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LA

CIVILTÀ CATTOLICA

ANNO DECIMOQUINTO

VOL. IX.

DELLA SERIE QUINTA

ROMA

COI TIPI DELLA CIVILTÀ CATTOLICA

1864

LA POVERELLA DI CASAMARI

RACCONTO STORICO

DEL 1860 E 1861

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VII.

Mentre che Traiano partitosi così sbrigatamente, come dicemmo, dalla spezieria, si affrettava ad ire sulle orme del giovine poveretto, accorse che egli si dovesse indugiare nel monistero più tempo che non avrebbe desiderato. Conciossiachè quando fu presso agli uffizii del cellerario, s'incontrò per sorte in un omettino di monaco, venerabile al sembiante, canuto che la neve ce ne perderebbe, con in testa una berretta a tre spicchi, e tutta la persona raccolta in un tabarro di drappo nero, il quale egli udì salutare col titolo di Abate. - 0, certo questi è il capo della Badia! - disse fra di sé Traiano: e non gli parve che e' dovesse lasciarlo passare e non fargli un inchino. Perciò affrontatolo nell'atto che quegli impugnava la gruccella per aprir l'uscio della celleria: - Padre Abate reverendissimo; sclamò con voce sonora, afferrandogli di sotto il mantello la mano per istamparvi un bacio divoto; mi tengo ad onore di ossequiarla, e di rallegrarmi con vostra paternità del bell'essere di quest'Abazia, e soprattutto delle immense carità che ella fa dispensare ai poveri. Ah Dio la prosperi! -

L'Abate che uomo è saggio e pesato, ma di maniere soavi, semplici e garbatissime, introdottolo graziosamente nella camera del cellerario, gli rendette con altrettanta urbanità le sue cortesie; ed ap

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- Le dimando mille scuse, ma ella ci giudica troppo sinistramente; ripigliò pronto pronto a questa bollata l'altro, avvivando le nobili e sottili fattezze del volto; noi non facciamo punto limosina per cagioni politiche o per altri umani riguardi: la facciamo per Iddio, e perché tal è l'obbligo nostro, 0

o Piemontesi, noi non guardiamo a questo: e tanto saremmo disposti a votare i granai e la spezieria, e anco a levarci il pane di bocca, pei soldati di Vittorio Emmanuele, se arrivassero qua necessitosi e malconci, come siamo avvolontati di farlo per questi infelici regnicoli, ridotti a uno stato che metterebbero pietà alle belve.

- Si sa, Padre mio reverendissimo, la carità ha braccia lunghe; pure io osserverei che dar pane ai nemici del Santo Padre, ai ladroni della Chiesa, ehm!....

- No, signore, no; i servi di Dio non la discorrono cosi. Nei poveri, sieno poi quali e d'onde esser vogliono, noi non miriamo che Gesù Cristo; il quale ha delto di avere per fatto a sé il bene che si fa al prossimo: e non pose differenza, a quanto sappiamo noi, tra

e Piemontesi. Questi è vero sono in guerra rotta col Pontefice, e hanno tolto il suo alla Chiesa: ma noi nel soccorrere i bisognosi non dobbiamo aver l'occhio ai demeriti loro. Guai a noi se Dio misurasse i benefizii e le grazie che ci usa, con la regola dei nostri meriti! Ove saremmo noi, e io pel primo?

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Noi anzi abbiamo

- Già, già, io diceva così per dire: allo stringer dei conti siamo tutti cristiani; - replicò l'uomo; e messo il ragionamento per un altro verso, indi a poco prese licenza.

Ma appena riuscito sotto l'androne alla porta della stalla, eccogli un nuovo intoppo, e molestie e brighe senza fine. Quegli oltre a due centinaia di che erano accovacciati là dentro sulla paglia, essendosi data la voce, si rizzarono tutti incontanente che egli si affacciò tra imposta e imposta, e il trassero in mezzo a loro, e gli si. serrarono intorno con un bolli bolli, e urla e gridi e istanze che mai le più compassionevoli e tediose. Ognuno lo premeva per un po' di carità, e gli facea il capo come un cestone. - Eccellenza, un grano; signore, un farnese; eccellenza, un tre calli! - E in questo affollamento, chi gli alzava davanti il braccio mostrandogli la mano fasciata: chi gli additava i piedi scalzi o anche piagali e sanguinosi: altri gli sciorinava innanzi con mulo gesto il cappotto cascante a lembi: altri gli discoprivano le proprie lor membra ignude, tra le squarciature dei panni in brandelli.

