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RIVISTA
CONTEMPORANEA
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BIBLIOGRAFIA — BELLE ARTI
VOLUME VIGESIMOSECONDO
ANNO OTTAVO

TORINO
DALL'UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE

1860

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Il Maestri nel mondo accademico viene considerato uno degli autori del secolo diciannovesimo di maggior prestigio sulle materie statistiche ed economiche – egli diresse il primo censimento del neonato regno d'Italia nel 1861.

Dai suoi scritti emerge che anche l'economia meridionale aveva una sua dinamicità, anche se non ne aveva una conoscenza molto precisa, probabilmente aveva contezza migliore del nord Italia essendo egli di Milano. 

Vi invitiamo pertanto a leggere anche altre opere, come “L'Italia meridionale o l'antico Reame delle due Sicilie di G. De Luca”, ad esempio.

Zenone di Elea – 20 gennaio


DELLA INDUSTRIA MANIFATTURIERA
IN ITALIA
INDUSTRIE CONCERNENTI L'IMPIEGO DELLE SOSTANZE ANIMALI
II.*
Cuoi e Pelli.

L'arte di conciar le polli, por la quantità de’ capitali che mette in circolazione, e per l'importanza del suo commercio esterno, merita di essere collocata immediatamente dopo l'industria sericola^ nello stesso ordine di quella della lana.

Le concerie della parte continentale degli Stati Sardi, ad eccezione sempre della Savoia che non entra nello nostre calcolazioni, sono in numero di 327, ed occupano 1,172 operai, senza contare quelli che fanno il commercio od il trasporto delle pelli e de’ cuoi.

La quantità totale do' cuoi di bue, di vacca e di vitello, prodotta annualmente nElle concerie piemontesi, si eleva a 23,998 q. m., dei quali 14,000 per suole, e 9,600 per calzature, alle quali bisogna aggiungere 200,000 pelli di montoni e di capre, lavorate per marocchini, ed alcune centinaia di pelli di cavallo.

Il valore di tutto questo prodotto e di 7,400,000 fr. In questa cifra il valore delle pelli entra per la metà; per un sesto, quello della corteccia di quercia, di, pino, di ontano, della noce di galla, della mortella, del sommacco.

Il resto rappresenta il salario degli operai, il prezzo della calce, de’ grassi, degli olii, l'interesse dei capitali, il valore delle costruzioni, il beneficio della fabbricazione.

(*) V. fascicolo precedente.


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Fra tutti gli stabilimenti degli Stati Sardi, noi vogliamo qui menzionare quello dei fratelli Merlinolo ed Arnosio di Genova, che impiegano 200,000 chil. di cuoio crudo, e consumano 600,000 chil. di corteccia di quercia. lì numero degli operai del loro stabilimento è di 60.

L'isola di Sardegna non ha. concerie; ma il suo commercio in pelli crude con la terraferma è considerevole, e ne invia per 1,120,000 fr.

Si contano a Bastia (Corsica) otto concerie che impiegano insieme quaranta operai, e preparano in media, per ogni anno,1,000 pelli di buoi stranieri, detti di Buenos-Ayres, e 4,000 del paese,500 pelli di vitello, e 6,000 pelli di montone. Gli stabilimenti prosperano.

Le concerie lombarde sono in numero di 101, cui spettano circa 1,000 operai, tutti maschi e pressoché tutti adulti. La loro mercede giornaliera varia da 1 fr.20 ceni, a 1 fr.60; tranne pei tisciatori, ai quali, siccome trattasi di lavoro assai faticoso, si eleva, a compito, fino a 3 fr. o 40 cent. per giorno Le concerie del Veneto non sommano invece che a 78. Tanto gli stabilimenti di Lombardia, quanto quelli della Venezia impiegano i procedimenti di Seguici su pelli che loro vengono per, un quarto dall'estero, o per tre quarti dal paese stesso. Le pelli indigene, che si lavorano nelle fabbriche nazionali. e che si rendono proprie ai diversi usi, debbono essere ripartite nel seguente modo:


Lombardia

Venezia

Totale

Cavalli

8,442

8,259

16,404

Bovi

35,586

43,782

79,368

Vacche

34,782

30,444

64,893

Vitelli

72,435

68,447

134,582

Pecore

0,000

97,882

433,809

Montoni

45,042

9,085

i 24,42


Il valore di queste pelli lavorate è di 5,600,000 fr. Se a questa cifra si aggiunge il prodotto bruito importato e lavorato nel paese, che è di 1,400,000 fr., si arriva alla somma di 7,000,000 di fr., che, rappresenta il valore totale delle concerie lombardo-veneto.

Quasi la metà di questo prodotto è rappresentata dalle concerie di Milano e della provincia, che impiegano 300 operai, e conciano in pelli, ogni anno per 2,500,000 fr. Quivi trovasi una fabbricarti pelli verniciale i cui prodotti, se non pareggiano quelli di Francia, presentano però qualità di molto pregio. A Venezia il signor Pincherle Moravia tiene alla Giudecca un grande, ricco ed operoso opificio di conciapelli, che conta lunghi anni di esistenza.

Venticinque operai vi sono occupali a produrrò un lavoro piuttosto ragguardevole; perché in un anno vi si conciano circa 4,000 pelli grosse, e da 7 ad 8,000 minute; 80 tine di legno e 23 fosse di pietra


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 dette gallari si contengono in quel vasto locale che non difetta di ampli asciugatoi e magazzini. Né cessa il proprietario di studiare ed applicare i metodi più opportuni por ottenere un lavoro buono, celere ed economico.

La provincia di Vicenza conta puranche buon numero di concerie La sola città di Bassano ne ha 1.2, e fabbrica 90,000 pelli per anno. Le pelli preparate in questa provincia della Venezia sono in numero di 120,000, e del valore di 1,500,000 fr.

Nel Ducato di Modena vi sono 11 concerie, di cui 4 a Massa, 3 a Fivizzano, 1 a Modena, 1 a Reggio, 1 a Guastalla, 1 a Castelnuovo. La quantità o la qualità delle pelli crude, prodotte dal paese stesso si distribuiscono nel seguente modo:

Pelli di bue e di vitello.

20,135

141,327 fr.

» cavalli, muli, asini

1,268

3,095

» montoni, capre, agnelli.

157,000

184,328

In tutto il Ducato

178,403

328,750 fr.


Il Ducato di Parma, per quanto noi sappiamo, non possiede che una sola conceria che ha la sua sede nella, stessa città.

Le 200. concerie degli Stati Romani fabbricano un mezzo milione di chil. di pelli di ogni specie, aventi un valore di 5,000,000 di franchi per ogni anno. Le pelli indigene che s'inviano ogni anno nello stato brutto alle concerie possono essere divise nel seguente modo: pelli di bue 2,000,000 di chil.; pelli di cavalli, muti, asini,16,000; pelli di capra 262,000; di montone 1,749,997. Questi stabilimenti sono in numero di 44 a Roma, dove consumano 1,774,000 franchi di materie primitive, e realizzano un prodotto di 2,058,000 franchi. Le altre concerie hanno la loro sode in Ancona, Bologna, Pesaro, Sinigaglia, ecc.

