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Fonte:
https://www.dnews.eu/ - 9 gennaio 2009

Da Gaeta prove tecniche di Lega Sud

Re e banditi - La delibera del comune in provincia di Latina che chiede il risarcimento ai Savoia per l’assedio del 1861 ha dato nuovo vigore al mai sopito movimento autonomista meridionale. Con tanto di partito e catena di supermercati

Angelo Di Mambro

Roma Cavour mica era scemo, presentò un falso atto di adesione, ma Gaeta non ha mai riconosciuto il Regno d’Italia». Antonio Ciano, assessore al demanio del comune del litorale laziale, non ha dubbi.

«La nostra città era la più libera d’Italia ed è stata massacrata e rapinata dai piemontesi. Dopo il 13 febbraio 1861 (fine dell’assedio, decisivo per la proclamazione dell’Italia unita, ndr) il demanio si è preso tutto. Ecco perché abbiamo chiesto il risarcimento ai Savoia».

 Ciano, classe 1947, ex segretario della locale sezione del Pci, è un personaggio pittoresco. Oggi è il leader nazionale del Partito del Sud. Lui e la giunta di Gaeta sono considerati «partigiani», il 6 dicembre 2008, giorno di approvazione della delibera, «l’inizio di una storia nuova».

«Io c’ero!» è il grido enfatico della galassia dell’autonomismo meridionale che esiste da sempre con mille varianti locali. Ci sono la testata multimediale “Il Brigante”, il sito “insorgenza civile” che si richiama alla reazione contro le repubbliche giacobine in Italia, la rivista on line Elea Ml, siti come nazione meridionale, duesicilie.org, neoborbonici.it, il brigante lucano, movimento per il sud e tanti altri.

«La prossima mossa - riprende l’assessore - sarà cambiare il nome alle strade intitolate ai nostri massacratori, Cavour e Garibaldi». Come va con la richiesta di risarcimento? «Andremo avanti. Ma per noi è una cosa simbolica.

Se i Savoia ci chiedessero scusa tutto andrebbe a posto». Ma i Borboni erano meglio? «Loro pagavano Gaeta per tutti i soldati che avevano in città, non c’era la proprietà statale... però io sono repubblicano per carità», rivendica Ciano. Ma la lista dei link sui siti del suo partito porta dritto all’Inno delle due Sicilie di Paisiello, che esordisce con «Iddio preservi il re».

Tendenza Borbone, ovviamente. Il partito del Sud ha sezioni in tutta Italia, anche Piemonte, Lombardia, Liguria. Il programma? «Federalismo. Il governo della destra fa gli interessi del nord, la sinistra quelli di Roma, a noi del sud invece ci hanno rapinato e ci hanno lasciato la mafia e la monnezza!» tuona il leader, che riprende «Al nord prenderemo i voti dei 12 milioni di nostri conterranei costretti a emigrare».

Da fine mese poi parte il CompraSUD. «Il primo aprirà a Catania, si tratta di supermercati con i soli prodotti tipici del Sud. Faremo una catena». Ommo se nasce brigante se more La storia italiana recente insegna che fatto un partito ci vuole un’ideologia. Meglio, una mitologia che scaldi il cuore.

Nel pantheon dei meridionalisti troviamo re e banditi, sanfedisti e repubblicani, marxisti e papisti. Il brigante è il mito guerrigliero per eccellenza. «Sono stati i nostri partigiani! - dice Ciano con la consueta enfasi - contadini che andavano sulle montagne a combattere. Per più di dieci anni hanno dato filo da torcere ai piemontesi».

Un mito, quello del brigante, già usato a sinistra quando i movimenti degli anni ‘70 reinventavano la musica della tradizione orale.

Fonte:
https://www.dnews.eu/ - 9 gennaio 2009

Mitologie

Brigantaggio italiano il fascino del ribelle senza quartiere I briganti fanno la loro ricomparsa mainstream negli anni ‘70, quando diversi artisti recuperano le canzoni della tradizione orale del sud.

L’esempio più noto è “Brigante se more”: Eugenio Bennato prende un antico canto sanfedista e cambiando soli due versi ne fa un brano che intercetta il radicalismo dei movimenti del tempo. Ma il brigante non è di destra o sinistra.

«È una figura multidimensionale - dice Vincenzo Padiglione, fondatore del Museo del brigantaggio di Itri, patria del brigante Fra Diavolo -.

Alcuni come Gasbarrone sono stati segregati nelle prigioni pontificie, altri hanno preso parte dell’insorgenza e del sanfedismo. L’estraneità al potere, l’idea romantica del ribelle indomito fanno parte integrante del “racconto” del brigantaggio e esercitano da sempre un grande fascino, tanto da essere strumentalizzate. Ma se uno lavora sulle fonti e legge le carte costruire miti è più difficile».

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