Imperocché egli era un miscuglio ed un accozzamento di stracci, di ciarpe e d'avanzi di militari assise, il più lurido e bizzarro del mondo. Alcuni sopra un accordonato farsetto all'ussera portavano una schiavina: altri erano in berretti scarlatti con ferraiuoloni bianchi, e sottovi cenci di casacche contadinesche, o di giubbe da pecorai abruzzesi. Quale aveva un cappellaccio a pan di zucchero tutto allumacato, e l'arnese da cacciatore: quale la vita in una pelle di capra, e l'una gamba in un calzone turchino e l'altra in uno rosso, cucili alla forcata con altre loppe di diversi colori. Chi era in divisa mezzo da fantaccino e mezzo da artigliere: né ci mancavano miseri che si tenevano rinvoltati alle spalle scheggiati smessi e laceri pannistrati, ossia pezzuole di colonella o manti di lana, che si stringono al dorso

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o s'acconciano in capo le foresi dell'Ernico e le montanine del Sannio. Facce poi squallide, macere, con barbe sozze, capigliature scarruffate, carni morlicco e occhi pesti e incavati, che parean d'uomini tornali su dal sepolcro: e colà entro un sito, un tanfo, un puzzo, un fastidio da carnaio.

Il nostr'uomo a quel trepestìo, a quella ressa, a quell'assalto che sembrava una bolgia dell'inferno dantesco che gli si riversasse contrai, ebbe in grazia di non rimaner soffocato, e di cavarsela egli e il suo ronzone con alquante manciatelle di soldi e di monetuzze che buttò alla sparpagliata qui e là, tanto che il cerchio di que' pezzenti si diradasse, ed egli potesse sfondarlo e riparare a salvamento. Il che, dopo le molte e con grande sua straccaggine, essendogli venuto fatto, com'ebbe inforcato gli arcioni e puntati i piedi nelle staffe, prima di dare la mossa alla bestia, si volse alla tumultuante brigata, e scappellatosi gridò quanto n'aveva in gola: - Vittoria a Francesco II, e onore al suo bravo esercito! - Era un saluto? era uno scherno? Che che si fosse, la turba: - Viva u Rre mosto; evviva Francischiello! - rispose come un mare in burrasca. Ed egli in quella che costoro assordavan così l'aria di stridi, guadagnatosi il passo, trottò verso il piazzale di fuori. Quivi con alcuna ansietà girò un' occhiata dinanzi, di dietro, a destra, a sinistra: ma ne della fanciulla ne del giovinetto potè più trovare vestigio. - 0 capperi! li raggiungerò ben io; - disse allora in cuor suo: e pigliato l'andante s'incamminò dritto per Colliberardi.

VIII.

Noi, lasciandolo cavalcare a posta sua, coglieremo questo mezzo tempo, per intertenerci co' lettori nostri delle condizioni di costui, e di certe altre cosicciuole che il saperle importa, e il dirle non sempre cade in taglio.

Il più ed il meglio del ritratto di questo signor Traiano già fino dal bel principio ve lo abbozzammo, presentandovelo per un tócco d'uomo di corporatura da faticante, ben impersonato e grasso e carnacciulo che gli lustrava il pelo, con un paio di basettoni rossogrigi che mettevan rispetto del fatto suo. Serie V, vol. IX, fasc. 331. 4 19 Decembre 1863.

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Ma se di sol ciò non paghi, gradiste averne una bozzetta alcun che più contornata, eccoci al piacer vostro. Adunque gli spenzolava inoltre dal mento un folto e appuntato fiocco di simile barba: fiocco che Guido (ve ne ricorda?) chiamò da caprone, perocché il semplicello ignorava essere il pizzo alla italiana. Sopra ciò avea viso tondo e di poca scultura, ma di gote pienotte e frescocce e tutto vermiglio come una mela granata: naso un po' gobbo: carnagione lentigginosa: occhi picchetti e gazzini, allegrissimi però e trafiggentissimi: sopraccigli a pena arcuati: fronte bassa, liscia e colma a guisa d'una felterella di cocomero. Avvegnaché e' rasentasse non più che i quarantacinque anni, pure imbigiava di molto; ed era anch'egli brinato e in capo e in faccia quanto il leardo di Otello. Pel rimanente ottima complessione, senonchè tirava alquanto al ciccioso: e di sotto al pomo di Adamo già gli pendeano due dita di pagliuolaia, che indarno si studiava di tenere a legge nel chiuso d' una cravatta a gorgiera.

Suo padre fu un cotal Pier Giacinto, orefice di vaglia e gioielliere, niellatore e cesellatore assai riputato; uomo oltre questo di buona coscienza e probo, che lo allevò costumatamente e nel Umore di Dio. Anco per madre sortì una donna d'anima e giudiziosa, la quale vigilò con una sollecitudine oculatissima la giovinezza di lui, parendo ch'ella si confidasse di trarne fuori un qualche gran che in servigio di santa Chiesa; un Vescovo, per allo d'esempio, o un Cardinale. Ma quando si venne al punto di metterlo alle scuole e d'introdurlo per gli studii, le belle speranze materne andarono tutte in fumo. Ossia, come diceva egli, che di grammatica non ne volesse sulla giubba, ossia, come dicono altri, che non gliene entrasse boccicata; il caso fu che, dopo tre anni di mala prova, e' dovett'essere ritirato dalle panche scolastiche, e riposto nella bottega del padre a granagliare argento e oro, ed a maneggiare il brunitoio, le ciappolette e le mazzettine insieme con due altri suoi maggiori fratelli. E in cotest'arte dell'orafo, per cui la natura lo avea fallo e non per le lettere, si avvantaggiò tanto, eh' egli, in opera di minuteria, di legar gioie e condurre in filigrana fatture d'impareggiabile sottigliezza, non che vincer quelli, stava alla bilancia con Pier Giaciuto, o quasi.

