Eleaml


MEMORIE
PER LA
STORIA DE’ NOSTRI TEMPI
DAL
CONGRESSO DI PARIGI
NEL 1856
AI GIORNI NOSTRI
TERZA SERIE

TORINO
Dell'unione Tipografico-editrice
Via Carlo Alberto, casa Pomba, N. 33
1865
Volume Secondo - (3)

Il libro di Margotti merita di essere diffuso e conosciuto. L'autore non è un volgare propangadista "reazionario", si tratta di persona dotata di una mente brillante e di una cultura sterminata.

Egli spulcia migliaia di pagine degli atti parlamentari, mettendo a nudo le falsità e il pressapochismo del gruppo di avventurieri che governa il nuovo regno d'Italia.

Se volete saperne di più leggete le note biografiche scritte da Angela Pellicciari.

Zenone di Elea, 16 Febbraio 2009



(se vuoi, puoi scaricare il testo in formato ODT o PDF)


LO STATUTO E I PLEBISCITI

Parlandosi sovente nelle presenti Memorie dello Statuto di Carlo Alberto e dei Plebisciti, ci sembra conveniente di pubblicare questi documenti.

STATUTO DEL REGNO

4 MARZO 1848

CARLO ALBERTO

per grazia di Dio

RE DI SARDEGNA, DI CIPRO E DI GERUSALEMME ECC. ECC.

Con lealtà di Re e con affetto di padre noi veniamo oggi a compiere quanto avevamo annunziato ai nostri amatissimi sudditi col nostro proclama dell'8 dell'ultimo scorso febbraio, con cui abbiamo voluto dimostrare, in mezzo agli eventi straordinarii che circondavano il paese, come la nostra confidenza in loro crescesse colla gravità delle circostanze, e come, prendendo unicamente consiglio dagli impulsi del nostro cuore, fosse ferma nostra intenzione di conformare le loro sorti alla ragione dei tempi, agli interessi ed alla dignità della nazione.

Considerando noi le larghe e forti istituzioni rappresentative contenute nel presente Statuto fondamentale, come un mezzo il più sicuro di raddoppiare coi vincoli d'indissolubile affetto che stringono all'Itala nostra Corona un popolo, che tante prove ci ha dato di fede, d'obbedienza e d'amore, abbiamo determinato di sancirlo e promulgarlo nella fiducia che Iddio benedirà le pure nostre intenzioni, e che la nazione libera, forte e felice si mostrerà sempre più degna dell'antica fama, e saprà meritarsi un glorioso avvenire.

Perciò di nostra certa scienza, regia autorità, avuto il parere del nostro Consiglio, abbiamo ordinato ed ordiniamo in forza di Statuto e legge fondamentale, perpetua ed irrevocabile della monarchia quanto segue:

- 243 -

Art. 1. La religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi (1).

____________________________________________________

(1) Regie lettere patenti del 17 febbraio 1848.

CARLO ALBERTO, Eco. , Ecc.

Prendendo in considerazione la fedeltà ed i buoni sentimenti delle popolazioni Valdosi, i reali nostri predecessori hanno gradatamente, e con successivi provvedimenti, abrogate in parte o moderate le leggi che anticamente ristringevano le loro capacità civili. E noi stessi seguendone te traccie abbiamo concedute a quei nostri sudditi sempre più ampie facilitazioni, accordando frequenti e targhe dispense dall'osservanza dette leggi medesime. Ora poi che, cessati i mutivi da cui quello restrizioni erano state suggerite, può compiersi il sistema a loro favore progressivamente già adottato, ci siamo di buon grado risoluti a farli partecipi di tutti i vantaggi conciliabili colle massime generali della nostra legislazione.

Epperciò per le presenti di nostra certa scienza, regia autorità, avuto il parere del nostro Consiglio, abbiamo ordinato ed ordiniamo quanto segue:

I Valdesi sono ammessi a godere di tutù i diritti civili e politici dei nostri sudditi, a frequentare lo scuole dentro e fuori detto università ed a conseguire i gradi accademici.

Nulla è però innovato quanto all'esercizio del loro culto ed alle scuole da essi dirette.

Deroghiamo ad ogni legge contraria alto presenti, che mandiamo ai nostri Senati, alla Camera dei conti, al Contratto generale di registrare, ed a chiunque spetti di osservare e farle osservare, volendo che siano inserite nella raccolta degli atti del Governo, e che alle copie stampato alta tipografia Reale si presti fede come all'originale; che tale o nostra mente.

Date in Torino addi diciassette del mese di febbraio l'anno del Signore mille ottocento quarantotto e del regno nostro il decimo ottavo.

CARLO ALBERTO.

V° AVET.

V° DI REVEL. V° DI COLLEGNO.

SORELLI.

Regio Decreto, -in data 29 marzo 1848. CARLO ALBERTO, Ecc. ecc.

Sulla proposta del nostro ministro segretario di Stato per gli affari dell'interno abbiamo ordinato ed ordiniamo:

Gli Israeliti regnicoli godranno dalla data del presente di tutti i diritti civili e della facoltà di conseguire i gradi accademici, nulla innovato quanto all'esercizio del loro culto, ed alto scuole da essi dirette.

Deroghiamo atto leggi contrarie al presente.

Il nostro ministro segretario di Stato per gli affari dell'interno o incaricato dell'esecuzione

- 244 -

Art. 2. Lo Stato o retto da un Governo monarchico rappresentativo. Il trono è ereditario secondo la legge salica.

Art. 3. Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal re e da due Camere: il Senato e quella dei deputati.

Art. 4. La persona del Re è sacra ed inviolabile.

Art. 5. Al Re solo appartiene il potere esecutivo. Egli è il capo supremo dello Stato; comanda tutte le forze di terra e di mare; dichiara la guerra, fa i trattati di pace, d'alleanza, di commercio, ed altri, dandone notizia alle Camere tosto che l'interesse e la sicurezza dello Stato il permettano, ed unendovi le comunicazioni opportune. 1 trattali che importassero un onere alle finanze, o variazione di territorio dello Stato, non avranno effetto se non dopo ottenuto l'assenso delle Camere.

Art. 6. Il Re nomina a tutte le cariche dello Stato; e fa i decreti e regolamenti necessari! per l'esecuzione delle leggi, senza sospenderne l'osservanza, o dispensarne.

Art. 7. Il Re solo sanziona le leggi e le promulga.

Art. 8. Il Re può far grazia e commutare le pene.

Art. 9. Il Re convoca iti ogni anno le due Camere; può prorogarne le Sessioni, e disciogliere quella dei deputali: ma in quest'ultimo caso ne convoca un'altra nel termine di quattro mesi.

Art. 10. La proposizione delle leggi apparterrà al Re ed a ciascuna delle due Camere. Però ogni legge d'imposizione di tributi, o di approvazione dei bilanci e dei conti dello Stato, sarà presentala prima alla Camera dei deputati.

____________________________________________________

del presente, che sarà registrato al Controllo generale, pubblicato ed inserito nella raccolta degli atti del nostro Governo. Dato dal quartiere generale in Vogherà addì 29 di marzo 1848.

CARLO ALBERTO. V° SCLOPIS. V" DI RKVEL. V° GAZELLI PEL CONTROLLORE GENERALE.

FRANZINI.

Il ministro segretario di Stato per gli affari interni. Vincenzo Ricci.

Legge in data 19 giugno 18Ì8.

EUGENIO Principe Di Savoia-cabignano

Luogotenente generale di S. M. nei rcgii Stati in assenza della M. S. Volendo togliere ogni dubbio sulla capacità civile e politica dei cittadini che non professano la religione cattolica;

II Sonato o la Camera dei deputati hanno adottalo:

Noi in virtù dell'autorità delegataci abbiamo ordinato ed ordiniamo quanto segue:

Art. 11. Il Re è maggiore all'età di diciott'anni compiti.

Art. 12. Durante la minorità del Re, il principe, suo più prossimo parente nell'ordine della successione al trono, sarà reggente del regno, se ha compiuti gli anni ventuno.

- 245 -

Art. 13. Se, per la minorità-dei principe chiamato alla reggenza, questa è devoluta ad un parente più lontano, il reggente, che sarà entrato in esercizio, conserverà la reggenza fino alla maggiorità del Re.

Art. 14. In mancanza di parenti maschi, la reggenza apparterrà alla regina madre.

Art. 15. Se manca anche la madre, le Camere convocate fra dieci giorni dai ministri, nomineranno il reggente.

Art. 16. Le disposizioni precedenti relative alla reggenza sono applicabili al caso in cui il Re maggiore si trovi nella fisica impossibilità di regnare.

___________________________________________________

Articolo unico. La differenza di culto non forma eccezione al godimento dei diritti civili e politici, ed all'ammissibilità alle cariche civili e militArt.

I ministri segretari di Stato sono incaricali nella parte che li riguarda dell'esecuzione della presente legge, che sarà pubblicata ed insedia nella raccolta degli alti del Governo.

EUGENIO DI SAVOIA

V° SCLOPIS.

V° DI REVEL.

V° DI COLLEGNO.

VINCENZO RICCI.

DECRETO.

IL GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA

Considerando che la differenza, esistenti) in Lombardia, in forza delle leggi del cessato Governo, tra i cittadini in ragiono del culto religioso che professano, è contraria a quella perfetta uguaglianza di diritto che ai osserva nello altre parti dei regii Stati, e non è compatibile coi principii della civiltà odierna;

Inseguimento dulie determinazioni a questo riguardo prese dal Consiglio dei ministri di S. M.

Ha decretato e decreta:

Art. 1. Nelle provincie lombarde tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, qualunque sia il culto religioso che professano, come già si osserva nelle antiche provincie del Regno: essi godono ugualmente di tutti i diritti civili o politici.

Art. 2. Ogni contraria disposizione cosi del Codice civile e di procedura, come delle altre leggi e provvedimenti sì civili che politici, o abrogata.

Art. 3. Nulla è innovato in quanto concerne lo disposizioni che regolano l'esercizio del culto si degli acattolici che degli israeliti.

Dato a Milano, dal palazzo di Governo, il 4 luglio 1859.

VIGLIANI.

- 246 -

Però, se l'erede presuntivo del trono ha compiuti diciotto anni, egli sarà in tal caso di pien diritto il reggente.

Art. 17. La regina madre è tutrice del Re finché egli abbia compiuta l'età di sette anni: da questo punto la tutela passa al reggente.

Art. 18. I diritti spettanti alla potestà civile in materia beneficiarla, o concernenti all'esecuzione delle provvisioni d'ogni natura provenienti dall'estero, saranno esercitati dal Re.

Art. 19. La dotazione della Corona è conservata durante il regno attuale quale risulterà dalla media degli ultimi dieci anni.

Il Re continuerà ad avere l'uso dei reali palazzi, ville, giardini e dipendenze, non che di tutti indistintamente i beni mobili spettanti alla Corona di cui sarà fatto inventario a diligenza di un ministro risponsabile.

Per l'avvenire la dotazione predetta verrà stabilita per la durata di ogni regno dalla p^ima Legislatura, dopo l'avvenimento del Re al trono.

Art. 20. Oltre i beni, che il Re attualmente possiede in proprio, formeranno il privato suo patrimonio ancora quelli che potesse in seguito acquistare a titolo oneroso o gratuito durante il suo regno.

Il Re può disporre del suo patrimonio privato sia per atti fra vivi, sia per testamento, senza essere tenuto alle regole delle leggi civili, che limitano la quantità disponibile. Nel rimanente il patrimonio del Re è soggetto alle leggi che reggono le altre proprietà.

Art. 21. Sarà provveduto per legge ad un assegnamento annuo pel principe ereditario giunto alla maggiorità, od anche prima in occasione di matrimonio; all'appannaggio dei principi della famiglia e del sangue reale nelle condizioni predette; alle doti delle principesse, ed al dovario delle regine.

Art. 22. Il Re, salendo al trono, presta in presenza delle Camere riunite il giuramento di osservare lealmente il presente Statuto.

Art. 23. Il reggente prima d'entrare in funzioni presta il giuramento di essere fedele al Re, e di osservare lealmente lo Statuto e le leggi dello Stato.

Dei diritti e dei doveri dei cittadini.

Art. 24. Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge.

Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammessibili alle cariche civili e militari, salve le eccezioni determinate dalle leggi.

Art. 25. Essi contribuiscono indistintamente, nella proporzione dei loro averi, ai carichi dello Stato.

Art. 26. La libertà individuale è guarentita.

Niuno può essere arrestato, o tradotto in giudizio, se non nei casi previsti dalla legge, e nelle forme ch'essa prescrive.

Art. 27. Il domicilio è inviolabile. Niuna visita domiciliare può aver luogo se non in forza d'una legge, e nelle forme che essa prescrive.

Art. 28. La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi.

Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e di preghiere non potranno essere stampati senza il. preventivo permesso del vescovo.

- 247 -

Art. 29. Tutte le proprietà, senza alcuna eccezione, sono inviolabili.

Tuttavia, quando l'interesse pubblico legalmente accertatolo esiga, si può essere tenuti a cederle in tutto od in parte, mediante una giusta indennità conformemente alle leggi.

Art. 30. Nessun tributo può essere imposto o riscosso se non è elato consentito dalle Camere e sanzionato dal Re.

Art. 31. Il debito pubblico è guarentito.

Ogni impegno dello Stato verso i suoi creditori è inviolabile.

Art. 32. È riconosciuto il diritto di adunarsi pacificamente e senz'armi, uniformandosi alle leggi che possono regolarne l'esercizio nell'interesse della cosa pubblica.

Questa disposizione non è applicabile alle adunanze in luoghi pubblici, od aperti al pubblico, i quali rimangono intieramente soggetti alle leggi di polizia.

Del Senato.

Art. 33. Il Senato è composto di membri nominati a vita dal Re, in numero non limitato, aventi l'età di quarant'anui compiuti, e scelti nelle categorie seguenti:

1° Gli arcivescovi e vescovi dello Stato;

2° Il presidente della Camera dei deputati;

3° I deputati dopo tre legislature, o sei anni di esercizio;

4° I ministri di Stato;

5° I ministri segretari di Stato:

6° Gli ambasciatori;

7° Gli inviati straordinari, dopo tre anni di tali funzioni;

8° I primi presidenti e presidenti del Magistrato di cassazione e della Camera dei conti;

9° I primi presidenti dei Magistrati d'appello;

10. L'avvocato generale presso il Magistrato di cassazione ed il procuratore generale, dopo cinque anni di funzioni;

11. I presidenti di classe dei Magistrati d'appello, dopo tre anni di funzioni;

12. I consiglieri del Magistrato di cassazione e della Camera dei Conti, dopo cinque anni di funzioni; 9

13. Gli avvocati generali o fiscali generali presso i Magistrati d'appello, , dopo cinque anni di funzioni;

14. Gli uffiziali generali di terra e di mare.

Tuttavia i maggiori generali e i contr'ammiragli dovranno avere d, a cinque. unii quel grado in attività;

15. 1 consiglieri di Stato, dopo cinque anni di funzioni;

16. I membri dei Consigli di divisione, dopo tre elezioni alla loro presidenza;

17. Gli intendenti generali, dopo sette anni di esercizio;

18. I membri della Regia Accademia delle scienze dopo sette anni di no

19. I membri ordinarii del Consiglio superiore d'istruzione pubblica dopo sette anni di esercizio;

- 248 -

20. Coloro che con servizi o meriti eminenti avranno illustrata la patria; 2{. Le persone che da tre anni pagano tremila lire di imposizione diretta

in ragione dei loro beni o della loro industria.

Art. 34. I principi della famiglia reale fanno di pien diritto parte del Senato. Essi seggono immediatamente dopo il presidente. Entrano in Senato a ventun anno, ed hanno voto a venticinque.

Art. 35. Il presidente e i vice-presidenti del Senato sono nominati dal Re.

Il Senato nomina nel proprio seno i suoi segretari.

Art. 36. Il Senato è costituito in alta Corte di Giustizia con decreto del Re per giudicare dei crimini di alto tradimento e di attentato alla sicurezza dello Stato, e per giudicare i ministri accusati dalla Camera dei deputati.

In questi casi il Senato non è corpo politico. Esso non può occuparsi se non degli affari giudiziari, per cui fu convocato, sotto pena di nullità.

Art. 37. Fuori del caso di flagrante delitto, niun senatore può essere arrestato se non in forza di un ordine del Senato. Esso è solo competente per giudicare dei reati imputati ai suoi membri.

Art. 38. Gli atti, coi quali si accertano legalmente le nascite, i matrimonii e le morti dei membri della famiglia reale, sono presentati al Senato, che ne ordina il deposito ne' suoi archivi.

Della Camera dei Deputati.

Art. 39. La Camera elettiva è composta di deputati scelti dai collegi elettorali conformemente alla legge.

Art. 40. Nessun deputato può essere ammesso alla Camera se non è suddito del Re, non ha compiuta l'età di trent'anni, non gode i diritti civili e polilici, e non riunisce in sé gli altri requisiti voluti dalla legge.

Art. 41. I deputati rappresentano la nazione in generale, e non le sole provincie in cui furono eletti.

Nessun mandato imperativo può loro darsi dagli elettori.

Art. 42. I deputati sono eletti per cinque anni: il loro mandato cessa di pien diritto alla spirazione di questo termine.

Art. 43. Il presidente, i vice-presidenti e i segretarii della Camera dei deputati sono da essa stessa nominati nel proprio seno al principio d'ogni Sessione per tutta la sua durata.

Art. 44. Se un deputato cessa per qualunque motivo dalle sue funzioni, il collegio che l'aveva eletto sarà tosto convocato per farne una nuova elezione.

Art. 45. Nessun deputato può essere arrestato, fuori del caso di flagrante delitto nel tempo della Sessione, né tradotto in giudizio in materia criminale senza il previo consenso della Camera.

Art. 46. Non può eseguirsi alcun mandato di cattura per debiti contro di un deputato durante la Sessione della Camera, come neppure nelle tre settimane precedenti e susseguenti alla medesima.

Art. 47. La Camera dei deputati ha il diritto di accusare i ministri del Re, e di tradurli dinanzi all'alta Corte di giustizia.

- 249 -

Disposizioni comuni alle due Camere.

Art. 48. Le Sessioni del Senato e della Camera dei deputati cominciano e finiscono nello stesso tempo.

Ogni riunione di una Camera fuori del tempo della Sessione dell'altra è illegale, e gli atti ne sono intieramente nulli.

Art. 49. 1 senatori e i deputati prima di essere ammessi all'esercizio delle loro funzioni prestano il giuramento di essere fedeli al Re, e di osservare lealmente lo Statuto e le leggi dello Stato, e di esercitare le loro funzioni col solo scopo del bene inseparabile del Re e della patria.

Art. 50. Le funzioni di senatore e di deputato non danno luogo ad alcuna retribuzione od indennità.

Art. 51. 1 senatori e i deputati non sono sindacabili per ragione delle opinioni da loro emesse e dei voti dati nelle Camere.

Art. 52. Le sedute delle Camere sono pubbliche.

Ma quando dieci membri ne facciano per iscritto la domanda, esse possono deliberare in segreto.

Art. 53. Le sedute e le deliberazioni delle Camere non sono legali né valide, se la maggiorità assoluta dei loro membri non è presente.

Art. 54. Le deliberazioni non possono essere prese se non alla maggiorità dei voli.

Art. 55. Ogni proposta di legge debb'essere dapprima esaminata dalle Giunte che saranno da ciascuna Camera nominate per i lavori preparatorii. Discussa ed approvata da una Camera, la proposta sarà trasmessa all'altra per la discussione ed approvazione; e poi presentata alla sanzione del Re.

Le discussioni si faranno articolo per articolo.

Art. 56. Se un progetto di legge è stato rigettato da uno dei tre poteri legislativi, non potrà essere più riprodotto nella stessa Sessione.

Art. 57. Ognuno che sia maggiore d'età ha il diritto di mandare petizioni alle Camere, le quali debbono farle esaminare da una Limita, e, dopo la relazione della medesima, deliberare se debbano essere prese in considerazione, ed in caso affermativo, mandarsi al ministro competente, o depositarsi negli uffizi per gli opportuni riguardi.

Art. 58. Nissuna petizione può essere presentata personalmente alle Camere.

Le autorità costituite hanno sole il diritto di indirizzar petizioni in nome collettivo.

Art. S9. Le Camere non possono ricevere alcuna deputazione, né sentire altri, fuori dei proprii membri, dei ministri e dei commissari del Governo.

Art. 60. Ognuna delle Camere è sola competente per giudicare della validità dei titoli di ammissione dei proprii membri.

Art. 61. Così il Senato, come la Camera dei deputati, determina, per mezzo d'un suo regolamento interno, il modo secondo il quale abbia da esercitare le proprie attribuzioni.

Art. 62. La lingua italiana è la lingua officiale delle Camere.

È però facoltativo di servirsi della francese ai membri che appartengono ai paesi in cui questa è in uso, od in risposta ai medesimi.

- 250 -

Art. 63. Le votazioni si fanno per alzata e seduta, por divisione e per isquittinio segreto. Quest'ultimo mezzo sarà sempre impiegato per la votazione del complesso di una legge, e per ciò che concerne al personale.

Art. 64. Nessuno può essere ad un tempo senatore e deputato.

Dei Ministri.

Art. 65. Il Re nomina e revoca i suoi ministri.

Art. 66. 1 ministri non hanno voto deliberativo nell'una o nell'altra Camera se non quando ne sono membri.

Essi vi hanno sempre l'ingresso, e debbono essere sentiti sempre che lo richieggano.

Art. 67. I ministri sono risponsabili.

Le leggi e gli atti del Governo non hanno vigore se non sono muniti della firma d'un ministro.

Dell'ordine giudiziario.

Art. 68. La giustizia emana dal Re, ed è amministrata in suo nome dai giudici ch'egli istituisce.

Art. 69. I giudici nominati dal Re, ad eccezione di quelli di mandamento, sono inamovibili dopo tre anni di esercizio.

Art. 70. 1 magistrati, tribunali e giudici attualmente esistenti sono conservati. Non si potrà derogare all'organizzazione giudiziaria se non in forza di una legge.

Art. 71. Niuno può essere distolto dai suoi giudici naturali.

Non potranno perciò essere creati tribunali o Commissioni straordinarie.

Art. 72. Le udienze dei tribunali in materia civile e i dibattimenti in materia criminale saranno pubblici conformemente alle leggi.

Art. 73. L'interpretazione delle leggi, in modo per tutti obbligatorio, spetta esclusivamente al potere legislativo.

Disposizioni generali.

Art. 74. Le istituzioni comunali e provinciali e la circoscrizione dei comuni e delle provincie sono regolate dalla legge.

Art. 75. La leva militare è regolata dalla legge.

Art. 76. È istituita una milizia comunale sovra basi fissate dalla legge.

Art. 77. Lo Stato conserva la sua bandiera: e la coccarda azzurra è la sola nazionale (1).

____________________________________________________

(1) Col seguente proclama e regii decreti pubblicati prima dell'attuazione dello Statuto venne stabilita la bandiera tricolore italiana collo scudo di Savoia.

Popoli della Lombardia e della Venezia!

I destini dell'Italia si maturano: sorti più felici arridono agl'intrepidi difensori di conculcati diritti.

- 251 -

Art. 78. Gli ordini cavallereschi ora esistenti sono mantenuti con le loro dotazioni. Queste non possono essere impiegate in altro uso fuorché in quello prefisso dalla propria istituzione.

____________________________________________________

«Per amore di stirpe, per intelligenza di tempi, per comunanza di voti noi ci associammo primi a quell'unanime ammirazione che vi tributa l'Italia.

«Popoli della Lombardia e della Venezia! Le nostre armi che già si concentravano sulla vostra frontiera quando voi anticipaste la liberazione della gloriosa Milano, vengono ora a porgervi nelle ulteriori prove quell'aiuto che il fratello aspetta dal fratello, dall'amico l'amico.

«Seconderemo i vostri giusti desiderii fidando nell'aiuto di quel Dio che è visibilmente con noi, di quel Dio che ha dato all'Italia Pio IX, di quel Dio che con si meravigliosi impulsi pose l'Italia in grado di fare da sé.

«E per viemmeglio dimostrare con segni esteriori il sentimento dell'unione italiana vogliamo che le nostre truppe entrando sul territorio della Lombardia e della Venezia portino lo scudo di Savoia sovrapposto alla bandiera tricolore italiana.

«Torino, 23 marzo 1848.

CARLO ALBERTO

CARLO ALBERTO, Ecc. , Ecc.

Volendo che la stessa bandiera che qual simbolo dell'unione italiana sventola sulle schiere da noi guidale a liberare il sacro suolo dell'Italia sia inalberala sulle nostre navi da guerra e su quelle della marineria mercantile;

«Sentito il parere del nostro Consiglio dei ministri;

«Abbiamo ordinalo ed ordiniamo:

«Le nostre navi da guerra e le navi della nostra marineria mercantile inalbereranno, qual bandiera nazionale, la bandiera tricolore italiana (verde, bianco e rosso) collo scudo di Savoia al centro. Lo scudo sarà sormontalo da una corona per le navi da guerra.

«II presidente del nostro Consiglio dei ministri, incaricato del portafoglio della guerra e marina, è incaricato dell'esecuzione del presento.

«Dal nostro quartier generale a Volta IMI aprile 4848.

CARLO ALBERTO.

FRANZIMI.

Il presidente del Consiglio dei ministri

incaricato del portafoglio della guerra t marina

CESARE BALBO.

EUGENIO, Ecc. , Ecc.

«In virtù dell'autorità a noi delegata;

«Sulla proposizione del ministro segretario di Stato per gli affari interni, abbiamo ordinato ed ordiniamo quanto segue:

«Le insegne delle milizie comunali si comporranno di tre liste uguali e verticali in verde, bianco e rosso, e porteranno al centro lo scudo di Savoia con orlo azzurro.

«Lo dimensioni delle insegne saranno di metri 1 60 per l'altezza, e di metri 1 50 per la larghezza.

«II ministro segretario di Stato por gli affari dell'Interno è incaricalo della esecuzione del presente decreto.

Torino, il 28 aprile 1848.

EUGENIO DI SAVOIA

Vincenzo Ricci.»

- 252 -

Il Re può creare altri ordini, e prescriverne gli statuti.

Art. 79. I titoli di nobiltà sono mantenuti a coloro che vi hanno diritto. Il Re può conferirne dei nuovi.

Art. 80. Niuno può ricevere decorazioni, titoli o pensioni da una potenza estera senza l'autorizzazione del Re.

Art. 81. Ogni legge contraria al presente Statuto è abrogata.

Disposizioni transitorie.

Art. 82. Il presente Statuto avrà il pieno suo effetto dal giorno della prima riunione delle due Camere, la quale avrà luogo appena compiute le elezioni. Fino a quel punto sarà provveduto al pubblico servizio d'urgenza con sovrane disposizioni, secondo i modi e le Torme sin qui seguite, omesse tuttavia le interinazioni e registrazioni dei magistrati che sono fin d'ora abolite.

Art. 83. Per l'esecuzione del presente Statuto il Re si riserva di fare le leggi sulla stampa, sulle elezioni, sulla milizia comunale e sul riordinamanto del Consiglio di Stato.

Sino alla pubblicazione della legge sulla stampa rimarranno in vigore gli ordini vigenti a quella relativi.

Art. 84. I ministri sono incaricali e risponsabili dell'esecuzione e della piena osservanza delle presenti disposizioni transitorie.

Dato a Torino, addì quattro del mese di marzo l'anno del Signore mille ottocento quarantotto, e del Regno nostro il decimo ottavo.

CARLO ALBERTO.

Il ministro e primo segretario di Stato per gli affari dell'interno.

BORELLI.

Il primo segretario di Stato per gli affari ecclesiastici di grazia e giustizia dirigente la gran cancelleria

AVET.

Il primo segretario di Stato per gli affari di finanze

DI REVEL.

Il primo segretario di Stato dei lavori pubblici, dell'agricoltura e del commercio.

DES AMBROIS.

Il primo segretario di Staio per gli affari esteri

E. DI S. MARZANO.

Il primo segretario di Stato per gli affari di guerra e marina

BROGLIA.

Il primo segretario di Stato per la pubblica istruzione

C. ALFIERI.

- 253 -

PLEBISCITI

Formola del Plebiscito della Toscana -11 e 12 marzo 1860.

Unione alla Monarchici Costituzionale del Re Vittorio Emanuele.

ovvero: Regno separato

Per l'unione Voti 366,571

Pel regno separato » 14,925

Formola del Plebiscito dell'Emilia-11 e 12 marzo 1860.

Annessione alla Monarchia Costituzionale del Re Vittorio Emanuele II

ovvero: Regno separato

Per l'annessione Voti 426,006

Pel regno separato » 756

Formola del Plebiscito delle Provincie Napoletane-21 ottobre 1860.

Il popolo vuole l'Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele Re Costituzionale e sui legittimi discendenti?

Sì Voti 1,302,064

No » 10,312

Formola del Plebiscito della Sicilia-21 ottobre 1860.

Il popolo Siciliano vuole l'Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele Re Costituzionale e suoi legittimi discendenti?

Sì Voti 432,053

No » 667

Formola del Plebiscito delle Marche -4 e 5 novembre 1860.

Volete far parte della Monarchia Costituzionale del Re Vittorio Emanuele II?

Sì Voti 133,807

No » 1,212

Formola del Plebiscito dell'Umbria. - 4 e 5 novembre 1860.

Volete far parte della Monarchia Costituzionale del Re Vittorio Emanuele?

Sì Voti 97,040

No » 380

- 254 -

IL REGNO D'ITALIA

DESCRITTO DAGLI ITALIANISSIMI nel 1864.

(Dal Difensore di Modena del 6 agosto 1864).

Bisogna propriamente dire che sia nella natura dell'uomo il non essere mai contento, e che l'appetito umano, a differenza di quello di tutti gli altri animali, non venga mai sazio!

Si volle l'Italia degl'Italiani, e dagl'Italiani si lamenta l'Italia. Fanno propriamente spasimo le geremiadi ed i lagni dei rappresentanti della Nazione al Parlamento contro tutto, e contro tutti! Apriamo gli Atti ufficiali della Camera:

«Abbiamo in Italia languore, inerzia, confusione che domina in tutti i Ministeri». La Porta (atti ufficiali, torn. degli 11 maggio 1864).

Si volle la libertà, e se ne bestemmia il Governo!

«Il Governo condusse l'Italia nella tomba». Brofferio tornata delli 8 maggio).

«Noi andiamo alla perdizione». Crispi (tornata stessa). «II Governo è reo di. tollerare le infamie». Siccoli (tornata del 9 maggio).

«L'immensa maggioranza dei Napoletani è contraria al Governo». Plutino (tornata dei 10 maggio).

«Giammai in Italia non fummo così dipendenti, così vassalli come siamo ora». Miceli (tornata degli il maggio).

Si vollero i Ministri popolari e responsabili, e si maledice ai Ministri ed ai Ministeri !

«La politica del Ministero ci merita la compassione altrui». Bargoni (tornata del 4 maggio).

«Il Ministro non ha autorità nemmeno sulla maggioranza della Camera». Lazzaro (tornata delli 6 maggio).

«La Politica del Ministero è una politica alla giornata, una politica di espedienti passeggeri, provvisoria, che non soddisfa menomamente il paese, e lo lascia in uno stato di deplorabile incertezza». De-Sanctis (torn, del 1° luglio).

«La Camera disapprovando la politica del Ministero che attenta alla libertà ed all'unità Nazionale, passa all'ordine del giorno» così propone l'onorevole S. Donato nella tornata dei 4 luglio aggiungendo: che «il Ministero meriterebbe di essere messo in istato di accusa, e che per ciò il suo ordine del giorno deve ritenersi moderato».

«Voi signori Ministri non sapete che cosa volete si sono fatte molte leggi,

e tutte pessime». Ferrari (tornata delli 6 maggio).

Si votarono le annessioni al Piemonte, e «da Torino non si può governare l'Italia». Grida Mordini nella tornata dei 4 luglio.

Si volle l'Italia regina di se stessa e in faccia all'Estero, e se ne lagna troppo costosa la spesa nell'interno, e la nullità della sua importanza all'Estero.

«Non si e fatta nessuna economia, si è veduto un vistoso prestito consumato; siamo bisognevoli di un altro ed incapaci a farlo». Mellana (turnata dei 12 maggio).

- 255 -

«La Diplomazia nostra coi 300jin. soldati' colla flotta, con tante altre millanterie non ha l'autorità all'Estero che aveva quel piccolo pugno di terra che era il Piemonte». Musolino (tornata dei 12 maggio).

«Più volte in questa Camera ho dichiarato che nella questione Romana, dobbiamo star zitti, perché non possiamo fare che dichiarazioni sterili». Chiaves (tornata delli 13 maggio).

Si volle la fratellanza, e non si piange che inimicizia e dualismo!

«Se guardo in questa Camera dei Deputati, in tutte le parti non vedo che duellanti». Della Rovere (tornata dei 14 maggio).

Si gridò agli arbitri, al dispotismo, alla tirannia, ed ora si lamenta l'ingiustizia, e l'oppressione.

«Un cardinale si arresta, si tiene due o tre dì in prigione, e poi lo si lascia libero senza processo; un altro si allontana per cinque anni dalla sua Diocesi senza processo; ma questi fatti come conciliarli colla giustizia?». Boggio (tornata dei 14 maggio).

«Al Governo non chiederò altro che: Dateci la giustizia, e ci Basta». Fiorcnzi (tornata delli 26 maggio).

«Esige per la salvezza della patria che si aumenti senza indugio la pubblica entrata (cioè che si aumentino le imposte)». Giovanola(tornata dell'11 giugno).

«È innegabile che per un periodo probabilmente non breve non potremo avere uno sbilancio di molto minore (350 milioni)». Arnulfo (tornata dei 10 giugno).

«La perequazione dell'imposta produrrà maggiori sperequazioni che oggi non esistono. Questa legge avrà l'onore di arricchire qualche proprietario di 100[m. lire, e di depauperare di altrettanto gli altri proprietarii; quindi un disgusto immenso specialmente nelle antiche Provincie aggravate del 64 per cento». Farina (tornata dei 15 giugno).

Si annunzio un perpetuo sole, un avvenire glorioso e fortunato, e Ponza di San Martino dice nella tornata dei 12 giugno: «lo debbo osservare che se le cose continuassero in questa guisa, se si avessero sempre speranze che non si realizzano mai, e se invece si realizzasse sempre lo spendere più di quello che si può, io credo che sarebbe inevitabile cadere in un precipizio» .

«Le nostre circostanze sono gravissime La nostra situazione è troppo anormale per poter durare». Marliani (tornata delli 11 giugno).

«L'orizzonte era fosco nel principio dell'anno; né si è rischiarato oggi che siamo a metà. Una nuvoletta sorge dal lido Africano a Tunisi, che può precipitare gli eventi, senza parlare della tempesta che mugge a settentrione! È adunque d'uopo affrettarsi per provvedere alle Finanze, approvando leggi». Lanzi (tornata dei 18 giugno).

«L'orizzonte non è sereno: quando i bilanci si presentano con più centinaia di milioni di disavanzo, questa legge non è l'ultima, ma si dovrà pagare molto di piii». Di Castagneto (tornala dei 20 giugno). E il deputato Ballanti sulla questione finanziaria, nella seduta dei 2 luglio, così delinea l'avvenire brillante: «Pur non seguendo l'opposizione dell'onorevole Saracco, ma quella dell'onorevole Minghetti, risulta che alla fine del 1865, il nostro deficit ordinario sarà di 766 milioni senza calcolare lo straordinario».

Si volle la pubblicità delle discussioni: la prudenza nelle decisioni, e

- 256 -

«La politica, (rimprovera il deputalo Cadolini), del Ministero Rattazzi è stata inorpellatrice, e tale e quella del presente gabinetto» (tornata 23 maggio).

«Si aggravano gli uni, riflette il senatore Pareto (tornala 15 giugno), sgravandosi gli altri; si mettono in opposizione gl'interessi di un ex-Stato con un altro ex-Stato; cosa più imprudente non poteva invaginarsi. I popoli saranno più saggi dei loro Reggitori; ma se il popolo starà tranquillo non sarà meno colpevole il Ministero».

«Da sei giorni assistiamo a questa discussione senza cbè si faccia la luce. Mi meraviglio che in tante opinioni diverse e contrarie di personaggi ragguardevoli sopra quest'argomento, non ne sorga una vera». Il senatore Revel (tornata dei 17 giugno).

Si vituperarono le pretese ingiustizie fa illegalità dei passati Governi, e l'onorevole deputato Siccoli nella tornata del giorno 20 maggio ritirò la sua proposta del giorno precedente sulla pubblica istruzione dichiarando: Ritiro la mia proposta, limitandomi a prendere atto della dichiarazione del Ministro che continuerà a violare la legge».

E da tutto ciò che avrassi a concludere? Noi abbiamo già premesso il nostro opinamento, che potrà convertirsi a dilemma; o che l'uomo è di sua natura incontentabile, o che si rinnova il vecchio miracolo della torre di Babele. Ciò allora non dipenderebbe dall'uomo!

Si volle generalizzata, e meglio protetta la pubblica istruzione, e Siccoli altamente grida contro quel Ministero, e conchiude: «Vedo che l'istruzione pubblica è in isfacelo» (tornata del 19 maggio).

Si volle e si predicò la stampa libera, e lo stesso Siccoli nella stessa tornata del 19 maggio rimprovera: «Voi signori Ministri non avete perseguitata la stampa, ma avete fatto di peggio. Io ho la coscienza che è divisa da molti che si trovano in questa Camera, voi l'avete corrotta».

Si gridò all'arbitrio, alla malversazione del pubblico danaro pei cessati Governi, e lo stesso Siccoli così ne encomia l'attuale pubblica economia, l'attuale prudente amministrazione:

«Io domando a quel gentile cavaliere, che è il Ministro dell'Interno, domando agli uomini che siedono alla destra, se sulla loro coscienza possono assicurare: che non sia vero che vi sieno dei giornali sovvenzionati a 50, 100, 150, 200, 300 franchi al mese!

Se non sia vero che il corrispondente di un giornale straniero sia pagato 500 franchi al mese per ispedire tutti i giorni a Parigi un elogio del Ministero!

«Se non sia vero che un giornale meritevole se non altro di avere sempre difesa la stessa opinione, abbia una sovvenzione annua di 40, 000 franchi!

«Se sia vero che una Gazzetta quotidiana ne abbia un'altra di cinquantamila franchi!

«Domando in Une se non sia vero che un giornale, che non nomino ma che si distingue pel suo troppo zelo Dell'incensare i Ministri (zelo che alle volte loro pregiudica), non abbia una sovvenzione di 60|m. franchi annui, compresi 20: O che si pagano mensilmente per le spese di direzione, e per le spese di corrispondenza ad un giornale di una città vicina! Inoltre dirò che io non aveva accennata la somma di 4 milioni come quelli distratti dai fondi segreti, per corrompere la stampa, ma solo di un milione, e trecentomila lire, che è la cifra esatta». (Tornata dei 19 maggio).

- 257 -

Si volle l'amor di patria, ed il disinteresse, e Mordini lamenta «Vi è una febbre di guadagni smoderati. La patria è stata invasa da questa peste i. (Tornata 21 maggio).