In Toscana questa operazione è fatta in 41 stabilimenti; i più importanti hanno sede a Firenze, a Empoli, e Livorno ed a Poscia. È questa puranche una industria antichissima m Toscana. Le pelli più adoperate sono quelle di vacua e di vitello, Si seguono, in quanto alla loro preparazione, oltre quelli proprii all'Italia, i procedimenti francese ed inglese. Lo pelli di una qualità superiore, di 6000. animali macellati ogni anno e rappresentanti un valore approssimativo di 403,200 fr., sono preparato e manufatte per la consumazione del paese, cui servono insieme a quelli che gli vengono da Buenos-Ayres, da Calcutta, Tunisi ed Algeri. I prezzi variano per le pelli toscano da 395 a 471 ogni quintale. Le pelli verniciate e colorate non la cedono che di poco ai migliori cuoi d'Inghilterra.


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E in fatti, i bei campioni di pelli conciate inviati dal sig. Calani di Firenze e dal sig. Stichling di Livorno alla Esposizione universale di Parigi ne fanno testimonianza.

Al primo appartengono i cuoi conciati e lustrati all'inglese ed alla francese, al secondo il soatto di cuoio ordinario di macello, la vacchetta di Mogador pesante, il vitello ordinario od incerato all'uso di Francia, il cuoio di cavallo conciato e lustrato ad uso del cuoio di Russia, la vacchetta zigrinata alla francese, articoli ben lavorati,, i quali fecero onorevole comparsa al Palazzo dell'industria in Parigi.

La concia delle pelli occupa nel regno di Napoli un posto molto importante. Le concerie di Terra di Lavoro, di Terra d'Otranto, di Benevento e di Calabria, sono state sempre celebri per le loro pelli dorate, ed i loro cuoi. Anche attualmente le suole forti, le allude. e le pelli tinte e zigrinate da 1 a 30, molto ben preparate dalle numerose fabbriche di Castellamare, fanno di questo paese il centro privilegiato delle concerie napoletane. Il sig. Jammy Bonnet vi lavora su di una grande scala, inviando i suoi belli prodotti non solo nell'interno del regno, ma all'estero e soprattutto a Costantinopoli. I suoi cuoi di vitello per suola, le sue pelli di pesco per tomai, di sua invenzione, i suoi vitelli conciati in pelli per gambe di stivali, i suoi cuoi camosciati per cinture, meritano una speciale considerazione per la bontà della loro manifattura che richiede da dodici a quindici mesi. Noi vogliamo qui ricordare due altri fabbricanti di Castellamare, il sig. Stella ed il sig. Contento.!1 sig. Ingegno, di S. Giacomo delle Capre, sull'Arenella, prepara pur anche de’ cuoi verniciati secondo il metodo olandese, de’ cuoi di vitello detti Indianelli, delle vacchette liscie, de’ cuoi per selle, per scarpe, per equipaggi militari, I suoi prodotti si distinguono specialmente per il loro bel lucido; dalla fabbrica del sig. Salabella di Posilipo vengono fuori de’ cuoi di vacca, di vitello e di montone, verniciati, pelli per soffietti, bei feltri, mezze indiane, percalle incerate, tappeti verniciati e stampati, tele incerate per cappelli da soldato, che servono al consumo interno del paese.

Fra gli stabilimenti di provincia i più osservabili vi ha la conceria del sig. Grossi di Solofra; quella del sig. Nardone di Alessa nell'Abruzzo citeriore; quella dei signori Fabratiis, Mancini, Alessandrini, Pasquali di Teano; del sig. Impacciatore ad Elice, nel primo Abruzzo ulteriore; infine lo stabilimento di Maglie nella Terra d'Otranto, avente dei prodotti che sostengono onorevolmente la concorrenza con tutto ciò che si fa nella stessa Napoli.

Quanto al prezzo de’ cuoi per suola valgono 300 fr., preparati secondo il metodo inglese; 290 fr. 62 cent., secondo il metodo francese, ed i, bufali 260 fr.86 cent.


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I Messinesi si sono da molto tempo applicati alla fabbricazione dei cuoi, e le loro concerie sono molto stimate.

Esistono a Messina otto stabilimenti di concerie dove si fabbricano de’ grossi cuoi, delle grandi e piccole pelli di vitello. La più considerevole di queste case fabbrica annualmente 25,600 pelli di ogni specie, ed occupa 143 operai. Gli stabilimenti tutti riuniti producono:

35,600

grossi cuoi

14,400

piccoli cuoi

4,800

pelli di vitello

10,700

pelli di vitellino.

In tutto 65,500

pelli di ogni genere.

Il numero degli operai impiegati è di 302. Il totale dei salario giornaliero è di 428 ducati.

Secondo ogni probabilità il prodotto delle concerie italiano si eleva a 42 milioni di franchi. Una cifra presso a poco uguale rappresenta i prodotti delle industrie che ne dipendono, in modo che il valore totale delle pelli conciate e delle loro manipolazioni successive debb'essere valutato, in Italia, ad 84 milioni di franchi.

Diciamo ora poche parole sul commercio di quest'industria.

In Piemonte l'importazione de’ cuoi e pelli sorpassa di quattro quinti l'esportazione; così, se l'una è rappresentata da 5,477,000 fr., l'altra non figura che per 1,112,000 fr.

Le statistiche lombarde parlalo di una buona quantità di pelli di capretto mandato all'estero e pagato a caro prezzo, ma in ricambio di questa esportazione la Lombardia riceve annualmente gran numero di cuoi pesanti dall'America e dal Mar-Nero, di cuoi leggeri dalle Indie, dall'Africa, dal Levante e dalla Russia. Quest'ultima manda quella specie di cuoio denominato bulgaro, tanto necessario per alcuni lavori da calzolaio, da sellaio, da fabbricatore di mobili. Dalla Romagna, da Napoli, da Scutari, dalla Bosnia, dalla Valachia pervengono le pelli di capra, caprone, pecora, preparate con erbe delle meschin, che si fanno poscia tingere a varii colori e che servono ai calzolai, sellai e legatori di libri. Dalla Francia ritiriamo in gran copia le pelli verniciate; pel cui consumo non basta la fabbrica nazionale di Milano già da noi ricordata.

La Toscana importa in pelli e cuoi per 12,000 chil. e pel valore di 1,210,000 fr. L'importazione degli Stati Romani sorpassa anche essa il milione di fr., mentre l'esportazione non giunge a 330,000 fr.


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Nella parte continentale del regno di Napoli l'esportazione in pelli e cuoi è di 1,317,000 fr.; l'importazione di 1,054,000 fr.

Eccedente dell'una sull'altra 263,000 fr. La Sicilia importa in concerie per 2,050,000 fr.

In questo commercio v'ha in Italia una superiorità dell'importazione sull'esportazione. La prima può essere rappresentata dalla cifra, di 12 milioni di fr., e la seconda di 8 milioni di fr., osservando però che quest'ultimo valore rappresenta delle transazioni fra diversi Stati italiani, e non s'applica al commercio esterno.


ARTICOLI DIVERSI FABBRICATI CON PELLI E CUOI.


La concia delle pelli non è che il primo passo ad una serie di operazioni che ne dipendono, e che costituiscono, per così dire, altrettante industrie che noi passeremo a rassegna.