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Avvenne che dei due summentovati fratelli, l'uno, che era di gran perizia in lavorare di grosseria e cesellava a meraviglia, finì di tisico; e l'altro, ciò fu il primogenito, illuminato dal cielo a conoscere la vanità di questo secolo, gli voltò le spalle e vestì uno degli abiti di san Francesco. Per lo che Traiano, appresso la morte di Pier Giacinto seguita indi a non mollo, essendo rimasto solo con la madre, e oltre l'eccellente mestiere che avea alle mani, trovandosi agiato di un capitale, che in orerie e che in beni stabili, di parecchie migliaia, si determinò a lòr donna: ed accompagnossi in effetto con un fiore di giovane, la quale gli portò in casa di quel buon senno che non v' abbondava. Di essa ebbe varii figliuoli: ma non gli sopravvivea altro che una coppia di femmine, la prima nata delle quali era il suo martello, o, conforme usava egli dire sfogandosi, la sua disperazione.

Intanto perocché ad esercitar l'arte gli pativa soverchiamente la vista, e gli affaruzzi suoi procedevano pur sempre di bene in meglio, si consigliò di lasciarla in tutto: e in quella vece di attendere a un po' di traffico sui vini, sui bestiami, e sopra certe altre partite che gli si offersero da trarne utile onesto e lucroso. Non già che egli si legasse punto con que' barulli, a' quali il volgo romanesco dà nome di bagarini, che sono gli abbracciatutto delle piazze, i caparroni d'ogni ben di Dio che vi comparisca, gl'imbrogliatoii de' mercati e l'orca del popoletto de' trivii, che halli in abbominazione. Traiano mai non s'impacciò con questa razza di gente anfibia tra la cristianità e il ghetto degli Ebrei. E perciocché una sola volta avea malaccortamente stipulato un contratto di accomàndita con un di costoro in maschera di un tutt'altro, e' n'era uscito truffalo d'un duemila scudi: i quali appunto era venuto a tentar di riaere in Arpino, dove il baro, liberale sfegatato al solito, s'era ricoverato sotto lo scudo della libertà piemontese: e di là avea con esso lui rannodato pratiche per fargli, in giunta al danno, una mezza beffa.

Nondimeno ci si domanderà forse: - E che sorta d'uomo era egli dunque cotesto Traiano, che sin qui gli avete fallo fare delle così triste figure? - Noi veramente, per dirvela com'ella è, non gli abbiam fatto fare so non le figure ch'egli fece.

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Le quali se furono triste

Contuttociò si badi, che egli non per questo si ha da credere che fosse un liberatone proprio de' primi della pezza, o un mestatore di quelli che, in materia di setteggiare, batton la zolfa e comandano le feste. Ci vuol altro! Per graduarlo a tal segno ci converrebbe d'un bue far un barbero. No: esso era, sccondochè abbiam notalo, alla coda; cioè dire al pian terreno, dove chi casca non si fa male.

IX.

Intorno a che non sarà per noi fuori di proposito, accennare cosi a volo, come questo partito sia composto altresì in Roma di più ordini diversi, i quali, stando alla pubblica voce e a quel che eziandio corre in istampa, si possono commodamente ridurre a tre.

Il primo, che per onore della stirpe di Adamo si sa comprenderne un piccolissimo numero, è dei Carbonari scelti nel mazzo; ossia di que' sellarli matricolali che toccano, come suol dirsi, il polso al leone e danno pappa e cena agli altri; grandi soprammaestri delle occulte congreghe, dottori di baldacchino nelle malizie del congiurare, e insomma cime di Framassoni da dar loro del voi col cappello in mano.

Costoro, i quali celansi nel più cupo ed impenetrabil mistero, sono la quintessenza della ipocrisia, Luciferi incarnali. Nell'estrinseco vivono alla maniera degli altri, e se il ciel vi salvi, anco più animodati che molli altri. In apparenza sono perle di galantuomini (e non alla piemontese), gemme di cristiani, coppe d'oro di cavalieri. Volli onesti, occhi colombini, fronti serene, sembianti leali, bocche ilari e stillanti miele, lingue purgate, contegni, atti, gesti, costumi, discorsi irreprensibili.

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V'ha chi pretende che ostentino, quasi umore

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ommentare l'Osservatore Romano, o l'Unità Cattolica di Torino, o l'Eco di Bologna, con una veemenza di affollo, con una gagliardezza di persuasioni, con un dolciore di teneritudini che fa inumidire più di un ciglio e rilondar più di una bocca fra gli astanti! Lettor caro, la penna ci casca di mano, e non regge più innanzi a ritrarre tanta perfidia e tanla scelleratezza d'infingimenti. Compile voi il resto che lasciamo in bianco, se ve ne dà il cuore, e consolatevi con noi nella credenza che costoro sieno rari rarissimi, come soglion essere i mostri: e pregate Iddio che così sia.