Si volle l'Italia prospera e ricca!

Il Ministero delle Finanze, grida Casdente (tornata 27 maggio) ha vendute tutte le arene del lido Italiano per 7000 lire e per 15 anni. Questo contratto è ingiusto».

Si gridò al passato favorismo, e nella tornata del 27 maggio Fiorenzi piange: «Il Ministero ha nominato Ispettori forestali nelle Marche ove non sono foreste».

Né meno dissimili sono le sinfonie che ci fanno sentire i gravissimi e prudentissimi Senatori!

Si lagnò l'Italia impoverita, e smunta dallo straniero, e si volle felice e ricca: «Signori (così Siotto Pintor elogia la discretezza dei balzelli ed imposte) Signori vi ha una legge superiore a tutte le altre; è la legge del non si può! La Sardegna pagava un milione di prediale! oggi ne paga tre! (torn. del 20 giugno).

UTILMENTE PROPOSTO DA NAPOLEONE III

SUL FINIRE DEL 1863

Avvicinandoci alla conclusione di queste Memorie che abbracciano un periodo di otto anni, quanti ne corsero dal 1856 al 1864, la serie stessa degli avvenimenti ci porta a ripetere quelle medesime riflessioni che ci vennero scritte sui Congressi incominciando il nostro lavoro. Imperocché la rivoluzione italiana e tutti i disordini che ne derivarono furono l'opera del Congresso di Parigi radunato nel marzo del 1856, Congresso che raggiunse facilmente il suo scopo di distruggere e mettere a soqquadro la pace del mondo. Ma quando sette anni dopo Napoleone III stanco di quel disordine e di quell'agitazione, ed assai in pensiero pei pericoli ch'egli stesso correva e la sua dinastia, volle radunare un altro Congresso che in Parigi provvedesse all'edificio minato, non solo non riusci nella divisata opera di ristorazione, ma non poté nemmeno congregare il Congresso medesimo, e tutti i suoi sforzi andarono falliti. Solenne documento della potenza straordinaria che hanno gli uomini e gli errori moderni per disfare, e della loro impotenza per riedificare o correggere il malfatto! Quest'ultimo periodo delle nostre Memorie vuoi essere perciò esaminato un po' tritamente, e noi ci accingiamo a questo lavoro pigliando le mosse dalla proposta del Congresso.

DISCORSO

pronunziato il 5 novembre all'una pomeridiana dall'Imperatore

de' Francesi aprendo la sessione legislativa del 1864.

Signori Senatori, Signori Deputati.

La riunione annuale dei grandi Corpi dello Stato è sempre un'occasione felice che ravvicina gli uomini devoti al bene pubblico e permette di manifestare la verità al paese.

La franchezza delle nostre mutue comunicazioni calma le inquietudini e fortifica le nostre risoluzioni.

- 258 -

Siate adunque i benvenuti!

Il Corpo legislativo fu rinnovato per la terza volta dalla fondazione dell'Impero, e per la terza volta a malgrado di alcuni dissidii locali non ho che a chiamarmi, pago oltremodo del risultato delle elezioni.

Voi m'avete sempre prestato lo stesso giuramento, esso mi risponde del vostro concorso.

Il nostro dovere è di far prontamente e bene gli affari del paese rimanendo fedeli alla Costituzione che ci ha dato undici anni di prosperità e che voi avete giurato di mantenere. L'esposizione della situazione interna vi mostrerà che a malgrado del ristagno forzato del lavoro in certi rami, il progresso non ha rallentato menomamente.

La nostra industria ha lottato vantaggiosamente contro la concorrenza straniera, e rimpetto a fatti incontrastabili i timori suscitati dal trattato di commercio coll'Inghilterra sono svaniti.

Le nostre esportazioni ne' primi 8 mesi dell'anno 1863 paragonate a quelle de' mesi corrispondenti dell'anno 1862 si sono accresciute di 233 milioni.

Dorante lo stesso periodo il movimento della navigazione ha sorpassato la cifra dell'epoca precedente di 475,000 tonnellate, di cui 136,000 sotto bandiera francese. Il ricolto abbondante di quest'anno è un benefizio della Provvidenza che deve assicurare a miglior mercato la sussistenza della popolazione.

Esso comprova altresì la prosperità della nostra agricoltura. I lavori pubblici furon continuati con attività.

Circa mille chilometri nuovi di ferrovie furono aperti alla circolazione.

I nostri porti, i nostri fiumi, i nostri canali han continuato a migliorarsi.

La sessione avendo luogo più presto che d'ordinario, il rapporto del Ministero delle Finanze non è stato ancora pubblicato.

Esso lo sarà in breve. Voi vi scorgerete che se le nostre speranze non si sono compiutamente realizzate, le rendite hanno seguito un andamento ascendente; che le nostre risorse straordinarie ci han fallo sopperire alle spese cagionate dalla guerra al Messico e alla Cocincina.

Debbo mettervi sott'occhio parecchie riforme giudicate opportune: fra le altre il decreto relativo alla libertà della fabbrica del pane, quello che rende l'iscrizione militare meno onerosa alla popolazione delle coste, il progetto che modifica la legge sulle coalizioni, e quello che sopprime i privilegi esclusivi dei teatri.

Faccio del pari studiare una legge destinata ad aumentare le attribuzioni dei consigli generali e comunali e a rimediare all'eccesso della centralizzazione. Per verità, semplificare le formalità amministrative, raddolcire la legislazione applicabile alle classi degne di tutta la nostra sollecitudine, sarà questo il progresso al quale voi sarete paghi di associarvi.

Voi avrete altresì ad occuparvi della questione degli zuccheri che vuoi essere pure risolta con una più stabile legislazione, il progetto sottomesso al Consiglio di Stato tende ad accordare ai prodotti indigeni la facilità d'esportazione di cui godono gli zuccheri delle altre provenienze. Una legge sul registro farà sparire il doppio decimo e surrogherà questa sopratassa con un riparlo più giusto.

Nell'Algeria, malgrado l'anomalia che assoggetta le stesse popolazioni, le une al potere civile, le altre al potere militare, gli Arabi hanno compreso quanto la

- 259 -

dominazione francese fosse riparatrice ed equa senza che gli Europei abbiano maggior fiducia nella protezione del Governo.

Le nostre antiche colonie hanno veduto sparire le barriere moleste alle loro transazioni; ma le circostanze non sono state favorevoli all'incremento del loro commercio. La recente introduzione d'istituti di credito miglioreranno, lo spero, la loro sorte.

In mezzo a queste cure materiali nulla è stato trascurato di ciò che riguarda la religione, lo spirito e la morale. Le opere religiose e di beneficenza, le arti, le scienze e l'istruzione pubblica ebbero numerosi incoraggiamenti.

Dal 1848 in poi il numero di coloro che frequentano le scuole si è accresciuto d'un quarto.

Al dì d'oggi quasi 5 milioni di ragazzi, de' quali un terzo a titolo gratuito, son ricevuti nelle scuole primarie; ma i nostri sforzi non devono rallentarsi poichè 600, 000 son tuttora privi d'istruzione.

Gli alti studi furono rianimati nelle scuole secondarie nelle quali l'insegnamento speciale si sta riordinando.

Tale o signori, è il sommario di ciò che noi abbiamo già fatto e di quanto vogliamo fare. Certo la prosperità del nostro paese prenderebbe uno slancio più rapido se preoccupazioni politiche non venissero a turbarla. Ma nella vita delle Nazioni sorgono avvenimenti impreveduti e inevitabili che esse debbono incontrare senza tema e sopportare senza debolezza. Di questo numero sono la guerra d'America, l'occupazione forzata del Messico e della Cocincina, e l'insurrezione della Polonia.

Le spedizioni lontane, oggetto di tante critiche, non furono l'esecuzione d'un piano premeditato: la forza delle cose le ha prodotte e tuttavia non abbiamo a dolercene; infatti come sviluppare il nostro commercio estero se da una parte noi rinunciassimo a qualsiasi influenza in America e se dall'altra rimpetto ai vasti territorii occupati dagl'Inglesi, Spagnuoli e Olandesi, la Francia rimanesse sola senza possedimenti nei mari dell'Asia?

Noi abbiamo conquistato in Cocincina una posizione che senza metterci nelle difficoltà del governo locale ci permetterà di trar pro delle immense risorse di quelle contrade e di incivilirle col commercio.

Nel Messico dopo una resistenza inaspettata che il coraggio dei nostri soldati e dei nostri marinai ha superato, vedemmo le popolazioni accoglierci come liberatori.

I nostri sforzi non saranno stati sterili e noi saremo largamente indennizzati del nostro sacrifizio quando i destini di questo paese che a noi dovrà la sua rigenerazione saranno stati rimessi ad un principe i cui lumi e le cui qualità rendono degno d'una si nobile missione. Abbiamo dunque fede nelle nostre imprese d'oltre mare incominciate per vendicare il nostro onore; esse avranno un termine col trionfo dei nostri interessi, e se menti prevenute non indovinano ciò che contengono di fecondo i germi deposti per l'avvenire, non lasciamo denigrare la gloria acquistata per così dire alle due estremità del mondo, a Pechino come a Messico.

La questione polacca esige maggiori sviluppi. Quando scoppiò l'insurrezione di Polonia i Governi di Russia e Francia stavano tra di loro nelle migliori relazioni.

- 260 -

Fatta la pace le grandi quistioni europee li trovarono d'accordo, e non esito a dichiarare che, durante la guerra d'Italia e quando fu fatta l'annessione della contea di Nizza e della Savoia, l'Imperatore Alessandro mi diede il più sincero e pili cordiale appoggio. Il buon accordo esigeva riguardi: e mi fu giocoforza credere la causa polacca tanto popolare in Francia da non esitare a mettere in repentaglio una delle prime alleanze del continente, e da alzare la voce a favore di una nazione, ribelle agli occhi della Russia, ma ai nostri erede di un diritto consegnato nella storia e nei traumi.

Ciò nondimeno codesta quistione involgeva i più gravi interessi europei: e non poteva essere trattata isolatamente dalla Francia.

Solo un'offesa al nostro onore od una minaccia contro le nostre frontiere ci impongono i doveri di agire senza concerti preliminari. -Diveniva quindi necessario, come all'epoca degli avvenimenti d'Oriente e di Siria, di mettermi d'accordo colle potenze che avevano per quelle provincie ragioni e diritti somiglianti ai nostri.

L'insurrezione polacca, la quale riceveva dalla durata carattere nazionale, svegliava dappertutto simpatie e Io scopo della diplomazia fu di conciliare a questa causa il maggior numero possibile di adesioni alfine di pesar sulla Russia con tutto il peso dell'opinione d'Europa.

Il concorso di voti quasi unanimi ci pareva il mezzo più proprio a indurre la persuasione nel gabinetto di Pietroburgo. Per mala ventura i nostri consigli disinteressati vennero interpretati come un'intimidazione, e le pratiche dell'Inghilterra, dell'Austria e della Francia, in luogo di arrestare la lotta, non riuscirono che ad inasprirla; dalle due parti si commettono eccessi che debbonsi in nome dell'umanità egualmente deplorare.

Che rimane egli dunque a fare? Siamo noi ridotti alla sola alternativa della guerra o del silenzio? No. Senza correre alle armi e senza rimanerci in silenzio ci rimane un mezzo. Sottoporre la causa polacca ad un tribunale europeo. La Russia lo ha già dichiarato: conferenze nelle quali tutte le altre questioni che agitano l'Europa fossero discusse non offenderebbero per nulla la sua dignità.

Pigliamo nota di questa dichiarazione; ch'ella ci aiuti una volta per tu«te a spegnere i fermenti di discordia, pronti a scoppiare da tutte le parti, e che dal malessere istesso dell'Europa travagliata da tanti elementi di distruzione sorga una nuova era di ordine e di pacificazione!

Non è egli venuto il momento di ricostrurre su nuove basi l'edifizio minato dal tempo e distrutto pezzo a pezzo dalle rivoluzioni; non è egli urgente riconoscere con nuove convenzioni ciò che venne irrevocabilmente compiuto, e compiere di comune accordo ciò che richiede la pace del mondo?

I trattati del 1815 cessarono di esistere; la forza delle cose li atterrò o tende ad atterrarli quasi dappertutto; vennero infranti in Grecia, nel Belgio, in Francia, in Italia e sul Danubio.

L'Alemagna si agita per mutarli; l'Inghilterra li modificò generosamente colla cessione delle Isole. Ionie; e la Russia li calpesta a Varsavia.

In mezzo a questo laceramento successivo del patto fondamentale europeo, le passioni s'inaspriscono e al sud come al nord potenti interessi esigono una soluzione.

- 261 -

Che cosa dunque di più legittimo e di più assennato clic lo invitare le Potenze dell'Europa ad un Congresso, dove l'amor proprio e le suscettività sparirebbero dinanzi ad un arbitrato supremo? Che cosa di più conforme alle idee dell'epoca e ai voti del maggior numero che di rivolgersi alla coscienza e alla ragione degli uomini di Stato di tutti i paesi, e dir loro: i pregiudizi e i rancori che ci scindono, non durarono essi già troppo?- La rivalità gelosa delle grandi Potenze impedirebbe forse continuamente i progressi della civiltà? Ci terremo noi in neutra diffidenza con armamenti esagerati? Le più preziose risorse debbono indefinitamente sciuparsi in una vana ostentazione delle nostre forze? Conserveremo noi eternamente uno stato che non è né la pace colla sicurezza, né la guerra colle sue liete eventualità?

Non diamo più lungamente importanza fittizia allo spirito sovversivo dei partiti estremi opponendoci con stretti calcoli alle legittime aspirazioni dei popoli. Abbiamo il coraggio di sostituire ad uno stato malaticcio e precario una situazione stabile e regolare quand'anche costasse sacrifici. Riuniamoci tutti senza sistema preconcetto, senza ambizione esclusiva, animati dal solo pensiero di stabilire un ordine di cose fondato sull'interesse ben compreso dei Sovrani e dei popoli.

Questo appello, amo crederlo, sarà inteso da tutti. Un rifiuto farebbe supporre segreti che temano la luce; ma quand'anche la proposta non fosse unanimemente gradita, avrebbe l'immenso vantaggio di avere segnalato all'Europa dove sta il pericolo e dove la salvezza.

Due strade sono aperte. Una conduce al progresso con la conciliazione e la pace; l'altra tosto o tardi mena fatalmente alla guerra coll'ostinazione a mantenere un passato che crolla.

Voi conoscete ora, o signori, il linguaggio che intendo tenere all'Europa, Approvato da tutti e sancito dall'assenso pubblico non può mancare di essere ascoltato, essendo che io parlo in nome della Francia.

APPUNTI

AL DISCORSO DI NAPOLEONE III

(Pubblicato il 7 novembre 1863).

Considerando la lunghezza, la forma, e la parte sostanziale di questo discorso, diciamo dapprima che è troppo lungo; parla di troppe cose, e troppo minute. Vuoi provare, ad esempio, che la Francia trovasi in uno stato della maggiore prosperità, e si stende per una colonna su quest'argomento. Ora ognun vede che il solo riputar necessario di dimostrare ad un popolo che è felice, prospero, beato, riesce a provare il contrario. Se i Francesi fossero così bene come Napoleone 1Il dico, l'Imperatore non ci avrebbe speso tante parole.

Si sarebbe ristretto ad esclamare: Laudato Iddio! siete contenti, o figliuoli? Me ne gode proprio il cuore. - S. Luigi XI avrebbe detto così.

Tutto va bene nell'interno della Francia per Napoleone III. I Francesi godono undici anni di prosperità! L'industria «ha lottato vantaggiosamente contro la concorrenza straniera».

- 262 -

Le esportazioni si sono accresciute; il movimento della navigazione ha sorpassato gli anni precedenti; l'agricoltura è essa pure in istato di prosperità, le strade feriate si allargano, i porti, i fiumi, i canali si migliorano, il ricotto abbonda, il popolo vivrà a miglior mercato.

Ripetiamo, che se tutto questo fosse vero, Napoleone III non avrebbe riputato necessario di dirlo, e dirlo così lungamente e con tanta insistenza. E diffatto egli scusossi che « la relazione del Ministero delle finanze non fosse ancor pubblicata»; e non ommise di soggiungere: «le nostre speranze non si sono ancora realizzate». Ma come si concilia tutta questa prosperità colle defraudate speranze, e coi debiti, e cogli sbilanci che non finiscono mai?

Napoleone III fin dal secondo periodo del suo discorso parla ai legislatori della franchezza delle nostre mutue comunicazioni. Ecco un'altra cosa che l'Imperatore avrebbe potuto tacere. Dopo undici anni che parla, dopo un sì lungo esperimento della sua franchezza, che motivo egli avea di dire ai Francesi: badate io vi parlo francamente? Il Bonaparte con quest'avvertenza diè luogo a molti sospetti, e i maligni dissero: - Napoleone III parla della franchezza delle sue mutue comunicazioni! guardatevi galline!!

Da ultimo una terza cosa che l'Imperatore dei Francesi avrebbe potuto tacere nel suo discorso è che nulla ha trascurato di ciò clic riguarda la religione! Mentre a Parigi un membro dell'Istituto spedito da Napoleone 1Il in Oriente, e stipendiato dalla Francia, pubblica sotto gli occhi del Cristianissimo che Gesù Cristo non è Dio, e che tutta la cristianità da diciotto secoli presta il suo culto ad un impostore, mentre Ernesto Renan gode tale e tanta libertà di bestemmiare, l'Imperatore avrebbe potuto tacere che «nulla è stato trascurato in ciò che riguarda la religione!».

Conchiudiamo adunque il primo appunto. Il discorso imperiale è troppo lungo, e il Bonaparte dovea pretermettere tre cose. Non era necessario ch'egli dicesse quanta franchezza usi nel favellare. Tutti lo sanno! Non era necessario che dimostrasse ai Francesi che essi sono da undici anni prosperi e felici. Essi lo sentono! Non era necessario che protestasse di non aver trascurato nulla di ciò che riguarda la religione. Renan e il suo libro l'han proclamato ai quattro venti.

Passiamo alla forma del discorso. Egli si potrebbe dubitare che questo del 5 di novembre sia proprio un discorso di Napoleone III. Non più quel fare sciolto, e quel procedere ardimentoso d'una volta; non più la frase robusta e incisiva che fa breccia e lascia larga traccia di sè; non più un favellare che indica tranquillità d'animo, e sicurezza di se medesimo.

Il discorso del 5 di novembre ci ha l'aria dell'arringa di un avvocato ch'esce a difendere una causa spallata. È un'orazione pro domo sua; un'apologia del proprio governo. E quando un potente Imperatore parlando al suo popolo è costretto a difendersi, cattivo segno. Rileggete il discorso del 7 febbraio 1859. Quale differenza! Rileggete il proclama al popolo francese del 3 di maggio di quell'anno! Rileggete in una parola tutti i precedenti documenti del Bonaparte e li troverete di un tuono ben diverso da quest'ultimo. L'antica musa non ispira più il poeta della politica.

Sapete in che cosa noi riconosciamo ancora il fare del Bonaparte?

- 263 -

Soltanto queste linee del suo discorso: «Non esito a dichiarare, che durante la guerra d'Italia e quando fu fatta l'annessione della contea di Nizza e della Savoia, l'imperatore Alessandro mi diede il più sincero e cordiale appoggio». Ex ungus leonem! La lattica di Napoleone III fu sempre di mettere in iscrezio le grandi Potenze fra loro, per combatterle poi alla spicciolata. Nella guerra d'Oriente lodò il cavalleresco Imperatore d'Austria, perché non aiutasse la Russia. Nella guerra di Lombardia strinse la mano alla Russia perché non aiutasse l'Austria.

Oggi confessa coram populo che la Russia gli ha dato il più sincero e cordiale appoggio nella questione polacca. Questa è destrezza tutta propria del Bonaparte; ma il servirsene così apertamente fa sospettare che il ripiego sia ornai stantìo. Se no, invece di fare questa rivelazione al Corpo legislativo, Napoleone III sarcbbesi contentato di farla all'orecchio dell'ambasciatore austriaco.

Ed eccoci entrati naturalmente a dire della sostanza del discorso. Il quale tocca tre punti principali: 1° La questione polacca; 12° La morte dei trattali del 1815; 3° La proposta di un Congresso europeo.

La questiona polacca e popolarissima in Francia. Napoleone IH confessa che perciò fu costretto «di mettere a repentaglio una delle prime alleanze del Continente». Qui si vede la mano di Dio. Il Bonaparte s'era collegato collo Czar, ed era una terribile lega, la lega dello scisma colla rivoluzione. L'Altissimo ruppe que' vincoli e nel meglio Napoleone III fu costretto «ad alzare la voce a favore di una nazione ribelle agli occhi della Russia, ma ai nostri erede di un diritto consegnato nella storia e nei trattati».

L'Imperatore dei Francesi si scusa di non aver l'atto nulla per la Polonia, dicendo che «la questione involgeva i più gravi interessi europei, e non poteva essere trattata isolatamente dalla Francia». E soggiunge: «Solo un'offesa al nostro onore, ed una minaccia contro le nostre frontiere c'impongono i doveri di agire senza i concerti preliminari».

Scuse magre, Sacra Imperial Maestà, scuse magre! La questione d'Italia non involgeva i più gravi interessi europei? Perché l'avete trattala isolatamente? Perché dopo d'essere intervenuto, voi proclamaste il principio del non intervento? Che offesa avevano recato al vostro onore i Sovrani sbalzali dal trono? E perché accorreste isolatamente nel Messico e nella Cocincina, ed ora siete sì scrupoloso trattandosi d'intervenire in Polonia?

Che se richiedete un'offesa al vostro onore, lo Czar non offende l'onore francese quando conculca la giustizia, e schiaccia un popolo? Non avete detto voi stesso che l'interesse della Francia era dappertutto dove trovatasi una causa, giusta da difendere? E può darsi una causa più giusta della polacca? E chi offende il cattolicismo non offende l'onor francese? Rileggete, o Sire, la storia dei vostri predecessori, e troverete dove riponessero l'offesa dei loro onore !

Napoleone 111 gode che sieno morti i trattali del 1815 e dichiara che vennero infranti in Grecia, nel Belgio, in Francia, in Italia e sul Danubio, che l'Alemagna si agita por mutarli, che l'Inghilterra li modificò generosamente colla cessione delle Isole Ionie, e che la Russia li calpesta a Varsavia.

Non saremo noi che ci affliggeremo gran fallo della morte di questi trattali. Il primo a protestare contro le loro disposizioni fu il Santo Padre Pio VII, ed essi nacquero non vitali, perché macchiati da una sacrilega invasione degli Stati del Papa a Ferrara ed a Cornacchie. Dunque se sono morti e sepolti, tanto meglio.

- 264 -

Ma come Napoleone III, mentre mostra lacerata e conculcata l'opera delle grandi Potenze, può dire a queste facciamo un Congresso? - li Congresso stenderà un nuovo trattato, ed il trattato avrà la stessa sorte dei trattali del 1815. Coloro che ne ricaveranno profitto terranno fermo; chi ne avrà danno lo conculcherà, e Napoleone III verrà a proclamare il principio del non intervento! L'Imperatore dei Francesi dovrebbe ricordarsi due cose: l'una che i Congressi sono ben lungi dell'assestare le faccende politiche, e sovente le guastano di più. Ha egli dimenticato il Congresso di Parigi, triste origine di tutti gli sconvolgimenti posteriori? L'altra che fin dal 1860 un Congresso stava per radunarsi, e già il cardinale Antonelli era in sulle mosse, quando l'opuscolo napoleonico il Papa e il Congresso impedì l'adunanza, e come asserì il conte Russel tolse a Pio IX le sue migliori provincie.

E qui vorremmo chiedere perché Napoleone III non abbia parlato né dell'Italia, né di Roma, né del Papa, ma l'articolo è già lungo abbastanza e ne discorreremo domani.

BONAPARTE E IL CONGRESSO

(Pubblicato il 10 novembre 1863).

Sul finire del 1859 levava gran rumore in Europa un libretto, o libello, o libricciatolo che vogliate chiamarlo, intitolato: Le Pape et le Congrès. E lo dicevano scritto da Napoleone IH, o certamente ispirato da lui; e c'era dentro tutto il suo genio, e tutta quella lealtà e franchezza di cui l'Imperatore parlava nel suo discorso del 5 di novembre.

Il Giornale di Roma del 30 dicembre 1859 portava in capo alle sue colonne alcune linee sul libello il Papa e il Congresso, e definivalo «un vero omaggio reso alla rivoluzione, un'insidia tesa a que' deboli, i quali mancano di giusto criterio per ben conoscere il veleno che nasconde, ed un soggetto di dolore per tutti i buoni Cattolici. Gli argomenti che si contengono nello scritto sono una riproduzione di errori e d'insulti già tante volte vomitati contro la S. Sede, e tante volte confutati trionfalmente, qualunque sia del resto la pervicacia degli ostinati contraddittori della verità. Se per avventura lo scopo propostosi dall'Autore dell'opuscolo tendesse ad intimidire Colui contro il quale si minacciano tanti disastri, può l'Autore stesso essere certo, che chi ha in favor suo il diritto, ed interamente si appoggia sulle basi solide ed incrollabili della giustizio, e sopratutto è sostenuto dalla protezione del Re dei Re, non ha certamente di che temere delle insidie degli uomini».

E dopo il giornale ufficiale romano parlava lo stesso Pio IX e il primo del 1860 diceva al conte di Goyon che l'opuscolo II Papa e il Congresso poteva chiamarsi «un monumento insigne d'ipocrisia, ed un ignobile quadro di contraddizioni» (Giornale di Roma del 3 gennaio 4860).

Le quali proteste e dichiarazioni abbiamo voluto ricordare a que' Potenti i quali, in Europa, temessero oggidì delle nuove spampanate imperiali. Se essi si appoggiano sulle basi solide ed incrollabili della giustizia, si ridano di tutte le proposte, di tutti gli articoli, di tutti i discorsi, di tutte le circolari. Le insidie degli uomini non valgono nulla contro la protezione del Re dei Re.

- 265 -

II

Ma come nasceva il libello intitolato Il Papa e il Congresso? I due Imperatori, l'Austriaco e il Francese, s'erano abbracciati e baciati a Villafranca, e il 10 novembre del 1859 avevano stretto il trattato di pace di Zurigo, quando l'11 dello stesso mese ed anno uscì fuori una nota del Monìteur in cui parlavasi di un Congresso che verrebbe proposto dalla Francia e dall'Austria. «I lavori della conferenza di Zurigo, diceva il Moniteur, sono compiuti, i trattati vennero sottoscritti iersera. 1 governi di Francia ed Austria si sono messi d'accordo affine di promuovere la riunione di un Congresso, che piglierà comunicazione dei trattati di Zurigo, e delibererà circa ai mezzi più atti a fondare la pacificazione dell'Italia sovra basi solide e durevoli».

La proposta di questo Congresso pareva leale. Il nostro S. Padre Pio IX accettavala di gran cuore, e il suo fedele ministro il Cardinale Antonelli stava in sulle mosse per intervenire al Congresso. Ma la rivoluzione noi vedeva di buon occhio e lo temeva moltissimo. Lo stesso Moniteur di Parigi nel suo n° del 12 novembre pubblicava: «Le assemblee dell'Italia centrale hanno offerto la reggenza al Principe di Carignano. Tale risoluzione è rincrescevole in presenza della prossima riunione di un Congresso europeo chiamato a deliberare sugli affari d'Italia, poiché essa tende a pregiudicare le questioni che ci saranno trattate.

Però mentre il Bonaparte dolevasi così amaramente delle assemblee rivoluzionarie, egli stesso, coll'opuscolo Il Papa e il Congresso, ne secondava le opere. Imperocché non solo pregiudicava le questioni da definirsi, ma francamente diceva che doveansi togliere al Papa le Romagne, e attribuiva al Congresso una autorità superiore ad ogni principio, ad ogni diritto, ad ogni giustizia. Insomma manifestava tali idee, ed emetteva tali pretese che il Congresso andò bravamente in fumo, e il Conte Russell ebbe pili tardi a scrivere che l'opuscolo Il Papa e il Congresso aveva fatto perdere a Pio IX le sue migliori provincie.

- 266 -

III

Dunque non è oggidì la prima volta che parlasi di un Congresso europeo? No, non è la prima volta. Dopo il Congresso di Parigi nel 1856 che Lamartine bellamente e giustamente definì una dichiarazione di guerra sotto una segnatura di pace - l'origine del caos Europeo - la morte del diritto pubblico in Europa; dopo quei famosi protocolli è già la terza volta che si parla di radunare un nuovo Congresso.

Se ne parlò nel 1859 prima della guerra di Lombardia, e cominciarono a discorrerne gli opuscoli parigini e principalmente quello intitolato Un Congrès et non la guerre, Paris 1859. Poi ne fece la proposta formale, addì 18 di marzo, il principe di Gortshakoff ministro in Russia sopra gli affari esteri.

Il Moniteur francese scrisse a que' dì: «La Russia propose la riunione di un Congresso per prevenire le complicazioni che lo stato dell'Italia poteva far nascere e che sarebbero capaci di turbare il riposo dell'Europa».

Napoleone III nel suo discorso del 5 di novembre 1863, confessava d'aver avuto, durante la guerra del 1859, il leale appoggio della Russia. Forse la Russia lo spalleggiava colla proposta del Congresso, come oggidì il Bonaparte intende, colla stessa proposta, di recare aiuto e riamicarsi la Russia. L'Austria se ne accorse, e stanca di essere palleggiata, ruppe gl'indugii, e dichiarò guerra al Piemonte. E il Congresso andò a monte per opera dell'Austria.

L'Invalido Russo, dopo la pace di Villafranca, chiedeva un Congresso Europeo, non solo per gli affari d'Italia, ma per quelli di tutta Europa. Proposta che più tardi venne fatta, come abbiamo detto più sopra, dalla Francia e dall'Austria.

La Gazzetta di Vienna l'8 agosto del 1859 scriveva: È a stupirsi che alcuni giornali abbiano potuto dubitare dell'esecuzione delle basi di pace stipulate a Villafranca. Sottoscritte da due Imperatori esse contengono, nella parola data, la guarentigia, e nella potenza dei due imperatori la possibilità della loro esecuzione» .

Ma vatti a fidare della potenza e della guarentigia! Il trattato di Zurigo restò lettera morta e il Congresso proposto andò in fumo per opera di Napoleone III.

Oggidì costui propone un nuovo Congresso, la terza proposta dal 1859 iu qua. La proposta sarà accettata? Può essere accettata? Se fosse accettata non uscirebbe taluno per mandarla in fumo? Questo taluno non potrebbe essere il Bonaparte medesimo? Diciamone qualche parola e come il Bonaparte sul cadere del 1859 scriveva l'opuscolo II papa e il Congresso, proviamoci noi, sul cadere del 1863, a scrivere Il Congresso e il Bonaparte.

IV.

L'Imperatore dei Francesi è negli imbrogli per colpa propria. Trovasi isolato e in sospetto presso tutti. Le Potenze non l'amano, e i suoi popoli nemmeno. Doveva fare un discorso per inaugurare la nuova Sessione legislativa, e non sapea che cosa dire. Pensò, meditò, decise di favellare della proposta di un Congresso e sarà un pascolo pei miei Francesi. Parleranno del Congresso, e taceranno delle finanze; li baloccherò col Congresso, e non penseranno alle passate elezioni. La scappatoia del Congresso sarà pei miei ministri un buon mezzo per difendersi dalle noiose interpellanze.

- 267 -

Detto fatto, propose il Congresso prima al potere legislativo, per poter di poi favellare, notò il Bonaparte, in nome della Francia. In nome della Francia? Vuoi dire che finora avete parlato in nome vostro? E questo nome della Francia racchiude forse una minaccia? E per radunare un Congresso pacifico esordite minacciando? E questo minacciare non impedisce già da sé l'accettazione della proposta?

Un Congresso! Che cosa farà il Congresso? Sarà onnipotente? Da quali principii verrà mosso? La libertà dei popoli, risponde \&France. Va bene. Ma come s'intende questa libertà? E se, per cagione d'esempio, il nuovo Congresso risolvesse che Napoleone 111 debba andarsene per lasciar libero il popolo francese, l'Imperatore si adagerebbe a questa risoluzione? E perché vi si dovrebbe acconciare l'Austria se il Congresso proclamasse la libertà della Venezia?

La libertà dei popoli! Chi decide di questa libertà? I popoli dovrebbero intervenire al Congresso, e il Bonaparte non ci chiama che i governanti 1 E poi i popoli stessi non si accordano nell'intendere la loro libertà. A Napoli gli UdÌ dicono che son liberi sotto il Piemonte, e gli altri affermano ch'erano liberi sotto Francesco 11! Deciderà il Congresso. Sia pure. Ma quando avrà deciso ci sarà allora l'intervento, o seguiterà il grande principio del non intervento? Se i popoli si ribelleranno alle risoluzioni del nuovo Congresso, dovranno esservi obbligati colla forza? Oppure si lascieranno fare a loro talento? Nel primo caso dov'è la libertà? Nel secondo dov'è la pacificazione?

Il 4 febbraio del 1861 Napoleone III non era pel Congresso. In quel giorno diceva ai legislatori: «Avvenimenti difficili a prevedere sono venuti a complicare in Italia una situazione di già imbrogliata. Il mio governo, d'accordo coi suoi alleati, ha creduto che il miglior mezzo di scongiurare i più grandi pericoli fosse di ricorrere al principio del non intervento, che lascia ciascun paese padrone de' suoi destini, localizza le questioni e impedisce che degenerino in conflitti europei».

11 discorso del 5 di novembre 1863 non è che la confutazione di queste parole. Il Bonaparte proponendo un Congresso combatte se stesso. Ila proclamalo il principio del non intervento, ed ora invita l'Europa ad intervenire. Ha voluto localizzare le questioni ed ora le generalizza. Ha cercato di evitare i conflitti europei, ed ora li promuove. Ha detto che i popoli erano padroni dei loro destini, ed ora mette nelle mani dei governi i destini dei popoli I

Noi crediamo che il Congresso non avrà luogo, perché non può aver luogo, perché non vi sono gli elementi necessari! per un Congresso, perché il Congresso viene troppo tardi, perché il Congresso è proposto da una persona sospetta, in tempi sospetti, perché nessuno vuole o può volere il Congresso, nemmeno il Bonaparte che lo propone, perché lutti sono persuasi che un Congresso in questi giorni riuscirebbe uno scandalo di più. Il Signore prepara un altro Congresso, molto più bello e più solenne di quello del Bonaparte; e tutti ci stanno lavorando senza saperlo; il Congresso dell'Unità Cattolica, la Congregazione cioè di tutti gli uomini in un solo ovile, e sotto un solo pastore.

- 268 -

IL GRAN LIBRO

DEI DIRITTI DEL POPOLO

(Pubblicalo l'11 novembre 1863).

Dicono i cortigiani che Napoleone III vuoi convocare un Congresso generale per mettere innanzi agli occhi dei rappresentanti delle Potenze europee Il gran libro dei diritti del popola. E con questa frase altosonante pretendono di trarci tutti appiedi dell'Imperatore dei Francesi per rendergli umilissime grazie del gran libro che si è degnato di aprire e che fra breve, se riesce ne' suoi disegni, darà a leggere ai governi d'Europa!

Ornai dovrebbe essere passato il tempo in cui si gabbavano i poveri di spirito con questa frase dei diritti del popolo; dovrebbe essere passato, e dalla parte de' miccini, che hanno avuto agio di vedere, conoscere, sperimentare; e dalla parte dei ciarlatani politici, che dopo tante promesse ed un sì corto attendere avrebbero ben donde vergognarsi e tacere.

Il gran libro dei diritti del popolo! Oh sì le povere popolazioni leggono da settanta e più anni questo gran libro! Fu inventato, scritto, stampato, aperto in Francia nel 1789. Durand de Maillane diceva all'Assemblea costituente: «lo sono incaricato di domandare una dichiarazione dei diritti dell'uomo. Questa dichiarazione, che dovrebbe venire affissa nelle città, nei tribunali, nelle chiese medesime, sarà la prima porta, per la quale dovrassi entrare nell'edifizio della Costituente nazionale. Un popolo, che ha perduto i suoi diritti e li richiama, dee conoscere i principii sui quali sono fondati» (Moniteur N° 31).

E sulla favola classica dello stato della natura, e del contralto sociale primitivo, sul circolo vizioso che fa derivare dall'uomo la potenza sull'uomo, si fabbricò il nuovo codice dei diritti del popolo. Degno fondamento di tale fabbrica: la favola ed il sofisma!

«In una notte (la famosa rotte del 4 agosto 1789) la Francia venne salvata e rigenerata» esclamava il Moniteur con entusiasmo ufficiale, e pubblicava i famosi diritti dell'uomo. Ah! popolo, popolo, i tuoi pretesi diritti nacquero di notte e furono l'opera delle tenebre, frutto di una nera congiura contro Iddio, contro i Re, contro te stesso. Dovresti saperlo a quest'ora!

I famosi diritti proclamati dall'Assemblea francese, scientificamente considerati, sono una specie di falsità. L'uomo nasce libero. No, l'uomo nasce in famiglia, epperciò soggetto al dominio paterno. Il diritto di famiglia fu per prima cosa conculcato dalla rivoluzione.

Gli uomini nascono eguali in diritti. Sarebbe vero, se nascessero in un bosco; ma nascendo in famiglia, il figlio non è eguale ai genitori, ed una famiglia ha diritti acquisiti che un'altra non ha.

Gli uomini rimangono liberi ed eguali nei diritti. Sì, pei connaturali; no per gli acquisiti.

Il principio d'ogni sovranità risiede nella nazione. È una petizione di principio, perché suppone un popolo ordinato a nazione, e nel quale perciò sia già costituita la sovranità.

La legge ha il diritto di proibire le sole azioni nocive alla società. E qui si impone legge alla legge. Or chi gliela impone?

- 269 -

Ciò che non è proibito dalla legge non può essere impedito, né comandato quello che essa non ordina. Ed ecco distratta pienamente l'autorità dei padri e dei padroni, ed abrogalo il diritto familiare ed il signorile.

Potrebbe estendersi questa critica a tutta quanta la famosa dichiarazione. I rivoluzionar! discussero la morale evangelica e la politica cristiana, per regalare ai popoli una serie d'inganni, di cavilli, di contraddizioni.

Ma lasciamo l'esame teorico, per venire al pratico. Che cosa la storia ha scritto nel gran libro dei diritti del popolo?

Ci ha scritto dapprima una guerra a morte contro il cristianesimo, la spogliazione della Chiesa, la soppressione dei voti e degli ordini religiosi, un appello all'insurrezione contro Dio, e la proclamazione dell'ateismo.

Ci ha scritto di poi un assalto indegno, e una guerra parricida contro la Monarchia, l'avvilimento ed il disprezzo dei Re, la deificazione di Bruto, e il regicidio dell'infelice Luigi XVI.

