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Non a caso Benedetto  Croce che conosceva la storia meglio di De Magistris usa il termine eutanasia. Sulla tanto decantata rivoluzione del 1799 scrisse:

"Così, per effetto del sacrificio e delle illusioni dei patrioti, la Repubblica del Novantanove, che per sé stessa non sarebbe stata altro che un aneddoto, assurse alla solenne dignità di avvenimento storico" *

* La rivoluzione napoletana del 1799 - Benedetto Croce, Bibliopolis, 1998 - pag. 12

Zenone di Elea – 6 ottobre 2011


Fonte:
https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/

Corriere del Mezzogiorno - Venerdì 30 Settembre 2011

L'UNITÀ NON FU REALIZZATA «CONTRO» IL MEZZOGIORNO

di LUIGI DE MAGISTRIS *


Conversando con i giovani dell'Istituto per gli studi storici, Benedetto Croce spiegò di aver scritto la Storia del Regno di Napoli per narrare «lo svolgimento della cultura e l'avvivarsi della coscienza politica nel Regno di Napoli, che lo portarono a dissolversi nel Regno d'Italia, accettando con esultanza questa eutanasia, che era il fine inconsapevole perseguito dai suoi pensatori e politici».

* Sindaco di Napoli

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SEGUE DALLA PRIMA

Stop  alla retorica  antiunitaria - L'Unità non fu «contro» il Sud

di LUIGI DE MAGISTRIS

Queste parole mi sembrano le più adatte a descri¬vere l'intento che ha spinto il Comune di Napoli ad accogliere e sostenere la mostra Da Sud. Le radici meridionali dell'Unità nazionale e il convegno di studi che a essa si accompagna, voluti entrambi dal¬la presidenza del Consiglio dei ministri — Unità tec¬nica di missione per le celebrazioni del 150" anni¬versario dell'Unità d'Italia in collaborazione con il ministero per i Beni e le Attività culturali — Soprin¬tendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Sto¬rici, Artistici e Etnoantropologici per Napoli e Provincia e con la Prefettura di Napoli.

Le nuove generazioni che si accingono — in una difficile contingenza storica, anche internazionale — a prendere nel¬le loro mani il destino del Mez¬zogiorno per conferire a esso una voce rinnovata e credibile nel governo del Paese non pos¬sono non avvertire l'esigenza di conoscere le straordinarie vi¬cende storiche che hanno avu¬to luogo a Napoli e nell'Italia meridionale. È il Mezzogiorno, infatti, che ha fornito un essen¬ziale contribuito all'elaborazio¬ne di una moderna filosofia civile necessaria a fon¬dare e a rendere salde le ragioni dell'Unità naziona¬le.

Non a caso la Rivoluzione napoletana del 1799, di cui furono protagonisti il fior fiore degli intellettua¬li, il meglio della nobiltà meridionale e alcuni tra gli esponenti più progressisti del clero, rappresentò non solo il flutto più alto di una stagione culturale assai feconda che vide nella Scienza della legislazio¬ne di Gaetano Filangieri e nei Saggi politici di Fran¬cesco Mario Pagano le sue punte d'eccellenza, ma anche uno dei primi e più significativi atti del moto risorgimentale. Sarà poi l'hegelismo napoletano, con il suo pratico dispiegarsi nei moti del 1848, a fornire solide basi filosofiche allo Stato unitario sul¬le quali il Paese ha potuto dapprima inserirsi nel no¬vero delle grandi nazioni d'Europa e poi suggellare la raggiunta Unità con la Costituzione repubblicana.

Il riaffiorare, accanto agli egoismi di alcune regio¬ni del Nord, di una diffusa quanto falsa opinione secondo cui l'Unità sarebbe stata fatta «contro» il Mezzogiorno, ci spinge a rivisitare quel periodo del¬la storia d'Italia con il duplice intento, da un lato, di ricostruire con la necessaria obiettività il contribu¬to dei patrioti e delle popolazioni meridionali all’epopea risorgimentale e, dall'altro, di smentire co¬loro che giudicano la ricostruzione delle vicende del Risorgimento come la narrazione dei vincitori prevalsa con la forza su quella dei vinti. Ciò non significa che al tempo dell'Unità non vi fossero dif¬ferenze di cultura, di tradizioni e di costume tra il Nord e il Sud del Paese, ma la ricerca storica dovreb¬be costituire piuttosto il necessario antidoto al peri¬colo di incorrere in superficia¬li quanto pericolose ricostru¬zioni dei fatti che potrebbero far nascere una nuova retorica antiunitaria non meno perni¬ciosa rispetto a quella di cui spesso si è ammantato il dibat¬tito pubblico intorno alle vi¬cende del Risorgimento.

Quel che è certo è che il Ri¬sorgimento fu un movimento persino troppo rivoluzionario rispetto alle popolazioni della nostra penisola e che le leggi liberali furono viste come un'imposizione da larga parte del Paese che non riuscì a otte¬nere i benefici sperati dalle pur importanti riforme portate avanti dallo Stato unitario.

Nell'attuale momento storico, guardando all’esempio dei grandi che ci hanno preceduto, sento di poter auspicare che la nuova classe dirigente me¬ridionale non commetterà l'errore di favorire la na¬scita di un inesistente dualismo politico tra il Nord e il Sud e non inseguirà la falsa chimera di una stri¬sciante secessione: il suo compito principale sarà quello di tenere l'Italia unita e saldamente ancorata all'Europa nel tentativo di realizzare finalmente l'Unità europea come naturale evoluzione del so¬gno risorgimentale.

Testo tratto dal catalogo della mostra 

Da Sud. Le radici meridionali dell'Unità nazionale, 

a cura di Luigi Mascilli Migliorini e Anna Villari, 

Silvana Editoriale, 2011








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