Pergamene. — La città di Roma è il centro principale di fabbricazione di questo prodotto, che Viene anche lavorato a Foligno ed a Fabriano. La bolle del Papa, del Sacro Collegio, ed i diplomi delle numerose accademie della città eterna forniscono egualmente lavoro ad Arpino ed a Sulmona nel regno di Napoli, che inviano ogni anno negli Stati Romani da 2 a 3 mila chilogrammi di carta-pergamena.

Colla. — Con dei cuoi avariati, con gli avanzi ed i ritagli che non possono servire ad altro uso, si fabbrica questo prodotto, quasi. dappertutto dove la concia si fa sopra di una grande scala. Il regno di Napoli deve questo prodotto al signor Tramezza di Chieti, ed al sig. Tresca.

Gli Stati Romani posseggono due fabbriche di colla: l'una a Fabriano, l'altra a Roma, la prima dà un prodotto di 25,000 franchi. Ciò non pertanto se ne importano ogni anno nel paese 60,000 chilogr.

In Toscana vi ha la fabbrica di colla del signor Berlini, ed a Bassano nel Veneto quella del signor Cazzola. Col metodo di cui abbiamo parlato si ottiene la colla tedesca, mentre le ossa, trattate con l'acido cloridrico, danno la colla francese, di cui il Piemonte esporta 40,000 chilogrammi in ogni anno. Il signor Albani di Torino, il signor Guglielmotti di Domodossola, ed il signor Tresca di Napoli, sono i principali produttori. In quest'ultimo paese debbonsi al signor Giovanni De Giulio dei bellissimi campioni di colla di pesce.

Guanteria. — I centri della guanteria italiana sono a Roma, a Napoli, a Genova, a Torino ed a Venezia. A Roma si contano otto fabbriche, di cui il personale è di 224 operai, ed il prodotto risale a 65,000 franchi.


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Un'altra fabbrica esiste in provincia. La quantità dei guanti che si confezionano in ogni anno è di 90 a 100,000 paia.

I guanti di Napoli godono di una riputazione universale, e sono ricercatissimi dappertutto, anche in America. Essi hanno una superiorità sui guanti francesi, almeno pel loro basso prezzo.

Ed in effetto, i guanti color paglia si vendono 75 centesimi il paio, quelli di pelle di agnello li franchi la dozzina, e quelli di pelle di capretto 17 franchi. Nel numerò di questi ultimi ve ne sono di quelli che pesano 40 grammi; sono qualche volta così fini che una noce può contenerli. Fatti a mano o a macchina inglese, occupano un numero di operai veramente considerevole. Se ne esportano ogni anno dal regno 33,644 dozzine, pel valore di 150,000 franchi. Nomi dei principali fabbricanti: signori Pasquale. e Vincenzo Montagna, ora Vincenza Prattico, Cremonese, Sangiovanni, Pellerano, Bossi, Lombardi, Amendola.

Le fabbriche degli Stati Sardi, quelle di Genova soprattutto, facevano altra volta una considerevole esportazione di guanti in Lombardia, in Toscana, nei Ducati, negli Stati Romani. Il signor Cevasco nella sua statistica di Genova eleva a 2,252 chìlogr. questa esportazione, ed a 45,000 il numero dello pelli di agnello e di capretto albuminato a Genova. Attualmente questa esportazione è discesa a 102 chilogrammi.

Il totale di questa fabbricazione è attualmente di 15,060 dozzine. I dieci stabilimenti di Torino ne fabbricano la stessa quantità, e danno lavoro a 200 persone.

Mille persone almeno si consacrano a Venezia all'industria dei guanti. Il signor Gerlin vi è conosciuto pel suo metodo di conciar le pelli di agnello, mediante il quale riduce a 36 ore la durata di questa operazione. Lo pelli destinate ai guanti, allorché hanno subito questa operazione, acquistano una grande cedevolezza.


Calzature. — Quest'arte, divenuta molto generalo; come l'uso che se ne fa, soddisfa ii tutti i bisogni del paese; si fa anche una piccolissima esportazione dei suoi prodotti. Gli Stati Sardi, Genova principalmente, ne forniscono all’estero 45,000 chilogrammi, di un valore di un mezzo milione. Noi ci asteniamo dal dare qui la statistica de’ nostri calzolai, che non avrebbe una grande importanza; passeremo pur anche sotto silenzio le poche innovazioni od i perfezionamenti senza grande importanza dovuti a dettagli particolari, o all'impiego del cautehouc o della guttaperche, che si è voluto tentare in Italia come da per ogni dove.


Cappelleria. — Se si eccettuano le qualità più fine, che s'importano dalla Francia in piccola quantità, le qualità più ordinarie dei cappelli souo fabbricate nell'interno da un numero considerevole di manifatture sparse soprattutto ne' grandi centri di popolazione del nostro paese.


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Negli Stati Sardi le manifatture sono in numero di 340, avendo 980 operai ed un prodotto di i. suini. Ohm fr. I cappelli fabbricati possono essere ripartiti nel seguente modo:

In pelo fino

31,250

Semifini

135,920

Grossolani

188,960

Totale

356,140

Nella sola provincia di Genova vi sono 22 cappellerie e 300 operai. Il loro lavoro permette una esportazione di 7 ad 8,000 cappelli di pelo per anno.

A circa 250 sommano in Lombardia le fabbriche di cappelli d'ogni specie. Quelli di feltro fino generalmente non si lavorano che nelle città, e le più riputate trovansi in Milano. Gli ordinari ad uso dei contadini, quasi tutti nella campagna, principalmente a Monza. Le materie prime che si adoperano per fabbricare i cappelli di feltro procedono da Smirne, dalla Russia, dalla Boemia, dalla Valachia, dalla Bosnia, dalla Sassonia. Questa industria tiene occupate circa 2,000 persone; due terzi delle quali uomini, il resto donne e ragazzi. Distinti i primi in due classi, gli uni guadagnano 1 fr. 98 cent gli altri 1 fr.10 cent.

Nel Veneto si contano 180 fabbriche di cappelli; a Trieste, a Gorizia e nell'Istria, 39. La città di Milano solamente possiede 24 stabilimenti per questa fabbricazione; Monza, 40. Il prodotto de’ primi è fino, mentre quello degli altri è ordinarissimo e destinato al consumo degli abitanti della campagna:. vi lavorano 800 operai. Questa branca d'industria è esercitata in Toscana da 140 fabbricanti; negli Stati Romani da 127. Il prodotto annuo di questi ultimi sorpassai un milione di franchi. Se ne inviano nel regno di Napoli ed in Toscana.

Fra le manifatture del regno delle Due Sicilie, le migliori sono quelle di Napoli, di Penne e di Chieti; ma i loro prodotti si distinguono piuttosto per il buon mercato che per la qualità i cappelli vi si vendono 7, 8, 9 franchi.

I cappelli di pelo furono por molto tempo i soli usati; verso il 1760 Firenze fabbricò i primi cappelli di seta, noi qual genere conta, anche attualmente, degli abili fabbricanti, quali sono i signori Biagi, Petravelli, Roselli, Mazzoni, ecc.

Le altre città d'Italia seguirono questo esempio, o quantunque non potessero uguagliare la Francia nella confezione dì tale articolo, pure vi hanno fatto dei progressi che meritano d'essere qui ricordati.

Il Piemonte fabbrica da 30 a 40,000 cappelli di seta per anno. I principali suoi fabbricanti sono i signori Gaudina, Varrone e Caviglioue.