Nel Gran Libro, dopo la pagina dei diritti dei popoli, viene subito la Storia del terrore. II primo numero del Bullettino delle leggi contiene il decreto che istituisce il Tribunale rivoluzionario, e stabilisce che l'unica pena da esso portata è la morte. L'articolo nono permette ad ogni cittadino di arrestare e condurre innanzi ai Magistrati i cospiratori ed i contro-rivoluzionari. L'articolo 13 dispensa dalla prova testimoniale; ed il 16 priva di difensore i cospiratori. Da questo tribunale non davasi appello. Ecco la prima applicazione dei diritti dell'uomo!

Segue la ghigliottina. Tra i decapitati troviamo 18,613 vittime, 1135 sacerdoti, 350 monache, 1467 donne di operai, 15,000 donne uccise in Vandea, 22, 000 fanciulli, 90,000 uomini; 32, 000 vittime sotto il proconsolato di Carrier a Nantes, 31, 000 vittime a Lione. Le cifre sono tolte da Chateaubriand che le tolse da fonti autentiche. Ed ecco la seconda applicazione dei diritti dell'uomo!

E dopo la ghigliottina vengono le guerre del primo impero, e Napoleone I che avendo in mano il Gran Libro dei diritti considera i popoli come carne da cannone, e se ne serve di sgabello per salirvi sopra ed innalzarvi la sua gloria.

E dopo Napoleone, le interne rivoluzioni della Francia, che ha bensì guadagnato la dichiarazione dei diritti dell'uomo, ma ha perduto la pace e l'interna sicurezza; e vede nelle sue contrade regnare il regicidio, le imposte crescere immensamente, tutto incentrarsi nelle mani del Governo, toccare l'impero al più audace, sorgere un despotismo fino allora inedito, aprirsi nelle statistiche un registro pei morti di fame, pericolare la proprietà e ingrossarsi spaventosamente di costa al Gran libro dei diritti, il Gran libro del debito pubblico. Lasciamo da banda le frasi sonore e veniamo a' falli. In sostanza che cosa sono questi diritti dei popoli che vogliono proclamarsi nel futuro Congresso? Sono che Napoleone ili resti sempre Imperatore con tutta la sua lista civile, che i parenti di Napoleone III continuino a godere il loro appannaggio, che tutti coloro che ingrassarono al banchetto dell'impero continuino ad ingrassare; ecco il Gran libro dei diritti del popolo.

- 270 -

Il Gran libro è che i Senatori imperialisti tocchino sempre uno stipendio annuo di trentamila lire; che i giornalisti officiosi godano grasse propine; che si spendano nei palazzi del Louvre e delle Tuileries sessantadue milioni, e ventidue milioni nel teatro dei Neuvel-Opéra. Ecco i diritti del popolo!

Tra i diritti del popolo francese è di pagare 25 milioni a Napoleone III; 15,000 per dotazione della Corona, un milione e mezzo ai Principi ed alle Principesse imperiali, un milione ai ministri, sei milioni al Senato, due milioni al Consiglio di Stato, insieme oltre a sessanta milioni per la dotazione dell'Impero!

In Roma il Gran libro non esiste, epperciò il popolo noi può leggere. Là si mostra il libro dei doveri; ma il primo dovere è la carità, l'assistenza ai poveri. «Roma moderna, confessava Voltaire, ha quasi tante case di carità, quanti Roma antica avea archi di trionfo». E il Papa-Re è il primo ad osservare il dovere della carità e l'osserva fino al punto di cedere al povero il suo palazzo e la sua mensa.

Dite un po' ai poveri parigini di togliersi in mano la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e tentare se con questa possono mettere il piede nel palazzo dell'Imperatore, o raccogliere soltanto le bricciole che cadono dalla sua mensa? A Caienna ed a Lambessa verranno tosto spediti per istudiarvi Il diritto imperiale!

Poveri Romani, senza il Gran libro dei diritti! Il Congresso di Napoleone III ve lo darebbe se potesse radunarsi, e ve lo darebbe come la sua protezione l'ha già dato ai Toscani, ai Romagnoli, agli Umbri, ai Marchigiani, ai Napoletani ed ai Siculi. Oh che Gran libro fu aperto da alcuni anni principalmente a Napoli! Leggete le lugubri pagine dei fucilati, degli abbruciati, dei tagliati a pezzi dai briganti, e vedrete il bel commento ai dei diritti dei popoli!

Il preteso diritto del popolo dal 1789 in poi non è altro che un pretesto degli ambiziosi per dominare ed ingrassare. La servitù delle popolazioni data appunto dal giorno in cui ne venne proclamata la sovranità; e i veri diritti popolari non furono mai così postergati e conculcati come dopo il giorno in cui ai scrissero nel Gran libro.

E possiamo con piena sicurtà vaticinare che se avesse luogo il Congresso promesso dal Bonaparte, e i congregati sottoscrivessero il Gran libro dei diritti del popolo, una nuova èra di miseria, di sconvolgimenti, di debiti, d'imposte, di fame e d'ogni maniera di dolore sorgerebbe per le povere popolazioni.

- 271 -

IL DUE DICEMBRE

E IL CINQUE NOVEMBRE DI NAPOLEONE III

(Pubblicato il 12 novembre 1863).

L'Impero Napoleonico si stende dal 2 dicembre del 1851 al 5 novembre del 1863, cioè dal suo colpo di Stato nell'interno della Francia, al suo colpo di Stato all'estero. Imperocché il discorso del cinque di novembre può a buon diritto chiamarsi un colpo di Stato diplomatico.

E chi ha mai udito un Imperatore proclamare dall'alto del trono imperiale che i trattati sottoscritti dalle grandi Potenze europee sono morti? Chi ha mai visto un Congresso di plenipotenziari, la cui prossima adunanza si fosse annunziata ad un Parlamento prima che ai Sovrani invitati ad intervenirvi? Chi si sarebbe mai aspettato da Napoleone III ch'egli smaschererebbe la politica russa, rivelando che, mentre fingevasi amica dei Re di Napoli e richiamava i suoi legati da Torino, dava un leale appoggio alle operazioni franco-italianissime?

Sotto molti rispetti adunque il 5 novembre rassomiglia al 2 dicembre. Ma per un altro verso gli atti del 2 dicembre possono servire di risposta al discorso del 5 di novembre. Nel quale Napoleone III per pacificare la Polonia, l'Italia, la Germania e forse anche l'America, esce a proporre l'adunanza d'un Congresso europeo! Che cosa avrebbe risposto il Bonaparte a chi avesse detto nel novembre del 1851 d'intervenire ad un Congresso per pacificare la Francia?

A que' di (e chi l'ha dimenticato?) i tempi erano burrascosi, come al presente, e forse più. Lo spettro rosso rizzavasi in Parigi audace e terribile. Tutti si aspettavano ad una tremenda catastrofe; tutti paventavano un gran rovescio prima in Francia, poi in Europa e nel mondo. Che fece allora Luigi Napoleone? Pensò ad un Congresso? Ciancio 1 Raccontiamo quello che fece, e raccontiamolo tanto più liberamente, perché il Bonaparte nelle lettere d'invito spedite testé per il Congresso, a detta della Nation, ricorda con una certa modestia i suoi antecedenti personali.

Nel 1 Sol adunque, quando la Francia e l'Europa stavano per andare in fiamme, Luigi Napoleone, ben lungi dal convocare un Congresso, segretamente, nella notte de) 1° al 2 dicembre fece arrestare molti deputati dell'Assemblea legislativa, tra i quali Thiérs, Baze, Roger; ed i generali Lamoricière, Bedeau, Changarnier. E poi (altro che Gran libro dei diritti dei popoli!J di buon mattino ordinò che si occupasse con forte nerbo di truppe il palazzo legislativo, e pubblicò un decreto che scioglieva l'Assemblea nazionale, e metteva in istato di assedio la prima Divisione militare.

Allora Luigi Napoleone, invece di fare discorsi, proporre Congressi, scrivere lettere d'invito, pubblicava un Appello al popolo, e diceva: «L'Assemblea che doveva essere il più fermo appoggio dell'ordine è divenuta un focolare di congiure Invece di far leggi per l'interesse generale, fabbrica armi per la guerra civile». Dunque abbasso l'Assemblea!

- 272 -

Seguiva di poi un proclama all'esercito. «Soldati, dicea Napoleone, andate superbi della vostra missione; voi salverete la patria, perché io fo assegnamento sopra di voi... L'Assemblea ha tentato di scalzare l'autorità che io tengo dalla nazione intera, e perciò ha cessato di esistere». Nei momenti pericolosi Napoleone non ricorreva agli avvocati, ma all'esercito; non alle penne della diplomazia, ma alla sciabola del soldato.

Un Congresso era bensì radunato a Parigi in quel giorno memorando del due dicembre. Era un Congresso di ducenlo quattordici rappresentanti del popolo, che riuniti nel palazzo del Comune (Mairie) del decimo circondario, decretavano: «Luigi Napoleone è destituito dalle sue funzioni di presidente». Ma i soldati piombarono addosso ai Congregati, e li trassero a continuare il Congresso tra le segrete della prigione.

Allora si combatte per le vie di Parigi il 3 e 4 dicembre. Il rappresentante Baudin viene ucciso sulle barricate; e il giorno dopo tocca la stessa sorte al rappresentante Dussoubs, che con tutti i loro diritti del popolo vengono spediti all'altro mondo. Il 5 Parigi è tranquilla, ma vi si continuano gli arresti per precauzione.

Cominciano a scoppiare tumulti negli Spartimenti. lnsorgono l' Allier e Saóntet-Loire. Credete che Luigi Napoleone proponga un Congresso? No; proclama lo Stato d'assedio. Il 7 dicembre, stato d'assedio negli Spartimenti dell'Herault e del Gard. L'8 dicembre stato d'assedio nello Spartimento delle Basse-Alpi

Il 10 dicembre stato d'assedio negli Spartimenti del Gers, del Var, del Lot. del Lot-et-Garonne. Il 15 dicembre, stato d'assedio negli Spartimenti dell' Aveyrm e di Vaueluse. Il 17 dicembre stato d'assedio nello Spartimento del Jura ed in Algeri. Ecco il Congresso!

Ben lungi dal pensare ai protocolli, Luigi Napoleone il 26 dicembre del 1851 stabilisce in Francia 21 divisioni militari ed 86 suddivisioni, una suddivisione cioè per ciascun Spartimento. De Morny, ministro del Bonaparte, invece di aprire il Gran libro dei diritti del popolo, il 6 gennaio del 1852 ordina di togliere dalle piazze, strade, monumenti pubblici le parole: Liberté, Fraternité, Egalité; e il 9 di gennaio, Luigi Napoleone, non si occupa mica di processi verbali, ma fa un decreto, in virtù del quale sono espulsi dal territorio francese sessantasette antichi rappresentanti; diciotto altri, fra cui Changarnier, Lamoricière, Bédau, Emile de Girardin, Thicrs, vengono momentaneamente allontanati dalla Francia e dall'Algeria. Infine si ordina che i rappresentanti Marc-Dufraisse, Greppo, Miot, Malhé e Richardet vengano trasportati alla Guyanna francese, e vadano là a radunare il Congresso!

E come se tuttociò non bastasse ancora, una circolare del 20 di gennaio interdice i Comitati elettorali; un decreto del 22 confisca i beni appartenenti ai membri della famiglia Orleans; e una nota del 24 chiede alla Svizzera di mandar via què rifugiati, de' quali il governo francese reputa necessaria l'espulsione. Con questi ed altri mezzi simili sono scongiurati i pericoli, e vien pacificata la Francia.

- 273 -

Il 28 di giugno 1852 Napoleone dice ai Francesi: «In Francia esiste un Governo animato dalla fede e dall'amore del bene; che riposa sul popolo, fonte d'ogni potere (?); sull'esercito, fonte d'ogni l'orza; sulla religione, fonte d'ogni giustizia».

Questi precedenti di Napoleone III provano com'egli stesso sia persuaso che ne' tempi grossi, ne' giorni del pericolo i Congressi sono impossibili, e il solo farne la proposta riesce altamente ridicolo; giacché un Congresso, qualora potesse radunarsi, non farebbe che sempre più imbrogliar la matassa, crescere le difficoltà e mettere a repentaglio le sorti dei Governi.

I precedenti di Napoleone dimostrano come egli abbia capito e capisca che, quando trattasi di salvare un paese caduto in preda della rivoluzione, la prima cosa sia, chiudere i Congressi aperti, imprigionare i congregati, bandire i chiacchieroni, ottenere un po' di quel silenzio fecondo elic è condizione necessaria per operare le grandi cose e farle bene.

I precedenti di Napoleone insegnano che dopo il regno dei sofisti e de' parolai viene quello della spada, e il soldato deve togliere a viva forza la società che geme sull'orlo del precipizio. Che protocolli, che processi verbali, che interpellanze, che note diplomatiche! Sono pittime che rincrudiscono la piaga, non la risanano.

I precedenti di Napoleone chiariscono che uno dei primi diritti del popolo è quello di godere un po' di pace e d'essere salvato dai rivoltosi. E a chi lo salva davvero, il popolo perdona l'occupazione militare dell'Assemblea parigina, il bando dei rappresentanti, lo stato d'assedio, la soppressione dei giornali, gli arbitrii e perfino il momentaneo dispotismo.

I precedenti di Napoleone avvertono da ultimo che un buon governo si deve fondare sulla religione, fonte d'ogni giustizia. Notate questa frase napoleonica. Non sono i Congressi, per quanto numerosi e solenni, che abbiano in sé la giustizia. Questi Congressi possono essere anche ingiusti, dimenticando e conculcando i diritti altrui. Allora essi diventano peggiori d'ogni rivoluzione, perché un Congresso rivoluzionario reca un danno immensamente maggiore d'una rivoluzione di piazza, e potremmo addurne ad esempio il Congresso di Parigi.

La giustizia è la sola che possa dar pace alle nazioni, giustizia verso i sovrani e giustizia verso i popoli. Dalla sola religione emana la giustizia; il cattolicismo è la sola vera religione, e il Papa, il Papa solo può insegnare la vera religione cattolica. Sicché dalla bocca medesima di Napoleone III noi possiamo ricavare quale sia il grande e l'unico bisogno dell'Europa sconvolta, la giustizia, la religione, il cattolicismo, il Papa.

- 274 -

GLI INVITI AL CONGRESSO

DI S. M. I. NAPOLEONE III

(Pubblicato il 13 novembre 1863).

Gli imbrogli dell'Imperatore dei Francesi hanno dovuto incominciare dall'indirizzo della lettera che invitava i Sovrani a radunarsi in un Congresso per pacificare l'Europa «provvedendo ai diritti de' Sovrani legittimi, ed alle aspirazioni dei popoli».

Ha egli l'Imperatore indirizzato questa lettera al Duca di Modena ed al Gran Duca di Toscana? Se sì, come poi ha avuto il coraggio d'indirizzarla al Re d'Italia? Se no, come gli bastò l'animo di spedirla all'Imperatore d'Austria?

Imperocché, agli il di luglio del 1859, Napoleone 111 sottoscriveva i preliminari di Villafranca, dove è detto solennemente: «II Gran Duca di Toscana e il Duca di Modena rientrano nei loro Stati, dando una generale amnistia». E volete che dopo di ciò l'Imperatore dei Francesi non inviti al Congresso il Duca e l'Arciduca?

Ma il 27 di gennaio 1862 Napoleone III diceva al Senato ed al Corpo legislativo francese: «Ilo riconosciuto il Regno d'Italia». E come potrebbe oggidì invitare al Congresso il Duca e l'Arciduca, senza rinnegare quel regno che ha riconosciuto? Oh che pasticcio!

Napoleone III ha stretto a Zurigo un solenne Trattato, che porta la data del 10 di novembre 1859 e dice all'articolo 19": «Le circoscrizioni territoriali degli Stati indipendenti d'Italia, che non parteciparono all'ultima guerra, non potendo essere mutale che col consenso delle Potenze che presiedettero alla loro formazione, e riconobbero la loro esistenza, i diritti del Gran Duca di Toscana, del Duca di Modena, del Duca di Parma, sono espressamente riservati tra le altre parti contraenti».

Or potete credere che il leale Imperatore dei Francesi, dopo di aver giurato questo articolo in nome della Santissima ed indivisibile Trinità, non rivolga nemmeno una lettera d'invito ai due Duchi ed al Gran Duca? Noi possiamo supporre per verun conto.

Ma dall'altra parte essendo Napoleone stretto in buona amicizia col Regno d'Italia, il quale esclude i Ducati e i Granducati, non gli recherebbe gran torto, e quanto è da sé, non lo distruggerebbe, quantunque invitasse al Congresso i Duchi di Parma e di Modena, e il Granduca di Toscana?

Oh che imbroglio! Se Napoleone si presenta al Congresso senza i Duchi e il Granduca, le Potenze gli diranno: -Messere, voi che venite qui per conchiudere un nuovo Trattato, dite su come osservaste il Trattato di Zurigo? - Se si presenta col Granduca e coi Duchi, le stesse Potenze gli possono chiedere: - Compare, voi che ci avete radunati per rifare la Carta d'Europa, mostrateci che valore hanno i vostri riconoscimenti?

La cosa si fa ancor più seria trattandosi del Re di Napoli Francesco II. Volete dire che l'Imperatore Napoleone gli avrà mandato o gli manderà la lettera per invitarlo al Congresso?

- 275 -

Leggendo il suo discorso del 4 febbraio 1861, in cui parla del reale infortunio così nobilmente sopportato, parrebbe di sì. Ma leggendo poi il suo discorso del 27 di gennaio i862, in cui riconosce il regno d'Italia, parrebbe di no.

Dovendosi radunare un Congresso, i così detti fatti compiuti non servono a nulla, giacché se servissero a qualche cosa, il Congresso stesso sarebbe una derisione, e l'opera sua tornerebbe doppiamente inutile, Inutile pel passato, essendo costretto il Congresso a riconoscere i fatti compiuti; ed inutile per l'avvenire, aprendosi la via alla violazione de' nuovi accordi coll'ammettere la dottrina, che possano venir ben presto lacerati dai fatti compiuti.

Peggio poi se parliamo del Papa! Napoleone III il 31 dicembre 1859 scriveva una lettera a Pio IX, pubblicata dal Moniteur dell'11 di gennaio 1860. A quei dì era imminente l'adunanza d'un Congresso Europeo, e il divoto figlio del Papa gli diceva: «Oggidì il Congresso sta per riunirsi. Le Potenze non saprebbero misconoscere i DIRITTI INCONTESTABILI della Santa Sede sulle Legazioni».

E qui ritorna sempre la solita alternativa. O Napoleone III invita il Papa ad intervenire al Congresso come re delle Legazioni, e in questo caso distrugge il Regno d'Italia. O non manda al Papa quest'invito, ed allora conculca quei diritti che egli ha dichiarato incontestabili, ed ha promesso che verrebbero riconosciuti come tali dalle stesse Potenze.

Che se ciò è vero riguardo alle Legazioni, che dovrà dirsi delle Marche, dell'Umbria, e di Roma medesima? Roma è del Papa secondo Napoleone III. Roma è del Regno d'Italia secondo i Ministri di Torino. O dunque Napoleone IH chiama al Congresso il Re di Roma, e toglie la capitale al Regno d'Italia; o dimentica d'invitare il Papa, e indirettamente toglie Roma alla S. Sede ed al Cattolicismo.

Le cose sono siffattamente intralciate che l'Imperatore dei Francesi dee proferire la sua sentenza sulla maggior parte delle questioni che fervono oggidì, col solo indirizzare agli uni, o non indirizzare agli altri le sue lettere d'invito. Ma questo giudizio preventivo del Bonaparte non può a meno di mandare a monte il Congresso, coll'indispettire quelle Potenze, contro le quali l'Imperatore s'è dovuto pronunziare.

Per trarsi da tale imbarazzo potrebbe Napoleone HI restringersi ad invitare al Congresso le sole cinque Grandi Potenze. Ma qui si presenta un'altra difficoltà, anzi un monte di difficoltà. Le cinque Grandi Potenze furono costituite dai Trattali di Vienna. Ora se questi Trattati sono morti come disse il Bonaparte, non si darebbe della zappa sui piedi, se ne tenesse il menomo conto?

E poi, come Napoleone potrebbe non invitare l'Italia, dopo avervi speso tanto sangue e tanto danaro? Come potrebbe non invitare la Spagna, mentre il Bonaparte ha proposto che entrasse nel numero delle grandi Potenze? Come potrebbe non invitare que' governi, de' quali nel Congresso si discuterebbero le ragioni e determinerebbero le sorti?

Resta adunque che Napoleone II I inviti tutti ad intervenire al Congresso; e di fatto il Morning-Post ci dice che, oltre le otto Potenze che sottoscrissero i capitoli del 1815, saranno chiamati al Congresso il Re d'Italia, il Re dei Belgi, il Re d'Olanda, il Gran Sultano (per decidere la questione cattolica di Roma papale!) e i presidenti della Dieta Germanica e della Confederazione Elvetica; insieme quattordici Potenze!

- 276 -

Il Morning-Post osserva che due o tre Potenze oggidì durerebbero fatica a mettersi d'accordo, e teme che se il Congresso si radunasse, riuscirebbe ad una vera torre di Babele. E noi siamo dello stesso parere.

Napoleone II I nel suo discorso del 27 di gennaio 1862 venne fuori promettendo d'intervenire in Italia «colla ferma intenzione di contribuire con consigli benevoli e disinteressati a conciliare due cause, l'antagonismo delle quali turba dappertutto le menti e le coscienze».

Il dabben Imperatore voleva conciliare la rivoluzione col Papato, l'incredulità colla Fede, la menzogna col vero, le tenebre colla luce, Renan che nega la divinità di Gesù con S. Pietro che proclama Cristo figliuolo di Dio vivo.

È passato il 1862 e sta per finire il 1863. E Napoleone III che cosa ha fatto? Che cosa ha riconciliato? Le menti non sono più turbate, né le coscienze sconvolte? Quali furono i consigli benevoli e disinteressati, e quali effetti produssero?

Mentre il Bonaparte avrebbe dovuto ricredersi, e confessare la sua utopia, eccolo invece abbracciarne una più estesa ancora, la riconciliazione di tutte le questioni europee. Ci vuoi altro! Queste questioni sono tali e tante che nou possono sciogliersi senza dispiacere ad una parte od all'altra.

Diffatto se dichiarate indipendente la Polonia, avete contro la Russia; o viceversa combattete i Polacchi se favorite i Russi. Date la Venezia all'Italia, e sentirete l'Austria! Lasciatela all'Austria e sentirete l'Italia! Se Roma è del Papa, la rivoluzione imperversa; se si accorda alla rivoluzione, il mondo cattolico fremendo protesta. Se nella questione dei Ducati favorite i Tedeschi, udrete le strida dei Danesi; se favorite i Danesi, vedrete i Tedeschi mostrarvi i" pugni. Promuovete in Germania la preponderanza austriaca e vi si leveranno contro i Prussiani, o se farete buon viso ai Prussiani, avrete contro gli Austriaci.

Napoleone III vuole adunque procacciarsi col suo Congresso una riputazione di utopista e il suo discorso rassomiglia un po' all'utopia di Tommaso Moro, ed alla città del Sole del Campanella. Ma nelle utopie c'è d'ordinario nascosto qualche segreto intendimento, e Napoleone non si fa ridere alle spalle senza le sue ragioni.

- 277 -

LE SETTE VIRTÙ CARDINALI

DI NAPOLEONE III

(Pubblicato il 14 novembre 1863).

Abbiamo sotto gli occhi il lesto della lettera che l'Imperatore Napoleone III spedì ai Governi europei per invitarli ad intervenire ad un Congresso, e supplicarli di aprire in Parigi il Congresso medesimo. La lettera porta la data di Parigi 4 novembre dell'anno di grazia 1863; è stampata nel Moniteur dell'11 dello stesso mese, N° 315; e può chiamarsi, a nostro avviso, un autopanegirico dell'Imperiale Maestà del Bonaparte.

Difatto la lettera d'invito al Congresso celebrale sette virtù cardinali dell'Imperatore dei Francesi; e sono: 1° la sua grande pazienza; 2° la sua sublime saggezza; 3° la sua esemplare moderazione; 4° la sua ammirabile giustizia; 5° la sua profonda umiltà; 6° la sua proverbiale franchezza; 7° e finalmente l'eroica lealtà del suo cuore. Veggiamolo.

La pazienza. «Educato alla scuola dell'avversità, dice Napoleone III, m'è forse meno permesso che a qualsiasi altro d'ignorare i diritti dei Sovrani, e le legittime aspirazioni dei popoli. Colle quali parole-l'Imperatore ricorda quanto egli dovesse patire per conquistare un trono ch'era follia sperare. E come, nel i 830, cospirasse in Roma ed in Romagna dove il Papa avevalo accolto; di poi esulasse in (svizzera o vi scrivesse i suoi sogni politici (1); il 25 ottobre del 1836 andasse a Strasburgo, e d'accordo col colonnello Vaudrey, cercasse di fare un colpo contro il Re Luigi Filippo (2); confinalo nelle segrete, fosse poi condono a Parigi e trasportato in America; fuggisse, e riparatosi in Inghilterra, nel 1839 vi pubblicasse le sue Idèes Napolconiennes; il 6 agosto del 1840 sbarcasse a Boulogne parodiando lo sbarco dello zio a Cannes, coperto di un piccolo cappello (3) con un'aquila dorata in cima ad una bandiera, un'aquila viva dentro una gabbia, ed un fascio di proclami; fosse arrestato, fatto prigioniero, condannalo dalla Corte dei Pari, non ostante la magnifica difesa di Berrver (4); il 26 maggio 1846 riuscisse a fuggire dal suo carcere di Ham vestito da operaio, con un asse sulle spalle (5); rientrasse liberamente in Parigi nel 1848 e il 10 dicembre fosse fallo Presidente della repubblica, e poi, nel 1852, creasse se stesso Imperatore.

(1) Luigi Napoleone pubblicò in Isvizzera le sue Réreries politiques, e ne mando1 una copia a Chateaubriand.

(2) Louis Blanc, Histoire de dix ans (1830-40) Chap. XLVIII.

(3) Cour des Pairs, testimonio GeofFroy Granatière.

(4) La Guerronnière, Portraits politiques contemporaines, pag. 21,

(5) Vie et Histoire impartiales de Louis Napoléon, pag. 24.

- 278 -

Quanta pazienza ha dovuto esercitare Bonaparte in tutte queste dolorose tasi della sua vita! Egli due volte davanti i tribunali, due volte in prigione, quattro volte in esilio, proverbiato, deriso, insultato, perseguitate, un Conte di Montebello, parente di colui che serviva testè a Roma Napoleone III, chiese perfino al Direttorio federale che venisse espulso dalla Repubblica Elvetica! E già crasi allestito un esercito di ventimila uomini per muovere contro la Svizzera rea d'ospitare il Bonaparte -, ma egli pazientemente se, ne allontanò.

La saggezza. A questa scuola dell'avversità l'Imperatore dei Francesi ha imparato a conoscere, com'egli dice, i diritti dei Sovrani e le legittime aspirazioni dei popoli. In tali e tanti sconvolgimenti, in cui tutto si nega, tutto si mette in dubbio, è difficile avere un'idea netta e precisa dei diritti sovrani e delle aspirazioni popolari. Ma il Bonaparte non li può ignorare, non gli è permesso d'ignorarli; glieli ha insegnati la sventura.

Ora, quale fu questo insegnamento? Dalla vita di Napoleone III risulta che, quando egli non era sul trono, cercava tutte le vie per salirvi. «Col nome del porto, egli disse, m'è necessaria l'ombra d'una prigione, o la luce del potere».

E tanto si adoperò, che s'ebbe l'Impero sì ardentemente sospirato. Dunque i diritti dei Sovrani, secondo l'Imperatore dei Francesi, sono, che chi è sul trono, cerchi di rimanervi, e chi ne venne sbalzato, procuri di risalirvi.

E le legittime aspirazioni dei popoli? Secondo Napoleone II I sono di lasciare in pace chi comanda, e di aspettarsi da lui ogni ben di Dio. Mutare governo e dinastia, non è legittima aspirazione. Il 22 di luglio del 1849 inaugurando la strada ferrata di S. Quintino, Luigi Napoleone recatosi al villaggio di Ham vi pronunziò queste solenni parole:

«Ora che eletto dalla Francia intera io divenni il capo legittimo di questa grande Nazione, non saprei glorificarmi d'una prigionia che aveva per causa l'assalto contro un governo regolare. Quando s'è visto quanti mali traggano seco le rivoluzioni, si comprende a mala pena l'audacia d'aver voluto assumete la terribile risponsabìlità d'un cambiamento; per lo che io non mi lagno d'aver qui espiato con un carcere di sei anni la mia temerità contro le leggi della mia patria (1)».

Conoscendo adunque Napoleone III che un sovrano deve essere, restare o ritornare sovrano, e che un popolo non può mutare il suo imperatore, propone ai governi europei «di regolare il presente, e di rassicurare l'avvenire in un Congresso».

La moderazione e la giustizia. E l'Imperatore dei Francesi fa l'elogio della sua moderazione, e segue a dire: a Io sono pronto, senza sistema preconcetto, a recare in un Consiglio internazionale lo spirito di moderazione e di giustizia, retaggio ordinario di coloro che hanno subito tante prove diverse». La moderazione e la giustizia sono dunque le due doti caratteristiche di Napoleone IIl, e le promette amendue al Congresso futuro.

E saviamente accompagna la moderazione colla giustizia, ben sapendo come in questi tempi nascesse un certo vizio, che usurpa il nome di virtù, creando i moderati, peste dei governi, rovina delle società, i quali coprono le loro magagne coll'ipocrisia, e dichiarandosi avversi ai partiti estremi e proclamandosi

(1) Constitutionnel, 22 juillet, 1849.

- 279 -

gli uomini del giusto mezzo, spianano la strada ai rivolgimenti, a poco a poco avvelenano i popoli, e con una benda sugli occhi li conducono al precipizio.

lo sono moderalo, dice Napoleone ili, ma la mia moderazione ha per regola la giustizia . E volesse Iddio che la giustizia imperasse una volta nei consigli europei! Imperocché tutti i Congressi, tutti i protocolli, tutti i trattati saranno inutili, finché non regnerà la giustizia. Questa è quella che aedificat gentes, epperò uno dei Reali di Savoia lasciava a' suoi un breve ma compiuto trattato di buona politica in queste semplici parole: fate giustizia. Napoleone III dovrebbe prendere per testo dell'allocuzione che dirà al futuro Congresso: facile iustìtiam!

L'umiltà. L'Imperatore dei Francesi nella sua lettera d'invito mostra abbastanza quanto egli sia umile, e dice: «Se io prendo l'iniziativa di una simile apertura, non cedo già ad un movimento di vanità» . Dininguardi! Confessa il Bonaparte che gli sono ascritti disegni ambiziosi; anzi scrive che egli è il Sovrano « auquel on prète le plus de projets ambitieux» . Ma sono calunnie.

E vaglia il vero. Appena Luigi Napoleone seppe gli eventi del febbraio 1848, d'Inghilterra corse a Parigi, ed offerì il suo concorso ed i suoi servigi al governo provvisorio. Egli si contentava d'essere cittadino francese. Lo fecero rappresentante dell'Assemblea. Ne fu lietissimo, ma non voleva altro. L'elessero presidente della repubblica. Accettò per amor della patria; ma dopo tre anni giurò di rimettere il potere. L'elessero presidente perpetuo. Pazienza! Però egli slava per la repubblica. Ma quando poi il popolo francese lo volle Imperatore, dovette chinare il capo e rassegnarsi.

Tuttavia egli non ebbe mai progetti ambiziosi e proclamò che l'Impero era la pace. Fece bensì la guerra d'Oriente, ma ci fu tirato pei capelli. Firmò la pace di Parigi, e poi di nuovo lo trascinarono nella guerra d'Italia. Ma combatteva per un'idea. «Coloro che mi ascrivono pensieri di conquista non conoscono i nostri tempi» , diceva il Bonaparte agli Italiani. Ma Cavour gli volle dare la Savoia e Nizza, e l'Imperatore non potò rifiutarle. Ora basta. Chi dice ch'egli voglia le provincie del Reno mentisce. Egli è contento delle Tuileries e di Compiègne: parvi contentus ruris honoribus.

La franchezza e lenità. Né temano i Sovrani congregandi che sotto la proposta del Congresso gatta ci covi! « Io ho a cuore, dice l'Imperatore dei Francesi, di provare con questa proposta franca e leale, che il mio unico scopo è di giungere senza scosse alla pacificazione dell'Europa». E quando lo dice l'Imperatore dei franchi, chi può dubitare della sua franchezza? Salvo qualche accidente imprevisto, tutto si farà per la pacificazione d'Europa.

Accidenti imprevisti furono quelli avvenuti in Italia. Napoleone IH non vi discese per isbalzare Sovrani, ma i Sovrani furono esautorati. Vi discese per proteggere il Papa in tutti i suoi diritti di Sovrano temporale, ma questi diritti vennero conculcali. Vi discese per liberare la Penisola dalle Alpi all'Adriatico, ma poi fece la pace a Villafranca. Vi discese per un'idea, unicamente per una idea, ma s'ebbe Nizza e Savoia. Accidenti imprevisti!

A parte questi accidenti, tutto parla della lealtà e della franchezza dell'Imperatore dei Francesi. Chi oserebbe dubitarne?

- 280 -

I Sovrani d'Europa si mettano pure nelle sue mani. Francesco II s'affidò ai suoi consigli; Ferdinando IV andò a visitarlo in Parigi, e n'ebbe il ritratto e carissimi ammonimenti; Francesco Giuseppe lo abbracciò teneramente e stampogli sulla fronte un dolcissimo bacio. Perché tutti i Re non faranno altrettanto?

Avanti, o Sovrani, avanti, a Parigi! Napoleone II I con lealtà e /"rane/iessavi offre la sua cordiale ospitalità. Ma non è per ambizione ch'egli vi vuole radunati intorno al suo trono, come pianeti intorno al sole. In questo, come in tutto il resto, egli è mosso da un fine santissimo; egli vuole che «la capitale donde partì tante volte il segnale delle rivoluzioni diventi la sede delle conferenze destinate a gettare le basi di una pacificazione generale».

Santo pensiero! Fra breve dall'alto delle Tuilerie sarà annunziata la pace a tutto il mondo, ritornerà l'era d'Augusto, e Napoleone, il paziente, il savio, il moderato, il giusto, l'umile, il franco, il leale Imperatore de' Francesi, chiuderà per sempre il tempio di Giano!

LETTERA DI NAPOLEONE III

PER INVITARE I SOVRANI Af) UN CONGRESSO

(Pubblicato il 14 novembre 1863).

Leggesi in capo alla parte ufficiale del Moniteur dell'11 di novembre, N. 315: «II governo aveva divisato di ritardare l'inserzione nel Moniteur della lettera che l'Imperatore mandò ai Sovrani d'Europa. Un giornale di Francoforte avendo pubblicata quella che fu rimessa alla Confederazione germanica, un piti lungo ritardo divenne inutile e perciò diamo qui sotto questo documento».

«Altissimi ed illustrissimi Principi sovrani e Città libere, componenti la serenissima Confederazione germanica.

«Di fronte agli avvenimenti che ad ogni giorno sorgono e si moltiplicano, io credo indispensabile dir tutto il mio pensiero ai sovrani a cui è confidato il destino dei popoli. Tutte le volte che profonde scosse smossero e spostarono i confini degli Stati, sopravvennero solenni transazioni per coordinare i nuovi clementi e consacrare, approvandole, le trasformazioni compiute. Tal fu l'oggetto del trattato di Westfalia nel secolo XVII e dei negoziati di Vienna nel 1815. Su quest'ultimo fondamento riposa oggidì l'edifizio politico dell'Europa;e tuttavia, come ben sapete, crolla da ogni lato.

«Se si considera attentamente le condizioni dei paesi diversi, è impossibile non riconoscere che, quasi in tutti i punti, i trattati di Vienna sono distrutti, modificati, sconosciuti o minacciati. Donde doveri senza regola, diritti senza titolo e pretensioni senza freno. Pericolo tanto più formidabile, in quanto i perfezionamenti prodotti dalla civiltà che legò i popoli fra loro colla solidarietà degli interessi materiali, renderebbero ancor più micidiale la guerra.

«È questo un soggetto di gravi meditazioni. Non aspettiamo per prendere una risoluzione, che avvenimenti inopinati ed irresistibili turbino i nostri giudizii e ci strascinino nostro malgrado in direzioni contrarie. - Son qui adunque a proporvi di regolare il presente ed assicurare il futuro col mezzo di un Congresso.

- 281 -

«Chiamato al trono dalla Provvidenza e dalla volontà del popolo francese, ma educato alla scuola dall'avversità, è forse meno a me che a nessun altro permesso d'ignorare e i diritti dei sovrani e le legittime aspirazioni dei popoli. - Di che son pronto, senza preconcetto sistema, a portare in un consiglio internazionale lo spirito di moderazione e di giustizia, consueto retaggio di quelli che subirono tante e sì svariate prove. .

«Se prendo l'iniziativa d'una simile apertura, non cedo ad un moto di vanità, ma, essendo io il sovrano, a cui più si attribuiscono ambiziosi disegni, mi sta a cuore di dimostrare con questo procedimento franco e teate che I' 'unico mio scopo è d'arrivare senza torbidi alla pacificazione dell'Europa. Se questa proposta viene accolta, vi prego d'accettare Parigi come luogo di riunione. Nel caso in cui i principi alleati ed amici della Francia giudicassero conveniente accrescere colla loro presenza l'autorità delle deliberazioni, sarei superbo offrir loro lamia cordiale ospitalità. L'Europa vedrebbe forse un vantaggio in ciò che divenisse sede di conferenze destinate a gettar le basi d'una generale pacificazione quella capitale, da cui tante volte parti il segnale dello sconvolgimento.

t Colgo questa occasione per nuovamente assicurarvi della mia sincera affezione e del vivo interesse che prendo per la prosperità degli Stati della Confederazione. E con ciò, altissimi ed illustrissimi Principi sovrani e Città libere componenti la serenissima Confederazione germanica, prego Dio che vi abbia nella sua santa e degna guardia.

«Scritto a Parigi, il 4 novembre dell'anno di grazia 1863.

«NAPOLEONE.

« Controfirmato:

« DROUIN DE LHUTS.

I CONGRESSI DI PIO IX

ED 1 CONGRESSI DI NAPOLEONE IN

(Pubblicato il 15 novembre 1863).

Due Congressi radunò Pio IX negli anni del suo glorioso Pontificato: il Congresso del 1854, nel quale fu definito e proclamato il dogma dell'Immacolata, ed il Congresso del 1862, in cui venne dichiarata la legittimità, la giustizia, o, nelle condizioni presenti, la necessità del dominio temporale del Papa.

E parimente due Congressi renderanno famoso l'impero di Napoleone III: il Congresso del 1856, che sottoscrisse il Trattato di Parigi e la pace tra la Russia, la Francia, l'Inghilterra e la Sardegna; e il Congresso annunziato e convocato nel 1863, della cui riuscita tutti hanno fortissime ragioni di dubitare.

Mettiamo brevemente a confronto i due Congressi di Pio IX, ed i due Congressi del Bonaparte, e consideriamoli nei loro promotori, nelle loro cagioni, e nei loro effetti.

