Rosa non si è accorto di quanto è accaduto all’esterno del suo studio. Qualche giorno fa, in un articolo sul «Manifesto», si è augurato l’avvento di un colpo di Stato in Italia. Un golpe vero, con tanto di carabinieri, di poliziotti, di militari in assetto di guerra. A favore di chi? Confesso di non averlo capito. Contro chi? Questo mi è risultato chiaro: contro il caimano Berlusconi e quella parte d’Italia che lo ha votato. È un gran distratto, il professor Asor Rosa. Nessuno gli ha spiegato che il colpo di Stato è già avvenuto. A farlo è stata l’intera casta politica a danno di se stessa. Non era mai successo che una gigantesca lobby formata da tutti i politici avesse creato le condizioni per spararsi un colpo alla nuca. In Italia è accaduto e continua ad accadere. Tanto che ogni giorno i cittadini senza potere si domandano se l’attuale regime parlamentare sia ancora in grado di governare il paese. Il primo passo del golpe è stato di negare agli elettori il diritto di scegliersi il proprio rappresentante in Parlamento. La legge elettorale in vigore non è affatto «una porcata», come l’ha definita uno dei suoi inventori, il leghista Roberto Calderoli. È assai peggio: una truffa che consente alla casta interpartitica di perpetuare se stessa. Mandando in Parlamento non i migliori, bensì i più fedeli, per incapaci o disonesti che siano.

Quella legge è la più scandalosa norma “ad personam” voluta dal ceto politico per tutelare i propri interessi. In confronto, le leggi personali tanto amate da Berlusconi sono regolette da oratorio. Tanto è vero che neppure le opposizioni di sinistra hanno mai fatto un passo vero per abolire la Porcata.

Di conseguenza, i cittadini che hanno ancora interesse alla politica disprezzano l’intero Parlamento. Il diluvio di retorica sull’unità d’Italia, sull’orgoglio nazionale e sull’uso della bandiera tricolore non ha fatto che accentuare la loro rabbia. Se leggono qualche giornale o vedono almeno un tigì, si rendono conto che il golpe attuato dai politici sta facendo piazza pulita di ogni decenza. Alla Camera e al Senato dilagano le urla, le risse, gli insulti, persino le sparate di cartelli diffamatori. I talk show televisivi sono partite di pugilato tra membri della casta, quasi sempre aizzate da conduttori che non sono arbitri, bensì boxeur faziosi. Ciascuno pensa alla propria bottega, che bisogna arricchire senza riguardi per l’etica. La corruzione è di nuovo tornata ai livelli di Tangentopoli. Ma stavolta un buon numero di magistrati non è più considerato un tutore imparziale della legge, bensì un militante che ingaggia uno scontro mortale con l’avversario. La casta golpista fa orecchie da mercante nei confronti del clima di odio politico che ci tormenta da almeno un paio d’anni. Le aggressioni verbali e fisiche, ormai quasi giornaliere in tante città, non vengono più condannate sulla base del rischio che rappresentano per l’ordine civile. Se giovano alla tua fazione, tutto bene. Se colpiscono i tuoi sodali, tutto male. Accadeva così trent’anni fa, al tempo del terrorismo trionfante. E oggi scorgiamo tutte le premesse perche avvenga di nuovo.  Il golpismo politico si rivela anche suicida. I blocchi partitici che si scannano ricordano le antiche navi dei folli: un vascello senza nocchiero nel mare in burrasca. Nel veliero del centro-sinistra non esiste un comandante. Tutti pretendono di essere il leader e di guidare un equipaggio in rivolta perenne. Il centro-destra un leader ce l’ha ancora, il Cavaliere. Ma pure lui è alle prese con troppi serpenti sotto le foglie. Vive nel sospetto di una rivolta interna. C’è da augurarsi che il bravo dottor Zangrillo, il suo medico personale, riesca ancora per un po’ a mantenerlo in forma dal punto fisico e mentale. In caso contrario, per la maggioranza sarebbe la fine. Del resto, anche il partito di Berlusconi è al collasso. La Democrazia cristiana di un tempo era un blocco granitico rispetto al Pdl di oggi. Qui il collante del potere non regge più. Assistiamo a un via vai di piccoli ras che entrano ed escono dalla maggioranza, alla ricerca di posti e prebende. C’è un vortice di cene, di patti siglati e subito traditi, di intenzioni non rivelate, che esplodono come tante bombe a grappolo. Può il governo affrontare gli enormi problemi che assillano la società italiana? Sto pensando alle incertezze dell’economia mondiale, al ribellismo dei giovani, alla polveriera africana, al crescere impetuoso dell’immigrazione clandestina.