In Lombardia solo a. Milano si esercita quest'industria.


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Essa occupa 160 uomini e 450 donne in tre diverse manifatture. Questa città fa un commercio molto attivo di quest'articolo con i Ducati, il Cantone Ticino e la Monarchia Austriaca.

La città di Napoli conta molte fabbriche di questo genere; quella dei signori Russo, Calite, Bolzamo e Reale.

Diremo terminando due parole dei cappelli di lana, che abbiamo omesso a disegno per non farne, nel parlare delle lanerie, un articolo a parte. I nostri cappellai, oltre il pelo di camoscio, di lepre. di coniglio e di castoro, impiegano una certa quantità di lana nella fabbricazione de’ cappelli i più ordinari. Tali sono infatti i cappelli bianchi a punta; tale è in generale il cappello de’ nostri lavoratori delle città e delle campagne.


Buffetteria militare. — Napoli, Torino, Firenze, Roma, Parma, Modena sono centri di confezione più o meno importante di questo articolo, e producono tutto ciò che è necessario per l'equipaggiamento militare, sciakò, centuroni, scarpe, briglie, selle, linimenti, ecc. ecc. Tale lavorazione può valutarsi a un milione e mezzo circa di franchi annui.

Presso il civile, de’ lavori analoghi sono allestiti dai nostri sellai e fabbricatori di valigie, piuttosto numerosi nelle nostre città più popolose. I fabbricatori che godono la fama migliore di questa manifattura sono por le selle: il signor Franco di Napoli, i signori Santi, Talamei di Firenze, il signor Rigolino di Torino, il sig. Tassana di Genova, il signor Tamborini e i giovani detenuti dell'Istituzione filantropica di Santo Maria alla Pace; per le valigie il signor Bonajuti di Firenze, il signor Sanglier di Torino, il sig. Beruto di Milano.


Fabbricazione delle carrozze. — Quest'articolo è fabbricato a Napoli su vasta scala e nella maniera più perfetta. Roma conta del pari lo stabilimento Casalìni che allestisce legni nuovi di ultimo lusso e costume e perfezione, a foggia inglese, de’ quali ne vendo solo in quella città da 50 a 60 ogni anno. Il locale di quella manifattura è assai vasto, e comprende numerosi ambienti 'per i tre rami di lavorazione in ferro, legno e vernici, mentre il quarto della tappezzeria è in luogo separato. Ottanta uomini circa sono impiegati nelle tre prime specie di opere.

Altri lavoranti addetti alla tappezzeria danno l'ultimo acconciamento alle carrozze col concorso degli operai tutti analoghi in questo ramo. A Parma, a Modena, a Firenze si costruiscono carri, vetture di tutti i generi, ma pel servizio ordinario delle classi meno agiate, mentre le più opulente cercano i loro cocchi eleganti a Napoli od a Milano.

Torino pure, dopo il 1848, è diventato il convegno di tutto ciò che vi ha di più elegante e di più ricco in Italia; esso ha migliorato d'assai le sue condizioni economiche, e poté permettere di conseguenza


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lo stabilimento di una vasta manifattura di carrozze, fondata e diretta dal signor Sala di Milano, da cui dipende almeno un centinaio di operai, e che fabbrica ogni anno mia media di 100 a 120 vetture.

Ma là dove questa manifattura è più antica e dove essa dà lavoro a ben 2500 operai, falegnami, fabbri-ferrai, tornitori, sellai, placatori, lattonieri, verniciatori, ecc. ecc. si è a Milano, quaranta stabilimenti di questa città fabbricano ogni anno 300 vetture della migliore qualità sotto ogni rapporto. Cosi esse si distinguono pel buon gusto e la comodità, la leggerezza e in pari tempo solidità, per la bontà e bellezza delle pelli o vernici; sono ricercatissime ovunque nel Lombardo-Veneto, a Trieste, nei Ducati, negli Stati Sardi e Romani. Si può calcolare a oltre un migliaio le carrozze d'ogni foggia e dimensione prodotto ogni anno in quelle fabbriche. La più importante di esse spetta al signor Sala, che non ha chi la uguagli in tutta Italia.

Anche nelle città di Brescia e di Bergamo si fabbricano buono carrozze, e specialmente in Bergamo visone molte fabbriche che lavorano con assai buon gusto e solidità; nelle altre città delle provincie lombarde la manifattura delle carrozze è poco animata. A 2,800 sommano gli operai che lavorano nelle fabbriche lombarde, il cui salario varia da 75 cent, ai 4 fr. 25 cent. al giorno.

Tutte queste industrie che noi abbiamo esaminate e che altro non sono che un'appendice della concia delle pelli e dei cuoi, tutta questa trasformazione di prodotti brutti in oggetti manufatti, guanti, scarpe, ecc., rappresentano un valore che uguaglia almeno l'ammontare delle concerie stesse, e che può essere calcolato, come si è detto poc'anzi, alla somma di 42 milioni di franchi.


Corde armoniche.


Tale industria è da lungo tempo il patrimonio tradizionale di alcuni villaggi degli Abruzzi. Anche oggidì il regno di Napoli mantiene la sua antica fama per la fabbricazione di quest'articolo. Molti artisti continuano ad attribuire una vera superiorità alle corde di Napoli, principalmente per le cantarelle a tre fili.

Si ottengono coi tre intestini tenui del montone, il duodeno, il jejuno e l'ileo. I fabbricanti migliori di questo paese sono i sigg. Perroni ed Aquarone, che pretendono aver -scoperto un nuovo metodo di fabbricazione, ed il signor Bartolomeo, di cui abbiamo visto all'Esposizione universale di Parigi una bella collezione di corde per violino, violoncello e contrabasso. Essi si raccomandano specialmente per la resistenza, la qualità del suono, la trasparenza e la bianchezza.


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Per ultimo se la fabbrica di corde armoniche è stata introdotta in Francia, ciò devèsi alle cure di un operaio napoletano, il sig. Nicola Savarese, che ne aperse un'officina a Lione verso il 1766.

Gli Stati Romani contano sei fabbriche di questo genere, delle quali tre spettano a Roma e le altre alle città di Gubbio, Foligno e Bologna. L'ammontaro del prodotto annuo delle fabbriche di Roma è di 50 a 60,000 franchi, ed il loro personale di 65' operai.

Nel Veneto le città di Venezia, di Vicenza, di Padova, di Verona e di Bassano fabbricano del pari corde armoniche assai riputate all'estero, ove se ne acquistano ad ogni prezzo e d'ogni qualità, bianche, a colori, con o senza fili metallici.


Lavori d'osso e di corno.

 

Poi prodotti più fini di questo genere si ricorre ai mercati esteri; per quelli di qualità inferiore, pei pettini, calamai, cucchiai, manici, ecc., vi sono piccole fabbriche dappertutto, nei Ducati, negli Stati Romani, negli Stati Sardi. Se ne fa l'oggetto di un'industria abbastanza importante in Toscana, nel regno di Napoli e a Milano.

In alcune officine di Firenze. di Livorno e di Arezzo vi hanno manifatture abbastanza stimate di pettini d'avorio e di corno, di forme ed usi diversi. Due di queste manifatture, fornite di macchine, appartengono, l'una al signor Novella di, Livorno e l'altra al signor Bozsech di Firenze.