- 282 -

Pio IX pensa al primo Congresso sullo scoglio di Gaeta, e povero, spogliato, esule, H1 febbraio del 1849, scrive una lettera Enciclica ai Patriarchi, Primati, Arcivescovi e Vescovi di tutto l'Orbe Cattolico sull'argomento dell'Immacolata Concezione di Maria Santissima.

Da tutte le parti giungono risposte all'Enciclica, e dicono, con Monsignor Sibour: a Noi ci sottomettiamo in questo, come in tutte le cose ai giudizio infallibile del Vicario di Gesti Cristo»; e chiamano, col Vescovo di Gap, Roma Papale l'Oracolo dilla verità, con quello di Versailles, il principio della sana Dottrina, e sentenziano coi Vescovi di Ajaccio, d'Amiens, di Blois, di Limoges, della Rochelle, di Saint-Cloud, di Saint-Denis, di Soissons, ecc. irrefragabili, irreformabili, definitivi, regola invariabile della nostra fede i suoi decreti dogmatici.

Passa la bufera rivoluzionaria, Pio IX ritorna nella sua Roma, e 18 dicembre del 1854 il gran Congresso è compiuto. Circa ducento Vescovi omnes per os Petri, tutti per bocca di Pio IX successor di San Pietro, proclamano Maria Immacolata. Un di loro in nome di tutti protesta «Sì, noi accettiamo riverenti la decisione del Sommo Pontefice, noi la difenderemo fra i nostri popoli a costo del sangue e della vita».

Due anni dopo Napoleone III raduna un Congresso a Parigi, lo raduna dopo una guerra feroce, dopo il macello di centomila uomini, dopo lo sperpero di centinaia e centinaia di milioni, lo raduna per istringere la pace, giacché i popoli sono stanchi della terribile guerra d'Oriente.

E per riunire insieme sette Potenze richiedonsi mille conferenze preparatorie, e preghiere, e suppliche, e concessioni, e speranze, e paure. Quando poi le sette Potenze sono congregate, nel seno stesso del Congresso insorgono le dispute più scandalose. Il conte di Cavour si scatena contro il conte di Buoi, il barone Hubner levasi contro il conte di Cavour; e la Russia prepara le sue vendette contro l'Austria, e la Francia dispone le file per nuove rivoluzioni, e accuse, e punture, e stoccate servono di apparecchio all'opera della pace!

Pio IX, l'esule venerando, l'inerme Pontefice vi mostra intorno a sé ducento Vescovi, altri di Francia, d'Inghilterra, d'Irlanda; altri di Germania e di Spagna; questi di Grecia e d'America; quelli di Cina e d'Australia, e tutti hanno un sol cuore, una voce sola, e gridano al Papa: Petre, doce nos.

Napoleone III, il capitano vittorioso, l'imperatore potentissimo è circondato dai rappresentanti di sei governi, che si bisticciano, s'insultano, s'accaneggiano, si insidiano, e mentre hanno l'aria di riconciliarsi fra loro, già disegnano nuove alleanze per tradirsi e nuove battaglie per rovinarsi.

E i popoli? Ai popoli non costa nulla il Congresso di Pio IX, e rende loro i più larghi vantaggi. Compie la più bella aspirazione di tutte le età, glorifica la madre comune, sublima l'uman genere proclamando la celeste dignità di Maria; e fa nascere i gigli in mezzo alle spine e tra il fango d'un mondo corrotto e corruttore.

Laddove i poveri popoli hanno dovuto prima pagare col danaro e col sangue le cagioni che promossero il Congresso, e poi videro a Parigi i congregati scialare a loro spese alternando le tornate coi banchetti, e i protocolli coi balli; mentre ben lungi dal procacciare un po' di pace alle popolazioni infelici gettavano il seme di nuove e più terribili sciagure.

- 283 -

Guardate ora gli effetti del Congresso di Pio IX o di quello di Napoleone IIl. La grande risposta credo risuona per l'universo poiché il Papa ha parlato, e quel credo porta la delizia ne' cuori, la tranquillità negli spiriti, la concordia negli animi, e tutte le genti si raccolgono in santa fratellanza davanti all'altare di Maria e la salutano Immacolata.

Per contrario, quando è chiuso il Congresso di Parigi, un nuovo rumore, una nuova e più grande ansietà si sparge pel mondo; alla guerra sottentra uno stato mille volte peggiore, l'incertezza: tutti aspettano tremanti l'avvenire; i Sovrani sentono pericolare i loro troni, i popoli veggono un'altra volta smunte le loro borse, e scannati i loro figli.

Lo stesso Napoleone III il 5 di novembre 1863 ha giudicato il Congresso di Parigi, e ce ne mostrò i frutti! Egli ha visto fermenti di discordia pronti a scoppiare da ogni parte, ha visto l'Europa travagliata da tanti elementi di distruzione, ha visto In rivalità gelosa delle grandi Potenze, ha visto uno stato malaticcio e precario, ha visto le passioni che s'inaspriscono; ed ha proposto un nuovo Congresso!

Pio IX, dopo quello del 1854, ha proposto e felicemente compiuto un nuovo Congresso in Roma nel giugno del 1862. L'immortale Pontefice, più povero e più debole che nel 1849, trovossi circondato da duecentosessantacinque Vescovi accorsi intorno a lui da tutte le parti della Cristianità, numero tale che dal Concilio di Trento in poi non s'era mai veduto radunato insieme; tale anzi, che in ben otto dei Concilii Ecumenici celebratisi nella Chiesa il numero dei Padri convenuti fu di non poco a questo inferiore.

Innanzi a un così venerabile e numeroso consesso, Pio IX parlò alla Chiesa universa che, rappresentata da que' Vescovi, numerosa pendeva dalle sue labbra ad ascoltarlo, e docile applaudiva alle ammonizioni ed alle condanne. Pietro parlò per bocca di Pio IX, e non solo quella parola non ebbe contraddittore alcuno in così folta corona, anzi ebbe in ciascuno dei Padri un riverente approvatore.

Conciossiache non appena il Pontefice avea terminato di pronuziare la sua gravissima allocuzione, tutti que' Vescovi gli presentarono un loro comune Indirizzo, nel quale condannavano ad una voce quanto il Papa avea condannato, approvavano quanto aveva approvato, e proffersero non che la loro opera apostolica, ma la loro medesima vita per la difesa di quelle verità inculcate, e per la condanna dei riprovati errori.

E tutti que' Vescovi, che per differenti gravissime ragioni non poterono essere presenti in Roma, non solo accolsero la voce del successor di S. Pietro, non solo la promulgarono come regola di credere e guida di operare, ma indirizzarono-alla Santità di Pio IX caldissime lettere di aderenza agli atti di quel Concistoro, sicché quello del I, sii i potò dirsi un Congresso di oltre a settecento Vescovi!

Più d'una volta Napoleone III ha dovuto ripetere a qualche suo cortigiano ciò che suo zio diceva al signor de Fontanes: «Io non sono nato a tempo. Vedete Alessandro Macedone; egli senza essere contraddetto ha potuto denominarsi figliuolo di Giove. Io, io trovo nel mio secolo un prete più potente di me, perché egli regna sugli spiriti ed io regno solamente sulla materia».

- 284 -

E sul cadere di quest'anno il terzo dei Bonaparte si prova a radunare un nuovo Congresso a Parigi, ed oggi noi assistiamo al tentativo. Ma già il Morning-Post l'avvertì che se congregasse sedici Potentati, l'adunanza convertirebbesi in una torre di Babele. Il grande Imperatore non può mettere insieme cedici plenipotenziari, ed il povero Papa se ne vede intorno concordi settecento!

Donde questa differenza? La differenza nasce dagli uomini e dalle cose. Pio IX è l'uomo del Signore, il Pontefice della carità, il Vicario di Gesù che raduna i figli di Gerusalemme, come la chioccia i suoi pulcini. Napoleone III è l'uomo della rivoluzione, l'uomo delle battaglie, l'uomo dei plebisciti.

Pio IX non ha bisogno di dire ai Vescovi come Napoleone II I ha detto ai Re: «Io porterò in un consiglio internazionale lo spirito di moderazione e di giustizia; io non cedo ad un moto di vanità; io non ho disegni ambiziosi; mi sta a cuore di dimostrare un procedimento franco e leale; l'unico mio scopo è d'arrivare senza torbidi alla pacificazione d'Europa».

Il Nostro Santo Padre è superiore a tutti questi sospetti; nessuno teme che egli sia sleale ed ingiusto, o che sotto il velo dell'amicizia prepari un tradimento; non è mestieri ch'egli anticipatamente si scusi e dica, io non ho nessuna mira ambiziosa. Tutti lo sanno, epperò, anche umanamente parlando, i suoi Congressi riescono.

Riescono i Congressi di Pio IX, perché l'autorità li convoca, e la carità li presiede; non riescono i Congressi di Napoleone III, perché mossi dall'interesse, e regolati dal tornaconto. 1 Congressi di Pio IX non badano ai tempi, ma alla verità che è eterna; i Congressi di Napoleone III, risolvono secondo le circostanze. Nei primi si proferiscono definizioni, ne' secondi si conchiudono transazioni.

Epperò sotto gli atti dei Congressi di Pio IX l'Onnipotente scrive: tu sei Pietro, e su questa Pietra ho edificato la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non prevarranno contro di lei. - E sotto i protocolli del Congresso di Parigi del 1856, la giustizia di Dio ha scritto, e scriverà sotto quelli del nuovo Congresso. perdam prudentiam prudentum et sapientiam sapientum reprobabo. Sperderò la saggezza dei savii, e rigetterò la prudenza dei prudenti.

- 285 -

NUOVA EDIZIONE

DELLA PACE DI WESTFALIA

(Pubblicato il 15 novembre 1863).

Napoleone III nella sua lettera diretta ai Sovrani della Confederazione germanica per invitarli ad un Congresso europeo, ricorda Westfalia che ebbe per iscopo di coordinare i nuovi elementi e consacrare, approvandole, le trasformazioni compiutesi nello spostamento dei confini degli Stati. Ma i trattati weslfalici non promettono niente di buono per l'avvenire dell'Europa o una pace, come quella, ostile alla Chiesa e distruggitrice dei principii cattolici, è pace menzognera, peggiore della guerra. Un dotto isterico chiamava la pace di Westfalia una dichiarazione officiale della impossibilità di rannodare i partiti e gli uomini pratici della storia dei giorni nostri s'accordano nel dire che la causa prima dello scompiglio d'Europa fu-appunto il Congresso di Munster e di Osnabruck che si conchiuse colla pace di Westfalia.

Da due secoli si combatteva una lotta terribile tra la fede ed il razionalismo, lotta intimatasi dapprima nelle sole regioni del sapere nell'università di Wittemberga, ma che non tardò a passare in un campo politico, in Germania specialmente, dove trent'anni di guerra stancarono ma non distrassero i due formidabili antagonisti: la casa d'Asburgo, cattolica, e Gustavo Adolfo, personificazione del razionalismo luterano. Quasi tutte le nazioni d'Europa sentirono il bisogno di pacificare le parti ostili, e si accinsero a farlo, conciliando l'inconciliabile, o meglio sanzionando le ingiustissime conquiste della Riforma contro i diritti inviolabili della Chiesa. I capitoli di Munster, disapprovati prima dal Nunzio pontificio Ghigi, trovavano poi nella Bolla Zelo Domus Dei d'Innocenzo X la più formale condanna che li dichiarava «pregiudizievoli alla Religione cattolica, al Culto divino, all'Apostolica Sede Romana, alle. Chiese inferiori, ed all'ordine ecclesiastico tutto quanto». Ma le parole del Capo supremo della Chiesa, unico e vero custode della legalità e della giustizia, non erano appoggiate dalla forza materiale del cannone, e perciò prevalse sull'autorità spirituale la prepotenza laicale, e il razionalismo fé' il primo passo negli ordini politici.

Chi avesse detto allora ai governi, che si credevano emancipati dal potere della Chiesa, che le libertà negate al Cattolicismo avrebbero fornito le armi alla demagogia per incatenare i Governi stessi, e che le interdizioni fatte alla Chiesa di assembrarsi e di parlare, avrebbero aperto il campo alle lotte delle società segrete, e poi alle continue rivoluzioni della piazza? Peggio sarebbe oggidì se Napoleone IH riuscisse a regalare al mondo una seconda edizione della Pace di Westfalia! Quella pace fu cara ai rivoluzionarii perché fu guerra alla Chiesa. Gioberti chiamava il trattalo di Wesfalia un atto sapientissimo, che cominciò un'era nuova. E noi veggiamo oggidì l'era nuova incominciata da quel Imitato! Oh Iddio nella sua misericordia disperda il consiglio di coloro che volessero riprodurre a Parigi il Congresso di Munster e di Osnabruch!

- 286 -

PREPARATIVI PER LA TORRE DI BABELE

(Pubblicato il 15 novembre 1863).

Ecco la lista dei governi invitati ad intervenire alla grande rappresentazione della Torre di Babele in Parigi.

L'Inghilterra, anglicana.

La Russia, scismatica.

La Prussia, luterana.

L'Italia, rivoluzionaria.

La Francia, renana.

La Spagna, parlamentare.

Il Portogallo, massonico.

La Baviera, tentennante.

Il Wurtemberg, eretico.

L'Annover, pseudo-evangelico.

La Sassonia, un po' di tutto

La Svezia, di Gustavo Adolfo.

La Danimarca, di Cristiano II.

La Confederazione germanica, razionalistica.

La Svizzera, zwingliana.

La Turchia, maomettana.

Il Belgio, delle società segrete.

LO ZIO E IL NIPOTE

SI RASSOMIGLIANO E RASSOMIGLI ERANNO

(Pubblicato il 15 novembre 1863).

Ora che Napoleone III ha messo fuori la sua idea del Congresso di tutte le Potenze europee, i giornali francesi sono andati a cercare nelle sue opere quale sia il concetto che egli si e fatto del suo Congresso. Nel libro delle Idèes Napoléoniennes, al capitolo che ha per titolo: But on tendaìt l'Empereur; Association européenne; Libertà en France, si trovano varie riflessioni che si vogliono rannodare alla presente idea napoleonica del Congresso. «Quando le sorti della guerra ebbero fatto Napoleone padrone della maggior parte del Continente, volle far servire le sue conquiste allo stabilimento d'una Confederazione europea. Pronto ad approfittare della tendenza dell'incivilimento, l'Imperatore ne accelerava l'andamento eseguendo immantinente ciò che non era che racchiuso ne' lontani decreti della Provvidenza. Il suo genio gli faceva prevedere che la rivalità che divide le differenti nazioni dell'Europa disparirebbe a fronte d'un interesse generale ben inteso.

- 287 -

«Sostituire tra le nazioni dell'Europa allo stato di natura lo stato sociale, tale era il pensiero dell'Imperatore; tutte queste combinazioni politiche tendevano a questo immenso risultato; ma, per arrivarci, conveniva condurre l'Inghilterra e la Russia a secondare francamente le sue viste. Finché vi saranno battaglie in Europa, disse Napoleone, vi sarà sempre guerra civile. La Santa Alleanza è un'idea che hanno rubato a me. -Cioè la santa alleanza dei popoli per mezzo dei Re, e non quella dei Re contro i popoli: qui giace l'immensa differenza tra la sua idea e il modo con cui venne effettuata. Napoleone aveva spostato i Sovrani (dèplacé les Souverains) nell'interesse momentaneo dei popoli; nel 1815 vennero spostati i popoli nell'interesse particolare dei Sovrani.

«La politica dell'Imperatore consisteva nel fondare un'associazione europea solida, facendo riposare il suo sistema sopra nazionalità complete, e sopra interessi generali soddisfatti. Se la fortuna non l'avesse abbandonato, avrebbe avuto nelle sue mani tutti i mezzi per costituire l'Europa; aveva tenuto in riserva dei paesi interi, di cui potrebbe disporre per ottenere il suo scopo. Olandesi, Romani, Piemontesi, abitanti di Brema e di Hambourg, voi tutti che foste stupiti di trovarvi francesi, voi rientrerete nell'atmosfera di nazionalità, che conviene ai vostri antecedenti, ed alla vostra posizione; e la Francia cedendo ai diritti che la vittoria le aveva conferiti sopra di voi, agirà ancora nel suo proprio interesse; perché il suo interesse non può separarsi da quello dei popoli inciviliti. Per consolidare l'associazione europea l'Imperatore, secondo le sue stesse parole, avrebbe fatto adottare un Codice europeo, una Corte di cassazione europea, correggendo gli errori per tutti, come la Corte di cassazione in Francia corregge gli errori dei Tribunali. Avrebbe fondato un istituto europeo, ecc. . . L'uniformità delle monete, di pesi, delle misure. Le uniformità della legislazione sarebbero state ottenute dal suo potente intervento». Basta questo saggio per conoscere quali sono le idee napoleoniane sul Congresso. Sono sogni e ciancio de servir di balocco ai bimbi.

- 288 -

PROTESTE DI NAPOLEONE III

NEL NOVEMBRE DEL 1848 E DEL 1863

(Pubblicato il 17 novembre 1863).

Crediamo curioso, instruttivo ed eloquentissimo un semplice confronto tra le parole che Luigi Napoleone dicea ai Francesi nel novembre del 1848, e quelle che disse testè ai. Principi nella sua lettera del 4 di novembre 1863. Le due lettere rassomigliansi assai, e dal risultato delle prime promesse [mossi inferire l'importanza delle ultime. Mettiamole di costa.

Circolare di Luigi Napoleone agli elettori, 29 novembre 1848. Circolare di Napoleone III ai Sovrani, 4 novembre 1863.

«Non deve esistere ambiguità fra me e voi. Io non sono uomo ambizioso che sogni l'Impero. Educato in libere terre ed ammaestrato dalla sventura rimarrò sempre fedele ai doveri che m'impongono i vostri voti e la volontà dell'Assemblea. Ove io fossi eletto presidente, m'impegnerei sul mio onore a cedere, dopo quattro anni, a chi mi succedesse, un potere fatto più forte e la libertà intatta». «Educato alla scuola delle avversità, è forse meno a me, che a nessun altro permesso d'ignorare i diritti dei Sovrani, e le legittime aspirazioni dei popoli. Non cedo ad un molo di vanità, ma essendo io il Sovrano a cui più si attribuiscono ambiziosi disegni, mi sta a cuore di dimostrare con questo procedimento franco e leale, che è l'unico mio scopo è d'arrivare, senza torbidi; alla pacificazione d'Europa ».

Nel novembre del 1848 Napoleone dicea ai Francesi: Non deve esistere ambiguìià tra me e roi.

Nel novembre del 1863 Napoleone parla ai IIe d'Europa del suo procedimento franco e leale.

Nel novembre del 1848 Napoleone diceva ai Francesi: Io non sono un uomo ambizioso che sogni l'impero.

Nel novembre del 1863 Napoleone dice ai Sovrani convocandoli a Congresso: Non cedo ad un molo di vanità.

Nel novembre del 1848 Napoleone non sognava l'impero porche ammaestrato dalla sventura.

Nel novembre del 1863 Napoleone vuoi pacificare il mondo, perché egli fu educato alla scuola delle avversità.

Nel novembre del 1848 Napoleone prometteva sul suo onore di cedere Uh potere fatto più forte e la libertà intatta.

Nel novembre del 1863 Napoleone promette francamente e lealmente che il suo unico scopo sarà la pacificazione d'Europa.

Nel novembre del 1848 Napoleone era semplice cittadino di Francia, e nel novembre del 1863 Napoleone è imperatore dei Francesi.

- 289 -

1 Sovrani, a cui fu diretta la circolare del 4 di novembre 1863, si consiglino per la risposta cogli elettori, a cui fu diretta la circolare del 29 di novembre 1848. Ils vous en donneront des nouvelles!

MEDITAZIONI DI NAPOLEONE III

SULLA MORTE DEI GOVERNI IN FRANCIA

(Pubblicato il 17 novembre 1863).

L'Imperatore dei Francesi è uomo di poche parole, ma di molta meditazione. Lo chiamano il taciturno, perché parla rarissimo; e parla di rado perché pensa sempre. Pensa al passato ed al presente, a se stesso ed a' suoi Francesi, ai parenti e agli affini, ai nemici ed agli amici. Pensa all'Italia da difendere, all'Austria da combattere, all'Inghilterra da tenere a freno, alla Polonia da proteggere, alle provincie renane da conquistare. Pensa a' suoi precedenti, ai pericoli che corre l'Europa, ai diritti dei Sovrani, alle aspirazioni legittime dei popoli, al Papa, alla Religione, al Clero, a tutto.

Ma noi crediamo che di questi giorni il meditabondo Imperatore abbia anche pensato alla storia francese ed alla caduta dei governi in Francia, cominciando dalla nascita dei grandi principii dell'ottantanove, fino a' giorni nostri. Solo, nel suo gabinetto il Bonaparte si vide comparire innanzi agli occhi le ombre di Luigi XVI, della Convenzione, del Direttorio, del Consolato, di suo Zio, di Carlo X, di Luigi Filippo, e meditò sulla loro nascita, sulla loro vita e sulle cause impreviste della loro caduta.

Anche Napoleone III dei dì che furono assalse il sovvenir, e se gli fece innanzi alla mente la caducità dei governi in Francia, l'alternarsi degli abbasso e degli evviva in Parigi, la mobile turba e il facile passaggio del popolo dall'amore al disprezzo, la vicinanza del Campidoglio e della Rocca Tarpea, e nel fervore della meditazione gli partì dal cuore il grido: Congresso! Congresso!

Procuriamo di addentrarci noi pure nella meditazione Napoleonica, che non sarà senza un qualche vantaggio. La storia è la grande maestra della vita, e per confutare certi errori, e mostrare la mala pianta che sono certi principii e certi sistemi, il meglio è considerarne gli effetti e contemplarne i frutti. Mano dunque a questo lavoro.

La Francia era tranquilla, grande e potentissima, quando le sorse in seno la rivoluzione del 1789, la quale ebbe per impresa le parole di Talleyrand: tout détruire: distruggere tutto. «La Ragione estenderà il suo impero, gridava il celebre rivoluzionario Grégoire, e risplenderà in ogni parte. Stringiamoci intorno al Re per difenderlo, e per rialzare insieme con lui il tempio della patria» (Moniteur, N° 31).

Allora il popolo vien dichiarato sovrano; e, più che sovrano, Dio. Venti volte nei discorsi rivoluzionarii di Chaumette e di Anacharsis Clootz incontri questa frase testuale: «II popolo è Dio, e non v'ha altro Dio fuori di lui».

- 290 -

Il popolo divinizzato incomincia a far leggi, o per dir meglio i rivoluzionari incominciano a fabbricare costituzioni in nome del popolo che dicono Sovrano e Dio. Ma quanto durarono e quali effetti produssero?

La costituzione del 3 di settembre 1791 dichiarava inviolabile e sacra la persona di Luigi XVI, ma il 21 gennaio del 1793 i Francesi erano stanchi della monarchia nazionale. Il Re inviolabile lasciava la testa sul patibolo, e il 24 giugno dello stesso anno 1793 proclamavasi la repubblica, affidando il potere a 24 membri.

E questo governo quanti anni ebbe di vita? Due appena! Il 22 agosto dell'anno 1795 il potere passava nelle mani del Direttorio. E il Direttorio durò soli quattro anni, e il 13 dicembre 1799 cedeva il luogo al Consolato. Tre anni dopo, il 4 agosto 1802, i Consoli eletti per dieci anni si proclamavano Consoli a vita.

Quanto durò il Consolato? Soli cinque anni, e il 18 maggio 1804 svaniva in faccia all'Impero Napoleonico. Allora il trono ereditario sottentrava all'elezione del potere.

Grande, potente, destro, audacissimo era Napoleone I. E dicevano che la Francia non voleva altro Sovrano, e ch'egli facesse tremare l'Europa ed il mondo. Nondimeno dopo dieci anni d'impero, il 3 aprile del 1814 veniva pronunziata l'esautorazione dell'Imperatore ed abolito il diritto d'eredità stabilito nella sua famiglia.

Allora i Parigini gridano: Abbasso il tiranno! Abbasso il Re di Roma! Abbasso l'Aquila Imperiate! Abbasso il Córso! ed entrano i Borboni fra le grida di Viva Luigi il Desiderato! Viva la Ristorazione! Viva la pace! Viva la Religione! Vivano i Realisti!

Diciassette anni durarono i Borboni, e il 29 luglio del 1830 Carlo X doveva uscire di Francia a prendere la via dell'esilio, mentre i Parigini strillavano: Abbasso Carlo XI Abbasso il Detfino! Abbasso il Duca di Bordeaux! Abbasso la Guardia Reale! Abbasso la legittimità! Viva Filippo! Viva la sovranità del popolo!

E la Carta del 9 di agosto proclamava Luigi Filippo Re dei Francesi. Che delizie allora, che feste, che entusiasmo! Un Re passato a voti, e trecento borghesi che col parapioggia sotto il braccio attraversano Parigi per recarsi ad offerirgli la Corona di Francia!

Ma lasciate maturare le nespole, e vedrete. Passano diciassette anni, e il 24 febbraio del 1848, due ore dopo mezzogiorno, Luigi Filippo, che aveva abdicato quattro ore prima, abbandona Parigi in un umile fiacre, e sotto il nome di Conte de Neuilly si rifugia in Inghilterra, dove muore il 20 agosto del 1850.

Viva il governo provvisorio!'Viva la repubblica! Viva Lamartine! gridano i Parigini. E formasi un governo composto dei signori Dupont (de l'Euro) presidente, Laniarti ne, Luigi Blane, Ledru-Rollin, Marie, Flocon, Marnisi, Albert, Arago, Gurnier-Pagès, Creiuieux e Pagneux segretario generale. Luigi N'apoleone il 28 febbraio 1848 scrive a questo governo ch'egli è venuto in Parigi «per seguire la bandiera della repubblica e darle prova di devozione».

Al governo provvisorio succede l'Assemblea costituente. Questa proclama la repubblica, e delega ad una Giunta il potere esecutivo. La Giunta è soppiantata, poi ristabilita.

- 291 -

Nel giugno del 1848 il potere viene affidato al generale Cavaignac, che prende il titolo di capo del potere esecutivo. E sapete come finisce Cavaignac? Nel dicembre del 1851 vien fatto arrestare da Luigi Napoleone.

Il quale addi 29 novembre del 1848 scriveva ai Francesi invitati ad eleggersi un Presidente, che se eleggessero lui, avrebbero il miglior Presidente, che abbia mai retto una repubblica. E il 10 dicembre di quell'anno Luigi Napoleone fu eletto Presidente.

Allora l'Assemblea costituente cedette il luogo all'Assemblea legislativa. E questa come finì? Un decreto del 2 dicembre 1851 la disciolse, e i soldati corsero a prendere il posto dei legislatori.

Il 14 dicembre del 1851 un plebiscito dichiara che «il popolo francese vuole che sia mantenuta l'autorità di Luigi Napoleone Bonaparte, e gli delega i poteri necessarii per fare una Costituzione». E così nasce in Francia il Principe presidente.

Quanto dura? Il 7 novembre del 1852 il Senato francese proclama l'Impero, e il Senato-consulto viene rimesso al Principe-Presidente a St-Cloud. Il 2 dicembre a Parigi, il 5 negli Spartimenti viene proclamato: «Louis Napoleon Bonaparte est Empereur des Francais sous le nom de Napoléon II l». Quanto durerà? Questo è l'argomento delle meditazioni dell'Imperatore.

Ricapitoliamo la lista dei governi in Francia dal 1789 ai giorni nostri:

1789, 5 maggio, Luigi XVI convoca gli Stati generali.

1790, 14 luglio, festa della Federazione, e tutti i Francesi sono fratelli.

1791, 3 settembre, Costituzione che dichiara inviolabile il Re.

1792, 10 agosto, nasce la Convenzione nazionale.

1793, 21 gennaio, si taglia la testa al Re inviolabile. 1795, 22 agosto, il governo passa nelle mani del Direttorio.

1799, 13 dicembre, è distrutto il Direttorio, e creato il Consolato composto di tre Consoli, Sieyes, Bonaparte e Roger-Ducos.

1802, 2 agosto, Bonaparte è nominato Console a vita.

1804, 18 maggio, proclamasi Bonaparte Imperatore dei Francesi sotto il nome di Napoleone I.

1814, 31 marzo, Napoleone è obbligato di abdicare a Fontainebleau, e comanda in Francia Luigi XVIII.

1815, 20 marzo, Napoleone 1 rientra a Parigi, e vi ripiglia l'Impero per cento giorni.

1815, 15 luglio, Napoleone I è prigioniero degli Inglesi, e Luigi XVIII ritorna a comandare.

1830, luglio, Carlo X è obbligato a fuggire da Parigi. Il Duca d'Orléans è luogotenente generale del Regno. Il 9 agosto vien proclamato Luigi Filippo Re dei Francesi.

1848, febbraio, Luigi Filippo abdica e fugge da Parigi. - Governo provvisorio. - Nel maggio una commissione esecutiva con Lamartine. - Nel giugno, dittatura di Cavaignac. - Nel dicembre, presidenza di Luigi Napoleone.

1851, 2 dicembre, Colpo di Stato, e un anno dopo l'Impero.

- 292 -

Dunque dal 1789 ai giorni nostri, dopo i grandi principii e la sovranità del popolo, nessun governo durò in Francia più di quattro lustri. Primo punto della meditazione di Napoleone III.

L'unico Re che sia morto in Francia nel proprio letto, ed abbia naturalmente abbandonato la Corona fu, dopo il 1789, un Borbone, Luigi XVIII. Secondo punto della meditazione di Napoleone III.

I più lunghi regni che s'incontrino in Francia dopo la rivoluzione sono quelli dei due Re legittimi e dell'Orleanese. Terzo punto della meditazione di Napoleone III.

II primo Impero durò dieci anni: il secondo data dal 2 dicembre del 1852, e al 2 dicembre del 1863 conterà undici anni. È già più lungo del primo Impero. Eppure lo Zio era più destro e più forte del Nipote.

IL PAPA

INVITATO A PRESIEDERE IL CONGRESSO

(Pubblicato il 18 novembre 1863).

Il divoto figlio della Chiesa Cattolica ha invitato il nostro S. Padre Pio IX ad intervenire al Congresso, e se v'intervenisse personalmente, secondo la A'a tion di Parigi, giornale ben addentro alle segrete cose, l'Imperatore Cristianissimo sarebbe anche disposto ad offrirgli la presidenza del Congresso medesimo.

Tra i più ardenti desiderii del Bonaparte vi fu sempre quello ardentissimo di tirare il Papa a Parigi, per non restare da meno del proprio Zio; ma se riuscì ad avere sulle rive della Senna la Regina Vittoria, e i Re di Sardegna e di Portogallo, Napoleone III non può gloriarsi d'averci visto Pio IX.

E come fe' benissimo la santa memoria di Pio VII quando andò a Parigi «per la maggior gloria di Dio, il vantaggio della Religione Cattolica, la salute delle anime e il compimento del dovere apostolico», secondo che il Santo Pontefice diceva ai Cardinali prima di partire; così Pio IX fe' egregiamente e dimostrò la sua prudente avvedutezza rifiutando di andarvi, non ridandosi delle straordinarie promesse, né lasciandosi illudere dagli inviti ad essere padrino del Principe Imperiale.

Noi ci maravigliamo che Napoleone III abbia aspettato il 1803 per invitare Pio IX al Congresso. Prima di questo, che non si radunerà, ne fu tenuto un altro a Parigi, il Congresso del 1856. Allora il Bonaparte avrebbe dovuto chiamarvi un rappresentante del Papa, perché lo difendesse dalle accuse lanciategli contro da Cavour, da Clarendon e dal suo Walewski; oppure, se non poteva, o non voleva che il Papa vi fosse rappresentato, l'Imperatore da figlio devoto, avrebbe dovuto ordinare che non si commettesse la sconciezza d'accusare gli assenti.

Ma no; l'8 aprile del 1856 vien fuori Walewski a favellare pel primo nel Congresso di Parigi dell' anormale condizione degli Stati del Papa, e da occasione a lord Clarendon di sfogare la sua rabbia protestante contro il Capo della Chiesa Cattolica, ed a Cavour la sua stizza rivoluzionaria. E Pio IX non ha chi lo difenda, rettifichi i fatti, ribatta le calunnie, rintuzzi gli assalti.

- 293 -

E poiché quella guerra sleale nel primo Congresso parigino ha prodotto i suoi frutti, e Pio IX trovasi povero, abbandonato, costretto a vivere della carità de' suoi figli, Napoleone III se gli fa innanzi per invitarlo ad intervenire a un nuovo Congresso che coronerebbe l'opera se potesse venir radunato!

Oh non è questa la prima offerta che il Bonaparte faccia al Sovrano Pontefice! Nel giugno del 1859 gli offerì un'altra presidenza, la presidenza della Confederazione italiana. E Pio IX, se non rifiutava l'offerta vedendola non ingiusta, sospendeva tuttavia i passi per ben misurarli. Ma oggidì si vede dove quella offerta riuscisse! E come Pio IX potrebbe accettare, non più la presidenza d'una Confederazione, ma quella di un Congresso?

E di quale Congresso! Il Papa si troverebbe in mezzo agli eretici, agli scismatici, ai rivoluzionar!, e colla presenza sua sancirebbe quell'indifferentismo religioso, che è il vizio capitale de' nostri tempi. 1 Congressi, che il Papa presiede, sono signor Bonaparte, i Concilii ecumenici, e ben diciotto di questi Congressi furono da lui presieduti, e diedero tutti la pace al mondo, tutti furono benedetti dai popoli, tutti sussistono ancora presentemente, e nelle loro dottrine sussisteranno fino al termine de' secoli.

I Congressi che il Papa raduna e presiede furono detti da Leibnitz: le più ri. spettabili adunanze (1), da Hoffmann: ispirati dallo Spirito Santo (2), da Pierre Leroux: il potere spirituale intronizzato nel mondo (3). Lutero stesso, vedendo i pericoli recati al corpo sociale dall'eresia protestante, ebbe a dire che se l'universo non periva sarebbe stato necessario un Concilio (4).

E il Concilio si tenne, e fu l'ammirabile Congresso della Cattolicità in Trento, di cui testò abbiamo festeggiato il trisecolare anniversario; fu la consacrazione della dottrina della Chiesa Cattolica, come scrisse il protestante Fessler (5), fu la maestosa Assemblea dei Cattolici più consumati negli a/fari, nelle letlerer nella santità (6), come si esprime il Cantù nella sua Storia degli Italiani; fa «una protesta del retto senso e del senno romano contro la misticità germanica; e un codice di civiltà europea», secondo la sentenza non sospetta di Vincenzo Gioberti (7).

Ecco i Congressi che il Papa presiede; non quelli che il Bonaparte convoca per pascere la sua vanità e gettar polvere negli occhi dei Francesi.

Abbiamo ragione di sorprenderci che Napoleone III, dopo il suo opuscolo Le Pape et le Congres pubblicato nel 1859, in sul cadere del 1863 inviti Pio IX ad un Congresso e gliene offra la presidenza. Mentre in quell'opuscolo volea chiudere il Papa nel convento del Vaticano, ora cerca di trarlo a Parigi, e metterlo alla testa d'Europa, e ingolfarlo nella manipulation des affaires!

(1) Leibniz, tom. II, 1694.

(2) Hofmann, 1827, tom. I, N«3, pag. 92.

(3) Leroux, Enciclopedie nouvelle, tom. III, pag. 712. (i) Lutero, lib. i, Ep. ad Zwinglium.

(5) Fessler, tom. VIII, pag. 38i.

(6) Cantù, Storia degli Italiani, tom. in, pag. 187.

(7) Gesuita Moderno, cap. XIV, pag. 259.

- 294 -

Tre anni fa il Papa non dovea nemmeno immischiarsi negli affari di Roma, e la vita municipale di quella città era destinata a levargli quest'impiccio dégageant sa responsabilité des intérèts administratifs. Ed oggi il Papa è chiamato in Parigi a presiedere ad un Congresso europeo!

E che cosa dovrà fare questo Congresso? Non si dice e non si può dire, perché non si sa. Il Congresso stesso determinerà il da farsi. Ma se gli altri Principi sono disposti ad intervenire ad un Congresso simile, non v'interverrà certamente il Papa. Il quale prima di fare vuoi sapere che cosa fa, perché non vuole né direttamente, né indirettamente contribuire a nulla che offenda la verità e la giustizia.

E la giustizia sarebbe offesa se il Congresso stipulasse le idee già altre volte manifestate da Napoleone 1Il, o ch'egli stesso scrisse per lettera al Papa medesimo. Sicché se l'Imperatore sinceramente volesse avere Pio IX in sua compagnia, per prima cosa dovrebbe incominciare da un solenne atto di contrizione e di ritrattazione.

Bisogna partire da questo principio che Napoleone invita Pio IX al Congresso, non come Re di Roma, ma come. Papa. Nell'opuscolo le Pape et le Congrès il Bonaparte ha scritto: «Le Pape trònant à Rome, et siégeant mi Vatican est ce qui frappe le monde. On apercoit à peine le Souverain des Etats Romains» . Forse che Napoleone III invita oggidì il Principe di Monaco ad intervenire al Congresso, o gli offre la presidenza? Quest'invito adunque egli fa a Pio IX quale capo della Chiesa.

Or bene, non si ricorda Napoleone III come Alquier ministro di suo Zio a Roma, già combattesse Pio VII colla calunnia che confondeva lo spirituale col temporale? E non si ricorda che nel febbraio del 1860 il suo ministro Thouvenel ha scritto una circolare, nella quale dicea: « De nos jours la separation s'est accompite entre les deux domaines de l'ordre politique et civil?» E perché vnol confondere ora i due ordini? Ah! Napoleone stesso sente nel suo cuore, chela pretesa separazione della Chiesa dallo Stato è un delitto ed un'impossibilità. Sente che per pacificare l'Europa ha bisogno del Papa. Anche suo Zio ne ha avuto bisogno per pacificare la Francia ed ha detto ohe, se il Papa non fosse esistito, egli avrebbe dovuto crearselo.

Ma non è in un Congresso di Principi che il Papa potrà compiere l'alta sua missione. Egli la compirà dal Vaticano, non colla parola della diplomazia, ma col verbo dell'Evangelio, non calpestando i diritti, ma proclamando la giustizia; e in faccia al paganesimo redivivo, dopo che l'ambizione avrà riunito il mondo, come ai tempi d'Augusto, intuonerà l'angelico canto: Gloria a Dio ne' Cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà.

- 295 -

LE PIAGHE DELLA SOCIETÀ PRESENTE

(Pubblicato il 19 novembre 1863).

L'Imperatore Napoleone III nel suo discorso del 5 di novembre si restrinse a dire in generale che la Società era inferma e piagata a morte. Egli vide l'edificio sociale minato dal tempo, e distrutto a pezzo a pezzo dalla rivoluzione, vide la pace del mondo in pericola, vide il laceramento successivo del patto fondamentale europeo, vide fermenti di discordia pronti a scoppiare da tutte le parti, vide l'Europa travagliata da tanti elementi di distruzione; e si restrinse a far voti, affinché sorga una nuova era di ordine e di pacificazione.