Scrivo queste righe con malinconia. E con lo struggimento che afferra un cittadino onesto nel constatare che forse non c’è rimedio al caos golpista. Venerdì 15 aprile due parlamentari dei blocchi opposti, Giuseppe Pisanu e Walter Veltroni, hanno occupato uno spazio importante del “Corrierone” per suggerire un governo in grado di cambiare la legge elettorale. Mi è sembrato il rimedio dell’aspirina per guarire un malato di cancro. Una soluzione ci sarebbe: mettere da parte i golpisti e affidare la guida del governo a uomini eccellenti estranei alla casta. Ma anche questa, forse, è un’utopia. Gli uomini giusti esistono, però non osano pronunciarsi. Temono di essere massacrati dai golpisti. Invece dovrebbero osare, mostrando coraggio e sincerità. Se nel passato di qualcuno di loro c’è una macchia, venga dichiarata senza timore. In caso contrario, non ci illudano. E assistano, impotenti come noi, al disastro prossimo venturo.


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Fonte:

https://www.ilfattoquotidiano.it/ 17 aprile 2011

Asor Rosa, la follia come liberazione

di Furio Colombo


Pirandello è stato il primo a notare il grande espediente: se il nodo è inestricabile, fingiti pazzo. La tua finzione, specialmente se estrema, potrebbe indurre gli altri a tradirsi, a rivelare almeno in parte quel che hanno fatto e quel che vogliono fare. Alberto Asor Rosa, il grande italianista – scambiato, a causa del suo silenzio politico negli ultimi tempi, come un intruso nelle pagine politiche dei giornali di questo strano periodo – ha deciso un colpo di scena. Avrà ascoltato gli on. Corsaro e Cicchitto, nella seduta notturna della Camera dei deputati, tutti al lavoro, parlamentari e membri del governo, Esteri e Difesa, non uno assente, al solo scopo, mentre divampano guerre e si addensano pericoli mortali, di salvare il loro primo ministro molto ricco e molto imputato, e si è chiesto ad alta voce: “Ma perché non chiamate i Carabinieri?” (Il Manifesto, 13 aprile).

In effetti, chi avesse ascoltato l’on. Corsaro paragonare i giudici di Milano agli assassini di Aldo Moro, e l’on. Cicchitto attaccare con ferocia la vicepresidente della Camera Bindi perché si era permessa di ricordare un vecchio trascorso del vibrante Cicchitto, la sua adesione e partecipazione a una loggia massonica segreta detta P2 (ragione che aveva indotto il presidente della Repubblica Pertini a negare il saluto e rifiutare l’ingresso in Quirinale) si sarebbe reso conto che un evento pazzesco stava svolgendosi quella notte alla Camera dei deputati del Parlamento Italiano.

Non vorrei speculare sul sincero slancio di follia di un italiano stordito ed esasperato, dopo 17 anni di venerazione del miliardario e di inchino continuo, dalle grandi intelligenze a Scilipoti, verso le sue volontà, giochi e capricci, e soprattutto interessi; oppure sul freddo e attento letterato che sceglie di essere Enrico IV pur di smuovere almeno l’attenzione di alcuni. Di certo l’obiettivo è raggiunto. Si può parlare liberamente, e anche con sdegno, di Asor Rosa come di un uomo impazzito che vuol mandare i Carabinieri in Parlamento (dunque, colpo di Stato), benché un letterato i Carabinieri li possa soltanto descrivere.

Ma intanto, fatalmente, ha richiamato l’attenzione su una notte parlamentare che resterà un esempio. Perché è stata una notte senza false illusioni e senza finte bi-partigianerie. L’opposizione, e in particolare il Pd, non ha esitato su nulla, non ha commesso errori od omissioni, ha usato con bravura ogni strumento e ogni espediente, non ha taciuto mai e non ha rinunciato mai, senza una assenza e con molta aspra chiarezza in ogni argomento. Ma è stato come parlare con ansia e ragione e senso del pericolo ai membri di una setta. Niente a che fare col Parlamento. Niente a che fare con “gli eletti dal popolo” visto che si tratta ormai di una legione straniera, di eletti dappertutto e di truppe mercenarie.

È stata dunque una notte in cui si sentivano gli echi di due film profetici che hanno segnato la cultura (purtroppo non la politica) italiana: Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi, e Il Caimano di Nanni Moretti. In entrambi la fine viene dopo la fine, ovvero il regime crolla, se crolla, solo dopo il compimento di tutto il suo tragico danno. Infatti davanti a Montecitorio in quelle notti c’era una folla che, di tanto in tanto, una Santanchè o un La Russa uscivano a provocare, con spunti di follia più autentica e meno pirandelliana, anche perché si trattava di provocare i congiunti dei morti nel rogo della Moby Prince o del terremoto de L’Aquila.