I signori Pugliesi e Sparhes, di Napoli, preparano ciascuno dentiere artificiali con ossi di bue eccellenti. Le unghie del bue, del cavallo e l'involucro della tartaruga servono in quel paese a fabbricare articoli assai pregiati che permettono una qualche esportazione di prodotti all'estero.

Si fa in Lombardia un uso assai ristretto dei pettini d'avorio e di tartaruga, mentre se ne impiega un numero ragguardevole di quelli di corno. Mitene, lo si può dire, è ormai il centro della fabbricazione di questa specie di pettini, non solo di Lombardia, ma di tutta Italia. Quest'industria non fu importata in questa città che da trent'anni.

Altre volte si esercitava in piccole fabbriche appartenenti ad alcuni operai i quali non lavoravano che a seconda degli antichi metodi e per mezzo di vecchi strumenti. Gli articoli che se ne ottenevano erano perciò assai imperfetti e costosissimi. Oggidì Milano conta due grandi fabbriche di pettini che impiegano oltre duecento operai; otto un po' meno considerevoli che ne hanno da quattro a sei ciascuna, e molti artefici che lavorano in casa a spese e per conto dei fabbricanti. Il numero totale degli operai impiegati in quest'industria è per lo meno di duecentocinquanta a trecento, con paga che varia dai fr. 15 ai 30 per settimana.


385


Nelle altre provincie di Lombardia vi sono circa 100 altri operai, i quali lavorano i pettini ordinarii che vendono nei contadi, e fabbricano anche pettini comperati dalle fabbriche di Milano, che li riducono a maggior perfezione. Il numero complessivo dei corni che ogni anno si consuma in Lombardia oltrepassa i 200/m., compresi i pochi che si lavorano in campagna.

A Milano si lavorano quattro mila corni alla settimana, duecento mila cioè ogni anno, pel valore di 150,000 fr. Il valore totale del prodotto annuo è di un mezzo milione di franchi. La materia prima è acquistata in paese; ma si è pure obbligato di ricorrere ai corni dell'America del Sud, del Brasile, di Montevideo e di Buenos-Ayres.

I cascami procedenti dalla detta fabbricazione, vale a dire le punte dei corni e le raschiature sono assai ricercate nel commercio, sia pei tornitori, sia come materie d'ingrasso, nella coltivazione degli olivi e degli agrumi..

I prodotti delle fabbriche di Milano sono spediti nel Veneto, nel Tirolo, nel resto d'Italia, compreso il Cantone Ticino.

Pei pettini d'avorio non esiste in tutta Lombardia che un solo stabilimento situato in Milano con 10 operai che fabbricano pel valore annuo di 132,000 fr.1 prodotti di questa manifattura si smerciano nel Lombardo-Veneto ed a Smirne.


Tassidermia.


Lo preparazioni zoologiche, senza essere un articolo di commercio estesissimo, figurano almeno come un prodotto considerevole pel modo con cui vengono allestite in Italia. L'antica culla delle arti, il paese illustrato da tante celebrità Dell'anatomia e nella fisiologia umana e comparata, possiede pure dei tassidermisti di primo ordine; o in fatto, a persuadersene, non si ha che ad entrare nei musei zoologici italiani, per vedervi lavori fatti con grande precisione e gusto squisito. Nel giardino delle Piante di Parigi o nel Britisch Musevm di Londra non v'hanno preparazioni che valgano a gareggiare con quelle del signor Rusconi di Pavia.

Le sue opere non si possono dire pelli imbottite di paglia e sostenute da cavallotti, ma rappresentano la fisiologia in azione, il Icone e la leonessa co’ loro muscoli, colle loro vene, con tutti gli istinti, i movimenti e la vita di quegli animali. Degno successore del signor Rusconi è il signor Maestri, attuale tassidermista del Museo dell'Università di Pavia.


386


A Torino pure si fecero recentemente non pochi progressi in quest'arte, ed il Museo zoologico di questa città, confidato alle cure di un illustre scienziato, il signor De-Filippi. s'arricchisce ogni di più di qualche nuova e preziosa preparazione. Il tassidermista di quel Museo è il signor Comba, che produsse all'epoca dell'Esposizione universale di Parigi de’ bei preparati.

Emerge da una relazione sull'ultima esposizione di Napoli che i tassidermisti di là non stanno in addietro dei loro confratelli della penisola, ed i nomi di Henke, di De Martino, di De-Felice, di Tacuzio, di Carchedi vi fanno la più onorevole mostra. I loro lavori si distinguono per la riproduzione di alcune scene della vita, pelle quali figurano molti vegetabili ed animali ritratti con arte fina e colla, maggiore naturalezza.


Maschere.

Siffatta industria s'esercita con bastevole attività a Roma, a Bologna, a Venezia. In quest'ultima città, la fabbricazione delle maschero risale a due secoli. Dapprincipio si facevano in cartone coperte di lana o di velluto nero, a riguardo specialmente del grande spaccio che ne esisteva col Levante. Più tardi vi si impiegò la tela e spedivasene ovunque, in Francia, in Germania, in Ispagna, ecc.; fatte su modelli a imitazione e immagine dell'uomo, esse ne sono spesso la. caricatura, variabile all'infinito. Quando la tela di lino o di cotone è tagliata ed acconciata a modo, immergesi nella cera fusa di prima qualità e poscia si dipinge. Le tre fabbriche che ancora esistono a Venezia preparano da 75 a 100 mila maschere ogni anno.


Candele di sego.

 La fabbricazione delle candele di sego, in altri tempi, assai diffusa in Italia, andò perdendo,, da qualche anno in qua, della sua importanza, in causa dell'introduzione delle candele steariche, che non costano un caro prezzo, soprattutto dopo l'uso del gas.

Negli Stati Sardi il numero delle fabbriche è di 202 con 280 operai ed un prodotto di 570,000 chilogrammi di candele ogni anno. Se ne introduce dall'estero 64,500 chilogrammi. La quantità del sego brutto e degli altri grassi importati è di 290,000 chilogrammi.

Conta la Lombardia undici fabbriche primarie e ventitré secondarie, che lavorano circa ogni anno 1,220,000 chilogr. di candele. Risulta da questa fabbricazione un cascame, cioè il grattone, il cui valore è di circa il 3 0/Q di quello delle candele fabbricate. Il valore totale di tale manifattura ascende a 2,480,000 fr. Il personale impiegato è di 130 a 150 operai, che guadagnano 1 fr.32 ceni, al giorno.


387


Undici fabbriche esistono negli Stati Romani, e il loro prodotto può essere stimato al valore di 320,000 fr. annui.

La Toscana esporta 450,000 chilogrammi, e il regno di Napoli 347,000 chilogrammi di sego ogni anno.


Candele steariche.


La fabbrica dei fratelli Lanza di Torino, impiega da 50 a 60 operai e più di 200,000 chilogrammi di sego ogni anno che essa trae metà dall'estero, e metà dall'interno del paese. Il suo prodotto è di 120 a 130 pacchi di candele steariche di mozzo chilogrammi ciascuno al giorno. Altra fabbrica, che non manca d'importanza, o quella del signor Schiapparelli, puro di Torino.