Le quali cose con maggiore autorità erano già state vedute o dette da Pio IX nell'ammirabile Allocuzione che tenne ai trecento Vescovi congregati intorno a lui nel memorando Concistoro del 9 di giugno 1862. Allora Pio IX compianse i danni tristissimi ond'è afflitta e tribolata la civile Società; compianse l'audacia di quelli che congiunti fra loro con leghe nefande, cercano di sconvolgere, le basi della convivenza sociale (humanae societatis fundamenta labefactare): compianse gli astutissimi operatori di frodi e fabbricatori di bugie, che disseminando vecchi errori, con arte diabolica «contaminano ed insozzano la scienza di tutte le cose, spargono mortale veleno a rovina delle anime, fomentano la sfrenatezza dei costumi e le prave cupidigie, sconvolgono l'ordine religioso e sociale, o si sforzano di estinguere ogni idea di giustizia e di verità, di ragione, di onestà e di religione».

Quando il nostro Santo Padre, a mezzo l'anno 1862, disse al mondo cattolico queste solenni parole, i rivoluzionari sorrisero, e gl'indifferenti crollarono il capo, esclamando: Cose di sagrestia! Ma ora non sorridono più, perché parla l'Imperatore de' Francesi, e ripetendo i pensieri e le osservazioni del Sovrano Pontefice, mostra la società inferma, la pace in pericolo, e popoli e governi sull'orlo del precipizio.

Tuttavia tra il discorso di Napoleone III, e l'Allocuzione di Pio IX corre questa grande diversità, che mentre il primo, toccati in generale i mali che affliggono il mondo, chiamò a Congresso i Principi per apporvi un qualche riparo, il nostro Santo Padre venne ai particolari, mostrò le piaghe che ammorbano il corpo sociale, e col solo denudarle ne accennò gli opportuni e salutari rimedi.

E poiché Napoleone III non sa stendere da sé il programma del Congresso, sarà utile che si rifaccia sull'Allocuzione Pontificia del 9 di giugno 1862, e vi troverà lo specchio più preciso dei mali onde è afflitta l'Europa, e che minano l'edificio sociale. Aiutiamo l'Imperatore in questo studio, che riuscirà a tutti vantaggiosissimo.

Pio IX, dopo d'aver detto che la Chiesa e la civil società sono in modo miserando afflitte e tribolate, passa ad esporne le cagioni, e le divide in due classi; nelle dottrine e nei fatti,

Le piaghe della società presente nell'ordine delle dottrine sono una triplice distruzione delle grandi verità.

- 296 -

La distruzione « di quella necessaria connessione che, per volontà di Dio, esiste fra i due ordini, soprannaturale e naturale».

La distruzione «della divina rivoluzione, dell'autorità della Chiesa, della sua costituzione e podestà».

La distruzione dell'origine divina del diritto, ossia «l'audacissima negazione di ogni legge e podestà di origine divina».

I rivoluzionari incominciano sempre dal distruggere, e poi, dopo di avere accumulate intorno a loro le più spaventose rovine, allora si provano a riedificare. Epperò, negate le grandi verità, il soprannaturale, e la sua connessione coll'ordine naturale; negata la divina podestà della Chiesa; negata la derivazione da Dio d'ogni principio di diritto, a questi tre grandi veri sostituiscono tre orribili errori, che il nostro S. Padre Pio IX viene esponendo nella sua Allocuzione del 9 di giugno 1862.

1° L'errore che divinizza l'umana ragione «ed afferma temerariamente la ragione umana essere l'unica arbitra del vero e del falso, del buono e del cattivo, senza nessun riguardo a Dio».

L'errore, che ne consegue del panteismo, il quale trova Dio dappertutto o dell'ateismo che lo nega affatto, ciò che torna lo stesso, e finalmente del materialismo che stabilisce «una cosa medesima essere Dio col mondo, epperciò lo spirito colla materia».

L'errore che divinizza la forza brutale, afferma «che l'autorità non è altro, fuorché la somma del numero», il diritto «consistere nel fatto materiale e tutti i doveri degli uomini essere un nome vano, ma tutti i fatti umani avere la forza del diritto».

Ecco con quale ordine ammirabile e sapienza del tutto celeste Pio IX dimostrava or fa un anno, quali fossero le piaghe della società nell'ordine delle dottrine. Passando poi all'ordine de' fatti, il provvido Pontefice ne indicava sei principali che mettono a repentaglio la società e la minano, secondo la frase del Bonaparte. E sono:

La guerra alla Santa Sede «e le ingiurie molteplici e gravissime, le calunnie e gl'insulti coi quali i nemici di Dio e degli uomini non cessano di lacerare e perseguitare l'Apostolica Sede ed i sacri Ministri della Chiesa».

L'ipocrisia iniqua, carattere particolare della presente persecuzione e dell'odierna empietà, ipocrisia «colla quale i capitani ed i satelliti della funestissima perturbazione e ribellione d'Italia vanno dicendo di volere che la Chiesa goda delle sue libertà, mentre con sacrilega audacia ogni giorno conculcano tutte le ragioni e i diritti della medesima Chiesa».

L'usurpazione dei beni ecclesiastici, che attenta al diritto di proprietà, che dà un esempio fatale e mette a repentaglio tutti i possidenti, generando il pauperismo e la malesuada fames et turpis aegestas.

La dispersione degli ordini religiosi, e il dispotismo di coloro o che cacciano violentemente dai propri Conventi i membri degli ordini regolari e le vergini consacrate a Dio, e gli uni e le altre spogliano dei loro beni».

- 297 -

La schiavitù della Chiesa, ossia l'opera di quei governi e governanti che «non lasciano nulla d'intentato per ridurre la Chiesa in turpissima servitù ed opprimerla», e così ne impediscono la potente e soavissima influenza sulle popolazioni.

La cospirazione contro il Papa-Re, che è il riassunto di tutti gli attentati, perché nel Papa si combatte il Cattolicismo e nel Re la Monarchia; cercandosi di distruggere l'altare e di atterrare il trono.

Ed ecco indicati, quasi sempre colle parole del nostro Santo Padre, i mali gravissimi che travagliano la società presente, e in conseguenza i rimedi che si dovrebbero abbracciare dal divisato Congresso. E Napoleone III che vuole la presidenza del Papa, può servirsi dell'Allocuzione del 9 di giugno 1862 come programma del da farsi, e ricavarne ciò che in istile parlamentare chiamasi l'ordine del giorno. A tal fine ridurremo ancora più brevemente in uno specchio le cose finora discorse.

SPECCHIO

dei mali che travagliano la Società, tolto dall'Allocuzione detta dal S. P. Pio IX nel Concistoro dei 9 giugno 1862.

I.

Nell'ordine delle dottrine.

Del soprannaturale.

Distruzione Dell'autorità della Chiesa.

Dell'origine divina del Diritto.

Della ragione umana.

Culto Panteismo, ateismo, materialismo.

Culto della forza brutale e dei fatti compiuti.

Nell'ordine dei fatti

II.

Alla Santa Sede.

Ai beni ecclesiastici

Guerra mascherata coll'ipocrisia Agli Ordini religiosi

All'influenza della Chiesa

Al Papa Re

Alla Divinità.

Alla proprietà. Guerra

Guerra Alla libertà.

Alla coscienza.

Alla Monarchia.

Et nunc, Reges, intelligite, erudimini qui iudicatis terram!!!

- 298 -

IL TIMES SI DIVERTE

CON NAPOLEONE III

(Pubblicato il 19 novembre 1863).

Non slamo noi i soli a parlare sempre di Napoleone III. I giornali esteri ormai non parlano d'altro, e i più gli danno la baia. Eccone un saggio nel seguente brano di un articolo del Times:

« La Francia ha da essere l'Eolo che governa i venti; la Francia, il Giove che dispensa con uguale giustizia le folgori memori e vendicatrici. Napoleone III proclama all'Europa quello che noi proclamammo in ogni possibile modo in un paese e con una Costituzione come la nostra. Con un'accorta intrusione della sua storia personale, egli ci fece sapere che di tutti i sovrani egli è il solo che, più degli altri, sia in grado di ammaestrare, conciliare, fare quanto è necessario per l'aggiustamento dell'Europa. Egli solo ha sostenuto tutte le parti onorevoli; egli sofferto l'esilio, la prigionia, la povertà e la derisione; egli provato le minaccio e la malignità di tutti i partiti e di tutti i poteri; egli solo capace di conoscere profondamente le. opinioni ed i bisogni, di comprendere le difficoltà, e di entrare mediatore fra l'e più acerbo antipatie ed i più accaniti antagonismi. Come può l'Inghilterra, stabile, agiata e tranquilla, sempre neon e sempre la stessa, pretendere di gareggiare con un uomo innalzato dalla Provvidenza a compiere i suoi disegni? Non manca altro che una cosa sola a rendere completo l'esperimento di una missione che esige da noi tali prove di omaggio, e si è appunto la credulità. Si direbbe che questo quasi soprannaturale personaggio si senta immune dalle debolezze che segnano il gregge comune degli avventurieri fortunati. Ma, sebbene la Francia possa andar lieta per il momento, considerando con guardo indifferente e superiore qualche eccesso di potere, qualche lieve annessione, ed una politica d'ingrandimento, ne noi, né il resto dell'Europa lo può dimenticare con tale compiacenza.

«Che, dunque, faremo noi in questo Congresso, supposto che abbia ad essere qualcosa più che una concezione ideale? Nessun posto ci è lasciato. Gli onori della pace e della guerra, di un modesto contegno e di una magnificata ospitalità, sono tutti preoccupati dalla gravitazione naturale della Francia. Noi non ci opporremmo a nulla che potesse renderla felice e contenta, pur solo che ci fosse possibile sapere quando la sua fortuna potrebbe essere la nostra; ma dobbiamo domandare puranco quale parte ci sia lasciata dall'ambizioso protagonista, e in che guisa abbiamo a comparire su la scena? Ben potremmo accontentarci di una seconda o terza parte, ma alla fine non ne avremo nessuna».

- 299 -

RISPOSTE A NAPOLEONE III

SULLA CONVOCAZIONE DI UN CONGRESSO EUROPEO

Risposta dello Czar a Napoleone III.

Signor mio Fratello,

Riconoscendo la miseranda condizione dell'Europa e la necessità d'un accordo tra i Sovrani a cui è commesso il destino delle nazioni, Vostra Maestà esprime un pensiero che fu sempre anche il mio. lo ne ho fatto più che l'oggetto d'un semplice desiderio; io ho dal medesimo attinta la regola della mia condotta. Tutti gli atti del mio Regno rendono testimonianza del mio desiderio di sostituire relazioni di confidenza, e di concordia allo stato di pace armata, che aggrava in modo tanto enorme le popolazioni. Appena mi fu possibile, io ho intrapresa una riduzione considerevole delle mie forze militari; durante sei anni, io ho liberato il mio Impero dall'obbligo della leva, ed ho messa mano a riforme importanti, pegno d'uno sviluppo progressivo all'interno, ed una politica pacifica al di fuori. Non è in considerazione d'avvenimenti, che potevano minacciare la sicurezza e l'integrità de' miei Stati, che io ho dovuto scostarmi da questa strada. Il mio più vivo desiderio è di potervi tornare e di risparmiare ai miei popoli sacrifizii, che sono bensì accettati dal loro patriottismo, ma che non possono a meno di pregiudicare alla loro prosperità. Niente potrebbe meglio accelerare questo momento, che un accomodamento generale delle quistioni che agitano l'Europa. L'esperienza attesta, che le vere condizioni della pace del mondo non consistono né in una immobilità impossibile, ne nell'incostanza delle C9mbinazioni politiche che ogni generazione sarebbe chiamata a disfare e rifare a seconda delle passioni e degli interessi momentanei; ma piuttosto in quella saviezza pratica che impone a ciascuno il rispetto dei diritti stabiliti, e consiglia a tutti le transazioni necessarie per accordare la storia, che è un'eredità indistruttibile del passato, col progresso che è una legge del presente e dell'avvenire.

In tale stato di cose un accordo leale tra i Sovrani mi parve ognora desiderabile. Io sarei lieto che la proposta fatta da Vostra Maestà vi ci potesse condurre. Ma affinché questa abbia praticamente effetto, non potrebbe procedere che dal consentimento delle altre Potenze, e per ottenere questo risultato credo indispensabile che Vostra Maestà determini bene le questioni che secondo lei dovrebbero costituire l'oggetto d'un accordo, come pure le basi, sopra le quali quest'accordo dovrebbe fondarsi. In ogni caso io posso assicurarla che lo scopo da lei prefissosi di arrivare senza sconvolgimenti alla pacificazione dell'Europa, incontrerà sempre le mie più vive simpatie.

Colgo nello stesso tempo quest'occasione per rinnovare alla Vostra Maestà l'assicurazione dei sentimenti dell'alta considerazione e della sincera amicizia con cui sono, signor mio Fratello, Di Vostra Maestà

Buon Fratello

Alessandro.

Tsarskoé-Sélo, il 6jl8 novembre 1863.

- 300 -

Risposta del Re di Sassonia a Napoleone III.

Signor mio Fratello,

La lettera indirizzatami da Vostra Maestà imperiale il 4 corrente mi è doppiamente preziosa. Io vi trovo una testimonianza di confidenza che mi onora, e mi compiaccio nel riconoscervi una prova di più del desiderio sincero di Vostra Maestà di rassodare le basi generali dell'ordine e della pace, unici e veri pegni del benessere dei popoli e dei vantaggi che essi ricavano dalla forza dei loro governi, lo non posso che augurare la migliore riuscita ad una impresa così nobile, alla quale Vostra Maestà assegna confini saggi, dettati da un grande spirito di giustizia e di lealtà, schivando oltre a ciò ogni disegno di progetti ambiziosi.

Se i gabinetti d'Europa presteranno il loro concorso al compimento di questo arduo disegno, se l'Alemagna, e soprattutto le sue due grandi Potenze vi si associano, io mi riputerò fortunato di contribuirvi ne' modesti termini de' miei mezzi, e di provare a Vostra Maestà come i Principi di Germania, fedelmente attaccati ai loro doveri federali, ma esenti da ogni spirito di pregiudizio o di prevenzione, hanno a cuore di stringere i legami di amicizia e di accordo coi loro vicini, e di mantenere le mutue relazioni sopra la base solida d'una fiducia reciproca.

Prego la Vostra Maestà Imperiale di gradire l'espressione di questi sentimenti insieme con quelli di alta stima e d'inalterabile amicizia che io le ho consacrata e con la quale io sono, signor mio Fratello, Di V. Maestà Imperiale

Il buon Fratello

Giovanni.

Contro-firmato

BARON DI BEUST.

Dresda, 15 novembre 18G3.

- 301 -

Risposta del Re di Wurtemberg a Napoleone III.

Mio signor Fratello,

Si è con ben viva soddisfazione che ho trovato nella lettera che V. Maestà mi ha fatto l'onore di scrivermi in data del 4 corrente, una nuova e splendida prova del suo desiderio sincero di giungere per via d'un accordo diretto tra i Sovrani amici ed alleati della Francia allo scioglimento pacifico delle questioni gravi, che agitano oggigiorno l'Europa e minacciano di turbare di più in più le relazioni internazionali. Non saprei far altro che desiderare sinceramente che le nobili intenzioni di V. Maestà Imperiale, ispirate dalla sua sollecitudine per il consolidamento della pace generale sopra solide basi, possano incontrare il concorso unanime e cordiale di tutte le Potenze europee. Vostra Maestà potrà dunque essere persuasa, che penetrato da questo sentimento io non mancherò di attenermi a questa proposta nel trattare co' miei confederati membri della Dieta germanica. Parimente procurerò di far prevalere queste disposizioni favorevoli ai progetti di V. Maestà nel seno della Dieta stessa, eccetto che quelle Potenze dell'Europa, la cui cooperazione deve essere considerata come indispensabile allo scioglimento delle questioni da sottoporsi alla decisione del Congresso progettato, non vengano, in seguito dei rischiarimenti ulteriori e più precisi attesi da parte del gabinetto delle Tuileries, a mettere ostacoli tali da far abbandonare il progetto d'una convocazione d'un Congresso europeo. Nel manifestarvi i miei ringraziamenti più premurosi della gentile ospitalità che voleste offrirmi nella vostra capitale, colgo quest'occasione per rinnovarvi l'assicurazione dell'alta stima, e dell'inviolabile amicizia con cui sono, mio signor Fratello,

Di V. Maestà

Il buon Fratello

Guglielmo.

Stoccarda, il 16 novembre 1863.

Lettera scritta a Napoleone III da S. M. Vittorio Emanuele II.

Mio Signor Fratello,

La lettera che Vostra Maestà Imperiale mi ha indirizzata è inspirata da un pensiero grande e generoso, a cui si associeranno coloro i quali comprendono le tendenze dell'epoca nostra. Una lotta permanente si è stabilita in una gran parte dell'Europa tra la coscienza pubblica e lo stato delle cose creato dai trattati del 18)5. Quindi un malessere, il quale non farà che aumentare, finché l'ordine europeo non sarà costituito sulla base dei principii di nazionalità e di libertà che sono la vita stessa dei popoli moderni. A fronte di questa situazione minacciosa per il progresso dell'incivilimento e della pace del mondo V. M. Imperiale si è fatta l'interprete d'un sentimento generale proponendo di riunire un Congresso, il cui compito deve essere di stabilire un accordo durevole tra i diritti dei Sovrani e le giuste aspirazioni dei popoli.

- 302 -

Aderisco con piacere alla proposta di V. M. Imperiale. Il mio concorso e quello del mio popolo sono assicurati alla effettuazione di questo progetto, che noterà un gran progresso nell'istoria dell'umanità. Non sì tosto la riunione delle conferenze internazionali avrà luogo, mi farò premura di pigliarvi parte sia in persona, sia facendomivi rappresentare. L'Italia apporterà nel Congresso lo spirito più sincero d'equità e di moderazione. Essa è convinta che la giustizia ed il rispetto dei diritti legittimi sono i veri fondamenti, sui quali si può consolidare ua nuovo equilibrio europeo. Il mio più vivo desiderio 6 che l'opera di saviezza ediconcordia, di cui V. M. Imperiale ha pigliato l'iniziativa, pervenga a rimuovere i pericoli di guerra, ed a stringere maggiormente i vincoli che devono esistere tra le nazioni. Colgo quest'occazione di rinnovarvi le assicurazioni dell'inviolabile amicizia e dell'alta considerazione con cui sono mio signor Fratello, Pi V, M. Imperiale,

II buon Fratello

Vittorio Emanuele.

Torino, 22 novembre 1863.

Risposta del Re d'Olanda a Napoleone III.

Mio signor Fratello,

L'invito non meno cordiale che grazioso che V. M. mi ha indirizzato colla sua lettera del 4 novembre, ha per iscopo di riunire le Potenze dell'Europa ad un Congresso affine di deliberare, senza sistema prestabilito, intorno ai mezzi di consolidare, senza scossa, sopra eque basi, la pace e la tranquillità dell'Europa. Rendo omaggio a questo generoso pensiero di V. M. e sarò felice, associandomi a quest'idea, di contribuire di comune accordo con tutti gli altri Sovrani d'Europa ad effettuare Io scopo sì nobile che V. M. si è proposto di raggiungere. Colgo quest'occasione di rinnovarvi le assicurazioni dell'alta stima, e dell'inviolabile amicizia con cui sono, mio signor Fratello, Di Vostra Maestà,

Il buon Fratello

Guglielmo.

Aia, il 29 novembre 1863.

- 303 -

Risposta del Re del Belgio a Napoleone III.

Mio signor Fratello,

Ho ricevuto la lettera, che mi venne rimessa dalla parte di V. M. Imperiale dal signor barone di Malaret, e non posso ameno di far plauso ai sentimenti che l'hanno dettata. Sarebbe da desiderarsi vivamente di vedere per l'effetto di un accordo pacifico dissiparsi i motivi d'inquietudine che esistono in Europa, e senza voler giudicare, fin d'ora, dei mezzi intorno ai quali si potrebbe convenire coi diversi Stati interessati per raggiungere senza scosse un così nobile scopo, sono lieto di assicurare V. M. Imperiale che il mio governo sarebbe del tutto disposto a concorrervi per quanto da lui dipende. Per ciò che a me spetta in particolare, sarebbe con vera soddisfazione che nel caso previsto da V. M. Imperiale, approfitterei dell'offerta cordiale che ella volle farmi. Colgo quest'occasione per rinnovarvi le assicurazioni dell'alta stima e dell'inviolabile amicizia, con cui sono, mio signor Fratello, Di V. M. Imperiale,

Il buon Fratello

Leopoldo.

Dal Castello di Laeken, 20 novembre 1863.

Lettera del Re d'Annover a Napoleone III.

Mio signor Fratello,

Ho ricevuto con non minor piacere che riconoscenza la lettera che V. M. Impeciale volle indirizzarmi sotto la data del 4 di questo mese. Regolare le questioni esistenti per mezzo d'un accordo generale delle Potenze europee: calmar l'inquietudine rinascente senza posa che mette incaglio o ritardo allo sviluppo della prosperità degli Stati: paralizzare gli sforzi dei partiti sovversivi: assicurare infine la tranquillità dell'Europa rimovendo ogni pericolo di guerra, si è il servizio più segnalato che possa essere reso alla causa della civiltà, è un intrapresa che deve ottenere i suffragi di tutti coloro le cui aspirazioni tendono al bene dell'umanità. V. M. ne ha preso l'iniziativa, proponendo di regolare il presente e di assicurare l'avvenire in un Congresso. Rendo omaggio al pensiero sublime che ha guidato V. M. Imperiale, e la ringrazio sinceramente dell'invito che ella mi ha fatto di associarmi a' suoi generosi progetti. Spero che l'Alemagna, ed in ispecie l'Austria e la Prussia, che in questa questione ha degli interessi dai quali non saprei separare quelli del regno di Annover, si troverà in istato di porgere il suo concorso al compito che V. M. si è imposto, e in tal caso mi farò un vero piacere di cooperare, per quanto mi sarà possibile, al compimento dell'opera che essa ha intrapreso. Intanto la prego di voler gradire le assicurazioni reiterate dell'alta stima e dell'inviolabile amicizia con cui sono, mio signor Fratello,

Di V. M. Imperiale,

II buon Fratello

Giorgio Rex.

Al Castello di Herrenhausen, il 23 novembre 1863.

- 304 -

Lettera del Re di Baviera a Napoleone III

Mio signor Fratello,

Ilo ricevuto la lettera che V. M. Imperiale volle indirizzarmi sotto la data del 4 di questo mese per propormi un Congresso, che si riunirebbe a Parigi, collo scopo di gettar le basi d'una pacificazione dell'Europa. Non posso che non rendere piena giustizia agli alti sensi di cui questa proposizione è improntata. I trattati del 1815, sui quali riposa oggigiorno l'edifizio politico dell'Europa, sono, non lo ignoro, in più d'un punto distrutti di fatto o misconosciuti. Non havvi dunque cèmpito più bello che risparmiare in avvenire le scosse quasi inevitabili di questo stato di cose, regolando, di concerto colle altre Potenze, le quistioni litigiose del presente, a cui le disposizioni di questi trattati non potrebbero più essere applicate. Amo sperare che la proposta di V. M. Imperiale, seguita da rischiarimenti ulteriori in proposito, troverà altresì presso le Potenze direttamente interessate allo scioglimento di queste quistioni l'accoglienza indispensabile per assicurarne il buon effetto. In questa supposizione non esito ad aderire alla proposta di V. M. Imperiale, e mi stimerò fortunato di concorrere all'opera della pacificazione generale pigliando parte alle conferenze future. Colgo quest'occasione per rinnovarvi le assicurazioni dell'alia stima e dell'inviolabile amicizia con cui sono, mio signor Fratello,

Di V. M. Imperiale,

II buon Fratello

MASSIMILIANO.

Roma, 27 novembre 1863.

- 305 -

La Confederazione Germanica a Napoleone III.

Sire,

L'invito ad un Congresso che V. M. diresse ai 4 di novembre ai Principi Sovrani e città libere dell'Alemagna, è considerato dalla Confederazione Germanica come una prova dei sentimenti di amicizia di V. M. e del suo desiderio di assicurare all'Europa i benefizi della pace.

Dovendo pc' suoi trattati fondamentali essere diretta principalmente da idee pacifiche, la Confederazione Germanica non potrebbe ricusare il suo concorso ad un disegno tendente ad assicurare la pace ed ordine dell'Europa.

Pur aderendo francamente all'idea pacifica di V. M. i Principi Sovrani e città libere dell'Alemagna non potrebbero concorrere, con isperanza di successo, al colorimento di quel disegno, se i trattati che stabilirono la Confederazione Germanica e l'edifizio politico dell'Europa non fossero considerati come base delle negoziazioni.

Senza negare che anco i trattati più solennemente consacrati non possono rimanere inalterati in mezzo al corso irresistibile della storia, una politica pacifica non potrebbe sconfessare il principio, che una modificazione o annullamento di un trattato non può farsi senza consenso degl'interessati. Questo principio farà trovare la regola dei doveri, il titolo dei diritti e il freno delle pretensioni che lo sguardo sì giusto e penetrante di V. M. riconobbe necessarii per la tranquillità dell'Europa.

Ammessa questa base di negoziazioni, sarà possibile indicare anticipatamente, col consenso degl'interessati, le quistioni internazionali che il Congresso imprenderà a regolare e dare all'Europa l'assicurazione che, lungi dall'essere fonte di nuove differenze, porrà fine a quelle che esistono.

Secondo queste idee la Confederazione Germanica sarà disposta a tenere l'invito di V. M. ed a prendere parte al Congresso, facendosi rappresentare da un plenipotenziario speciale, che vi si troverà con quelli dei membri della Confederazione Germanica invitati da Vostra Maestà.

I Principi Sovrani e città libere dell'Alemagna nutrono speranza che V. M. vorrà riconoscere che queste franche spiegazioni sono una prova dei loro sentimenti di amicizia, della cura che pongono nell'apprezzare l'atto di V. M. , e del desiderio che quest'atto sia fecondo di felici risultamenti.

Intanto i Principi Sovrani e città libere dell'Alemagna pregano Iddio che abbia V. M. nella sua degna e santa guardia.

La Confederazione Germanica.

Ed a nome di essa:

Il Ministro d'Austria, presidente della Dieta

Barone Di Koreck.

Francoforte sul Meno, 7 dicembre 1863.

- 306 -

Risposta del Re di Portogallo a Napoleone III.

Signor mio Fratello,

La lettera indirizzatami il 4 corrente da V. Imperial Maestà, degna pel suo oggetto delle più serie riflessioni, chiamò naturalmente a sé tutta la mia attenzione. La franchezza del linguaggio di Vostra Maestà Imperiale, circa le difficoltà e i pericoli che tutta l'Europa ha interesse a prevenire, è una prova evidente della brama ch'Ella ha di raffermare i vincoli dell'amicizia che sussistono così felicemente tra i nostri due paesi. Mi reco pertanto a grato debito d'annunziare a Vostra Maestà Imperiale, che io aderisco senza esitazione a questa proposta conciliatrice, e che io mi accosto di tutto cuore ai sentimenti dai quali venne ispirata. I Congressi dopo la guerra sono d'ordinario la consacrazione dei vantaggi del più forte, e i trattati che ne risultano si appoggiano piuttosto a fatti che a diritti, creano le situazioni forzate, che hanno per conseguenza quel malessere generale da cui sono generate le proteste violente e le rimostranze armate. Un Congresso previo alla guerra, con lo scopo di prevenirla, è, a mio avviso, un'idea nobile di progresso. Qualunque ne sia l'esito, U Francia avrà eternamente la gloria di aver gettati i fondamenti di questo nuovo principio si altamente filosofico. Convinto, come io sono, dell'utilità di un Congresso internazionale nelle congiunture presenti, io non ometterò d'inviare i miei rappresentanti e di far dare loro le istruzioni necessarie. Riguardo alla mia persona, sensibilissimo all'offerta cortese e graziosa della Vostra Maestà Imperiale, io mi compiaccio di assicurarla, che se le circostanze me lo permetteranno, l'accetterò con la più grande soddisfazione. Frattanto prego V. M. Imperiale di gradire i sentimenti dell'alta stima e dell'inalterabile amicizia, coi quali io sono, signor mio Fratello, Di V. M. Imperiale,

II buon Fratello

Luigi.

Dal palazzo d'Ajuda, il 18 novembre 1863.

DUCA DI LOULÈ.

Risposta del 3. Padre Pio IX a Napoleone III.

Vivamente desideravamo di conoscere il testo della risposta data da Pio IX all'invito fattogli da Napoleone III d'intervenire al Congresso di Parigi, e il sunto di questa risposta giuntoci col Mémorial diplomatique, non la che crescere sempre più il nostro desiderio. Pio IX è sempre grande, sempre buono, e in tutti i suoi atti comparisce sempre il Re della pace, l'angiolo della bontà, il Vicario di Gesù Cristo.

«La lettera del Sovrano Pontefice è scritta in italiano, ed è datata dal palazzo apostolico del Vaticano il 20 novembre 1863.

- 307 -

«II Santo Padre comincia col rendere omaggio alla nobile impresa dell'Imperatore dei Francesi, che invita tutti i monarchi ad unirsi ad esso onde fondare senza scossa un sistema atto a portare in Europa, e a Dio piaccia! anche in altre contrade la pacificazione degli spiriti, il ristabilimento dell'ordine e la consolidazione della pace. Questo pensiero, che sì altamente onora Sua Maestà, è colla protezione del ciclo destinato a produrre i più felici risultati. Gli è perciò che Sua Santità mostra la più viva sollecitudine ad associarvisi dal canto suo, e promette al Congresso tutto il suo concorso morale onde prevalgano a vantaggio di una società scossa dalle sue fondamenta i principii della giustizia ed il rispetto dei diritti violati, e allo scopo di rivendicare, nei paesi cattolici specialmente, la posizione preminente che appartiene alla religione cattolica, la sola vera.

« Il Vicario di Cristo non saprebbe, senza mancare ai doveri della sublime di lui missione, non alzare la voce anche in mezzo ad un Congresso politico per sostenere la grande verità che la fede cattolica, unita alla pratica, è il più efficace mezzo onde riuscire a moralizzare i popoli. Ad esso sopra tutti è devoluta la missione di difendere con tutta la possibile energia i diritti dell'augusta nostra religione.

«Nel rivendicare gli altrui diritti che furono violati, il Papa è principalmente guidato dalla coscienza del proprio dovere che gliene impone la direzione. Quanto ai diritti della Santa Sede, oltre ai titoli sovra i quali si appoggia, Sua Santità ha ricevuto sì numerose assicurazioni, tanti pegni di interesse e di protezione da parte di un sovrano sì elevato e potente, qual è l'Imperatore dei Francesi, ch'essa temerebbe che il solo dubbio sulla sincerità delle sue spontanee proteste potesse recargli offesa.

«Nell'applaudire al materiale progresso dell'epoca nostra, e sempre nel desiderio che i popoli sieno posti in condizioni tali da fruire pacificamente dei vantaggi provenienti da esso, il Santo Padre non potrebbe dire altrettanto per ciò che riflette certe aspirazioni dalle quali i popoli sono travagliati, e che sono inconciliabili coi principii più sopra indicati.

«II Papa termina coll'esternare la fiducia che l'Imperatore dei Francesi, colla sua solita perspicacia, vorrà riconoscere nella franchezza di questo linguaggio il carattere di lealtà, della quale devono essere improntati tutti gli atti della Santa Sede, come pure un attestato dei sentimenti di quell'alta stima che obbligano il Capo della Chiesa a parlargli apertamente d'una materia di si grande importanza.

«Il Santo Padre termina coll'accordare la sua apostolica Benedizione all'Imperatore, all'augusta di Lui Sposa ed al Principe imperiale».

- 308 -

Risposta della Svizzera a Napoleone III.

Leviamo dal giornale il Bund del 5 dicembre 1863 la seguente Risposta del Consiglio Federale Svizzero all'Imperatore Napoleone III.

Sire!

Noi prendemmo cognizione con vivo interesse della lettera, con cui V. M. invita la Confederazione Svizzera, del pari che i Sovrani ed i Governi di altri Stati, ad un grande Congresso internazionale.

V. M. invita a prendere in considerazione le condizioni di diversi paesi, ed addita i pericoli che minacciano la pace generale e ch'ella ravvisa in ogni parte. Ella propone di dare assetto al presente, e sicurezza all'avvenire, prima che avvenimenti irresistibili non trascinino in opposte vie.

La Confederazione Svizzera, a cui la natura non meno che la storia e i trattati assegnarono una posizione neutrale nel mezzo dell'Europa, sa pregiare tutti i beneficii della pace. Essa conosce l'inestimabile valore di una libera e reciproca consacrazione dei diritti e dei doveri di ciascuno, vero fondamento di un accordo sincero e cordiale fra le nazioni. Noi non possiamo pertanto se non accettare con gioia l'apertura che V. M. si degnò di farci. "

1 trattati esistenti proclamano l'inviolabilità, la neutralità e l'indipendenza del nostro territorio. Le disposizioni che ad esse si riferiscono non subirono alcuna offesa, ed il popolo svizzero fece valere le guarentigie a lui assicurate, osservando coscienziosamente i suoi obblighi internazionali ed anche a costo dei più grandi sacrificii. Queste guarentigie sono pure nel vero interesse dell'Europa, e le alte potenze non possono far a meno di riconoscere oggidì, come finora, la loro durata e la necessità.

Pronti a prendere parte, in nome della Confederazione Svizzera, alle solenni deliberazioni annunciate, ci facciamo dovere di esprimere alla M. V. la nostra riconoscenza per il suo appello leale, e la speranza che Ella ci abbia a porgere il suo efficace appoggio nelle quistioni concernenti il nostro paese.

Siamo felici che V. M. ci abbia procurata l'occasione di poter difendere noi stessi i nostri diritti e i nostri interessi in seno al convegno internazionale.

Noi desideriamo che il convegno dei Sovrani e Governi d'Europa possa raggiungere lo scopo che V. M. si propose, e che le questioni che occupano e commuovono gli animi, possano trovare una soluzione tale da rispondere alle legittime aspirazioni dei popoli.

Cogliendo con piacere quest'occasione per rinnovare a V. M. Imperiale l'asseveranza del suo alto ossequio, il Consiglio federale prega Dio a voler prendere nella sua eccelsa e santa guardia V. M. e la sua augusta famiglia. Berna, 23 novembre 1863.

(Seguono le firme)

- 309 -

Risposta dell'Imperatore d'Austria a Napoleone III.

Per facilitare al Gabinetto di Parigi il compito di darci bramati schiarimenti, il Conte Rechberg accompagnò la lettera dell'Imperatore con un suo dispaccio al Principe Metternich, in cui dichiarò: 4° Che un accordo sopra i mezzi da impiegarsi è condizione preliminare indispensabile d'ogni deliberazione, che abbia un carattere generale; 2° Che si vuoi sapere in che senso Napoleone IH affermò non esistere più i Trattati di Vienna; poiché se essi furono o modi6cati in alcune o violati in altre parti, o aboliti in qualche disposizione particolare dal consenso delle Potenze, appunto come avvenne per ciò «che contenevano di umiliante verso la persona dell'Imperatore Napoleone»; tuttavia essi debbono considerarsi come sempre esistenti K ed è certo che sono ancora in Europa il fondamento del pubblico diritto»; 3° Che, se il Governo di Parigi vorrà indicare quali siano le parti di cedesti Trattati o difettose o insufficienti, ed il modo con cui esso crede che debbano cangiarsi, con sicuro vantaggio, tali proposte saranno accolte con tutto il desiderio di facilitare un accordo; 4° Che il malessere lamentato dell'Europa, tuttoché grave, non è che parziale; e perciò deesi por mente che il rimedio non debba riuscir più grave del male, se s'imprende il trasforma mento radicale dell'ordine presente di cose; 5° Che non regge la parità col trattato di Westfalia, fatto dopo trentanni di guerra, mentre ora si tratta solo di conservar la pace; 6° Laonde, perché questa radunanza, a cui sono invitati i Sovrani « possa avere effetto con lealtà e recare i suoi frutti, è essenziale che il Governo francese definisca le sue intenzioni con maggior precisione. Per dare ad un Congresso i| nostro sincero concorso, dobbiamo conoscere quale sarà il programma esatto delle sue deliberazioni, ed essere assicurati, che questo programma adempia a tutte le condizioni richieste, per preparare l'elaborazione di un'opera di pace e di conciliazione. Ricevete ecc. ecc.

Rechberg».

Corrispondenza fra i Gabinetti di Parigi di Londra

sopra il Congresso.

La risposta del gabinetto inglese alla proposta di un Congresso fatta ncf cominciata con domanda di schiarimenti, finì con un rifililo esplicito e quasi sprezzante, poiché fondato sopra discorsi che riescono a qualificare il proposto Congresso come un'utopia inutile e pericolosa. Spedita l'ultima decisione a Parigi, senza aspettar altro, il Governo britannico la fece dr pubblica ragione nella Gazzetta di Londra, costringendo così il Moniteur di Parigi a far altrettanto, ed a ristampare tutta la corrispondenza passata fra i due Gabinetti ed i loro rispettivi rappresentanti. Chi fosse vago di leggere per disteso questi cinque documenti, li può trovare agevolmente in quasi tutti i giornali, come nel Debats del 30 novembre. A noi pare che basti il darne qui una succinta analisi, ed i brani più rilevanti.

- 310 -

Il primo documento è la lettera stessa dell'Imperatore alla regina Vittoria, identica con la già pubblicata e diretta alla Confederazione Germanica. li secondo è un breve dispaccio di lord Russell a lord Cowley, ambasciatore a Parigi, con cui agli Il di novembre gli annunzia che quanto prima gli si farà sapere ciò che i Consiglieri della Corona avranno determinato, circa la proposta di Napoleone III, tolta già ad accurata disamina. Il terzo documento è un altro dispaccio del Russell, scritto alii \ 2 novembre; in cui il nobile Lord, dopo un asciutto complimento, passa a disaminare le ragioni addotte da Napoleone Il1; il quale invocava gli esempi della storia pel riordinamento degli Stati dopo rivolture più o meno vaste, appellava al trattato di Westfalia, e rappresentava già sbrandellati quelli del 1815. E qui son da recare a verbo le parole, con cui sopra ciò ragiona il Ministro britannico.

«Quasi mezzo secolo è passato dacchè furono sottoscritti i trattati del 1815. quell'opera fu un poco affrettata dalla necessità di dare, dopo tanti rivolgimenti, riposo all'Europa. Ciononostante, le mutazioni avvenute dopo questo periodo di 50 anni non sono state maggiori di quello che si sarebbe potuto aspettare dal lasso del tempo, dal progresso dell'opinione pubblica, dall'arte politica dei Governi e dai nuovi bisogni delle nazioni. Se prendiamo, per esempio, il mezzo secolo scorso dalla pace di Westfalia al 1700, o dalla pace di Utrecht al 1763, troveremo avvenuti in quei periodi cambiamenti rilevanti, quanto in quello scorso fra il 1815 e il 1863.