Il secondo, incomparabilmente più numeroso del primo, viene rassomigliato ad un Bazar, dove la patente di liberalità si traffica come i titoli di credito alla Borsa: eccettochè qui la moneta è di onore, di coscienza, di fede, di tradimenti, di calunnie e di raggiri a pio dell'unità del gran latrocinio nazionale, che ha covo e banco aperto in Torino. Impresarii e mezzani de' cambii erano per addietro i signori Marchesi o Conti, Legali, Ministri, Inviati o che altro del Governo Sardo presso la Santa Sede: ma dopo che le loro eccellenze, appunto perché conduttrici diplomatiche di questa sozza baratteria, furono discacciate da Roma, l'appalto è via via passato in altre mani, delle quali non monta che ci curiamo. Siccome poi il valore della patente che vi si acquista è mobilissimo, per cagione che non è assoluto, ma si commisura al prezzo insieme e alle qualità e ai meriti dei compratori; così è malagevole a dire quanto in esso Bazar si brighi, si ciurmi, si piatisca, si bisticci, si arzigogoli e si tempesti per crescerlo di continuo, e sollevarlo ad alzate ancora magnifiche. Chi ha pratica di questa baracca afferma, eh' ella sembra un vero ghetto in giorno di fiera. Dal che si scorge che tutta la brava gente, la quale concorre a mercanteggiarvi le sue tenerezze, i suoi amori, i suoi lezii e le sue alloccherìe verso l'Italia una e piemontese, ha per fine ultimo il privalo interesse, a gloria, s'intende sempre, della nazione: e che i liberali di questo second'ordine sono, in termini espressi, tanti uccellatori ad ufficii pubblici ed a pubblici guadagni, o come dicono oggidì pagnottisti 1.

1 Badi bene il lettore, di non equivocare sopra il senso dell'addiettivo piemontese di che ci accade valerci tanto spesso. Noi non io adoperiamo già come patronimico, significante cioè popolo o nazione, che in questo significato sarebbe d'uso falsissimo:

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È adunque di costoro in Roma, ciò che è dei loro compagni nel rimanente d'Italia: salvo che, chi li contasse a uno a uno, li troverebbe men calcali che non ispaccino le bugiarde gazzette delle sinagoghe di Torino e di Firenze. Ve n'ha quindi, su per giù, alcuni delle varie classi e condizioni che sono comunemente in ogni popolosa città: ma in maggior copia ve n' ha di coloro che giacciono più nel fondo, e che in quella miracolosa patente vedono o travedono la sospirala scala da uscire quandochessia del loro abbietto stato. Per essi poi, ed è cosa notoria al mondo, liberalità sona il medesimo che licenza: e però quanto è lor lecito scapestrare, dentro certi confini, tanto scapestrano alla dissoluta. Se non che in Roma, per un cotale istinto di ingenita prudenza, anche i più avventali si tengono, parlando in generale, mollo al di qua dei sovrindicali confini, che sono i tre consueti della galera, della mannaia e dell'esigilo.

Avrete per lauto in questo Bazar un nobile, o dissennato o in ìspianto, che traffica il buon nome di un illustre casato e vitupera il sangue suo, per ambizione di un titolo di credilo alla dignità di Senatore piemontese. Avrete un medico grillo, con o senza condotta, un avvocato azzeccagarbugli, con o senza clientela, che trafficano un po' d'agi e il riposo domestico dei loro, per cupidigia di un titolo di credito a stalli di Deputati piemontesi. Avrete un mercante di campagna che, bramoso di mutare la signoria de' buoi e delle bufale in quella de' popoli, traffica le lagrime della sua famiglia, per ansia d'un titolo di credito alla carica di viceprefetto piemontese. Avrete un ufficiale del Governo, ben salariato, ben pasciuto, ben saggiato che traffica il giuramento di fedeltà a chi gli somministra pu

ma come simbolico, esprimente cioè quel parlilo o fazione, che sotto il Governo di Torino ha scompigliata la Penisola, e manomessovi ogni legittimo ordine civile e religioso; il qual partito, attesa la sua origine e la sua sede, per comune consenso in Europa e in Italia suol dinotarsi con l'addiettivo predetto. E questa dichiarazione sia qui ripetuta una volta per sempre, anco a intendimento di onorare il vero Piemonte, che, per la sua fede e lealtà, è paese carissimo ai Cattolici italiani, e degno di singolare encomio, per la eletta d uomini integerrimi e valorosi che fornisce alla causa di Cristo, del Papato e dell'Italia.