La Lombardia non conta che una fabbrica di candele steariche, diretta dal signor Manganoni, con 45 operai, e posta nelle vicinanze di Milano. Essa produce ordinariamente 6,000 candele al giorno <!i varie dimensioni e del peso di circa 550 chilogrammi, le quali dal lato della bontà non temono il confronto di qualsiasi altra fabbrica anche estera. Questo stabilimento ha disposto ogni cosa onde estendere fra breve il giro della propria lavorazione. Intanto traffica già porzione de’ suoi prodotti con alcuni paesi d'Italia, al prezzo di 2 fr.85 ceni, al chilogrammo. La casa Manganoni prepara del pari l'acido stearico occorrente per la fabbricazione delle candele, e che si ottiene col processo seguito da tutte le altre manifatture, cioè colla saponificazione del sego mediante la calce e quindi colla decomposizione del detto sapone per mezzo dell'acido solforico.

La fabbrica istituita nel 1838 alla Mira, presso Venezia, conservò un po' di vita a quella deliziosa borgata, che tanto ha deperito dopo l'attuazione della ferrovia. Vi è ammirabile la vastità e comodità dei locali e l'ordine che vi regna, l'introduzione dei più recenti e migliori sistemi ed apparati. Viene quivi comunicato il calorico col mezzo del vapore somministrato da tre grandi caldaie, le quali valgono altresì ad alimentare una magnifica macchina a vapore della forza di otto cavalli, che impartisce il movimento ad otto pompe applicate ad altrettanti torchi idraulici di dimensione non comuni, non che ad altre pompe por uso dello stabilimento, ad una sega circolare ed a parecchio ingegnose macchine per tagliare, lavare e pulire le candele ed intrecciare gli stoppini. Ampie e bea ordinate sono le sale così della colatura, come quella per la saponificazione del sego e per la successiva decomposizione, cui si prestano otto caldaie della capacità di chilogrammi 3,000 cadauna.


388


Con tali mezzi si apprestano non meno di 3,000 pacchi di candele al giorno, che vengono impiegate a consumo del paese ed esportate in parte net Levante, nelle Indie ed in America. Da poco tempo lo stabilimento della Mira introdusse anche la fabbricazione di candelotti e torce da chiesa. Ha un personale impiegato di 90 uomini e di 70 donne.

Trieste conta due fabbriche di stearina e di candele steariche, l'una appartenente ai signori Slocovich e Machlig, l'altra al signor Legai. Quella di quest'ultimo fabbricante possiede una macchina a vapore della forza di 28 cavalli, e produce fino a 15,000 candele al giorno.

In Toscana, il signor Modesti di Livorno, ed il siguor Martinetti di Pisa, producono grande copia di stearina, che poscia s'impiega nella fabbricazione delle candele.

Alla fabbrica Martiuelli ha tenuto dietro nell'anno corrente quella aperta dai signori Caiani e Squarci, i quali, emulando coi loro prodotti quelli che già si preparano dallo Stabilimento di Monte Uliveto, hanno pur dato mano alla confezione delle candele semisteariche.

A Roma ne esisto una manifattura con privilegio, fondata dal signor Gabet. Le fabbriche Alessandrini e Tourné di Napoli vendono i loro prodotti a 2 fr.75 il chilogrammo.


Miele e cera.


I contadini italiani hanno, generalmente parlando, poca cura delle api, che prosperano anche spontaneamente. Le arnie sono di legno, rozzamente costruite ed abbandonate in qualche parte negletta della campagna, ove restano durante tutte le stagioni. Sono visitate due o tre volte nella state per raccorre il miele col processo del fumo. Ma questo metodo distrugge spesso lo api, e da dei prodotti di qualità scadente. Ciò non ostante da qualche tempo vi ha un cerio miglioramento nella educazione di questo industrioso ed utile insetto.

Ecco qual'è la quantità ed il valore del miele raccoltosi nei varii Stati italiani:



Quantità


Valore

Stati Sardi

chil.

380,000

fr.

300,000

Stati Romani

»

489,840

»

490,000

Lombardia

»

479,880

»

470

Venezia

»

474,160

»

465,000

Cantone Ticino

»

96,000

»

90,000

Trieste, Istria e Gorizia

»

84,000

»

80,000

Altri Stati

»

600,000

»

560,000

Prodotto totale

chil.

1,703,880

fr.

1,555,000


389


Fra le migliori qualità di questa sostanza, bisogna contare il miele di Bormio, in Lombardia, ricercatissimo nel commercio, quello di Enopoli in Toscana, dei fratelli Salvagnoli, e quello di Otranto del signor Macchia, nel regno di Napoli.

Il miele è in Italia un articolo di puro consumo interno. L'importazione che se ne può fare è di poco momento.

Un altro prodotto importante delle api è la cera, la cui quantità col rispettivo valore è rappresentata dalle seguenti cifre:




Quantità


Valore

Stati Sardi

chil.

75,000

fr.

0,000

Lombardia

»

72,000

»

340,000

Venezia

»

59,920

»

250,000

Stati Romani

»

33,900

»

150,000

Trieste, Istria e Gorizia

»

33,600

»

148,000

Canton Ticino

»

18,000

»

79,000

Altri Stati

»

440,000

»

500,000

Prodotto totale in Italia

chil.

432,420

fr.

1,817,000


Ma questo prodotto è soggetto a differenti manipolazioni, che lo trasformano per due terzi in candele e per l'altro terzo in formelle bianche ad uso dei piccoli fabbricatori di cera. Questa trasformazione non si esercita solo sulla cera prodotta nel paese, ma sulla parte non meno importante che si acquista all'estero, come diremo in appresso.

I fabbricatori di quest'articolo in Piemonte sommano a 102, eia quantità della erra impiegata ogni anno è di 327,946 chilogrammi, rappresentanti un valore di 1,700,000 franchi. Per produrre queste quantità i fabbricatori piemontesi impiegano 365,000 chil. di cera d'ogni specie.

Le 94 fabbriche di Lombardia danno ogni anno 322,000 chil. di cera preparata ed operata, pel valore di fr. 1,650,000.

Antica in Venezia è l'industria di purificare ed imbiancare una tale sostanza; anzi fino dai remoti tempi prevalsero le sue fabbriche forse perché quella città, posta in mezzo alle acque u sotto clima temperato, permette la depurazione della cera senza pericolo di essere insudiciata dalla polvere. La qualità de’ suoi prodotti potè anche migliorarsi, essendosi sostituito all'applicazione diretta del fuoco sotto le caldaie, eatro cui la cera deve fondersi, il riscaldamento mediante il vapore che si ottiene da due generatori.


390


 Cento operai lavorano nelle fabbriche veneziane, che producono 500,000 chil. di cera ogni anno. TI principale stabilimento di Venezia corre sotto la ditta Reali ed Erede Tavazzi. Esso possiede un materiale di 7 caldaie da cerchielli a doppio fondo,16 per la purificazione colle vasche ed apparati relativi per ridurre la cera in piccole fetucce, e due per far bollire i fondi. E a tanti mezzi corrisponde ogni anno una quantità di prodotto che va via dai 270 ai 300,000 chilog. di cera lavorata.

La Toscana conta 11 fabbriche di cera, la più importante delle quali appartiene al signor Carobbi di Firenze. Due altri fabbricatori sonosi distinti con saggi bellissimi di candele che vedemmo alla Esposizione universale di Parigi, e sono i signori Soldaini e Crini di Pisa.