«Tuttavolta, non si ritenne necessario, nelle epoche mentovate, di procedere ad una revisione generale, sia del trattato di Westfalia, sia di quello di Utrecht. Il Governo di S. M. è convinto, che le disposizioni principali del trattato del 1815 sono in pieno vigore; che la maggior parte di esse non hanno ricevuto nessun cambiamento, e che su quello basi riposa l'equilibrio politico d'Europa. Però se, invece di dire che il trattato di Vienna ha cessato di esistere o che è distrutto, noi dimandiamo se ne sono state modificate, non osservate, o minacciate alcuni parti: allora si presentano altre questioni. Alcune delle modificazioni avvenute sono state sanzionate da tutte le grandi Potenze e formano adesso parte del diritto pubblico d'Europa. Si propone forse di dare a quei cambiamenti una sanzione pili generale e più solenne? È necessaria una tale opera? Contribuirà essa alla pace d'Europa?

«Altre parti del trattato di Vienna sono state non osservate, o furono poste da banda, ed i cambiamenti così avvenuti de facto non sono stati riconosciuti de iure da tutte le Potenze d'Europa. Si vuoi forse ottenere dalle Potenze, che non li hanno per anco riconosciuti, una sanzione di questi cambiamenti? Infine, occorrono quelle parti del trattato di Vienna che sono minacciate, e su queste sorgono le questioni più importanti. Quali proposte vuoi fare su questo oggetto l'imperatore Napoleone? a che tenderanno esse? e soprattutto, se saranno approvate dalla maggioranza dulie Potenze, saranno fatte eseguire colle armi? Allorché i Sovrani o i Ministri d'Austria, Francia, Prussia, Russia o Inghilterra convennero a Verona nel 1823 per trattare degli all'ari di Spagna, le prime quattro Potenze attuarono le loro deliberazioni, colla forza armata, malgrado la protesta della Gran Brettagna.

- 311 -

Si dovrà nel presente Congresso seguire quest'esempio in caso di discordia? Su tutti questi punti il Governo di S. M. desidera ottenere spiegazioni soddisfacenti, prima di poter deliberare sulla proposta fatta dall'Imperatore.

«II Governo di S. M. sarebbe pronto a discutere colla Francia e con altre Potenze, per corrispondenza diplomatica, qualsiasi speciale questione su cui possa ottenersi una soluzione e stabilire così su basi più sicure la pace europea. Ma gli ispirerebbe più timore che fiducia il radunarsi di un Congresso di Sovrani e di Ministri, senza scopo determinato, vagando per la carta d'Europa, e sollevando speranze e desiderii che essi stessi non potrebbero né soddisfare, né acquietare. Il Governo di S. M. non ha ragione di dubitare che l'imperatore Napoleone porterebbe in seno a questa assemblea uno spirito di moderazione e di giustizia. Confida che egli intenda assicurare la pace d'Europa. Perciò il dubbio concerne soltanto i mezzi con cui devcsi raggiungere quello scopo. Voi leggerete e darete copia di questo dispaccio al sig. Drouyn de Lhuys. Sono ecc. Firmato Russell».

Ricevuta comunicazione di questo dispaccio, il signor Drouyn de Lhuys si affrettò di chiedere dall'Imperatore i lumi necessarii; poi, con dispaccio del 23 novembre al marchese di Cadere, rappresentante francese a Londra, spedì colà una risposta piuttosto. diffusa. Con essa egli dichiara che non si vuole dall'Imperatore fare ne l'apologia, né la critica dei trattati di Vienna; ma elio non è men vero essere questi 1" in parte distrutti da l'atti già riconosciuti dalle Potenze; 2° in parte intaccati da altri fatti, riconosciuti da alcune e disconosciuti da altre Potenze; 3° infine minacciali, nella parte vigente, per più rispetti. Quanto alla prima categoria, ne inferisce che quel riconoscimento fosse effetto di forza irresistibile; ed appella al giudizio della stessa Inghilterra, che promosse ed approvò que' fatti. Quanto alla seconda, torna a ribadire la necessità d'intendersela amichevolmente per impedire che l'Europa si divida in due campi nemici. Quanto alla terza, mostra quanto fosse generoso l'Imperatore, che nulla non avendo a paventare per se medesimo o per la Francia, pure, mosso dall'amore dei popoli e della pace, si studiava di veder composte le coso con generale appagamento dei voti comuni. Venendo poscia a particolareggiare, come chiedeva il Russell, alcun che delle questioni più urgenti a risolvere, premette che l'Imperatore «siccome il più giovine de' Sovrani avea creduto di non dover pigliarsi le parli di arbitro, e prefiggere agli altri lo scopo e la materia del Congresso»; e perciò avea taciuto di ciò. «Ma per altra parie è forse difficile di scorgere ed enumerare quali siano le questioni, che, non risolute, possono mandar sossopra l'Europa?» E qui son da recare le parole del Drouyn de Lhuys.

«Una deplorabile lotta insanguina la Polonia, agita gli Stati vicini, e minaccia il mondo dei più terribili disastri. Tre Potenze, nello scopo di porvi un termine, invocano invano i trattati di Vienna, che forniscono alle due parti argomenti contraddittorii. Deve questa lotta durare eternamente?

«Pretensioni, opposte le une allo altre, trascinano a condititi la Danimarca e la Germania. Il mantenimento della pace nel Nord dipende da un incidente. I Gabinetti, pei loro negoziati, hanno già preso parte nella disputa. Sono ora divenuti a ciò indifferenti?

- 312 -

«L'anarchia dovrà essa continuare nel basso Danubio, ed aver facoltà di riaprire, ad ogni momento, una sanguinosa arena pel dibattimento della questione d'Oriente?

«L'Austria e l'Italia resteranno esse a fronte l'una dell'altra in atteggiamento ostile, sempre pronte a romper la tregua che impedisce alla loro animosità di scoppiare?

«L'occupazione di Roma delle truppe francesi dovrà essa venire indefinitamente prolungata?

«Per ultimo, rinunzieremo noi, senza nuovi tentativi per una conciliazione, alla speranza di alleggerire il gravame imposto alle nazioni dagli armamenti sproporzionati, richiesti da una mutua diffidenza?

«Queste, o signore, al parer nostro, sono le principali questioni che le Potenze giudicherebbero, non v'ha dubbio, utili ad esaminarsi e decidersi.

«Lord Russell non attende certo, che noi abbiamo qui a specificare il modo di soluzione applicabile a ognuno di questi problemi, né qual sanzione potrà venir data loro dalle decisioni del Congresso. Il diritto di pronunziarsi su questi varii punti apparterrà alle Potenze rappresentate al Congresso. Aggiungeremo solo, che ai nostri occhi sarebbe illusorio il cercare di venire alla loro soluzione pel labirinto delle corrispondenze diplomatiche e per negoziati separati, e che il modo ora pro|K>sto, lungi dal finire in una guerra, è il solo che possa condurre ad una pacificazione durevole».

Il Gabinetto inglese avea già preveduto certamente tutto questo discorso del francese. Difatto non più che due giorni dopo, cioè alli 25 novembre, lord Russell tornò a scrivere all'ambasciatore Cowlcy a Parigi un prolisso ma limpido dispaccio; nel quale, riepilogate le precedenti pratiche e dichiarazioni di amendue le parti e riferite le questioni indicate come da doversi trattare, stendesi a dimostrare che il Congresso non verrebbe a capo di nulla, anzi aggraverebbe le condizioni presenti, e condurrebbe od all'umiliazione od alla guerra. Il tono di tal risposta, la maniera con cui si qualificano i disegni di Napoleone III, e la conclusione del rifiuto, ci paiono tali da meritare l'attenzione de' nostri lettori. Ecco le parole del Russell:

«Queste, non v'ha dubbio, sono le principali questioni che disturbano o minacciano la pace d'Europa; ma havvi un'altra questione, che il Governo di S. M. considera essere al fondo di tutto questo negozio, ed è la seguente: Vi ha probabilità che un Congresso generale degli Stati d'Europa risolva in senso pacifico le varie materie in disputa? Questa davvero è la questione, che i Governi dei diversi Stati sono in dovere di considerare seriamente e con grande attenzione.

«Sembra al Governo di S. M. , che vi sia una considerazione principale, che debba guidarli nelle loro conclusioni. Dopo la guerra che desolò la Germania dal 1619 al 1649, e dopo le successive guerre, che afflissero il continente d'Europa dal 1793 al 1845, era possibile di distribuire territorii e definire diritti por mezzo d'un Congresso, perché le nazioni di Europa erano stanche di stragi ed esauste dalle gravezze della guerra, e perché le Potenze, che si riunirono in Congresso, avevano per le circostanze del momento, i mezzi di mandare ad effetto le loro decisioni ed i loro accomodamenti. Ma nelle congiunture presenti, dopo una pace di lunga durata, nessun potere è disposto di cedere alcuna parte di territorio su cui ha un titolo, secondo i trattati, o un diritto di possessione.

- 313 -

« Per esempio, fra le questioni nominate come quelle che disturbano o minacciano la pace d'Europa, due delle più importanti sono quelle di Polonia e d'Italia. Esaminiamo lo slato presente di queste due questiqni, e vediamo se sia probabile, che un Congresso potesse venire ad una risoluzione pacifica delle medesime. In primo luogo, quanto alla Polonia, la questione non è nuova per l'Austria, la Francia e l'Inghilterra. Per più mesi queste Potenze, mentre si astenevano con molta cura da ogni minaccia, hanno tentato di ottenere dalla Russia, per mezzo di rappresentazioni amichevoli, l'acccttazione di misure concilianti: ma non sono riuscite che ad ottenere promesse soventi ripetute, che quando l'insurrezione sarà doma, si avrà ricorso alla clemenza ed alla conciliazione. Sarebbe egli di alcun vantaggio il ripetere, in nome del Congresso, rappresentanze fatte già con tanto picciolo effetto? È egli probabile che un Congresso sarebbe atto ad ottenere per la Polonia migliori condizioni senza l'impiego di forze combinate? La militare preponderanza e la terribile severità russa hanno fatto già grandi progressi, quanto al sottomettere i sollevati. È egli probabile che la Russia voglia concedere, nell'orgoglio della sua forza, quello che rifiutò ne' primi giorni del suo scoraggimento? Creerebbe essa una Polonia indipendente per la mera richiesta del Congresso? Ma se non lo vuole la prospettiva diviene o di umiliazione per l'Europa, o di guerra contro la Russia; e quelle Potenze che non sono preparate ad incorrere le spese ed i rischi d'una guerra, possono desiderare d'evitare l'altra alternativa.

«Si può dire però con verità che il presente periodo è un periodo di transazione. Se la sollevazione sarà domata, si vedrà allora se verranno adempite le promesse fatte dall'Imperatore di Russia. Se la sollevazione non venisse spenta, o se, onde spegnerla, il popolo di Polonia venisse trattato con nuovi e (se è possibile) maggiori rigori, sorgeranno nuove questioni, che richiederanno ulteriori considerazioni, ma che potrebbero difficilmente essere risolute da una numerosa assemblea di rappresentanti delle Potenze europee. E per verità è da temersi che tali questioni, che sorgono di dì in dì, colorate da mutevoli eventi del momento, darebbero occasione piuttosto a vaghi dibattimenti che a pratiche e ad utili deliberazioni in un Congresso di 20 o 30 rappresentanti, i quali non riconoscerebbero nessuna su prema autori là, e non sarebbero guidati da nessuna regoli, forse, di procedura.

«Passando alla questione d'Italia, sorgono nuove difficoltà. In primo luogo s'intende mai di sanzionare con nuovi trattati lo stato presente delle possessioni in Italia? Il Papa ed i Sovrani parenti dei principi detronizzati, possono da un lato rifiutarsi di consentire un titolo che fin qui hanno rifiutato al Re d'Italia; e dall'altro lato il Re d'Italia farebbe opposizione ad un accomodamento, che sembrerebbe escluderlo, almeno per induzione, dell'acquistare Roma e la' Venezia. Ma si ha mai l'intenzione di chiedere all'Austria in un Congresso, di rinunziare alla possessione di Venezia? Il Governo di S. M. ha fondate ragioni di credere che in un Congresso, ove si avesse a discutere una simile proposizione, non assisterebbe certo il rappresentante dell'Austria. Il Governo di S. M. è informato che, se una tale intenzione venisse anticipatamente annunziata, il Ministro austriaco lascerebbe l'assemblea. Anche qui adunque le deliberazioni del Congresso verrebbero a fronte dell'alternativa di nullità o di guerra.

- 314 -

Ma è egli possibile di riunire un Congresso e chiamarvi un rappresentante d'Italia, senza discutere la questione di Venezia? L'Imperatore de' Francesi sarebbe il primo a sentire e ad ammettere che cotesta è una cosa inammissibile.

«Riguardo alla Germania ed alla Danimarca, è vero che parecchie Potenze d'Europa si sono interposte nella questione, ma l'addizione della Spagna, del Portogallo, dell'Italia e della Turchia nelle deliberazioni, vorrebbero difficilmente rendere più probabile una soluzione soddisfacente. E se riguardo alla Polonia ed all'Italia non possono in ogni probabilità aspettarsi benefici risultati, è egli espediente di riunire un Congresso di tutti gli Stati d'Europa per trovare un rimedio all'anarchia dei Moldo-valacchi?

«Se tutte queste questioni, quelle di Polonia, d'Italia, di Danimarca e delle provincie danubiane, dovessero essere decise dalla semplice espressione d'opinione, i disegni del Governo di S. M. si troverebbero forse non differire materialmente da quelli dell'Imperatore de' Francesi. Ma se la semplice espressione d'opinione e di desiderii non può compiere un risultato positivo, parò certo che le deliberazioni del Congresso consisterebbero in domande e pretensioni avversate dagli uni e rifiutate dagli altri; e non essendovi in una simile assemblea una suprema autorità per dar forza alle decisioni della maggioranza, il Congresso si separerebbe forse, lasciando molti de' suoi membri in maggior disaccordo fra loro, che non lo erano quando si riunirono. Ma se questo avesse ad essere il risultato probabile, ne conseguita non essere probabile che il Congresso proposto possa produrre disarmamento. Il signor Drouyn de Lhuivs cita una proposta fatta dal conte di Clarendon in una delle ultime adunanze del Congresso di Parigi; ma il Governo di S. M. pensa che questa proposta si riferiva a dispute insorte fra due Potenze che dovevano essere sottomesse ai buoni oflìcii d'una Potenza amica, ma non certo alla riunione di un Congresso generale.

«Non potendo pertanto vedere la probabilità di quelle benefiche conseguenze, che l'Imperatore dei Francesi si prometteva nel proporre un Congresso, il Governo di Sua Maestà, seguendo le sue forti convinzioni, dopo matura deliberazione, non può accettare l'invito di Sua Maestà Imperiale. Siete incaricato di dare copia di questo dispaccio al signor Drouyn de Lhuys. Sono ecc.

Russel L».

Non sappiamo se questo rifiuto sì secco e perentorio giungesse impreveduto a Parigi; sibbene è certo che vi destò ira grande. Ancor prima che fossero pubblicati codesti documenti, il Constitutionnel del 28 novembre dovette saperne il contenuto, poscia che egli si scatenò furioso contro la perfida Albione, per istrazio disse che a Londra si sosteneva la dottrina del non possumus come a Roma.

- 315 -

NUOVA LEGGE CONTRO I CONVENTI

E L'ASSE ECCLESIASTICO

(Pubblicato il \", 2, e 3 febbraio 1866).

Non si sa di chi sia la nuova logge per la «Soppressione delle corporazioni religiose e di altri enti morali ecclesiastici e conversione ed ordinamento dell'asse ecclesiastico», distribuita il 29 di gennaio 18G6 ai deputati. In fronte vi leggi che il progetto fu presentato «dal ministro di grazia e giustizia (Cortese) di concerto col ministro delle finanze (Sello) nella tornata del 13 dicembre 1865°. Ma segue poi una lunga relazione di 74 pagine, relazione non sottoscritta da nessun ministro nù vecchio né nuovo. E vi sono tanti spropositi e tante bestemmie, che ben si capisce come nessuno osasse sottoscrivere quelle pagine. L'anonimo ministro dice bugiardamente che il volo quasi unanime del paese vuole la soppressione degli ordini religiosi, ed invita empiamente i deputati a recidere i vieti legami, a sgombrare dalla Chiesa lutto quello che vi ha di mondano, a purificarla. Chi è l'empio che vuole purificare la Chiesa cattolica? È De Falco, è Cortese, è Sella? Non si sa. Questo sappiamo e diciamo, che non la «Chiesa, ma l'Italia, ma il Ministero dovrebbero purificarsi , e speriamo che per intercessione della Vergine Maria, di cui gli Italiani celebrano con tanto fervore la novena della Purificazione, la patria nostra verrà ben presto purificata! Frattanto, non potendo lungamente stenderci in osservazioni, pubblichiamo il sacrilego progetto di legge. Eccolo:

CAPO I. - Delle soppressioni.

Art. 1. Non sono più riconosciuti nello Stato gli ordini, le corporazioni e le congregazioni religiose regolari e secolari, ed i conservatorii o ritiri, i quali importino vita comune ed abbiano carattere ecclesiastico.

Le case e gli stabilimenti ecclesiastici appartenenti agli ordini, alle corporazioni, alle congregazioni ed ai conservatorii o ritiri anzidetti sono soppressi.

Art. 2. 1 membri delle corporazioni e congregazioni abolite in forza della presente legge, di quella del 29 maggio 1855 e dei decreti Il dicembre 1860 e 17 febbraio 1861 acquistano il pieno esercizio dei diritti civili e politici dal giorno della pubblicazione di questa legge.

Art. 3. Ai religiosi ed alle religiose che avessero fatto regolare professione nello Staio prima del 18 gennaio 1864 e che, alla pubblicazione di questa legge, appartengano a case religiose esistenti nel Regno, è concesso un annuo assegnamento:

- 316 -

1° Pei religiosi sacerdoti e per le religiose coriste di ordini possidenti, di

Lire 600 dall'età di 60 anni in su,

Lire 480 se abbiano da 40 a 60 anni,

Lire 360 se abbiano meno di 40 anni;

2° Pei religiosi sacerdoti e per le religiose coriste di ordini mendicanti, di lire 250;

3° Per i laici o converse di ordini possidenti, di lire 240 qualunque sia l'età;

4° Per i laici o converse di ordini mendicanti, di

Lire 144 dall'età di 60 anni in su,

Lire 96 se abbiano meno di 60 anni.

Ai terziari ed alle terziarie, addetti da un decennio ad un convento di ordine possidente, che abbiano raggiunto l'età d'anni 50, è concesso un annuo assegnamento nella misura stabilita al precedente numero 4.

Art. 4. Coloro che, all'epoca dell'attuazione di questa legge, giustificassero di essere colpiti da grave ed incurabile infermità che impedisca loro ogni occupazione, avranno diritto al massimo della pensione stabilita a seconda delle distinzioni fatte nel precedente articolo.

Essi alla scadenza della prima rata di pensione di ciascun anno saranno tenuti a giustificare la causa che diede luogo al massimo dell'assegnamento.

Art. 5. Alle monache, le quali all'epoca della loro professione religiosa avessero portato una dote al monastero, è concesso di scegliere tra l'assegno anzidetto od una pensione vitalizia reg

- 345 -

INDICE GENERALE

DELLE

MEMORIE PER LA STORIA DE' NOSTRI TEMPI

A

Abboccamento Ira Garibaldi e Mazzini, vol. VI, p. 33.

Abbruciamelo del gran libro del debito pubblico, vol. IV, p. 202.

Accademia francese: L'accademia francese è la causa di Pio IX, vol. V, p. 560.

Adorazioni e burle di Erode al Vicario di G. C. , vol. III, p. 3 i i.

Adulazione (l') ai Principi e l'indipendenza del Clero, vol. li, p. 266.

Agitazione politica in Francia, vol. III, p. 3<Ì3.

Agricoltura negli Stati Pontifìcii e impudenza della Gazzetta Piemontese, vol. I, p. 137.

- Eccellenza dell'agricoltura dei Trappiti, vol. li, p. 371.

Allocuzione del SS. N. S. per divina Provvidenza Pio Papa IX tenuta nel Concistoro segreto del 28 settembre 1860, vol. IV, p. 321.

Almira : li vescovo monsignor Carli condannato e la libertà della Chiesa, vol. V, p. 157.

Alternative dialettiche della politica francese, vol. IH, p. 339.

Ancona: La resa d'Ancona e la guerra contro il Papa, v. IV, p. 317. - La resa d'Ancona e i giornali, vol. IV, p. 319. - Storia del Bombardamento d'Ancona, vol. IV, p. 320.

Annessione della Toscana al Piemonte, vol. IV, p. 155. - Annessione della Sicilia al Piemonte, vol. IV, p. 222.

Annessioni e sconnessioni, v. IV, p. 121. - La ciarlatanocrazia delle annessioni, v. IV, p. 206.

Annunciata: Ordine della SS. Annunziata. Breve notizia dedicata ai due nuovi cavalieri barone Ricasoli e dottore Farini, vol. IV, p. 158.

Antonelli (Cardinale). Sua Nota al governo francese, vol. IV, p. 31. - Sua Nota contro il plebiscito negli Stati Pontifìcii, vol. IV, pag. 310.

Apologisti: Gli apologisti involontarii di Pio IX, vol. IV, p. 3il.

Apoteosi: Apoteosi di Milano il regicida, vol. I, p. 222. - Di Felice Orsini, vol. II, p. 101.

- Di Robespierre in Londra, vol. Il, p. 127. - L'apoteosi e la gogna di Garibaldi, vol. IV, p. 43.

Appello ab abusu, rimedio economico, vol. I, p. 95. - Appello alla rivolta dei plenipotenziarii piemontesi al Congresso di Parigi, vol. I, p. 80.

Appendice sulle Diocesi napoletane, vol. V, p. 200.

Approvazione del prestito dei 750 milioni, vol. V, p. 56.

Appunti al discorso di Napoleone III, vol. VI, p. 261.

Appunti sul brigantaggio di Giuseppe Massari, vol. VI. p. 196.

Arazzi dell'armonia nell'arrivo della Czarina vedova, vol. II, p. 68.

Armi: Il nuovo proministro delle armi nello Stato pontificio, Vol. VI, p. 172.

Arresti in massa di vescovi e preti clic non vollero cantare, vol. IV, p. 184.

Arresto del Cardinale arcivescovo di Pisa, vol. IV, p. 161.

- 346 -

Arringa di Garibaldi in Marianopoli, vol. VI, p. 40.

Articoli organici del Concordato conchiuso da Napoleone I con Pio VII, vol. II, p. 259.

Assassinio di monsignor Sibour arcivescovo di Parigi, vol. I, p. 206. - Particolari su detto assassinio, vol. I, p. 208. - Condanna dell'assassino, vol. I, p. 211.

Attentati: Primi attentati di Napoleone III contro il re di Napoli, voi I, p. 160. - Attentati in Sicilia. vol. I, p. 172. - Attentato contro il re di Napoli, vol. I, p. 175.

Austria: L'Austria in Italia e l'avv. Ferdinando Dal Pozzo, vol. 1, p. 110. - II Piemonte e l'Austria. Nota del conte Di Buoi ministro degli affari esteri d'Austria al conte Paar incaricato d'affari d'Austria in Torino, vol. I, p. 3. - Nota del conte di Cavour ministro degli affari esteri di Sardegna al marchese Cantono incaricato d'affari di Sardegna a Vienna, vol. II, p. 5. - La storia della pace nel 1859, vol. II, p. 10. - Austria e Piemonte, vol. II, p. 28. - Protesta dell'Austria contro le annessioni vol. IV, p. 78.

Autobiografia di Felice Orsini, vol. li, p. 89.

Autonomia dell'Italia (programma dell') vol. III. p. 273.

Avellino: II Vescovo d'Avellino in Torino, vol. V, p. 203. - Sua protesta al consigliere degli affari ecclesiastici in Napoli, vol. V, p. 205.

Bandiera: Dispute nel 1857 sul colore della bandiera piemontese, vol. II, p. 18. - Basilica dell'Immacolata in Ispagna, vol. II, p. 362.

Bastogi: Biografia dell'ex-ministro Bastogi, vol. V, p. t37. - Pietro Bastogi sul Campidoglio, vol. V, p. 238.

B

Battaglie e fatti d'armi, voi, V, p. 373.

Beatitudini (le dieci) del Piemonte, vol. II, p. 348.

Bergamo: Disordini in Bergamo e saccheggio del vescovato, vol. III, p. 125.

Bestemmia: La libertà della bestemmia in Piemonte, vol. II, p, 33.

Bestemmie contro la teologia nel Parlamento subalpino dette il 28 gennaio 1857, Vol. 1.p. 373. - Bestemmie del primo Parlamenta italiano, vol. V, p. 224.

Biblioteche dei Frati all'incanto, vol. II, p. 241.

Biglietti di vinta: Dimostrazione a Firenze o a Roma, vol. III, p. i-3.

Bilanci: Bilancio toscano pel 1857, vol. I, p. 834. - Bilancio dei culti in France.

vol. III, p. 63.

Billautt ministro dell'Interno in Francia. Sua circolare con cui proibisce la diffusione degli opuscoli in favore del Papa, vol. IV, p. 40.

Bologna: II Codice Napoleone a Bologna, vol. III, p. 77. - Addio di Massimo d'Azeglio, commissario piemontese in Bologna, vol. III, p. 85. - II capitolo di San Petronio io, Bologna, vol. III, p. 123. - II Papa, l'Assemblea di Bologna e la Cassetta Piemontese. vol. III, p. 131. - Le giustizie di San Pietro. Avvertimenti ai popolini di Bologna. vol. III, p 188. - Indirizzo del Consiglio provinciale di Bologna a Pio IX, vol. III. p. 286. - Via politica per andare a Bologna, vol. IV, p. 17i. - Bologna net 1857 e nel 1860, vol. IV, p. 178. - Il Padre Feletti e il fanciullo Mortara, vol. IV, p. 181.

Bon-Compagni ministro dell'Istruzione pubblica nel 1848, vol. I, p. 21. - Davanti a Pio IX in Bologna, vol. Il, p. 72. - Reggente del reggente del Re, vol. III, p. 2tì2. - La questione Bon-Compagni e la questione Garibaldi, vol. III, p 269. - Bon-Compagni nell'Italia centrale per mantener l'ordine, vol. III, p. 276. - Documento diplomatico sulla reggenza Bon-Compagni in Toscana, vol. III, p. 289. - Sue interpellanze, volume IV, p. 68.

- 347 -

Bonaparte (i) e i Framassoni, vol. V, p. 291.

Brigantaggio (il) nel regno di Napoli, vol. VI, p. 143. - La questua di Peruzzi, contro il brigantaggio, ivi. - Circolare per una sottoscrizione contro il brigantaggio, vol. VI, p. 150. -Settemila fucilati a Napoli, vol. VI, p. 152. - I documenti francesi provano che il Governo pontificio non ba nessuna parte nel brigantaggio, vol. VI, p. 151. - Documenti sulla sottoscrizione contro i briganti, vol. VI, p. 170. - Imposte alle Opere Pie per il brigantaggio, vol. VI, p. 174. - Il conto della Commissione briganticida, vol. VI, p. 175. - Le tornate segrete di Torino sui briganti di Napoli, vol. VI, p. 176, - del nome di briganti nella primavera del 1860, vol. VI, p 177. - II brigantaggio, lord Palmerston ed il padre dirci, vol. VI, p. 180. - La legge sul brigantaggio, vol. VI, p. 185. - Gli otto sistemi per combattere il brigantaggio, vol. VI, p. 187. - I briganti nella Camera dei Deputati, vol. VI, p. 191. - Quali sono le provincie meridionali infestate dal brigantaggio, ivi. - La relazione della Commissione d'inchiesta sul brigantaggio, vol. VI, p. 192. - Provincie meridionali. Briganti e non Briganti, volume VI, p. 194. - Il brigantaggio di Urbano Rattazzi in Oriente, ivi. - Appunti sul brigantaggio di Giuseppe Massari, vol. VI, p. 196.

Briganti: Ipocrita circolare al Clero nel 1863 per ottenere gli aiuti contro i così detti briganti, vol. I, p. 318. - I briganti nella Camera dei Deputati, vol. VI, p. 191.

Brogli elettorali e dispotismo parlamentare, vol. II, p. 363.

C

Camera dei Deputati. Processo contro il Cattolicismo, vol. I, p. 824. - La Camera delle approvazioni, vol. II, p. 76. - Deliberazioni della Camera dal 25 febbraio 1861 all'11 maggio 1863, vol. V, p. I8. - Il nuovo Regno d'Italia nella Camera dei Deputati, vol. V, p. 82.

Cannoni: I cento cannoni per Alessandria, voi, I, p. 1S2.

Canonici: L'eleggibilità dei medesimi, discorso di M. Scavini, vol. Il, p. 329.

Canonichesse Lateranensi di Santa Croce discacciate da Torino, vol. I, p. 32.

Capitolato (il) proposto da Ricasoli al Papa, vai. V, p. 336.

Carlo Alberto: Anniversario della sua morte, vol. I, p. 115. - I regicidi di Carlo Alberi», ossia storia del Piemonte dai primi tempi alla pace di Parigi, vol. I, p. 163.

Carlo Poerio, il governo inglese ed il napolitano nel 1857, vol. 1, p. 375.

Casso Ecclesiastica: Le legge contro i conventi e la Cassa ecclesiastica, vol. Il, p. 138. - La Cassa ecclesiastica e i suoi bilanci, vol. li, p. 292. - Il refettorio della Cassa ecclesiastica, vol. Il, p. 295. - La farina della Cassa ecclesiastica se ne va tutta in crusca, vol. II, p. 315. -Interpellanza ai signori Des-Ambrois, Massa-Saluzzo, Mameli, Montagnini, Tonello, Vegezzi, Poccardi, componenti la Commissione di sorveglianza della Cassa ecclesiastica, vol. III, p. 62.

Cibrario, considerazioni sul Papa e i Re, vol. III, p. 376.

Castelfidardo: La vittoria di Castelfidardo e la vittoria di Wagram, vol. IV, p. 304.

Cattolicismo: Processo contro il Cattolicismo nella Camera dei Deputati nell'anno 1857, Tot. I, p. 224. - Guerra sfacciata della rivoluzione contro il Cattolicismo, vol. III, p. 156.

Cavour (conte): Il conte Camillo Cavour nell'anno 1850 è chiamato a far parte del Ministero, vol. I, p. 23. - Svillaneggia la memoria di Giuseppe De Maistre, vol. I, p. 31. - Si gloria d'aver indotto il Papa a costrurre strade ferrate, vol. I, p. 38. - Nel Congresso di Parigi, vol. I, p. 44, 53, 56, 59. - Reduce da Parigi è creato cavaliere della SS. Annunziata, vol. I, p. 49. - Sua politica, vol. I, p. 62. - Dipinto da' suoi collegIII, vol. I, p. 65. - Medaglia e indirizzo che gli offrirono i Romani, vol. I, p. 101. - La medaglia del conte di Cavour e i Romani di Torino, vol. I, p. 214. - Il conte di Cavour si finge nemico della rivoluzione, vol. I, p. 218.

- 348 -

- Accuse di Giuseppe Mazzini contro il conte di Cavour, vol. II, p. 122. - II conte di Cavour, Trivulzio Pallavicino e la rivoluzione, vol. li, p. 134. - Liturgia Gallicana e il sagrestano Camillo Cavour, vol. Il, p. 152. - II conte di Cavour a Ginevra, vol. II, p. 165. - II calvinismo ed il progresso, vol. Il, p. 173. - Le trentasei ore di Plombières, vol. II, p. 186. - II giorno di Mazzini e il giorno di Cavour, vol. Il, p. 188. - II conte di Cavour atta Verbanella, vol. Il, p. 193. - La gita del conte di Cavour a Plombières, vol. II, p. 195. - Mazzini assolto e Cavour condannato, vol. li, p. 204. - La Russia, Villafranca e Camillo Cavour, vol. II, p. 211. - Lettera di Giuseppe Mazzini al conte di Cavour, vol. Il, p. 225. - Accuse di Giuseppe Mazzini contro il conte di Cavour, vol. II, p. 229. - Processo curioso in Isvizzera, ove si. parlò del conte di Cavour, vol. li, p. 321. - Un semplice confronto sul memorandum del conte di Cavour, vol. III, p. 32. - Testo del memorandum del conte di Cavour al governo Britannico e Prussiano, vol. III, p. 33. - II conte di Cavour e Napoleone III, , vol. Iti, p. 159. - Non toccate il conte di Cavour, vol. III, p. 330. - Cavour (conte) e la rivoluzione italiani, vol. IV, p. 9. - Cavour e Baroche a pugni, vol. IV, p. 128. - Gli insulti del conte Cavour al Papato, vol. IV, p. 187. - Cavour in Campidoglio, vol. IV, p. 204. - Cavour e Garibaldi, vol. IV, p. 263. - Fra sei mesi speranze e timori del conte di Cavour, voi IV, p. 264. - Nota del conte Cavour al ministro del re di Napoli, vol. IV, p. 268. - Ultimatum del conte di Cavour al Papa, vol. IV, p. 301. - Il memorandum di Cavour e l'insurrezione delle Marche, vol. IV, p. 311. - Morte ed epistolario del conte di Cavour, vol. V, p. 65. - La morte del conte Cavour raccontata da sua nipote, vol. V, p. 65. - Dichiarazioni del padre Giacomo, vol. V, p. 72. - Cinque lettere del conte di Cavour, vol. V, p. 73. -. li conte Cavour in veste da Camera, vol. V, p. 75. - Il conte Cavour smentito da lord Clarendon otto mesi dopo la sua morte, vol. V, p. 81. - Lettera del conte Cavour, contro lo stato d'assedio, vol. V, p. 84. - Uni lettera del conte Cavour contro le annessioni, vol. V, p. 85. - La verità sulla morte del conte di Cavour, vol. V, p. 86. - II confessore del conte di Cavour, vol. V, p. 87.

Celibato ecclesiastico, vol. VI, p. 335.

Cenni amministrativi sullo Stato Estense, vol. I, p. 251.

Certosa di Collegno, vol. I, p. 32.

Giamboni. Due lettere sulla sovranità del Papa, vol. IV, p. 338.

Charvaz M. Vescovo di Pinerolo rassegna le sue dimissioni, vol. 1, p. 19.

Che cosa s'intende per patrimonio di San Pietro, vol. IV, p. 337.

Chiesa: Tribolazioni della Chiesa in Piemonte dal 1847 al Congresso di Parigi, v. I, p. 15.

Cialdini: Ordine del giorno di Cialdini, vol. IV, p. 304.

Ciarlatani, vedi Ministri.

Ciarlatanocrazia delle annessioni, vol. IV, p. 206.

Circolari contro il Clero cattolico spedite dai Ministri che governarono in Torino dal 1842 al 1863, vol. I, p. 257. - Circolare del Guardasigilli Deforesta e di Rattazzi ministra dell'Interno contro il Clero, vol. I, p. 92. - Circolare del ministro dell'Interno Ubaldino Peruzzi contro le Opere Pie, vol. I, p. 301. - Circolare contro le Bolle della Quaresima, vol. I, p. 319. - Circolare del sig. Billautt ministro dell'Interno in Francia, vol. IV, p. 40. - Circolare del ministro Farini ai signori Governatori ed Intendenti generali sulle faccende siciliane, vol. IV, p. 231. - Circolare per una sottoscrizione contro il brigantaggio, vol. VI, p. 150. - Circolare contro i giornali che menomano la fede nell'unità d'Italia, vol. VI, p. 169. - Circolare di Napoleone III contro i Vescovi, vol. VI, p. 184.

- 349 -

Clero: L'unità del Clero e l'anarchia dei Libertini, vol. I, p. 89. - Una circolare del Guardasigilli Deforesta e di Rattazzi ministro dell'Interno contro il Clero, vol. I, p. 9. 1. - II rimedio economico dell'appello ab abusu, vol. I, p. 95. - Circolari contro il Clero cattolico, spedite dai Ministri che governarono in Torino dal ISIS al 1863, vol. I, da p. 257 a p. 324 - II Clero salariato. Confessioni di Cavour e Melegari, vol. li, p. 151. - L'adulazione a' Principi e l'indipendenza del Clero, vol. II, p. 266. - Nobilissimo contegno del Papa e del Clero durante la rivoluzione, vol. III, p. 218. - Contegno del Clero Modenese nel 1859, p. 227. - II Clero piemontese e il Clero lombardo, vol. III, p. 233. - Il Clero delle Romagne. Confessioni del sig. Pepoli, vol. III, p. 291. - Progetto di legge del Guardasigilli Conforti contro il Clero, vol. V, p. 156.

Codice: Modificazioni al Codice penale piemontese, vol. II, p. 31. - Codice Napoleone a Bologna, vol. III, p. 77.

Commedie in Torino e tragedie in Genova, vol. II, p. 354.

Commercio: Curioso commercio dei membri del Parlamento italiano, vol. V, p. 246.

Complimenti austro-franchi sul cadere del 1859, vol. III, p. 327.

Concezione Immacolata: Il protomartire dell'Immacolata Concezione, vol. li, p. 287. - Basilica dell'Immacolata in Ispagna, vol. II, p. 362.

Condanna del Vescovo d'Almira M. Carli e la libertà della Chiesa, vol. V, p. 156.

Confederazione: Panegirico della confederazione italiana, scritto da Vincenzo Gioberti, volume III, p. 82.

Conferenza tra il ministro francese e Farini presidente dei ministri, vol. VI, p. 114.

Confessioni di un moribondo, ossia l'anno 1858, vol. II, p. 362.

Confisca: La confisca in Sicilia, vol. IV, p. 281.

Conforti Raffaele, Guardasigilli nel 1862; sue Circolari contro il Clero, vol. I, p. 298 e299.

- Osservazioni sulla seconda Circolare, vol. I, p. 301. - Progetto di legge, contro il Clero, vol. V, p. 156.

Congresso di Parigi nell'anno 1856, vol. I, p. 38. -L'Italia nel Congresso di Parigi, vol. I, p. 44. - La questione della stampa, vol. I, p. 46. - I plenipotenziarii Sardi e le Legazioni, vol. I, p. 52. - Teoria degl'interventi, vol. I, p. 56. - La coscrizione militare negli Stati pontificii, vol. I, p. 59. - Il Congresso di Parigi e le Società segrete, vol. I, p. 77. - L'appello alla rivolta dei plenipotenziari piemontesi al Congresso di Parigi, vol. I, p 80.

Congresso proposto nel marzo 1859 per impedire la guerra, vol. III, p. 18. - I Trattati del 1815 e la proposta di un Congresso europeo fatta da Napoleone III nel 1850, vol. III, p. 244. - Congresso inutilmente proposto da Napoleone III sul finire del 1863, vol. VI, p. 257. - Lettera di Napoleone III per invitare i Sovrani ari un Congresso, v. VI, p. 280.

Conte Verde: II ritorno del Conte Verde dall'Oriente, vol. I, p. 378.

Contraddizioni diplomatiche sulle cose di Napoli, vol. I, p. 147.