- 56 - e tal altro del rubar maestro A Caton si pareggia, e monta i rostri Scappato al remo e al tiberin capestro. Cotesti eroi sono di que' più lesti fanti che, o impazienti d'indugi o inquisiti dal criminale, subito ghermitosi il loro titolo di credito, se la sono scapolata in Piemonte a goderne le riscossioni; e hanno avuta la sorte di farsi valere. Ma essendoché non a tutti ugualmente è toccata questa buona fortuna, e in Torino più d'uno di cotai martiri, che pensavasi di aver fallo un affarone, è poi rimasto a mani vuote e a denti asciutti; perciò nel nostro Bazar è scoppiato un casa del diavolo spaventosissimo, destatovi dai furibondi strilli di que' poveracci corbellati si bruttamente, e piantati in un lastrico del Regno d'Italia, con in corpo un appetito da lupi e nel cuore un rovello da mastini. Il qual parapiglia si è fatto più implacabile anco per questo, che i furbi mazziniani dalla carità pelosa, hanno, con finta misericordia, raccolto que' disgraziati sotto le loro tende, e all'amichevole spartito con essi il duro tozzo del pane inferrigno che si rodono dopo il disastro di Aspromonte:

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e in tanto nella

Il terzo si vuole comparare ad una greggia innocente, nella quale, sotto i vincastri di armenticri del second'ordine, governati segretamente dagli archimandriti del primo, s'imbrancano certi deboli di cuore, certi pusilli ser accomoda, certi babbei meticolosi, certi merlotti impermaliti, e anche certe monne baderle dal cervellino di scricciolo, e certe monne sninfie che aman di stare su d'ogni moda: tutte anime fiacche, nature povere, leste piumose, che non vedono una spanna più là quali della paura e quali dell'usanza. Per questi liberali e per queste liberalesse il negozio non è di architettare macchine, acciocché Roma piombi tra gli unghioni dell'avvoltoio settario; oh no! che anzi, quando e' v'accusano il punto giusto, nulla confessano di temer tanto, come le zaffate sebben carezzevoli di quell'animalaccio: ma è di non pericolare in qualunque siasi contingenza, di non iscomparire, di non farsi scorgere, di non tirarsi guai addosso; in somma, come dicono poco italianamente, di non «compromettersi» per modo alcuno. Nell'intimo loro, signori si, in genere sono cristiani, sono probi, sono carissimamente affezionati alla Chiesa, venerano la religione, vogliono benissimo al Santo Padre, e gli augurano uno splendido trionfo delle sue ragioni. Ma per un altro verso considerano che i tempi sono difficili, gli avvenimenti incerti e gli uomini cattivi: che tanto e tanto essi non hanno voce in capitolo, che non sono essi l'ago della bilancia; e che il loro «compromettersi» non aggiugnerebbe dramma di peso a veruno dei due piattelli


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Considerano che un po' d'arie di saper vivere al mondo, se mai fu necessaria, è a questi giorni pieni di angustie: che non e' è nessun comandamento di Dio il qual vieti di menare la barca propria con industrie prudenziali dettale dal natural senno; e che l'andar contro corrente, o il tener l'acqua che non cali alla china, è faccenda di gran rischio e superiore alle forze di persone privale. Considerano che la miglior cosa che resti però da fare a chi abbia un micolin di giudizio, è di starsene in pace con tutti, di procurare d'essere nel calendario d'ogni partito, e operando il bene che si può, senza esporsi a cimenti eroici, al che niuno è mai obbligato, guardarsi dallo stuzzicare i calabroni, e da quegli eccessi di zelo, che alla fine dei conti forse forse tornano più nocivi che profittevoli alla buona causa: giacché, come dicono due proverbii che galleggiano loro spesso alla mente, il troppo amen guasta la festa, e ogni soverchio rompe il coperchio.

Per via di tali e di simili altre considerazioni piùomen cavillose, più o meno ambigue, più o meno torte, queste animine dabbene si formano un dettame, il quale nell'alto pratico non riesce poi se non a una doppiezza di procedimenti e ad una contraddizione di fatti, che il viver loro è una ipocrisia continua. E vaglia il vero: per poter essere sul libro d'ogni partito e mostrare buon sangue con tutti, pagheranno verbigrazia con luna mano una tassa mensuale alle arpie del Comitato piemontese, e con l altra porgeranno un' offerta all'Arciconfraternita per l'obolo di san Pietro: e ciò col patto espresso, che i collettori del Comitato serbino occultissimo il loro nome, e i collettori dell'Arciconfraternita lo notino nella lista con un paio di enne misteriose. E perocché la coscienza in loro non dorme, e li rampogna di questa marachella, essi fan opera di quietarla, rappresentandole che al Comitato si è data un' inezia, e con la mano manca, e per fine di schivar noie; all'Arciconfraternita si è data una gregorina lampante, e con la man ritta, e per fine di onorar Dio.

Medesimamente un giorno o una sera, poniamo esempio, compariranno in una brigata o in una veglia fra gente di garbo, dove guai a chi distonasse da certe convenienze nelle ornature, nei detti, nelle fogge!