Fra le 28 case industriali degli Stati Romani si contano quelle di Roma, di Bologna, di Foligno, di Perugia, di Ancona, d'Ascoli e di Pesaro, che sono tenute in molta considerazione. Tutti questi stabilimenti danno un totale di cera che basta al consumo interno. Questa cera è di buona qualità e rappresenta un valore di 1,325,000 franchi.

Nel regno di Napoli, i signori Pensa e Marcozzi di Cerchiello (Abruzzi) preparano delle candele e della cera d'ogni specie che purificano ed imbiancano in una maniera perfetta.

Il sig. Marcene di Chieti e il signor Pedia di Lecce sono egualmente fabbricatori di una certa fama ed importanza.

La fabbricazione della cera in Italia è rappresentata dalla cifra di sei a sette milioni l'anno.

Ma la produzione nazionale non basta a' nostri bisogni, e si è ricorso ad un'annua importazione di cera greggia e preparata nelle proporzioni seguenti:

Implorazione

chil.

Quantità

fr.

Valore

Stati Sardi

»

189,277

»

800,000

Stati Romani

»

258,520

»

946,199

Sicilia

»

90,000

»

334,000

Parma

»

25,000

»

100,000

La maggior importazione di cera ha luogo in Toscana, ove s'eleva al valore di fr. 1,323,430.

La cera greggia ci viene da parti diverse; quella di prima qualità dall'Anatolia, dalla Valachia, dalla Moldavia, dalla Bosnia, dall'Arcipelago: quella di seconda qualità è tratta dalla Polonia, dall'Ungheria, dalla Transihama, dall'Africa e dall'America: quella finalmente di terza qualità si compone della cera d'Italia, dell'isola di Cuba e di S. Domingo.

La introduzione dello candele steariche ha considerabilmente diminuito da per tutto la importanza di questa sostanza.


391


Diciamo ora qualche parola sulla cera considerata come materia plastica, atta a riprodurre molti oggetti regolabili ed animali. La ciroplastica è arte che si praticava a Firenze fino dal quattordicesimo secolo, e mediante là quale si facevano figure votive per le chiese con colori naturali. Gli storici Vasari e Baldinucci narrano come molti artisti, compreso Benvenuto Cellini, si sieno illustrati in questo ramo. Un po' più tardi esso vi ricevé maggiore sviluppo e più utili applicazioni, come si può scorgere dalle numerose preparazioni anatomiche e dalle belle piante in cera esposte al Museo di tisica e d'istoria naturale della capitale toscana. Il primo che abbia atteso alla ciroplastica è il signor Cigoli, che ha sbozzato in questa guisa un modello di tutti i muscoli del corpo umano. Viene poscia il siciliano Zumino, protetto da Cosimo III, e che ebbe a fornire ugualmente preparazioni anatomiche in cera. Ai tempi di Leopoldo II altri artisti, il signor Susini ed il signor Ferini, sotto la direzione di un celebre maestro, il signor Fontana, hanno dato un grande impulso a quest'arto, che poté fare oggidì nuovi progressi, grazie ai lavori dei signori Calenzuoli e Calamai. Questi due artisti inviano, dietro ordinazioni, preparati anatomici e (litologici dappertutto, in America, in Inghilterra, in Germauia, in Francia. Devo considerarsi come un prodotto artistico di primo ordino l'anatomia dello squalo che il sig. Calenzuoli preparò per Parigi e che venne ad arricchire la bella collezione di quel museo. Pezzi più numerosi e del pari importanti sono stati spediti dal valente artista alla Luigiana ove si appresta un museo completo in oggetti di cera.

Il signor Calamai lavora nel museo di Firenze, e vi è noto per l'anatomia in grande dei fiori di zucca, la quale serve a spiegare come accado la fecondazione delle piante, secondo le scoperte dell'Amici. Egli ha preparato parimenti l'anatomia della torpedine e della tartaruga, opere che meritano i più grandi elogi.

Ma noi non lasceremo questo soggetto senza far cenno del metodo che serve a questo genere di preparazioni. Si comincia col formare lo scheletro delle figure; poscia si ricoprono le ossa di muscoli, i muscoli di nervi, di vene, e finalmente un ultimo strato di cera, che imita la pelle,  completa la figura anatomica. Lacera viene impastata col pollice e modellata con una stecca di legno, e si cerca d'imprimervi fin dapprima, mediante un bagno, quei colori di cui la si vuoi tinta. Con questo processo ogni cosa è a suo posto e nelle proporzioni volute, e le preparazioni che ne risultano sono in pari tempo articoli di meccanica da studiare e capolavori artistici che tutti si contemplano con ammirazione.


392


Preparazioni in cera, frutta, vegetabili ed animali escono da alcune officine degli altri stati d'Italia, a Torino, a Milano, ecc.; ma in nessun luogo quest'industria ha raggiunto un sì alto grado di perfeziona, e rappresenta un ramo di commercio più importante quanto a Firenze. A Napoli pure vi ha un museo di preparazioni in cera appartenente ad un collegio di medici, ed un'altra collezione di pezzi, conchiglie e funghi velenosi nel grande ospedale di S. Maria di Loreto.


Latte, burro, formaggi.

 

Sono prodotti animali di grande interesse, i quali, oltre al servire d'ordinaria alimentazione del povero, fanno ben anco bella mostra di sé sulle tavole dei ricchi, e ponno essere considerati come articoli d'esportazione assai rilevanti. Vediamo ora partitamente la quantità ed il valore di tali sostanze.

Latte. — Si distinguono tre specie di latte nel commercio: il latte di vacca, di capra e di pecora. La produzione delle due prime qualità può ripartirsi fra le varie provincie d'Italia nel modo seguente:



LATTE

Valore


DI VACCA

DI CAPRA

TOTALE


Ettolitri

Ettolitri

Franchi

Lombardia

5,032,460

403,020

51,452,000

Venezia

4,356,570

243,420

43,547,000

Trieste, Istria, Gorizia

558,790,000

37,860

4,235,000

Altri Stati

6,000,000

9,240,000

100,000,000

In tutta Italia (*)

15,947,820

9,924,300

199,234,000


Come vedesi, la quantità del latte tratto ogni anno in Italia è di 25,872,120 ettolitri, di cui 15,947,820 ettolitri di latte di vacca, e 9,924,300 di latte di capra. Il valore totale è di 199,234,000 fr.

I capi delle pecore sono, presso noi, in numero di 6,791,000. Secondo la nostra opinione, il latte di quest'animale, preparato in formaggio, oltrepassa i 60,000,000 di franchi.

Di questo modo la produzione totale del latte di vacca, di capra e di pecora, nelle diverse provincie italiane, potrebbe essere calcolato a 260,000,000 di franchi.


(*) I fatti relativi atta Lombardia, atta Venezia ed a Trieste sono tolti dal Manuale di statistica austriaca del signor Hain; per gli altri Stati i dati non sono che approssimativi, e furono calcolati a seconda del numero del loro bestiame e la media di sua produzione.


393


Su queste cifre noi non faremo che un' osservazione; indicheremo soltanto all'attenzione del lettore l'abbondanza veramente straordinaria del latte ottenuto in Lombardia; si può giudicare da ciò la bontà de’ suoi pascoli e la quantità di produzione de’ formaggi di cui è suscettibile.