Dispiace e imbarazza che “penne terze” come vorrebbe essere, ad esempio, Pierluigi Battista, scriva la mattina dopo: “L’elogio del golpe democratico stilato da Alberto Asor Rosa è l’ultima figura di un sentimento apocalittico che alberga in una opposizione drammaticamente incapace di diventare maggioranza” (Il Corriere della Sera, 15 aprile). Senza accorgersi del vero spettacolo di follia: una maggioranza che si comporta con disperazione distruttiva e rinuncia a governare pur di saldare i conti giudiziari del suo leader, e impedisce al suo governo di governare e lo fa anche come spettacolo, dunque in modo clamorosamente e vistosamente folle: eccolo lì, tutto il governo, tutto in aula, decine di ore, giorno e notte, tutti fermi, tutti zitti, nel tentativo mortale, finora in parte riuscito, di abolire ogni ruolo o funzione del Parlamento e gettare direttamente il governo contro la magistratura, un modo per autodistruggersi mentre il mondo, che ha preso nota, ha cominciato a escludere l’Italia persino dalla finzione (da tempo era solo una finzione) di contare qualcosa nei consessi e nelle decisioni internazionali. Adesso si lascia intendere chiaramente che l’Italia di Arcore non può stare con Paesi e governi normali (abbiamo perso decoro e dignità prima ancora della libertà formale) e questi governi normali firmano apertamente rilevanti documenti mondiali lasciando che il governo italiano li legga sui giornali.

Dunque, vorrei dire a Pierluigi Battista e ai commentatori allibiti per il commento azzardato di Asor Rosa, che il peggio accade quando la maggioranza usa se stessa e il suo rilevante peso come arma contro le istituzioni, dalla magistratura al capo dello Stato. Non volete credere al mio richiamo a Pirandello come chiave di lettura della esasperata frase di Asor Rosa? Domandatevi se il proclama del vicepresidente dei deputati di maggioranza Corsaro alla Camera, in pieno dibattito sulla legge della prescrizione breve, non sia ben più pericoloso, per luogo, autorità e tempo: ha iniziato la strategia di equiparare i giudici che osano processare il suo capo agli assassini di Aldo Moro.

Quella strategia si è poi sviluppata nei manifesti che hanno tappezzato Milano, e nella autorevole e folle dichiarazione (folle senza alcun alibi pirandelliano, dati gli autori) dei senatori Gasparri, presidente, e Quagliariello, vicepresidente dei senatori del Pdl. Accusano con veemente violenza la Procura di Milano e prontamente ottengono dal ministro della Giustizia Angelino Alfano, autore di tutta la montatura giudiziaria, di inviare ispettori a Milano. Ovvero: il ministro della Giustizia contro i giudici che tentano, carte alla mano, di processare il primo ministro. Non pensate che a questo punto anche tanti altri cittadini si saranno detti l’un l’altro, in un momento di esasperazione: “Ma non si possono chiamare i Carabinieri?”, un modo per dire: ma dovremo restare per sempre in questa gabbia di mentitori, fomentatori e pazzi (pazzi perché unici nello sforzo di distruggere ciò che potrebbero governare)?C’è sempre un buon dottore, in certe corsie infernali di ospedali caduti nel caos. E adesso, in Italia, si fanno avanti due primari della politica, Veltroni (Pd) e Pisanu (Pdl) e dicono questa frase, che dovrebbe essere la cura miracolosa, e tu te la fai ripetere perché hai il dubbio che si parli dello stesso luogo, dello stesso Paese, della stessa malattia. Dunque, Berlusconi, dopo il bacio alle statuette di Priapo, ha appena fatto sapere che il fine ultimo della sua vita umana, imprenditoriale e politica è (cito) “la distruzione di questa magistratura”, si è appena messo contro l’Europa, fuori della Nato ed escluso da ogni rapporto dignitoso con gli altri leader d’Europa e del mondo. Ha voluto persino aggiungere, fuori testo, il suo odio per la scuola pubblica italiana, che invece avrebbe il compito di governare, e ha dichiarato l’intento di spostare i fondi disponibili verso scuole private “anticomuniste”.

Siamo dunque, ovviamente, non solo fuori dalla legalità, come si dice sempre, ma fuori dalla normalità psichica, fatto grave quando avviene a chi detiene il potere. Ma i due primari dicono: “Bisogna creare le condizioni politiche e istituzionali perché si torni al confronto positivo sui veri problemi degli italiani”. Quella parola, “ritorno” rivela una nostalgia purtroppo mal posta. Quando mai, con Berlusconi al potere o capo di una violenta e incessante opposizione, c’è stato un “confronto”? Quando mai “sui problemi degli italiani”? Provoca angoscia e disorientamento sentir dire che “i problemi non sono ideologie, sono fatti. Vince chi indica la soluzione migliore”. Siamo sicuri che sia così? Da quando? Qui risulta (e ne parla la stampa mondiale) che in Italia vince chi ha in mano tutte le televisioni e controlla tutta le informazioni, e spadroneggia con il conflitto di interessi. Sì, lo so, sono le stesse cose che dicevamo educatamente (ma allora, almeno, insieme) nel 1996. La tragedia è questa.

Il Fatto Quotidiano, 17 aprile 2011 






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