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E allora vi entreranno con in petto spilloni o borchie aventi l'effigie del Papa in cammei gioiellati; e con bollimi gemelli ai polsini o allo sparato delle camicie, mostranti in ismalto la croce rovescia di san Pietro; ed eziandio con un poco di bianco e giallo in un nastro, in un falpalà, in una frangia, in uno svolazzo, in un beccuccio di qualche cosa: e staran sull'avviso di non profferire sillaba, la qual soni nien che appuntissimo in bocca di persone costumatamente papaline. Or che? Un altro giorno o un' altra sera compariranno in un' altra brigala o veglia, fra gente di buccia diversa. E allora non si periteranno di mettere in vista o spilloni o borchie col ritratto di alcun brutto ceffo scomunicato, o bottoncini con la croce savoiarda; e di fare che scappi fuora da qualche merletto, da qualche piega, da qualche fronzolo, da qualche falda un cenciuccio tinto dei tre colori italiani: e quanto al satirizzare, al molleggiare, al frizzare, si accomoderanno alle battute, senza scrupoleggiare più che tanto a mo' dei codini baciapolvcre. Che se l'interno rimorso risveglisi e ridia fastidio, si provano di mitigarlo con la scusa che, si sa, tutto resta a fior di labbra; che uno straccetto d'un colore o di un altro non fa crollar il mondo; che quelle bazzecole di galanterie son roba falsa; che quello facezie scagliale là non passan la pelle a veruno e son lievi colperelluzze; e che alla fin delle lini in que' circoli si va di rado, e unicamente per debito di civiltà, e per salvare le apparenze, a fine di bene. E così in tulio il rimanente si acconciano a menar la vita loro come in iscena, dove un personaggio si è dentro e un altro di faori, e una figura si fa oggi e un' altra del tutto opposta si fa domani.

Né si stimi che in questa greggiuola sì dappoco, tutti poi vadano d'un passo, o adoperino un solo metro, o abbiano un umore medesimo, o sieno d'una stessa tempra di coscienza. Qui ancora sono le sue varietà, e c'è il più e c'è il meno, e v'ha loro e v'ha l'orpello. Alla suprema ragione del non «compromettersi» che è la comune, vi sarà facile trovare chi ne appicchi delle altre, che gli sieno di stimolo efficace a liberaleggiare anche più francamente, quasi a costume dei brigatori o briganti del second'ordine. Così, per grazia d'esempio, taluno orgogliosetto mirerà inoltre a gustare il dolce sciocco di una

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tal altro indispettito mirerà di vantaggio a vendicarsi d'un torto, che gli sembrerà d'avere ricevuto da cui non attendeva se non favori e finezze. Chi lo farà per accattarsi benevolenza da qualche formicon di sorbo, del cui patrocinio abbisogna; e chi per assicurarsi un addentellato, sul quale potere in ogni caso tirar innanzi una certa sua fabbrica di gran momento. Quella madre avrà l'occhio ad agevolare, per questa strada, una manna di partilo ad una figliuola, che, poverina! le s'invecchia in casa: quella gentildonna puntigliosissima si prefiggerà, con quest'artifizio, di non parer da meno di una cotal'altra sua rivale di mode e di salotti, con cui non può mai vincerla né pattarla: e quella spiritosa giovane filosofessa, poetessa e politichessa dell'ottanta, non che affettare liberalità piemontese, ma si pavoneggerà eziandio in un purpureo camiciotto garibaldesco, per gola di sentirsi profeticamente paragonala alle Velurie, alle Porzio, alle Cornelie dell'antica Roma: paragone che le solletica il cuore, e glielo fa nuotare in un mar di nettare.

Con che eccovi tratteggialo, a rozzi tocchi di carboncino, il mondo liberalesco dei selle colli. E crediate bene, lettor savio, ch'egli è un mondo sì piccolo, che a reggerlo in ispalla e' basta un cosino d'Aliante, un nanuzzo e ce n'è d'avanzo: e oltre questo, ch'egli è modellalo ad immagino degli altri mondi liberaleschi d'Italia; poiché tutto fondasi, come quelli, o nella nequizia o nell'interesse o nella paura, e tutto riluce di una solennissima ipocrisia, che è la propria e sostanziai forma della odierna liberalità italica.

Resterebbe a fare uno schizzetto anche appunto di quella storpiatura di Atlante che recaselo in ischiena, cioè dire del famoso Comitato, il quale ha empito di sua ridicola nomea l'Europa intera. Ma questo sarà per un'altra volta, se ce ne venga il bello. Chè il Brigliadoro del nostr'uomo già s'è divorato il cammino, e monta affrettatamente verso Colliberardi; sì che appena ci lascia un respiro da soggiungervi, che esso Traiano apparteneva all'ultimo dei tre ordini di liberali sopra descritti. Il che forse avrete indovinalo, dal vederlo doppio finora in tulio, salvochè nel coraggio.

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X.

Di presente che il giovinetto, con gli occhi fissi nel lontano cavalcatore, ebbelo ravvisato per quel desso ch'egli era: - Sai? è lui, il Romano; - gridò alla sorella. La quale a questo annunzio mutata l'ansia che la teneva smaniosa in una trepidezza di onestà vereconda: - Deh, Guido! fa di parlargli tu; gli disse aggricciandosi tutta, e calandosi il fazzoletto sul volto, e ristringendovisi dentro; io non mi attento.

-

Eh, ma tu mi devi aiutare.

-

Parla tu, interrogalo; rispose l'altra con voce languida; io ascolterò.

In questa il cavallaccio di Traiano che, pigliata l'erta, si era messo in un andare groppoloni e quasi arrabbiato, sopravvenne. L'uomo raffigurato il fanciullo fé sosta, mentre questi arrossatosi si levò il berretto e lo salutò.