Burro e 'ormaggio. — La parte del latte che non si adopera in natura serve a farne burro e formaggio. Il latte di vacca generalmente vi è per la metà, quello di capra per un quarto, quello di pecora per l'intiero. Queste regole principalmente sono applicabiti al regno Lombardo-Veneto e all'Istria, di cui la produzione in burro e formaggio è rappresentata dalle cifre che seguono:



Burro e Prodotti

Congeneri

Formaggi

Valore


Chilogrammi

Chilogrammi

Franchi

Lombardia

20,664,000

53,038,000

74,705,000

Venezia

1,456,000

6,215,000

9,270,000

Trieste, Istria, Gorizia

504,000

168,000

540,000

Altri Stati


100,000,000

120,000,000

In tutta Italia (*)

149,392,200

204,515,000


Il burro è fabbricato cogli antichi sistemi che esigono molto lavoro manuale e che finiscono coll'impiegare una maggiore quantità di materia prima. Tuttavia dopo l'Esposizione di Londra del 1851 questa fabbricazione ha fatto qualche progresso, specialmente in Toscana o in Lombardia, dove gli ultimi perfezionamenti di questa industria sono stati ammessi agli onori dell'esperimentazione. La migliore qualità di burro appartiene incontestabilmente alla Lombardia, che ne fa di questo modo un commercio abbastanza esteso coi paesi vicini; viene quindi il burro di Parma e di qualche provincia veneta e del Piemonte.

I formaggi sono di diverse qualità: di vacca, di capra e di pecora. Senza dubbio i formaggi di vacca sono considerati come i migliori.


(*) Pel Lombardo-Veneto e per l'Istria noi ci siamo ancora tenuti al signor l'. mi". Per gli altri Stati abbiamo proceduto a seconda del numero dei capi del toro bestiame e sulla media di sua produzione. Del resto se si vogliono particolari più precisi, ripeteremo ciò che la statistica del sig. Haine. dà come quantità dei formaggi prodotti negli Stati Romani: formaggio di vacca 2,712,000 chilogr, formaggio di pecora 8,898,000 chilogr., formaggio di capra 1,844,000 chilogr. Pel Ducato di Modena il signor Roncaglia da le seguenti cifre: formaggio di vacca 2,285,501 chilogr., valore 2,191,650 franchi; formaggio di pecora 379,586 chilogr., valore 384,480 fr.; burro 530,513 chil., valore 689,000 franchi.


384


I formaggi lombardi hanno una superiorità notevole su tutti gli altri, e principalmente quelli che ci vengono da alcune provincie di questo paese (le provincie di Pavia, di Lodi e Crema, ecc.), e che sono conosciuti ne1 commercio col nome di parmigiano. Negli Stati Romani, negli Stati Sardi ed in Toscana si è cercato d'ottenere gli stessi prodotti, se non con pieno successo, almeno con risultati abbastanza soddisfacenti. Il latte dei Ducati di Parma e di Modena è meno grasso di quello di Lombardia, ma possiede ciò non pertanto a un dipresso lo stesso gusto e la stessa bontà. Così in alcune fattorie di que' paesi si fanno formaggi che imitano assaissimo i formaggi lombardi. Altra qualità eccellente del papi è quella ili S&riwtx, specie di formaggio svizzero, cui somiglia sotto molti aspetti. I formaggi di Napoli e Sicilia, detti Caciocavallo, e incanestrato, e i formaggi pecorini di Roma hanno un certo credito.

Nella maggior parte d'Italia i formaggi servono appena al consumo: ma vediamo più particolarmente le cifre delta sua importazione ed esportazione:


IMPORTAZIONE


Quantità


Valore


Stati Sardi

2,593,215

chil.

3,400,000

fr.

Stati Romani

338,504

»

616,649

»

Napoli

226,950

»

295,000

»

Parma

25,500

»

28,000

»



ESPORTAZIONE


Quantità


Valore


Lombardia

1,200,000

chil.

3,000,000

fr.

Sardegna

900,027

»

»

»

Sicilia

180,000

»

267,650

»

Parma

20,300

»

24,000

»


Così l'esportazione dalla Lombardia è della più grande importanza; vi si riceve, come in tutte le provincie d'Italia, del formaggio svizzero, ma in ricambio si spedisce all'estero del parmigiano, ciò che dà un reddito annuo piuttosto ragguardevole. Ma allo scopo di meglio giudicarne il valore, ci sia permesso entrare m alcuni particolari su questo importante commercio.

I formaggi parmigiani o di grana sono fabbricati in due diverse epoche, chiamate sorti, di cui l'una comincia il 24 aprile e finisce il 1° maggio, ciò che gli fa dare il nome di maggenga; l'altra compresa tra il 1° dicembre ed il 30 aprile, l'invernenga.


395


La produzione annua di questa specie di formaggio è di 15 a 16 milioni di chilogrammi. In questa cifra la provincia di Milano entra per 4,500,000 chilogr., il resto appartiene alle provincie di Lodi, Pavia, Cremona e Mantova. L'importanza di questo prodotto è tanto più evidente in quanto che esso è fabbricato esclusivamente nella parte del territorio soggetto all’irrigazione. Le altre provincie, quelle di Bergamo, Broscia e Sondrio fabbricano formaggi che s'allontanano più o meno dal parmigiano, ma che riescono in tanta copia (da 6 a 7 milioni di chilogrammi) da meritar pure una parola di menzione.

Altro prodotto assai rilevante in Lombardia è il burro, valutato a una quantità media di 15 milioni di chilogr. Vi ha infine una specie di formaggio chiamato stracchino, proprio delle provincie di Milano, di Pavia e di Lodi.

Il maggiore consumo dei formaggi e degli stracchini si fa all'interno, nel regno Lombardo-Veneto e nel Tirolo, in Piemonte o nell'Italia meridionale; all'estero, nelle provincie della Monarchia Austriaca, in Francia, in Germania, in Inghilterra, in Russia.

Il burro è ricercato in Toscana e nella parte settentrionale degli Stati Romani.

La quantità dei formaggi esportata è di 1 milione a 1,200,000 chilogr., e quella del burro di 200,000 a 300,000 chilogr. Il valore di tutta questa esportazione, in formaggi, burro e stracchini, è di 3 milioni di franchi circa.

(continua) Dottor Pietro Maestri.

ERRATA CORRIGE


Pag.

lin

ERRATA

CORRIGE

211

16

Chil. 52,374,662 fr. 247,448,469

chil. 59,375,562 fr. 247,497,100.

»

26

(3) Giusta un quadro, ecc.

(3) V. Bollettino ufficiale della Camera di Commercio di Torino.

212

19

chil. 52,374,662.

chil. 53,376,562.

«

20

fr. 247,448,169.

fr. 217,407,169.

»

48

(1) Giova qui ripetere, ecc.

(1) Giusta un quadro presentato (si ponga qui tutta la nota n. 3, che trovasi a pag. 211

213

13

4,250,258 chil.

4,246,855 chil.

»

14

241,938,759 fr.

242,851,041 fr.

»

15

20,129,437 fr.

20,183,372 fr.

»

31

delle nuore

dei nuovi.

223

38

8,496,200

8,280,200.

224

38

più gran volume

più gran valore.




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