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Negli anni 1860-1861 partì una scientifica opera di denigrazione del borbonico=napoletano=meridionale, poi proseguita senza interruzioni fino ai giorni nostri. Agenti segreti e scrittori salariati o in cerca di notorietà ne furono gli esecutori.

Curleti, in fondo, con le sue rivelazioni rafforzò l'idea che era stata la genialità del Cavour a tessere la tela che aveva portato alla unificazione italiana. Non a caso le sue promesse rivelazioni su Napoli non videro mai la luce. Se lo avesse fatto il castello sabaudo si sarebbe squagliato come la neve di marzo.

Marc Monnier aveva un lasciapassare di Lamarmora e accesso a documenti riservati – anche lui stava dalla parte dei piemontesi e nelle sue opere fece le pulci al potere garibaldino e alle infiltrazioni camorristiche avvenute durante la dittatura dell’eroe dei due mondi.

Nicomede Bianchi venne spedito dal Ricasoli a Napoli durante la luogotenenza del Cialdini con il compito di sputtanare la dinastia borbonica di fronte alle diplomazie europee che cominciavano ad interrogarsi su ciò che stava accadendo nelle provincie napoletane e sul genocidio che vi si stava perpetrando.

Perdere nella reputazione dell'Europa diplomatica

la scacciata dinastia borbonica*


Raffaele De Cesare


Quanti poveri cortigiani cooperavano, forse inconsapevolmente, a determinare la resistenza folle del sovrano, che portò alla rottura dei rapporti diplomatici, seminando i germi di quelle avversioni, che non furono più dileguate da parte delle potenze occidentali; che dette buon giuoco a Cavour e al Piemonte; che pose tutto il partito liberale di Europa contro i Borboni di Napoli; che ridestò le speranze liberali nel Regno, ed ebbe infine un effetto tragico nell'attentato di Agesilao Milano, avvenuto quarantasette giorni dopo la partenza da Napoli dei ministri di Francia e d’Inghilterra!

Cosi dai documenti pubblicati dal Bianchi appare la diplomazia napoletana in occasione del Congresso di Parigi, che segnò il principio della catastrofe finale. Ma quei documenti son tutti? E lecito dubitarne. Nicomede Bianchi, preside del liceo del Carmine di Torino, nell'autunno del 1861 ebbe dal barone Ricasoli una calda commendatizia per il generale Cialdini, luogotenente in Napoli, con l'incarico di recarsi colà, per ricavare, secondo egli confessa, "da quegli archivii diplomatici le notizie e i documenti meglio atti a ringagliardire il buon diritto d'Italia ed a meglio perdere (sic) nella reputazione dell'Europa diplomatica la scacciata dinastia borbonica".

Vi andò, è chiarissimo, con partito preso. I documenti pubblicati nel settimo volume della sua storia sono perciò quelli che più gli convenivano, e forse per questo alcuni si leggono integralmente, altri mozzati o riassunti. Ma pur non elevando dubbii sull'autenticità loro, nulla esclude che non ve ne siano altri, i quali attenuino l'impressione penosa che si prova, leggendo quei documenti, che cioè la diplomazia napoletana sia stata cosi balorda. 

Il Bianchi non solo scriveva la storia con partito preso, ma portava via i documenti da consultare, molti dei quali furono rinvenuti dopo la sua morte; e nominato direttore dell'archivio di Stato di Torino nel 1870, vi fece d'ogni erba fascio, a giudizio di chi lo conobbe. (1) 

Io ricordo che Costantino Nigra, col quale ebbi occasione di parlare più volte dei numerosi lavori del Bianchi, non ne aveva un gran concetto, anzi... Sarebbe stato mio desiderio collazionare non solo i documenti pubblicati da lui, ma indagare in quei numerosi fasci delle corrispondenze diplomatiche del 1859 e 1860 dell'archivio di Napoli, ma non mi è stato possibile, richiedendosi permessi, che a me non sarebbero stati mai accordati, tanta la miseria morale che infesta le regioni ufficiali nel presente triste periodo della vita italiana! 

Lascio al futuro storico questo compito, non senza però notare, che se una parte della voluminosa corrispondenza del Canofari fu malamente resa di ragion pubblica, appena dopo il 1860, a scopo di scandali politici, e andò distrutta per ragioni facili a intendere, vi è nondimeno, secondo le notizie che io ne ho, e delle quali non sarebbe permesso dubitare, molta roba assolutamente ignota, perché nessuno vi ha cacciato ancora gli occhi. 

E v'è di più. Quando Francesco II decise di abbandonare Napoli, ordinò che le carte dell'archivio segreto di Corte fossero chiuse in sette casse, e caricate a bordo del Messaggero, sul quale egli prese imbarco. E finito l'assedio, quelle furono tutte portate a Roma? 

La circostanza che il Bianchi, nel dicembre del 1861 e nel novembre 1862, pubblicò alcuni documenti sulla quistione romana, che da Francesco II erano stati dimenticati a Gaeta, lascerebbe ritenere il contrario. La circostanza che i documenti più gelosi furono chiusi in tante casse, per essere trasportati a Gaeta, fu a me riferita la prima volta da Domenico Gallotti, e poi confermata da Domenico Bianchini, il quale tornò a Napoli due giorni dopo la partenza di Francesco II.

Il Bianchini aveva accompagnato il duca di Caianiello nella sua missione a Chambery presso Napoleone III, nella seconda metà di agosto: missione, della quale si parlerà a suo tempo.


1 Altri documenti lasciò in eredità al municipio di Reggio Emilia, sua patria.

* Titolo nostro, testo tratto da La fine di un Regno, Raffaele De Cesare, Città di Castello 1909 (pag. 114-115) [webmaster - eleaml.org]






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