-

O voi, bel ragazzino; prese a dirgli Traiano; ho un'ambasciata a farvi.

-

A me? chiese l'altro tutto rispettivo.

-

Sì, a voi; copritevi, accostatevi, né temiate di me. Voi aspettate qui, a questo freschetto, un giovane soldato napoletano neh?

-

Signor sì.

-

Bene; io non me ne ricordo più il nome, ma è quegli di cui m'avrete inteso discorrere nella spezieria.

-

Colui che aspettiamo noi si chiama Otello di Bardo; soggiunse Guido rinfrancandosi un tantino.

-

Ah sì, appunto! Or chi è egli? vostro fratello?

-

Signor no; ma è come se fosse.

-

Voi, dovete avere una sorella con voi, dov'è ella?

-

Eccola là; rispose il garzone accennandogliela con ritroso alto.

-

E perché stassi ella così rimpiattata sotto quell'albero? chiamatela un po' qua.

-

Vi prego, signor mio, che non la facciate venire; ella è tutta aggrezzita dal freddo e anche avrebbe suggezione di voi.

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- Povera figliuola! è ben quella a cui ho dato qualcosa entrando nella Badia, eh?

-

Signor sì; mormorò l'altro sommessamente e chinando gli occhi; or fatemi tanta grazia di dirmi le nuove di Otello: è egli salvo?

-

Pensa tu! è scappalo su quel puledro che non toccava terra.

-

Dunque è proprio sicuro che i Piemontesi non l'abbiano agguantato?

-

Bah, agguantarlo? non lo avrebbe arrivato il fulmine.

-

Senti? senti? Otello è salvo! - strillò il giovanetto in tripudio volgendosi alla sorella: e poi rivoltatosi all'uomo: - Signore; torné a dimandargli; e l'ambasciata?

-

Io ve la farò: ma voglio in prima sapere chi siate voi, chi sia questo Otello, e per qual cagione lo aspettiate con tanta premura. Queste indiscretissime interrogazioni ravvilupparono a un tratto Guido che, turbatosene, basso il capo, si invermigliò e rimaneggiando fra le dita i cappietti e gli alamari del suo farseltino, parea non si ardisse rispondere, o pescasse parole da farlo più riguardosamente che e' potesse. Per lo che Traiano avvistosi di quella sua confusione, in luogo di scuotergliela subito con qualche dissimulata graziosità, gliela raggravò due cotanti garrendolo zoticamente: - Non vuo' parlare? Ebbene né pur io li riferirò l'ambasciata: anzi guarda; insistè tirando fuori la pugnata dei carlini e sponendoglieli sotto il mento; questi sono per voi due, e li ho da Otello: ma se tu non canti, soffiavi su. Già me lo figuro, bel musino; tu de' essere un cagnottello di Chiavone.

- E che vi ho adir io di noi? ripigliò allora il fanciullo voltandogli un'occhiata che, se Traiano fosse stato meno sfiorito di gentilezza, lo avrebbe umiliato; noi siamo

anche noi.

- Figliuoli di qualche soldato?

-

Signor sì; il babbo nostro è Capitano nei cacciatori.

-

Di Francesco II?

-

Si sa; del Re nostro.

-

Dov'è egli?

-

In Roma.

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- E Otello, chi è quest'Otello?

-

Sarebbe una storia lunga a contarvela; io vi dimando per l'amor di Dio che mi diciate quel che mi avete a dire di lui, perché noi aggranchiamo a questo brezzone; e abbiamo in Verolì nostra madre che è quasi in agonia, e aspetta che le portiamo un certo medicamento.

-

Via, to'; disse l'uomo, vinto da questa sì candida preghiera, dandogli le monete; ecco venti carlini che vi manda Otello, e vi fa sapere che oggi non verrà più, ma che dimani alla stess'ora si troverà senza fallo nel sito che conoscete. Io poi vi aggiungo questo scudo perché ne aiutiate la vostra mamma. Siete contento così?

-

Iddio ve ne ricambii egli! sclamò il giovinetto colorato in viso come fuoco e rimirandolo con dolce mossa di occhi; noi, vedete, signor buono, non eravamo nati poveri, e la carità si faceva e non si prendeva, ma - Qui gli svanì la voce soffocatagli da un veemente singulto, e le lagrime cominciarono piovergli giù per le gote, così che non potè più altro che coprirsi la faccia con un lembo del suo lurido pastrano, sberrettarsi e, mormorando singhiozzose parole, toglier commiato.

Traiano, che aveva poi il cuore di pasta molle, e non era tutto tutto una zucca al vento, da que' rossori, da quel protesto e da quel pianto penoso del rispettosissimo garzonetto, comprese che havvi al mondo una povertà, la quale da ogni bennato spirito si vuol trattare con delicata riverenza, e non mai sforzarla a disvelarsi oltre i termini del puro necessario: e capì esser troppo crudele benefizio, quello che fa ardere e bassar la fronte di chi lo riceve. Ondechè intenerito e vergognato egli di sé medesimo, non osò mortificare più innanzi quella ingenua e pudica creatura; e spronando il cavallo si avanzò alquanti passi. Ma come fu accosto della donzella, non si potè ritenere che non le chiedesse, qual nome ella aveva. A cui l'amoroso fratello, che dietro venivagli, per levarla d'impaccio: - Ne ha due; rispos'egli così piagnente com'era: si chiama Maria Flora.