Conventi: La legge contro i Conventi e la Cassa ecclesiastica, vol. II, p. 138. - I Conventi convertiti in caserme, vol. V, p. 218. - Nuova legge contro i Conventi e l'asse ecclesiastico, vol. VI, p. 315.

Corona: II discorso della Corona e la Venezia, vol. V, p. 9.

Corpo legislativo francese. Tre tornate sulla questione romana, vol. IV, p. 91.

Corporazioni religiose: Le corporazioni religiose e i Trattati di Zurigo, vol. III, p. 58. - Progetto del Guardasigilli Pisanelli per la soppressione delle medesime, vol. V, p. 165. - Atto progetto del Guardasigilli Vacca, vol. V, p. 173. - Terzo progetto del Deputato Corsi, vol. V, p. 180.

Corrispondenza tra Pio IX e Vittorio Emanuele II, p. 96.

- 350 -

Corrispondenza fra i Gabinetti di Parigi e di Londra sopra il Congresso, vol. VI, p. 309.

Coscrizione militare negli Stati pontifici, vol. I, p. 59.

Cospiratori (i) pagati da Farini coi danari dell'Emilia, voi, Vi, p. 122.

Cospirazioni (le) del sig. Rattazzi, vol. VI, p. 17.

Cronaca piemontese dell'anno 1856, vol. I, p. 245.

Culti: II ministro dei culti in Francia e le sue due Circolari tulle co«e d'Italia, vol. IV, p. 24. - II ministro dei culti in Italia, vol. V, p. 104.

Curiosa polemica tra la Gazzetta Ufficiale di Milano e la Gaietta Piemontese nel febbraio del 1857, vol. I, p. 234.

Curletti e i misteri di Torino, vol. V, p. 95.

D

D'Azeglio: Gli sleali ingrandimenti secondo Massimo d'Azeglio, vol. III, p. 45. - Addio di Massimo d'Azeglio Commissario piemontese in Bologna durante la guerra dei 1859. - Utili parole di Massimo d'Azeglio intorno a Pio IX, vol. 4Il, p. 144. - Risposta ad un dilemma di Massimo d'Azeglio, e proposta di un altro dilemma, vol. III, p. 193.

De-Angelis cardinale Filippo prigioniero in Torino, vol. IV, p. 289. - II card. De Angelis imprigionato da Cavour e calunniato dal suo giornale, vol. IV, p. 291. - Quando verrà liberato il Padre delle Marche? vol. IV, p. 294.

Debito pubblico degli Stati Sardi, vol. II, p. 340. - Abbruciamento del Gran Libro del Debito pubblico, vol. IV, p. 202.

De-Boni Filippo. Suoi elogi a Pio IX, vol. III, p. 299.

Decreti di apertura, di proroga, di riprese e di chiusura della Camera dal 18 febbraio 1861 al 21 maggio 1863, vol. V, p. 64. - Decreti per le annessioni di Napoli, Sicilia, Marche ed Umbria, vol. IV, p. 272.

Decreto del Guardasigilli Pisanelli sotto la data del 5 marzo 1863 che sottopone a[l'exequatur tutto ciò che viene dal Capo della Chiesa, vol. I, p. 311. - Rimostranza dei Vescovi napoletani contro il Decreto dell' exequatur, vol. I, p. 312.

Deliberazione del Senato sul Regno d'Italia, vol. V, p. 20.

Deliberazioni della Camera dei Deputati dal 25 febbraio 1861 all'11 maggio 1863, ri. V, p. 12. - Deliberazioni della prima Legislatura del Regno d'Italia, vol. VI, p. 78.

De-Maistre Giuseppe e la sua corrispondenza diplomazia, vol. II, p. 138. - Uno scritto falsamente attribuito a Giuseppe De-Maistre, vol. Iti, p. 22. - Suoi avvertimenti alle cinque grandi potenze, vol. III, p. 26.

De Profundis (il) nelle Marche, vol. IV, p. 285.

De-Virgili fucila, vol. IV, p. 275.

Diario dell'anno 1859, vol. III, p. 7.

Dichiarazione di Garibaldi, vol. VI, p. 46.

Dilemma: Risposta ad un dilemma di Massimo d'Azeglio e proposta di un altro, v. IlI. p. 193.

Dimostrazione a Firenze e a Roma, vol. III, p. 223.

Dio salvi il re, vol. II, p. 136.

Diplomazia piemontese antica e moderna, vol. III, p. 180.

Discorsi della Corona in Piemonte, vol. I, p. 129. - Due discorsi di Garibaldi centro il Papa, vol. VI, p. 41.

Discorso d'inaugurazione del primo Parlamento italiano, vol. V, p. 7. - II discorso della Corona e la Venezia, vol. V, p. 9. - Discorso pronunziato all'una pomeridiana dell'Imperatore dei Francesi aprendo la Sessione legislativa del 1864, vol. VI, p. 257.

Disegno di legge proposto da D, Passaglia sul giuramento del Clero, vol. V, p. 161.

- 351 -

Dispaccio del ministro dagli affari esteri in Francia all'ambasciatore francese a Roma, vol. IV, p. 28.

Disordini in Bergamo e saccheggio del Vescovado, vol. III, p. 125.

Discussioni diplomatiche sulle cose italiane, vol. IV, p. 54.

Documenti della guerra contro il Papa, vol. IV, p. 313. - Documenti francesi provano che il Governo pontificio non ha nessuna parte nel brigantaggio, vol. VI, p. 154. - Altri documenti in difesa del Governo pontificio, vol. VI, p. 156. - Documenti sulla sottoscrizione contro i briganti, vol. VI, p. 170.

Documenti diplomatici. Napoleone III, e il Regno d'Italia, vol. V, p. 53. - Documenti sulla tentata spogliazione del Papa sotto il Ministero Ricasoli, vol. V, p. 317.

Documento (un) sulle finanze del Regno d'Italia, vol. VI, p. 130. - Altro documento sulle finanze italiane, vol. VI, p. 134.

Dodici mesi (i) dell'anno 1860, vol. IV, p. 3. - I dodici preti della Camera dei Deputati, vol. V, p. 217.

Dominio temporale del Papa. Testimonianze di liberali, eretici, gallicani e increduli, vol. III, p. 74.

Donne politiche, vol. III, p. 10Ì.

Dono nazionale al Siede di Parigi, vol. IH, p. 256.

Danaro: Il danaro d'Italia, -vol. V, p. 48. - II deputato Catucci presenta alla Camera un progetto di legge contro il danaro di San Pietro e l'influenza clericale, vol. V, p. 163.

- Il danaro di S. Pietro e il danaro di Garibaldi, vol. VI, p. 46.

Due lettere del conte Chambord sulla sovranità del Papa, vol. IV, p. 338.

E

Ebrei: Loro preghiere pel Regno d'Italia, vol. III, p. 320.

Ebreo (l') di Bologna, vol. Il, p. 238.

Ecclesiastici imprigionati o perseguitati, vol. I, p. 23 e 28.

Effemeridi del Regno d'Italia, vol. VI, p. 199.

Elenco delle Loggie massoniche, vol. V, p. 236.

Elezioni: II mercato di Cuorgné, ossia la corruzione elettorale in Piemonte, vol. II, p. 141. - Spese per una elezione in Inghilterra, vol. III, p. 128. - Elezioni che in ciaschedun Collegio elettorale ebbero luogo durante la Legislatura Vili, prima del Parlamento italiano, vol. VI, p. 223.

Enciclica (l') di Pio IX e la soppressione dell'Univers, vol. IV, p. 14.

Epimenide piemontese, vol. li, p. 311.

Eretici: I nemici del Papa-Pie sono gli eretici dei nostri tempi, vol. III, p. 202.

Esilio: L'esilio dei Vescovi napoletani, vol. V, p. 206.

Europa (I1) e il Papato, vol. IV, p. 379.

Exequatur: Decreto del Guardasigilli Pisanelli nell'anno 1863 che sottopone all'Exequatur tutto ciò che viene dal Capo della Chiesa, vol. 1, p. 311. - Rimostranza dei Vescovi napoletani contro il Decreto dell' Exequatur, vol. I, p. 312. - Glorie del R. Exequatur in Piemonte, vol. II, p. 74.

F

Farini: L'eccelso dittatore Farini e le donne, vol. III, p. 127. - I discorsi di Farini dittatore a Modena, vol. III, p. I i-J. - Il fasto dell'eccelso Farini dittatore di Modena, vol. III, p. 155. - La democrazia dell'eccelso dittatore Farini, vol. III, p. 190. - Il Sant'Uffizio, il colonnello Anviti e il giovine Mortara, vol. III, p. 268. - L'Episcopato modenese, Farini e la stampa settaria, vol. III, p. 313. - Farini presenta al Re i documenti del suffragio universale dei popoli dell'Emilia, vol. IV, p. 70.

- 352 -

- Una circolare del ministro Farini ai signori Governatori e Intendenti Generali sulle faccende siciliane, vol. IV, p. 231. - Suo nuovo Ministero, vol. VI, p. 105. - II primo annunzio del Ministero Farini, vol. VI, p. 109. - La questione di Roma nel dicembre 1861 e nel dicembre 1862, ivi. - Il programma del Ministero Farini, vol. VI, p. 112. - Conferenza tra il ministro francese e Farini presidente dei ministri, vol. VI, p. 114. - Carlo Luigi Farini. L'Opinione, il Constitutionnel e l'unità d-'Italia, vol. VI, p. 117. - Pensione al cav. Farini, vol. VI, p. 119. - La malattia e la pensione del cav. Farini, vol. VI, p. 120. - Relazione e progetto di legge per assegno e ricompensa al cavaliere Farini, vol. VI, p. 121. - I cospiratori pagati da Farini coi danari dell'Emilia, vol. VI, p. 122. - Gli ultimi momenti di Carlo Luigi Farini, vol. VI, p. 123.

Feletti: Il padre Feletti e il fanciullo Mortara, vol. IV, p. 181.

Ferdinando II l'intrepido re delle Due Sicilie, vol. II, p. 36.

Ferrara: II sig. Giovanni Antonio Migliorati a Ferrara, vol. III, p. 171.

Fico (il) d'Adamo e Bettino Ricasoli, vol. V, p. 362.

Filosofi: I filosofi increduli in cerca dell'abbici, vol. II, p. 41.

Finanze dello Stato Pontificio, vol. II, p. 286. - Finanze pontificie difese da un rivoluzionario romagnolo, vol. III, p. 249. - Le finanze e le imposte del Regno d'Italia, vol. V, p. 32. - Le Finanze ristaurate tre anni dopo la morte del Regno d'Italia, vol. VI, p. 128.

Firenze: Lettera dell'Arcivescovo al barone Ricasoli contro la propaganda protestante, volume III, p. 333.

Francia: La Francia e le società segrete, vol. I, p. 140. - L'Italia, l'Inghilterra e la Francia imperiale, vol. III, p. 114. - La malattia del silenzio nell'impero francese, vol. III, p. 166. - La Francia, il duca di Modena e là voce della verità, vol. III, p. 174. - Mezza tornata del Senato francese sulla questione romana, vol. IV, p. 83. - Tre tornate del Corpo legislativo francese sulla questione romana, vol. IV, p. 91. - La Francia e il romano Pontefice, vol. IV, p. 376.

Framassoneria: Lettera al signor Direttore del Journal de Bruxelles sulla framassoneria. vol. III, p. 228. - I framassoni e i Bonaparte, vol. V, p. 291. - La framassoneria e Garibaldi, vol. VI, p. 3.

Fratelli (i) delle Scuole cristiane e il Municipio di Torino, vol. I, p. 181. - Perché si odiano i Fratelli delle scuole cristiane? vol. I, p. 202.

Frati: Le biblioteche dei Frati all'incanto, vol. It, p. 241.

Fortificazioni piemontesi nel 1848 e nel 1857, vol. Il, p. 24.

Forza brutale del numero, vol. II, p. 345.

Funerali del ministro Rattazzi, vol. VI, p. 76.

Fuoco contro Garibaldi, vol. VI, p. 39.

G

Garibaldi vien fuori dopo il Congresso di Parigi, vol. I, p. 113. - Un documento relativo a Garibaldi, vol. IIl, p. 226. - La questione Bon-Compagni e ta questione Garibatdi, vol. III, p. 269. - Garibaldi in Genova, vol. III, p. 301. - Sue interpellanze alla Camera sulla cessione di Nizza, vol. IV, p. 132. - Spedizione di Garibaldi in Sicilia, vol. IV, p. 214. - Proclami di Garibaldi, vol. IV, p. 215. - Garibaldi al Re, vol. IV, p. 218. - Il Governo e Garibaldi, vol. IV, p. 219. - Garibaldi in Sicilia, in'. - Convenzione stipulata il 6 giugno tra il Generale Garibaldi e il Generale Lanza, vol. IV. p. 220. - Commissione di difesa in Palermo, vol. IV, p. 221. - II Governi) di Palermo e i Gesuiti, vol. IV, p. 225. - Alcuni decreti di Garibaldi, in. - Lettera di Vittorio Emanuele a Garibaldi, vol. IV, p. 232. - Entrata di Garibaldi in Napoli. Ivi - Governo di Garibaldi in Napoli, vol. IV, p. 235. - Proclama alla cara popola zione di Napoli, vol. IV, p. 236.

- 353 -

- Garibaldi e i fatti di Napoli, vol. IV, p. 237. - II patrimonio del re di Napoli confiscato da Garibaldi, vol. IV, p 243. - Garibaldi e Pisacane, vol. IV, p. 246. - Garibaldi smentisce il Ministero, vol. IV, p. 258 - Garibaldi e Cavour, vol. IV, p. 263. - Garibaldi parte da Napoli, vol. IV, p. 275. - Le reliquie di Garibaldi conservate in Palermo, vol. IV, p. 283. - Garibaldi e la fra massoneria, vol. VI, p. 3. - Le lettere di S. E. il generale Garibaldi, vol. VI, p. . i. - Garibaldi alle donne italiane, vol. VI, p. 8. - Lettere di Garibaldi ai Sacerdoti italiani, ivi. - Il generale Garibaldi nel 18Ì8 e nel 1862, Vol. VI, p. U. - Garibaldi a Palermo e De Benedetti a Parigi, vol. VI, p. 20. - Garibaldi a Palermo, vol. VI, p. 21. - Garibaldi a Palermo, e i secondi vespri siciliani, vol. VI, p. 22. - II grido di Garibaldi /{orna o morie, vol. VI, p. 24. - Proclama ai suoi, vol. VI, p. 31. - Sue colpe voli impazienze, ivi. - Suo abboccamento con Mazzini, vol. VI, p. 33. Sue minacce a Napoleone IH, vol. VI, p. 39. - Fuoco contro di lui, ivi. - Sua arringa a Marianopoli, vol. VI, p. 40. - Due discorsi di Garibaldi contro il Papa, vol. VI, p. 41. - Sua apoteosi e sua gogna, vol. VI, p. 43. - Sua dichiarazione, vol. VI, p. 46. - 11 danaro di San Pietro e il danaro di Garibaldi, in. - Petizione per la di lui liberazione, vol. VI, p. 17. - Nota diplomatica sulla disfalla di Garibaldi, vol. VI, p. 48. - Rattazzi ed il partilo d'azione, vol. VI, p. 50. - Processo di Garibaldi e dei Garibaldini, ivi. - Suo perdono e processo contro ai Ministri, vol. VI, p. 52. - Decreto per la sua amnistia, vol. VI, p. 54. - Garibaldi e la Dea Ragione, vol. VI, p. 56. - Garibaldi martire e lo donne milanesi, vol. VI, p. 65.

Gazzetta Una curiosa polemica tra la Gaietta Ufficiale di Milano e la Gazzetta Piemontese nell'anno 1857, vol. I, p. 231. - La Cunetta Piemontese e la sommossa di Genova, vol. Il, P3ù8.

Gazzoletti, Deputalo, e la questione del Trentino, vol. V, p. 218.

Gallicani: Come finiranno certi ecclesiastici gallicani, vol. II, p. 161.

Germania: L'articolo del Moniteur sui timori della Germania vol. III, p. 39.

Gesuiti espulsi da Torino, da Genova, ecc. nell'anno 1848, vol. I, p. 19 e 20. - Il Ministero in cerca del tesoro dei Gesuiti, vol. II, p. 131. - Grande onore che arreca il titolo di Gesuita, vol. II, p. 223.

Gioberti: Panegirico della Confederazione italiana, vol. III, p. 82.

Giovanni Huss e i Rivoluzionarii moderni, vol. II, p. 81.

Giovine Italia, v. II, p. 218. - Massari Giuseppe corriere della Giovine Italia, v. Il. p. 21K.

Giudei: 1 Ministri piemontesi, i giudei ed i deputati, vol. II, p. 38.

Giurati: Scandalose assoluzioni dei giurati in Piemonte, vol. II, p. 120.

Gli elettori della Venezia e il barone Ricasoli, vol. V, p. 316.

Glorie del R. Exequatur in Piemonte, vol. II, p. 71. - Le storie degli otto Pii rinnovate in Pio IX, vol. IV, p. 358.

Gog e Magog in Piemonte, vol. H, p. 201.

Governo : Il governo clericale, vol. II, p. 282. - La secolarizzazione del Governo pontificio, vol. II, p. 283. - Pio IX, ivi. - Ristorazione pontificia, vol. II, p. 28i. - Circolare del Governo pontificio, vol. III, p. 301. - Le riforme e la secolarizzazione del Governo pontificio secondo il Montanelli, vol. III, p. 303.

Grandezza e santificazione del regicidio, vol. II, p. 99.

Grandi e piccoli, vol. I, p. 98.

Granduca di Toscana. Sua protesta contro il Regno d'Italia, vol. V, p. 25.

Gregorio XVI e l'impudenza del sig. Dettino Ricasoli, vol. V, p. 326.

Grida di dolore, dei prigionieri napolitani, vol. V, p. 232.

Guardasigilli: Le rivincite del Guardasigilli e le persecuzioni della Chiesa, vol. V, p. 210.

- 354 -

Guerra: Un Congresso proposto nel marzo 1859 per impedire la guerra, vol. III, p. 13. - Gli orrori della guerra, vol. III, p. 29. - Guerra sfacciata della rivoluzione contro il cattolicismo, vol. III, p. 156. - Guerra ai preti nelle Romagne, vol. III, p. 358. - La guerra contro il Papa è dichiarata, vol. IV, p. 295. - Documenti della guerra contro il Papa. vol. 'IV, p. 313. - Due ordini del giorno, p. 316.

Guicciardini messer Francesco. Ricordo, vol. III, p. 117.

I

Ignoranza o malafede, vol. IV, p. 26.

Impazienze (le colpevoli) di Garibaldi, vol. VI, p. 31.

Imposte: Le tirannie del re di Napoli che osava abolire le imposte in Sicilia, vol. II, p. 145.

- Imposte alle opere pie per il brigantaggio, vol. VI, p. 174.

Inaugurazione (l') del primo Parlamento descritta dalla Gazzetta Ufficiale, vol. V, p. 10.

Inghilterra: L'Inghilterra eia Rivoluzione italiana, vol. I, pag. 107. - L'Inghilterra e I; Sicilia, vol. I, p. 157. - L'Italia, l'Inghilterra e la Francia imperiale, vol. III, p. 114. - Non vi fidate dell'Inghilterra, vol. III, p. 120. - Spese per una elezione in Inghilterra, voi III, p. 128. - Lord Minio, lord Normanhy e malafede del governo Inglese. vol. III, p. 319.

Ingrandimenti sleali secondo Massimo d'Azeglio, vol. III, p. 45.

Insegnamento: Legge nell'anno 1848, vol. 1, p. 21. - Circolare con cui Gioia ministro sopra la pubblica istruzione pretende di governare l'insegnamento teologico, vol. I, p. 267 - Risposta dei Vescovi della Savoia al ministro Gioia, vol. I, p. 868. - Nuova circolare del Gioia contro le scuole di teologia, vol. I, p. 269. - La babele dell'insegnamento in Piemonte, vol. II, p. 94. - La merce insegnante, vol. II, p. 125. - Scuole normali ed i Maestri e Maestre presenti, vol. II, p. 346.

Insulti del conte Cavour al Papato, vol. IV, p. 187.

Insurrezione in Sicilia, vol. IV, p. 209. - L'insurrezione delle Marche ed il memorandum di C. Cavour, vol. IV, p. 311.

Interpellanza ai sigg. Dos-Amhrois, Mazza-Saluzzo, Mameli, Montagnini, Tonello, Vegezzi, Pnccardi, componenti la Commissione di sorveglianza della Cassa ecclesiastica, vol. III. pag. 62.

Interpellanze (le) Bon-Compagni, vol. VI, p. 68.

Intervento diplomatico-rivoluzionario-armato, vol. I, p. 3. - Principio del non interventi. vol. I, p. 5. - Intervento della Divina Provvidenza in favore di Pio IX, vol. I, p. 2 - La teoria degl'interventi, vol. I, p. 56. - Intervento del Piemonte nel ducato ili Modena, vol. I, p. 120.

Inviti al Congresso di S. M. I. Napoleone III, vol. VI, p. 274.

Invito del Monitore toscano, voi III, p. 127.

Ipocrisia ed impudenza collegate con Roma, vol. IV, p. 298.

Ipocrisie e contraddizioni dei nemici del Papa, vol. III, p. 373.

Irlandesi insigni fuori d'Irlanda, vol. II, p. 377.

Istruzione: La religione sbandita dall'istruzione pubblica, vol. II, p. 198.

Italia: Un'occhiata all'Italia dal Congresso di Parigi net 1856 ai primi giorni del 1863, volume I, p. 3. - Cenno bibliografico sulle principali storie dei nostri tempi, vol. I, p. 12. L'Italia nel congresso di Parigi, vol. I, p. 44. - Movimento protestante in Italia. vol. I, p. 83.

Italia e Polonia, vol. II. p. 233. - Miss White fa l'Italia in Inghilterra, vol. II, p. 277.

- 355 -

Italia: Al principe di Carignano proclamato reggente d'Italia centrale, vol. IH, p. 47. - Quaranta milioni per l'Italia centrale, vol. III, p. 49. - Leggi e decreti per compiere la rivoluzione italiana, vol. IH, p. 55. - Panegirico della Confederazione italiana scritto da Vincenzo Gioberti, vol. IH, p. 82. - Concorso per protestantizzare l'Italia, vol. III, p. 86. - L'Italia, l'Inghilterra e la Francia imperiale, vol. III, p. 1U. - Il passato, il presente e l'avvenire d'Italia secondo il Moniteur, vol. III, p. 136. - Testo dell'articolo del Moniteur, vol. III, p. 138. - Che cosa ne dicessero i giornali del precedente articolo del Moniteur, vol. III, p. 140. - Le sette meraviglie dell'Italia centrale, vol. III. p. 147. - Un po' di statistica sulle votazioni dell'Italia centrale, vol. III, p. 169. - Risposta ad un dilemma di Massimo d'Azeglio e proposta di un altro dilemma, vol. III, p. 193. - L'elemento mazziniano nella presente questione italiana, vol. III, p. 196. - La questione della reggenza dell'Italia centrale, vol. III, p. 252. - Programma per l'autonomia dell'Italia, v. Ili, p. 273. - Le due circolari del ministro dei Culti in Francia sulle cose d'Italia, v. IV, p. 2i. -II conte Cavour e la rivoluzione italiana, v. IV, p, 9. - I primi vagiti del regno d'Italia, vol. V, p. 3. - II regno d'Italia nel Senato piemontese, vol. V, p. 17. - Deliberazioni del Senato pel regno d'Italia, vol. V, p. 20. - II nuovo regno d'Italia nella Camera dei Deputati, vol. V, p. 22. - Legge die stabilisce il regno d'Italia, vol. V, p. 25. - Protesta del granduca di Toscana contro il regno d'Italia, vol. V, p. 25. - Della Duchessa di Parma, vol. V, p. 28. - Della Santa Sede, vol. V, p. 28. - L'unità d'Italia e la divisione di Roma, vol. V, p. 29. - Le finanze e le imposte del regno d'Italia, \ol. V, p. 32. - II primo gran libro della grande storia del regno d'Italia, vol. V, p. 33. - La Festa del regno d'Italia, vol. V, p. 37. - La Festa nazionale, vol. V, p. 37. - II regno d'Italia e la Francia, vol. V, p. 44. - II regno d'Italia può essere riconosciuto da Napoleone III? vol. V, p. 45. - II danaro d'Italia, vol. V, p. 48. - La pappa al neonato regno d'Italia, vol. V, p. 51. - Il regno d'Italia e Napoleone III, vol. V, p. 53. - Il regno d'Italia alla conquista della Corsica e di Malta, vol. V, p. 58. - I lavori del primo Parlamento italiano, vol. V, p. 62. - I rappresentanti Italiani rappresentano l'Italia? vol. V, p. 91. Il regno d'Italia dipinto dagli italianissimi, vol. V, p. 93. - Le questioni del neonato regno d'Italia, vol. V, p. 101. - 1 parricidi dell'Italia, vol. V, p. 106. - Strenna degl'italianissimi al regno d'Italia, vol. V, p. 110. - Legge che stabilisce il regno d'Italia, vol. V, p. 25. Deliberazioni della prima legislatura del regno, vol. VI, p. 78. - Dal ministero del regno d'Italia al manicomio, vol. VI, p. 105.

L

Ladri: I secoli delle rivoluzioni sono i secoli dei ladri, vol. II, p. 275.

La Farina: Mazzini e La Farina, vol. II, p. 218.

Lamoricière. Suo proclama dell'8 aprile 1860, vol. IV, p. 338.

Legati napoletani in Torino, vol. IV, p. 253.

Legazioni pontificie, vol. I, p. 52. - Le Legazioni e il Piemonte nel 1819 e nel 1856, vol. I, p. 72. - Restituzione delle Legazioni al Papa, vol. I, p. 74.

Legge che stabilisce il regno d'Italia, vol. V, p. 25. - Cinque disegni di legge che servono a commentare la formola Libera Chiesa in libero Stato, vol. V, p. 16i.

Leggi: Le leggi Leopoldine e l'armonia proibita in Toscana, vol. II, p. 113. - II Ministero non sa scrivere le leggi, vol. II, p. 319. - Leggi e Decreti per compiere la rivoluzione italiana, vol. III, p. . 55.

Legislazione pontificia (i trionfi della), vol. IV, p. 326.

Legge (nuova) contro i Conventi e l'asse ecclesiastico, vol. VI, p. 315.

Lettera di Napoleone I a Napoleone III, vol. III, p. 20. - Lettera di Napoleone III al re di Sardegna, vol. III, p. 42. - Una lettera dell'abate Antonio Rosmini, vol. III, p. 113. - Lettera del duca di Modena al granduca di Toscana nel marzo del. 1859, vol. III, p. 191. - Lettera di Giuseppe Mazzini a Vittorio Emanuele II, vol. III, p. 206.

- 356 -

- Lettera al direttore del Journal de Bruxelles sulla lettera di Pio IX dopo la pace di Villafranca, vol. III, p. 72. - Osservazioni sulla precedente lettera, p. 74. - Framassoneria, vol. III, p. 228. - Lettera del principe di Carignano al commendatore Bon-Compagni, vol. III, p. 251. - Lettera del conte Walewski agli agenti diplomatici, vol. III, p. 257. - Del conte di Siracusa a re Francesco II, vol. IV, p. 221. - Lettera di Vittorio Emanuele a Garibaldi, vol. IV, p. 232. - Due lettere del conte di Chambord sulla sovranità del Papa, vol. IV, p. 338. - del conte d Montalembert al conte iii Cavour sull'argomento Libera Chiesa in libero Stato, vol. V, p. 139-142. - Di Ricasoli a Pio IX, vol. V, p. 332. - Lettera del cardinale Antonelli al conte Cavour, vol. V, p. 344. - Le ledere di S. E. il generale Garibaldi, vol. VI, p. 4. - Alle donne italiane, vol. VI, p. 8. - Ai Sacerdoti italiani, ivi. - Lettera di Napoleone II l pi-r invitare i Sovrani ad un Congresso, vol. VI, p. 280.

Leve eseguite nel Regno d'Italia colla norma delta legge organica sul reclutamento del 20 marzo 185i dalle annessioni delle varie provincie al 30 settembre 1863, vol. V, p. 252.

Leviathan piemontese, vol. II, p. 214.

Libera Chiesa in Libero Stato. Storia di questa Formola, vol. V, p. 129. - Due lettere del conte di Montalembert al conte di Cavour sul detto argomento, vol. V, p. 139-U1 Liberi muratori: Un documento inedito sui liberi muratori, vol. II, p. 109.

Libertà della stampa concessa a tutti fuorché ai Vescovi, vol. I, p. 19 e 26. - La libertà della bestemmia in Piemonte, vol. II, p. 33. - Convenienze delle libertà gallicane ci protestantesimo, colla rivoluzione e col despotismo, vol. II, p. 52. - Un uomo libero, vol. II, p. 210. - La libertà detta Chiesa e la condanna del Vescovo di Almira, vol. V, p. 157.

Littere apostolicae quibus maioris pima infligitur invasoribus et usurpatoribus aliquot, provinciarum pontificiae, ditionis, vol. IV, p. 65.

Liturgia (la) gallicana e il sagrestano Camillo Cavour, vol. II, p. 152.

Lodi di Ferdinando ti re di Napoli dette nel Parlamento inglese il 3 febbraio 1857, volume I, p. 237.

M

Macchi: Spropositi del deputato Macelii e la soppressione della teologia, vol. V, p. 227.

Macchiavelli: Edizione compiuta delle sue opere a spese della Toscana, vol. III, p. 186. - Luigi Napoleone e Nicolò Machiavelli, vol. III, p. 246. - Machiavellismo del governo toscano, vol. III, p. 328.

Mamiani ed il Giuseppismo, vol. II, p. 327. - Una lezione di M. Scavini al medesimo, volume li, p. 337.

Mangiapopoli (i) nel mangiamento nazionale, vol. V, p. 241.

Manzoni Alessandro, senatore nel 1859, rifiutava la deputazione net 18. 18, vol. III, p. 122.

Marche: Decreta per le annessioni delle Marche ed Umbria, vol. IV, p. 272. - L'insurrezione delle Marche ed il Memorandum di C. Cavour, vol. IV, p. 311.

Margotti teol. Giacomo, redattore capo dell' Armonia , proditoriamente colpito il 27 gennai 1856, vol. I, p. 15. - II 4 febbraio ritorna a' suoi lavori, vol. I, p. 16.

Martirologio dell'Episcopato italiano, vol. V, p. 193. - Appendice al medesimo, v. V, p. 251.

Massari Giuseppe corriere della Giovine Italia, vol. II, p. 248.

Massoneria: La massoneria italiana, ovvero la chiave della storia, vol. V, p. 116.

- 357 -

Matrimonio civile nel 1851, vol. I, p. 25 e 27. - Circolare del ministro Pernati contro i sacerdoti che raccolgono petizioni al Parlamento affine d'impedire l'approvazione del disegno di legge sul matrimonio civile, vol. I, p. 271. - Matrimonio civile a Torino e divorzio a Parigi, vol. li, p. 359.

Mazzini: II punto d'appoggio di Mazzini, vol. li, p. 79. - Panegirico di Giuseppe Mazzini, davanti alla Corte d'appello di Genova, vol. II, p. 105. - Accuse di Giuseppe Mazzini contro il conte di Cavour, vol. Il, p. 122. - II giorno di Mazzini e il giorno di Cavour, vol. li, p. 188. - Un manifesto di Mazzini nel 1858, vol. II, p. 197. - Mazzini assolto e Cavour condannato, vol. II, p. 201. - Mazzini e La-Farina, la Giovine Italia e la Società nazionale italiana, vol. II, p. 218. - Lettera di Giuseppe Mazzini al conte di Cavour, vol. II, p. 225. - Accuse di Giuseppe Mazzini contro il conte di Cavour, v. II, p. 229. - L'elemento mazziniano nella presente questione italiana, vol. III, p. 196. - Lettera di Giuseppe Mazzini a Vittorio Emanuele II, vol. III, p. 206. - Lettera ai giovani d'Italia, vol. III, p. 321.

Meditazioni di Napoleone III sulla morte dei Governi in Francia, vol. VI. p. 289.

Meditazioni (le) di Marco Minghetti presidente del regno d'Italia, vol. VI, p. 138.

Membri (i) del Parlamento e loro curioso commercio, vol. V, p. 246.

Memorandum dei sudditi pontificii, vol. III, p. 360.

Memorie per la storia dei nostri tempi, vol. III, p. 3.

Miglietti ministro di grazia e giustizia nel 1861, da una circolare clic è un libello famoso contro l'Episcopato italiano, vol. I. p. 292. - L'Episcopato rispose, vol. I, p. 296.

Milano il regicida - sua apoteosi, vol. I, p. 222.

Milano e Torino, Ao!. Ili, p. 236.

Minacele di Garibaldi a Napoleone III, vol. VI, p. 39.

Minghetti Marco, ministro dell'interno nel 1861, esorta i preti a ribellarsi agli ordini dei proprii vescovi, vol. I, p. 291.

Minghetti Marco e le finanze italiane, vol. VI, p. 125. - Pensieri quaresimali di Marco Minghetti ministro delle finanze, vol. VI, p. 129. - Come a detta di Marco Minghetti la morte troncasse i disegni del conte di Cavour contro il Papa, vol. VI, p. 136. - Le meditazioni di Marco Minghetti presidente del regno d'Italia, vol. VI, p. 138.

Ministeri nominati in Piemonte dopo la pubblicazione dello Statuto, vol. I, p. 131. - I ministri piemontesi, i Giudei ed i Deputati, vol. Il, p. 38. - Obliqua machiavellica tattica dei ministri piemontesi, vol. II, p. 208. - II ministero non sa scrivere le leggi volume II, p. 319.

Ministero: L'ipocrisia del ministero e l'esilio dei vescovi napolitani, vol. V, p. 206. - Dal ministero del regno d'Italia al manicomio, vol. VI, p. 105. Il ministero in cerca del tesoro dei Gesuiti, vol. II, p. 131.

Ministri: I ministri, i ciarlatani, vol. I, p. 242.

Miss Withe fa l'Italia in Inghilterra, vol. II, p. 277.

Misteri: I misteri di Torino e Curletti, vol. V. p. 95.

Modena: Intervento del Piemonte nel ducato di Modena, vol. I, p. 120. - Cenni amministrativi sullo Stato estense, vol. I, p. 251. - II ducato di Modena e la Gazzetta del popolo, v. II, p. 26. - II duca di Modena, gli avvocati ed i contadini, v. III, p. 106. - Processo di Francesco duca di Modena, vol. III, p. 109. - L'eccelso dittatore Farini e le donne, vol. III, p. 127. - I discorsi di Farini dittatore a Modena, vol. III, p. 142. - Chi disse la verità: il Moniteur o la Deputazione modenese, v. III, p. 151. -Le Deputazioni di Parma e di Modena ricevute in Torino da Vittorio Emanuele II, v. III, p. 152. Il fasto dell'eccelso Farini dittatore di Modena, v. III, p. 155. -La Francia, il duca di Modena e la voce della verità, vol. III, p. 174. - Lettera del Duca di Modena al Granduca di Toscana nel marzo 1859, vol. III, p. 191. - Contegno del Clero modenese nel 1850,

- 358 -

vol. III, p. 227. - Le tribolazioni delle Chiesa nel ducato di Modena, vol. III, p. 278. - L'episcopato modenese, Farini e la stampa settaria, vol. III, p. 313.

Monarchia Sabauda, vol. I, -p. 104.

Monastero (il) della Novalesa negli anni 719, 1856 e 1863, vol. I, p. 193.

Montanelli: Le riforme e ta secolarizzazione del Governo pontificio, vol. III, p. 303.

Montalembert: Prima lettera del conte Montalembert al conte Cavour, vol. V, p. 139. - Seconda lettera, vol. V, p. 142.

Martora: La controversia del fanciullo Mortara, vol. II, p. 290. - Il Sant'Ufficio, il colonnello Anviti e il giovine Mortara, vol. III, p. 268.

Municipio: II municipio negli Stati pontificii, vol. Il, p. 285.

N

Napoleone I e il Papato, vol. II, p. 236. - Sua lettera a Napoleone III, vol. III, p. 20.

Napoleone II preteso re di Roma, come finì, vol. III, p. 79.

Napoleone III: Ragguagli sull'attentato del 14 di gennaio 1858 contro Napoleone III, vol. II, p. 84. - L'imperatore dei Francesi e gl'italianissimi del Piemonte, vol. II, p. 115. - Suo discorso, vol. li, p. 338. - Lettera di Napoleone I a Napoleone III, vol. III, p. 20; - Lettera di Napoleone III al re di Sardegna, vol. III, p. 42. - II conte di Cavour e Napoleone III, vol. III, pag. 159. - I due discorsi di Napoleone III a Bordeaux nel 1852 e nel 1859, vol. III, p. 213. - Discorso detto il 12 ottobre 185!i dal card. arcivescovo di Bordeaux a Napoleone III e risposta del Bonaparte al Cardinale, vol. III, p. 216-217. - Giudizii sul secondo discorso di Napoleone III a Bordeaux, vol. III, p. 221. - La gioventù dell'imperatore Napoleone III, vol. III, p. 238. - I trattati del 1815 e la proposta di un Congresso europeo fatta da Napoleone Ili nel 1850, p. 244. - Luigi Napoleone e Nicolò Machiavelli, vol. III, p. 246. - Risponsabilità di Napoleone III, vol. III, p. 266. - Napoleone 1Il e Alberto di Broglia, vol. IV, p. 19. - Nuovi disegni di Napoleone III, vol. IV, p. 49. - Potenza di Napoleone III a Viterbo, vol. IV, p. 332. - Napoleone III, riconosce il regno Italia? vol. V, p. 45. - Napoleone III e il Regno d'Italia, documenti diplomatici, vol. V, p. 53. - Napoleone III e Pio IX, vol. V, p. 253. - Che cosa ha fatto Napoleone III per salvare Pio IX' vol. V, p. 288. - Promesse ufficiali di Napoleone III a Pio IX, vol. V, p. 30I. Del Congresso inutilmente proposto da Napoleone III sul finire del 1863, vol. VI, p. 257. - Discorso pronunziato il 5 novembre all'una pomeridiana dall'imperatore dei Francesi aprendo la sessione legislativa del 1864, ivi. - Appunti al discorso di Napoleone III, vol. VI, p. 261. - Bonaparte e il Congresso, vol. VI, p. 264. - II gran libro dei diritti del popolo, vol. VI, p. 268. - II due dicembre e il cinque novembre di Napoleone III, vol. VI, p. 271. - Gli inviti al Congresso di S. M. I. Napoleone III, vol. VI, p. 274. - Le sette virtù cardinali di Napoleone III, vol. VI, p. 277. - Lettere di Napoleone 1Il per invitare i Sovrani ad un Congresso, vol. VI, p. 280. - I Congressi di Pio IX ed i Congressi di Napoleone III, vol. VI, p. 281. - Nuova edizione della pace di Westfalia, vol. VI, p. 285. - Preparativi per la torre di Babele, vol. VI, p. 286. - Lo Zio e il Nipote si rassomigliano e rassomiglieranno, ivi - Proteste di Napoleone 1Il nel novembre del 1848 e del 1863, vol. VI, p. 288. Meditazioni di Napoleone III sulla morte dei governi in Francia, vol. VI, p. 289. - II Times si diverte con Napoleone III, vol. VI, p. 298. - Risposte a Napoleone III sulla convocazione di un Congresso europeo. - Risposta dello Czar, vol. VI, p. 299. - Del re di Sassonia, p. 300. - Del re di Wurtemberg, p. 301. - Di S. M. Vittorio Emanuele II, ivi. - Del re d'Olanda, p. 302. - Del re del Belgio, p. 303. - Del re di Anuover, ivi. - Del re di Baviera, p. 304. - Della Confederazione germanica, p305. - Del re di Portogallo, p. 306. - Del Santo Padre Pio IX, ivi. - Della Svizzera, p. 308. ~ Dell'imperatore d'Austria a Napoleone III, pag. 309.

