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Riportiamo gli editoriali pubblicati dal "Foglio" diretto da Ferrara, il quale in questi ultimi giorni sia sul giornale che nella trasmissione "8 e mezzo" su La 7 ha cercato di tenere i riflettori sulla Calabria.

Webm@ster - 28 ottobre 2005
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VENERDÌ 28 OTTOBRE 2005 Eppur si muove (la Calabria)
GIOVEDÌ 27 OTTOBRE 2005 Sragionare di Calabria
MARTEDÌ 25 OTTOBRE 2005
Le mani sporche
SABATO 22 OTTOBRE 2005 La collusione e la ’ndrangheta


Fonte:
ANNO X NUMERO 252 - PAG 3 IL FOGLIO MARTEDÌ 25 OTTOBRE 2005

Le mani sporche

C’è un gran nervosismo nei giornali,  che riflette l’angoscia collettiva seguita  all’assassinio di Francesco Fortugno  a Locri. Il Corriere, sulla base di indizi  desunti da tabulati telefonici che dimostrano  contatti tra la vittima e il genero  del boss Morabito, aveva spremuto le  sue fonti e ne aveva desunto che Fortugno,  alta carica istituzionale, candidato  con seguito elettorale in forte crescita, responsabile  sanità della Margherita, primario  ospedaliero a Locri, imparentato  al vecchio e solido notabilato democristiano,  poteva avere subito pressioni, contratto  obblighi, insomma poteva essere  incappato anche senza colpa nella tela di  ragno della collusione ambientale cosiddetta,  particolarmente forte nel settore  della sanità (nomine e appalti).

Nel Foglio  avevamo riferito questi fatti, aggiungendo  che il sospetto non è l’anticamera  della verità, ma spesso è anzi uno strumento  di depistaggio.

Detto fatto. Repubblica,  avviata una rapida controinchiesta,  opta per una versione opposta a quella  del Corriere: è la mafia o apparati ad essa  vicini che gettano fango sulla vittima,  la uccidono due volte nel corpo e nell’immagine  per togliersi di dosso il fiato  dell’investigazione e della rivolta della  coscienza pubblica, e per far questo selezionano  con perizia depistatoria tra milioni  di chiamate i tabulati che riguardano  Fortugno, li lasciano affiorare sui giornali  per esagerarne la portata e creare  un clima da caccia alla vittima.

Poi Repubblica  rivela che tra quelle chiamate  compromettenti ce n’erano due direttamente  riferibili a utenze del Viminale,  poliziotti specializzati o agenti coperti, e  che provenivano da un avvocato d’affari  che si colloca presumibilmente in una zona  grigia di protezione degli affari della  ’ndrangheta, sollevando scandalo e inducendo  il ministro Beppe Pisanu a una dichiarazione  veemente: indagherò, riferirò  in Parlamento. 

La morale della favola, con istruzioni  di lettura della mafia, per noi è questa.  Se si esclude la ambigua possibilità, sia  per un medico che entra in politica in  Calabria, sia per un poliziotto o agente  coperto del Viminale, di avere contatti  con pezzi di società inquinati dal loro  inserimento nella rete criminale o dalla  contiguità con le ’ndrine, ci si trasporta  in un paese delle meraviglie, in  un paese da favola che non esiste.

Se è  vero, come è vero, che in alcune zone  della Calabria è la sovranità dello Stato  a essere messa in discussione da un potere  criminale pervasivo, non c’è scandalo  nel domandarsi tutto su tutti, rispettando  le persone ma conoscendo la  mescolanza di bene e di male che si  realizza inevitabilmente in queste situazioni  di compromesso e di compromissione  generale.

La storia della mafia  in Sicilia è ricca di queste sorprese, e  non solo nei rapporti tra mafia e politica,  se è vero che il processo per collusione  contro Marcello Dell’Utri fu condotto  dall’accusa penale seduta fianco a  fianco con infiltrati e informatori delle  cosche.

Quanto al Viminale e alle sue  utenze, vogliamo sperare che le forze di  repressione della ’ndrangheta sappiano  entrare nella rete, stimolare fonti di  informazione, procurarsi la possibilità  di avere confidenti, sporcarsi le mani  per ripulire il territorio. Dalla parte  dello Stato, naturalmente. 









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