-

E voi? gli dimandò l'altro.

-

Guido.

-

Lo sapeva; me lo ho detto là quel vostro soldato. Addio, addio. - Così terminò l'incontro, e così ognuno andossi pe' fatti suoi.

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Traiano però contro voglia si era spiccato da loro due, e ringoiando a malincuore altre quistioni che egli, per sua curiosità, si proponea muovere alla giovane massimamente, e le aveva già sulla punta della lingua. Ma quando la rivide da presso mentr'ella, battendo insieme i denti e facendoli crocchiare, si rizzò e timidamente lo salutò col gesto del baciamano alla napoletana, scorse in quel suo aspetto un cotal misto di orrido e di attrattivo, di gentilesco e di scontraffalto, di leggiadro e di estenuato ch'egli n'ebbe sconvolto l'animo per la compassione, e, malgrado che se n avesse, dovè allontanarsi da lei, senza potere sgroppare il nodo d'ambascia che gli si era stretto alla gola e gì'impediva il parlare. Anzi gli s'ingenerò un tanto alto senso di pietà per quella giovanissima coppia, la quale sembravagli unire una così estrema indigenza ad un isquisito allevamento, che egli strologando e storiando sopra di essa, malediceva intra sé alle rivolture d'Italia e alla bestiale ferocità della Carboneria che, per servire ad ambizioni straniere, disertava ladronescamente popoli e stati, e dissanguava e immiseriva e disfaceva tante famiglie. Ma gua' che queste maledizioni le avess' intese altri che l'aria!

In Veroli, dov'egli era stato circa due giorni, avea avuto agio di affiatarsi con alquanti di quel pugno di congiuratori che ancor là hanno il nido, e segnatamente col loro capo, a cui il segretario del Comitato di Roma lo aveva accompagnato con una lettera di familiarità, ed era persona di niuna comparenza, ma di molti ricapiti per la fazione libertina: mercecchè teneva in mano e guidava occultamente tutta la trama settaria, distesa nella provincia di Campania. E noi non favoleggiamo. Or Traiano che si vedeva a mal punto pel suo negozio, alla cui composizione finale il debitore d'Arpino dava una più lunga tratta di tempo, essendosi deliberalo di partire la vegnente mattina e tornarsene in Roma, fu la sera a fare le sue dipartenze e i suoi convenevoli col caporale predetto, e con alcuni di quegli «amici» che trovò adunati nella casa di lui.

Era egli possibile che un uomo naturato come il nostro Romano, ammesso gaiamente in un crocchio di liberalotti ciociari a fare un po' di allegrionaccia intorno a un camino, sgranocchiando caldarroste, asciugando bicchieri di un alleatico che avrebbe sciolto lo sci

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e schiacciando certi sagrati che sfondavano il palco del tinello; era egli possibile che in tal sera, in tal contingenza, si fosse frenato dal ritessere l'epopea de' suoi casi, e dal farsene onore con belle vanterie da cuor di leone? Adunque la ripigliò da capo: e a seconda della parlantina, che gli si addoppiava col multiplicar de' baci al bicchiere, la recitò e commentò e rappresentò tutta; ma in carattere, cioè alla brava e senza quei ritegni pe' due miserelli da lui beneficati, che gli dovea persuadere la pietà conceputane, se già non avessela affogata ne' fiaschi.

Verso l'ora della mezzanotte quand'egli, rientrato nell'albergo e assettata ogni sua faccenda pel viaggio, stava in sul coricarsi, ode bussare alla porta della camera: - Chi è? - Amici: - apre, ed eccogli innanzi quel mal bigatto del capo rione, il quale: - Sior Traiano; gli dice imperiosamente; è di necessità che differiate a douian l'altro la partenza. Noi abbiamo risoluto di finirla con questa canaglia di briganti; e dimani faremo che quel colale incappi nei Piemontesi: ma ci bisogna l'opera vostra.

-

Impossibile, caro mio!

-

0! perché?

-

Per mille ragioni; io sono padre di famiglia, mi aspettano in Roma, e poi non so la scherma.

-

Ragioni da nulla; un giorno di più, un giorno di meno non guasta, e io v' insegnerò il da fare: voi intanto vi acquisterete così un merito con la causa nostra, che, ve ne accerto io, sarà avuto in considerazione.

-

Ma io non potrei espormi troppo; soggiuns'egli con manifesto sgomento.

-

Poh! fidatevi di me, voi non correrete un rischio al mondo. Siamo intesi. Or mando avvisi a Castelluccio. Domattina ci riparleremo. Buona notte. - E in questo dire gli prese la mano, gliela serrò e andossi, lasciando Traiano stupido e balordo come un barbagianni.







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