- 359 -

Napoli: II re di Napoli e il suo Governo, voi I, p. 125. - La questione napoletana, Vol. I, pag. 143. - Contraddizioni diplomatiche sulle cose di Napoli, vol. I, p. 147. - Analisi dei documenti relativi alla quistione napoletana, vol. I, p. 150. - II Moniteur di Parigi e la questione napoletana, vol. I, p. 153. - L'Inghilterra e la Sicilia, vol. I, p. 157. - Primi attentati di Napoleone III contro il re di Napoli, vol. I, p. 160. - Attentati in Sicilia, vol. I, p. 172. - Rivoluzione siciliana, vol. I, p. 172. - Attentato contro il re di Napoli, vol. I, p. 175. - Le lodi di Ferdinando li re di Napoli dette nel Parlamento inglese il 3 febbraio 1857, vol. I, p. 237. - Carlo Poerio, il Governo inglese ed il napoletano, vol. I, p. 376. - Falli di Napoli, vol. IV, p. 237. Protesta del re, v. IV, p. 238. -Proclami al popolo di Napoli, vol. IV, p. 239. -Proteste del re contro l'apoteosi del regicidio, vol. IV, p. 210. -Protesta del rappresentante di Napoli contro l'invasione piemontese, vol. IV, p. 211. - Il patrimonio del re di Napoli confiscato da Garibaldi, v. IV, p. 213. - Lettera del re di Napoli a Napoleone IH, vol. IV, p. 2-15. - I misteri di Napoli, vol. IV, p. 248. - La nuova politica del re di Napoli e dell'imperatore Napoleone III, vol. IV, p. 250. -I Legati napoletani in Torino, vol. IV, p. 253. - Nuovi disordini, vol. IV, p. 257. - Nota del conte Cavour al Ministro del re. di Napoli, vol. IV, p. 268. - Entrata del re Vittorio Emanuele II in Napoli, vol. IV, p. 269. - Decreto per le annessioni di Napoli, Sicilia, Marche ed Umbria vol. IV, p. 272. - Cose di Napoli, Garibaldi parte, De-Virgili fucila, vol. IV, p. 275, - La confisca in Napoli, vol. IV, p. 281.

Nizza: Declamazioni contro il Vescovo nell'anno 1848, vol. I, P20. - Proclama del governatore provvisorio Lubonis ai popoli della città e contea di Nizza, vol. IV, p. 11 9.

- La questione di Nizza nella Camera dei Deputati, vol. IV, p. 124. - Perdila di Nizza e Savoia, ossia il trattato del 24 marzo 1800, vol. IV, p. 1Ì9. - Proclama dei Re alle popolazioni di Nizza e Savoia, -vol. IV, p. 131. - Interpellanze di Garibaldi sulla cessione di Nizza, vol. IV. p. 132. - Le votazioni in Nizza ed altrove, vol. IV, p. 135. - Cessione di Nizza e Savoia alla Francia, vol. IV, p 137. - Relazione sul trattato del 24 marzo 1860, vol. IV, p. 139. - II trattato del 24 marzo nella Camera dei Deputati, vol. IV, p. 141. - Testo della relazione presentata dal conte di Cavour per la cessione di Nizza e Savoia alla Francia, vol. IV, p. 142.

Nota della Santa Sede al Governo francese, vol. IV, p. 31. - Nota del ministro Thouvenel al sig. barone di Talleyrand ministro di S. M. l'Imperatore a Torino, vol. IV, p. 50.- Nota del Cardinale Antonelli contro il plebiscito negli Stati Pontifìcii, v. IV, p. 340 - Nota diplomatica sulla disfatta di Garibaldi, vol. VI, p. 48.

Novalesa: II monastero della Novalesa negli anni 719, 1856 e 1863, vol. I, p. 193.

Novantatré: Un novantatré più tremendo del primo minacciato al Piemonte, vol. II, p. 251

Novembre: I primi giorni di novembre del 1847, vol. II, p. 301.

Numero: Forza brutale del numero, vol. II, p. 345.

Nunziante: Proclama del generale Nunziante all'esercito napoletano, vol. IV, p. 228.

O

Opere Pie: Circolare del ministro dell'Interno Ubaldino Peruzzi nell'anno 1862 contro le Opere pie, vol. I, p. 304.

Opinioni (le) dei Deputati sulle opinioni di Napoleone III, vol. V, p. 358. - Ferrari e Alfieri, vol. V, p. 359. - Massari e Musoliim, vol. V, p. 360. - Brofferio, Rimariti e Rattazzi, vol. V, p. 361.

Ordine (l') morale recato negli Stati del Papa, descritto dai Vescovi di quelle diocesi, vol. IV, pag. 372.

- 360 -

Ordini religiosi. Statistica dei medesimi nel Regno di Sardegna prima della legge di soppressione del 29 maggio 1855, vol. I, p. 187.

Ordini (due) del giorno, uno del generale M. Fanti l'altro dell'ammiraglio C. di Persano, vol. IV, p. 310.

Orleans (il Vescovo d'). Risposta all'opuscolo II Papa e il Congresso, vol. III, p. 350.

Orsini Felice. Ragguagli sull'attentato del li di gennaio 1858 contro Napoleone III, Vol. II, p. 81. - Autobiografia di Felice Orsini, vol. Il, p. 89. - Una lettera di Felice Orsini, vol. Il, p. 90. - Grandezza e santificazione del regicidio, vol. Il, p. 99. - L'apoteosi di Orsini, vol. II, p. 101. - Il domani del patibolo, vol. Il, p. 103. - Ritrattazione e testamento di Felice Orsini, vol. li, p. 117.

Osanna : Gli osanna dei papicidi al Santo Padre Pio IX, vol. V, p. 270.

P

Pace: La storia della pace nel 1849, vol. II, p. 10. - La pace di Villafranca e le sue conseguenze, vol. III, p. 65. - Lettera del conte di Walewski, vol. III, p. 257. - Circolare del conte Walewski, vol. III, p. 258. - Testo del trattato di pace di Zurigo, vol. III, p. 282. - Alcune osservazioni sul trattato di pace, vol. III, p. 287.

Palermo: II Governo di Palermo ed i Gesuiti, vol. IV, p. 225.

Panegirico di Giuseppe Mazzini davanti alla Corte d'Appello di Genova, vol. II, p. 105.

Panegirico della Confederazione italiana scritto da V. Gioberti, vol. III, p. 82.

Papa: Guai a clii offende il Papa, vol. III, p. 24. - Testimonianze dei liberali, eretici, gallicani, increduli, in favore del dominio temporale dei Papa, v. Ili, p. 94. - Il Papa, l'assemblea di Bologna e la Gazzetta Piemontese, vol. III, p. 134. - Un po' di statistica sulle votazioni dell'Italia centrate, vol. III, p. 169. - I nemici del Papa-re sono gli eretici dei nostri tempi, vol. III, p. 202. - I passaporti consegnati dal Papa al rappresentante detta Sardegna in Roma, vol. III, p. 211. - Nobilissimo contegno del Papa e del Clero durante la rivoluzione, vol. III, p. 218. - Il potere temporale dei Papi e il voto dei popoli, vol. III, p. 240. - Un giornale protestante in favore del Papa, vol. III, p. 275. - Il Papa e il Congresso, vol. III, p. 337. - Il Papa, il Petrarca e la Gazzetta Piemontese, vol. III, p. 347. - Risposta del Vescovo d'Orleans all'opuscolo Il Papa ed il Congresso, vol. III, p. 350. - II giornale di Roma e l'opuscolo Le Pape et le Congrès, vol. III, p. 359. - II Papa ed i Re. Considerazioni del cavaliere Cibrario, vol. III, p. 376. - Gli insulti del conte Cavour al papato, vol. IV, p. 187. - - La guerra contro il Papa è dichiarata, vol. IV, p. 235. - II Papato e Alfonso A Lamartine, vol. IV, p. 345. - II Papa e il protestante Leo, v«l. IV, p. 347. - II Papa e i protestanti positivi, vol. IV, p. 348. - Che cosa far pel Papa? vol. IV, p. 306. - II Papa e l'episcopato francese, vol. V, p. 256. - Il Papa invitato a presiedere al Congresso di Parigi, vol. VI, p. 282.

Papato: I discorsi di Kossuth e del P. Christie sul Papato, vol. II, p. 21. - Il Papato e Napoleone I, vol. II, p. 230. - Il Papato e Alfonso di Lamartine, vol. IV, p. 345.

Papi: Come finiranno i toro persecutori, vol. IV, p. 41. - Roma e i Papi, vol. IV, p. 45. - il Papa-re e i sovrani d'Europa, vol. IV, p. 47. - Processo cronologico della rivoluzione negli Stati Pontifici, vol. IV, p. 59. - Protesta della Santa Sede contro l'incorporazione delle Romagne al Piemonte, vol. IV, p. 75. - Protesta del Governo napoletano, vol. IV, p. 228.

Pappa; La pappa al neonato regno d'Italia, vol. V, p. 51, Parigi: L'Italia nel Congresso di Parigi, vol. I, p. i i. - Li questione della stampa nel Congresso di Parigi, vol. I, p. 46. - 1 plenipotenziarii sardi e te Legazioni, vol. I, p. 52. - II Congresso di Parigi e le società segrete, vol. I, p. 77. - L'appello alla rivolta dei plenipotenziari piemontesi al Congresso di Parigi, vol. I, p. 80.

- 361 -

Parlamento: Rispetto in Londra verso il Parlamento, vol. II, p. 272.

Parlamento italiano. Discorso d'inaugurazione del primo Parlamento italiano, voi V, p. 7. - il discorso della Corona e ta Venezia, vol. V, p. 77. - L'inaugurazione, descritta dalla Gazzetta Ufficiale, vol. V, p. 10. - I lavori del primo Parlamento italiano, vol. V, p. 62. - Regi Decreti di apertura, di proroga, di ripresa e di chiusura detta Camera, dal 18 febbraio 1861 al 21 maggio 1863, vol. V, p. M. - Bestemmie del primo Parlamento italiano, vol. V, p. 221.

Parma: Protesta della Duchessa reagente contro l'annessione di Parma al Piemonte, volume IV. p. 76. - Protesta della Duchessa contro il Regno d'Italia, vol. V, p. 28.

Parricidi: I parricidi dell'Italia, vol. V, p. 106.

Passaglia e il suo disegno di legge sul giuramento del Clero, vol. V, p. 161.

Patrimonio: Che cosa s'intende per patrimonio di San Pietro, vol. IV, p. 337.

Pazzia segno di civiltà, vol. III, p. 64.

Pensieri quaresimali di Marco Minghetti ministro delle finanze, vol. VI, p. 120.

Perdono ai Garibaldini e processo contro i ministri, vol. VI, p. 52.

Perugia: Finitela cogli orrori di Perugia, vol. III, p. 67. - Vittime delle stragi di Perugia che invece passeggiavano sane e salve, vol. III, p. 76.

Peruzzi: La questua contro il brigantaggio, vol. VI, p. 143.

Petizione per la liberazione di Garibaldi, vol. VI, p. 17.

Piaghe (le) della Società presente, vol. VI, p. 295.

Piemonte: Le Legazioni e il Piemonte, vol. I, p. 72. - Intervento del Piemonte net Ducato di Modena, vol. I, p. 120. - I dodici discorsi della Corona, vol. I, p. 129. - I regicidi di Carlo Alberto ossia storia del Piemonte dai primi tempi alla pace di Parigi, vol. I, p. 1G3. - Cronaca piemontese dell'anno 1856, vol. I, p. 245. - Il Piemonte e l'Austria, vol. II, p. 3. - Dispute del 1857 sul colore della Bandiera piemontese, vol. II, p. 18. - Le fortificazioni piemontesi net 1848 e nel 1857, vol. Il, p. 24. - Austria e Piemonte, vol. II, p. 28. - Le statistiche criminali in Piemonte, vol. II, p. 29. - Modificazioni al Codice pende piemontese, vol. II, p. 31. - I Ministri piemontesi, i Giudei ed i Deputati, vol II, p. 38. - Il Piemonte e gli altri Stati italiani, vol. Il, p. 58. - La Babele dell'insegnamento in Piemonte, vol. II, p. 91. - Scandalose assolutorie dei giurati in Piemonte, vol. Il, p. 120. - Il mercato di Cuorgné, ossia la corruzione elettorale in Piemonte, vol. II, p. HI. - Gog e Magog in Piemonte, vol. Il, p. 201. - II Leviathan piemontese , vol. Il, p. 214. - Un novantatré più tremendo del primo minacciato al Piemonte, vol. II, p. j25I. - L'Epimenide piemontese, vol. II, p. 311. - Lo dicci beatitudini M Piemonte, vol. II, p. 348.

Pimodan : II marchese di Pimodam generate pontificio, vol. IV, p. 306.

Pio VI: Visita del re Carlo Emanuele IV a Pio VI, vol. III, p. 177.

Pio IX Sommo Pontefice: Sua allocuzione del 1 novembre 1850, vol. 1, p. 24. - Sua lettera del 19 settembre 1852 a Vittorio Emanuele li, vol. I, p. 27. - Sua protesta del 29 giugno 1853 contro il Governo piemontese, vol. I, p. 28. - Sua allocuzione del 22 gennaio 1855, vol. 1, p. 34. - Sua carità in vantaggio degli inondati di Francia nel 1856, vol. I, p. 86. - La sua parola, ossia il dolore, la gioia e la speranza delta Chiesa, vol. 1, p. 181. - Circolare del 22 gennaio 1855 contro l'Allocuzione del S. P. Pio IX. vol. I, p. 280. - I quattro viaggi di Pio IX, vol. I, p. 3i5. - Da Roma a Gaeta o Portici nel 1848 e 1849, vol. I, p. 327. - Da Portici a Roma nel 1H50, vol. I, p. 320. - Da Roma per l'Italia Centrale, vol. I, p. 337. - Del quarto viaggio di Pio IX nel 1863, vol. I, p. 346. - Ospedali visitati da Pio IX nel suo viaggio del 1857, vol. I, p. 353. - Di alcune Largizioni del S. P. Pio IX nel suo viaggio del 1857, vol. I, p. 355. - Assegni ed aumenti di pensioni, vol. I, p. 357. - Episodii del viaggio di Pio IX net 1863, vol. I, p. 359. - Una testimonianza non sospetta sul viaggio del S. Padre Pio IX net 1863, vol. I, p. 361.

- 362 -

- Iscrizioni dettate in occasione del viaggio della Santità del N. S. Pio IX, per l'Italia centrate. Neppi e Civita Castellana, vol. I, p. 363. - Magliano, Narni e Spoleto, vol. I, p. 364. - Foligno, vol. I, p. 365. - Spetto, Perugia e Camerino, vol. I, p. 366. - Macerata e Loreto, vol. I, p. 367. - Porto di Civitanova, vol. I, p. 368. - Fermo e Ancona, vol. I, p. 369. - Senigallia, vol. I, p. 372. - Pio IX e il Vangelo. I padri coscritti antichi e moderni, vol. II, p. 61. - Carlo Bon-Compagni davanti a Pio IX in Bologna, vol. li, p. 72. - Un breve del nostro Santo Padre Pio IX al teologo Margotti del 29 agosto 1863, vol. ti, p. 129. - Pio IX, vol. II, p. 283. Sua clemenza, vol. li, p. 285. - Lettera di Pio IX dopo la pace di Villafranca, vol. III, p. 72. - Osservazioni sulla precedente lettera del Santo Padre Pio IX, vol. III, p. 71. - Utili parole di Massimo d'Azeglio intorno a Pio IX, vol. III, p. 144. - Pio IX e la diplomazia, vol. III, p. 264. - Indirizzo del Consiglio provinciale di Bologna, vol. III. p. 286. - Elogi di Filippo De-Boni a Pio IX, vol. III, p. 299. - Risposta di Pio IX al generale Govone, vol. III, p. 365. - Pio IX e la sua Enciclica del 19 gennaio 1860, vol. IV, p. 16. - Littere apostolicae quibus majoris excommunicatioiiis pana infligitur. etc. , vol. IV, p. 65. - Sua corrispondenza con Vittorio Emanuele II, vol. IV, p. 96. - Allocuzione del SS. N. S. per divina provvidenza Pio Papa IX tenuta nel Concistoro segreto del 28 settembre 1860, vol. IV, p. 321. - Gti apologisti involontari di Pio IX, vol. IV, p. 341. - La passione di Pio IX, vol. IV. p. 350. - II più gran dolore di Pio IX, vol. IV, p. 354. - Sacrileghi insulti a Pio IX, vol. IV, p. 356. -Le glorie degli otto Pii rinnovate in Pio IX, vol. IV, p. 358. - Pio IX e la rivoluzione, lezioni di certi protestanti a certi cattolici, vol. IV, p 362. - Pio IX flagellato dai giudei, vol. IV, p. 369. - Pio IX e la strage degli innocenti, vol. V, p. 213. - Un breve di Pio IX al cav. Stefano Margotti, vol. V, p. 128. - Pio IX e Napoleone III, vol. V, p. 253. - Il papa Pio IX e l'Episcopato francese, vol. V, p. 256. - La causa di Pio IX trionfante nell'Accademia francese, vol. V, p. 260. - Una vittoria di Pio IX sulla diplomazia di Napoleone III, vol. V, p. 262. - Se te riforme avrebbero salvato Pio IX? vol. V, p. 265. - Pio IX fu ingrato verso Napoleone III, vol. V, p. 268. - Gli osanna dei papicidi al Santo Padre Pio IX, vol. V, p. 270. - Chi mutò? Pio IX o i liberali? Risposta al senatore Vacca, vol. V, p. 274. - I nemici di Pio IX sgabello a 'suoi piedi nell'anniversario della sua elezione, vol. V, p. 277. - Le lodi di Pio IX cantate da Angelo Brofferio con accompagnamento di Norberto Rosa, vol. V, p. 281. - Pio IX difeso da Dettino Ricasoli contro il Ministro francese Thouvenel, vol. V, p. 285. Che cosa ha fatto Napoleone III per salvare Pio IX? vol. V, p. 288. - Le glorie di Pio IX all'esposizione di Londra, vol. V, p. 298. - Un sovrano che benedice, vol. V, p. 306. - L'antagonismo tra Pio IX e l'Italia, vol. V, p. 309. - Pio IX e il Clero francese, vol. V, p. 310. - La petizione dei Passagliani a Papa Pio IX, vol. V, p. 311. - Carattere di Pio IX descritto da S. E. Farini, vol. V, p. 315. - I congressi di Pio IX ed i congressi di Napoleone III, vol. VI, p. 281.

Pisa: Arresto del Cardinale Arcivescovo, vol. IV, p. 161. - Suo arrivo in Torino, vol. IV, p. 162. - La causa del Cardinale Arcivescovo di Pisa, vol. IV, p. 163. - Qual è il delitto del Cardinale di Pisa? Perché si sostiene in prigione? vol. IV, p. 161.

Pisacane: Suo testamento, vol. II, p. 269. - Testamento di Carlo Pisacane. Avviso ai proprietarii, vol. II, p. 272. - Pisacane e Garibaldi, vol. IV, p. 246.

Pisanelli guardasigilli nell'anno 1863, cerca associati ad un giornate avverso alla causa del S. P. Pio IX, vol. I, p. 306. - Scrive ai sacerdoti ribelli di Lombardia, vol. 1, p. 807. Suo Avviso d'asta per lo spaccio dei benefizii ecclesiastici in Sicilia, vol. I, p. 309. - Circolare contro i preti che non hanno cantato nella festa dell'unità italiana e proibizione che non vengano nominali parrocIII, vol. I, p. 309. - Decreto che sottopone all' Exequatur tutto ciò che viene dal capo della Chiesa, vol. I, p. 311. - Circolare con cui si dichiara che i preti non sono obbligati a dire certi Oremus mentre molli sacerdoti vennero processati e condannali per averli ommessi, vol. I, pag. 320.

- 363 -

- Circolare da cui risulta che vuoi prendere in mano l'amministrazione delle parrocchie, vol. I, p. 321. - Progetto di legge per la soppressione delle Corporazioni religiose, vol. V, p. 165.

Piena Giacomo, ministro dell'interno. Sua circolare ai parroci, vol. I, p. 261.

Plombières: Le trentasei ore di Plombières, vol. II, p. 186.

Politica francese a Roma esposta dal protestante Guizot, vol. IH, p. 89. - Alternative dialettiche della politica francese, vol. III, p. 339.

Polizia: La polizia degli eccellentissimi signori Farini e Ricasoli (Breve commento su Dante), vol. IV, p. 196.

Polonia e Italia, vol. II, p. 233.

Pontefice: Non è di fede che il Sommo Pontefice debba avere uno stato temporale, vol. IV, pag. 22.

Popolo: Le sostanze del popolo in mano dei conservatori e dei rivoluzionarii, vol. IV, p. 198.

Potenza: Rivoluzione a Potenza, vol. IV, p. 230.

Potere temporale dei Papi e voto dei popoli, vol. III, p. 240.

Prefazione: Due articoli di prefazione, vol. I, p. 15.

Preghiera: La necessità della preghiera, risposta di Rousseau all'Unione, vol. II, p. 190.

Preghiere degli Ebrei pel Regno d'Italia, vol. IH, p. 320.

Preparativi per la torre di Babele, vol. VI, p. 296.

Prestito: Approvazione del prestito di 750 milioni, vol. V, p. 58.

Preti innocenti ingiustamente imprigionati, vol. II, p. 323. - I dodici preti della Camera dei Deputati, vol. V, p. 217. - Chi-sono i preti liberali? vol. V, p. 221.

Primo passo di Rattazzi per conquistare Roma e Venezia, vol. VI, p. 12.

Processo contro il cattolicismo nella Camera dei Deputati, vol. I, p. 224. - Processo cronologico della rivoluzione negli Stati pontificii, vol. IV, p. 59. - Processo di Garibaldi e dei Garibaldini, vol. VI, p. 50.

Proclama del generale Lamoricière dell'8 aprile 1860 alle truppe pontifìcie, vol. IV, p. 170. - Proclama del generale Nunziante all'esercito Napoletano, vol. IV, p. 228. - Proclama di Garibaldi a' suoi, vol. VI, p. 31.

Proclami ed ordini del giorno, vol. V, p. 372.

Progetto di legge contro il danaro di S. Pietro e l'influenza clericale, vol. V, p. 163.

Programma (il) del ministero Farini, vol. VI, p. 112.

Progresso: II calvinismo ed il progresso, vol. II, p. 173.

Professori di diritto canonico nel!1 Università di Torino, vol. II, p. 307.

Proprietarii: II testamento di Carlo Pisacane. Avviso ai proprietarii, vol. II, p. 272.

Protesta del Governo napoletano, vol. IV, p. 228. - Protesta del Re di Napoli contro l'apoteosi del Regicidio, vol. IV, p. 240. - Protesta del rappresentante di Napoli contro l'invasione piemontese, vol. IV, p. 241. - Protesta del duca Francesco contro le annessioni, vol. IV, p. 72. - Protesta del duca di Modena contro il regno d'Italia, vol. V, p. 26. - Protesta del Cardinale Vescovo di Jcsi per sacrileghi insulti a Pio IX, vol. V, pag. 356.

Protestantesimo: Convenienze delle libertà gallicane col protestantesimo, colla rivoluzione e col dispotismo, vol. li, p. 52. - Protestantesimo e rivoluzione, vol. 11, p. 65.

Protestanti: Movimento protestante in Italia, vol. I, p. 83. - Risposta di Vittorio Emmanuele II a un indirizzo protestante, vol. I, p. 178.

Protestantismo: Concorso per protestantizzare l'Italia, vol. III, p. 86. - Protestantismo e rivoluzione, vol. III, p. 163. - II protestantesimo in Toscana, vol. III, p. 184. - Un giornale protestante in favore del Papa, vol. III, p. 275. - Protestantismo e rivoluzione, vol. III, p. 398.

- 364 -

- Rimostrarne dell'Arcivescovo di Pisa al Governa contro il protestantismo, vol. III, p. 371.

Protetti: Del duca di Modena contro le annessioni, vol. IV, p. 72. - Della Santa Sede contro l'incorporazione delle Romagne al Piemonte, vol. IV, p. 75. - Della duchessa reggente: di Parma contro l'annessione, vol. IV, p. 76. - Dell'Austria contro!> annessioni, vai. IV, p. 78. - Del granduca di Toscana contro l'annessione della Toscana al Piemonte, vol. IV, p. 80. - Del granduca ili Toscana contro il Regno d'Italia, vol. V, p. 25. - Di Francesco V, vol. V, p. 26. - Della duchessa di Parma, vol. V, p. 28. - Della Santa Sede. ivi. - Di Napoleone Ili nel novembre del 1848 e del 1863, vol. VI, p. S88.

Provincia tolte e provincia lasciate al Papa, vol. IV, p. 331.

Q

Quadro dei personaggi che hanno coperto i diversi ministeri, e durata delle loro funzioni, vol. V, p. 3G8. - Quadro degli Stati che hanno riconosciuto il regno d'Italia, v. V. p. 375.

Quaranta milioni per l'Italia centrale, vol. III, p. 49.

Quaresima; Circolare contro le bolle della Quaresima, vol. I, p. 319.

Questione (la) dulia stampa nel Congresso di Parigi, vol. I, p. 46. - Napolitana, v. I, p. 143. - La questione romana sotto il ministero di Dettino Ricasoli, vol. V, p. 317. - La questione di Roma nel dicembre 1801 e nel dicembre 1862, vol. VI, p. 109.

Questioni: Le questioni del neonato regno d'Italia, vol. V, p. 101. - Questione italico-portoghese, vol. V, p. 108. - Questione italico-spagnuola, vol. V, p. 103. - Questione italico-francese, vol. V, p. 101. - La questione romana sotto il ministero Bettino Ricasoli, vol. V, p. 317.

Questua (la) di Peruzzi contro il brigantaggio, vol. VI, p. 143.

R

Ragazzi di otto anni al governo della pubblica istruzione, vol. V, p. 243.

Ragguagli sull'attentato del li gennaio 1858, contro Napoleone III, vol. li, p. 84.

Rattazzi Ministro di grazia e giustizia nell'anno 1848 intima ai Vescovi di conformarsi alle viste, intenzioni e deliberazioni del Governo, vol. I, p. 263. - Nel 1853 vuol mettere la mano sui beni dette parrocchie, vol. I, p. 278. - Nel 1856 scrive una circolare contro il Clero avverso al Governo, vol. I, p. 5)2. - Nel 1857 esorta i Sindaci a sopravegliare affinché i parrochi non vendano i vasi sacri d'oro e d'argento, v. I, p. 285 e 287. - Ultima settimana del suo ministero, vai. VI, p. 66. - Suicidio del ministero Rattazzi, vol. VI, p. 71. - Suo testamento davanti la Camera ilei Deputati, vol. VI, p. 73. Funerali ilei suo ministero, vol. VI, p. 7G.

Rattazzi: Suo primo passo per conquistare Roma e Venezia, vol. VI, p, Ì2. - Sue cospirazioni, vol. VI, p. 17. - Rattazzi ed il partito d'azione, vol. VI, p. 50. - Rattazzi e la seconda Novara - Ultima settimana del suo ministero, vol. VI, p. 66. - Suicidio al ministero Rattazzi vol. VI, p. 71.

Il testamento di Rattazzi davanti la Camera dei Deputati, vol. VI, p. 73. - Funerali del ministro Rattazzi, vol. VI, p. 76.

Re di Napoli: Le tirannie del re di Napoli che osava di abolire le imposte in Sicilia, volume II, p. 145.

Re per la grazia di Dio e re per la grazia del popolo, vol. III, p. 129.

Reggente: II principe di Carignano proclamato reggente d'Italia centrale, vol. III, p. 147. - La questione della reggenza dell'Italia centrale, vol. III, p. 252. - Lettera del principe di Carignano al comi». Bon-Compagni, vol. III, p. 254.

- 365 -

Regicidio: Grandezza e santificazione del regicidio, vol. li, p. 99. - Dio salvi il re, v. li p. 136.

Regno d'Italia: I primi vagiti, vol. V, p. 3. - Il regno d'Italia nel Senato piemontese, vol. V, p. 17. - Deliberazioni del Senato sul regno d'Italia, vol. V, p. 20. - II nuovo regno d'Italia nella Camera dei Deputati, vol. V, p. 82. - Legge che stabilisce il regno d'Italia, vol. V, p. 25. - Le finanze e le imposte del regno d'Italia, vol. V, p. 32. - II primo gran libro della grande storia ilei grande regno d'Italia. Grande edizione del grandissimo Bastogi, vol. V, p. 33. - La Festa nazionale, vol. V, p. 37. - II regno d'Italia e la Francia, vol. V, p. 44. - Il regno d'Italia può essere riconosciuto da Napoleone III? vol. V, p. 45. -La pappa al neonato regno d'Italia, vol. V, p. 51. -11 regno d'Italia e Napoleone III, vol. V, p. 53. -11 regno d'Italia alla conquista della Corsica e di Malta, vol. V, p. 58. - I rappresentanti italiani rappresentano l'Italia? vol. V, p. 91. - II regno d'Italia dipinto dagl'Italianissimi. vol. V, p. 93. - Le questioni del neonato regno d'Italia, vol. V. p. 101. - II ministro dei Culti, vol. V, p. 101. - L'immagine della libertà nel regno d'Italia, vol. V, p. 230. - Il regno d'Italia descritto dagl'italianissimi, vol. VI, p. 254.

Relazione del conte di Rayneval, invialo francese a Roma al conte Walewski, ministro degli affari esteri in Francia, vol. II. p. 280. - Relazione e progetto di legge per assegno e ricompensa al cav. Farini, vol. VI, p. 141. - La relazione della Commissione d'inchiesta sul brigantaggio, vol. VI, p. 192.

Religiosi: Statistica degli ordini religiosi nel regno di Sardegna prima delle legge «li soppressione del 29 maggio 1855, voi I, p. 187. - Circolare del Ministro dell'interno conte di S. Martino nel 1853, con cui si prepara la soppressione degli ordini religiosi, volume I, p. 275.

Robespierre: L'apoteosi di Robespierre in Londra, vol. II, p. 127.

Riabilitazione di un parente di un martire, vol. IV, p. 283.

Ricasoli: I due Ricasoli, storia fiorentina contemporanea, vol. III, p. 306. - L'arcivescovo di Firenze al barone Ricasoli, vol. III. p. 333. - Ricasoli presenta i veti della Toscana al Re, vol. IV, p. 155. - II barone Ricasoli mercante di libertà, vol. V, p. 340. Lettera di Ricasoli al cardinale Antonelli, vol. V, p. 343. - Ricasoli reo di furto letterario a danno di un frate, vol. V, p. 347. - Precipitato dalla Rocca Tarpea, vol. V, pag. 366.

Ricordo di messer Francesco Guicciardini, vol. III, p. 117.

Riformatori (i) del Governo pontificio, vol. III, p. 369.

Rimostranze del cardinale di Pisa al Governo toscano, vol. III, p. 371.

Risposte a Napoleone III sulla convocazione di un Congresso europeo. - Risposta dello Czar a Napoleone III, vol. VI, p. 299. - Del re di Sassonia, p. 300. - del re di Wurtemberg, p. 301. - Di S. M. Vittorio Emanuele II, p. 201. - Del re d'Olanda, p. 302. - Del re del Belgio, p. 303. - Del re d'Annover, p. 303. - Del re di Baviera, p. 304. - Della Confederazione Germanica, p. 305. - Del re di Portogallo, p. 306. - M Santo Padre Pio IX, p. 306. - Della Svizzera, p. 358. - Dell'Imperatore d'Austria, p. 309.

Risposta di Vittorio Vittorio Emanuele a un indirizzo protestante, vol. I, p. 178.

Ristorazioni antiche dopo la rivoluzione di Francia del 1789, vol. I, p. 41.

Rivelazioni del ministro Cordova sulla Sicilia, vol. V. p. 245.

Rivincite: Le rivincite del Guardasigilli e la persecuzione della Chiesa, vol. V, p. 210.

Rivoluzione : L'appello alla rivolta dei plenipotenziari piemontesi al Congresso di Parigi, vol. I, p. 80. - L'Inghilterra e la rivoluzione italiana, vol. I, p. 107.

- 366 -

- Attentati rivoluzionati in Italia, vol. I, p. 110. - Rassomiglianze tra la rivoluzione Francese e l'Italiana, vol. I, p. 109. - Convenienze delle libertà gallicane colla rivoluzione, vol. II, p. 52. Protestantesimo e rivoluzione, vol. II, p. 55. - Giovanni Huss e i Rivoluzionari moderni, vol. Il, p. 81. - I rivoluzionari alla fiorentina, vol. Il, p. 108. - Voracità rivoluzionaria, vol. II, p. 111. - II conte Cavour, Trivulzio Pallavicino e la rivoluzione, vol. II, p. 134. - Satana e i rivoluzionari, vol. Il, p. 148. - II dizionario della Rivoluzione, vol. II, p. 221. - I secoli delle rivoluzioni sono i secoli dei ladri, vol. II, p. 275. - Processo cronologico della rivoluzione negli Stati Pontifici, vol. IV, p. 59. - Soccorsi alla rivoluzione italiana, vol. IV, p. 212. - Documenti della rivoluzione siciliana, vol. IV, p. 223. - Rivoluziono di Potenza, vol. IV, p. 230. - La rivoluzione italiana è figlia della francese, vol. IV, p. 278. - Pio IX e la rivoluzione, lezione di certi protestanti a certi cattolici, vol. IV. p. 362.

Roma: II nostro ossequio a l'orna, vol. Il, p. 155. - Relazione del conte di Ravneval invialo francese a Roma, al conte Walewski ministro degli affari esteri in Francia, vol. II, p. 280. - I partiti lugli Stati Pontifici e in Italia, vol. II. p. 281. - Gli assalti contro Roma, vol. II, p. 298. - La politica francese a Roma, esposta dal protestante Guizol, vol. III, p. 89. - I passaporti consegnati dal Papa al rappresentanti della Sardegna in Roma, vol. III, p. 211. - Le Finanze pontificie difese da un rivoluzionario romagnolo, vol. III, p. 249.

Roma e i Papi, vol. IV, p. 35. - Roma e Piemonte, vol. IV, p. 307. - La divisione ti Roma e l'unità d'Italia, vol. V, p. 29. - Roma massonica e Roma cattolica, vol. V, p. 125. - Roma e Ricasoli davanti i Deputali ed i Senatori, vol. V, p. 328. Roma e il deputalo Ferrari, vol. V, p. 350. - Roma ed Aspromonte, Giuseppe Garibaldi e Urbano Rattazzi, vol. VI, p. 3. - Roma ipotecata dal conte Cavour, vol. VI, p. 1S5.

Romagne: Gl'inviati delle Romagne a Vittorio Emanuele II, vol. III, p. 178. - Un'occhiata al Governo delle Romagne negli ultimi mesi del 1859, vol. III, p. 208. - Miseranda condizione delle Romagne in sul cadere del 1859, vol. III, p. 242. -Il Clero delle Romagne. Confessione del sig. Pepoli, vol. III, p. 291. - Lo stemma sabaudo nelle Romagne, vol. III, p. 302.

Rosmini: Una lettera dell'abate Antonio Rosmini sul contegno d'un vescovo nelle presenti circostanze, vol. III, p. 112.

Russia: Il Russo potente alleato del Piemonte, vol. II, p. 65. - Gli arazzi dell' Armonia all'arrivo della Czarina vedova, vol. Il, p. 68. - La Russia, Villafranca e Camillo Cavour. vol. Il, p. 211. - La Russia e la questione polacca sul cadere del 1859, vol. III, pag. 311.

Salvagnoli. Epistolario del sagrestano Salvagnoli ministro toscano nel 1859, v. III, p. 311.

Salve lucro! vol. VI, p. 132.

Salve regina degl'Italiani, vol. IV, p. 285.

Santa Sede: Protesta della Santa Sede contro il Regno d'Italia, vol. V, p. 29.

Sant'Uffizio (il), il colonnello Anviti e il giovine Mortara, vol. III, p. 268.

Salaria e i rivoluzionarii, vol. II, p. 148.

Savoia: La questione della Savoia, vol. IV, p. 102. - Il sacrificio della Savoia e della contea di Nizza, vol. IV, p. 101. - La questione savoina in gennaio ed in mano, vol. IV, p. 103. - Circolare di Thouvenel sulla questione di Savoia e di Nizza, vol. I. p. 108. - Le due perdite della Savoia e della contea di Nizza, vol. IV, p. 112.

- Riunione alla Francia della Savoia e di Nizza, vol. IV, p. ili, - Proemio al trattato di cessione della Savoia e di Nizza, vol. IV, p. 115. - Una data doppiamente dolorosa, vol. IV, p. 117. - Annessioni e sconnessioni, vol. IV, p. 121. - Proclama del Governatore della provincia di Ciamberì, vol. IV, p. 127.

- 367 -

- Perdita della Savoia e di Nizza, ossia il trattato del 24 marzo 1860, vol. IV, p. 129. - Proclama del Re alle popolazioni di Savoia e Nizza, vol. IV, p. 131. - Cessione della Savoia e di Nizza, vol. IV, p. 137. - Relazione del trattato del 24 marzo del deputato Rorà, p. 139. - Il trattato del 2i marzo nella Camera dei Deputati, vol. IV, p. MI. - Testo della relazione presentata dal conte di Cavour per la cessione della Savoia e di Nizza, vol. IV, p. 142. - Approvazione del trattato Franco-Savoino-Nizzardo, e il nome dei Deputati che lo approvarono o lo rigettarono, vol. IV, p. 144. - La questione di Savoia e di Nizza al Senato, vol. IV, p. 146. - Votazione del Senato in favore del trattato 24 marzo, vol. IV, p. 147. - Relazione del sig. Thouvenel sul trattato del 24 marzo, vol. IV, p. 148. - Addio per sempre alla Savoia e Nizza, vol. IV, p. 150. - Il Senatus-Consulto sulla riunione della Savoia e Nizza alla Francia, vol. IV, p. 151.

Scavini (Monsignore). Discorso sull'eleggibilità dei Canonici, vol. II, p. 329. - Lezione a Mamiani, vol. II, p. 337.

Scomunica: La forza della scomunica, vol. III, p. 199. - La scomunica e i suoi derisori, voi IV, p. 62. - La scomunica e i governatori, vol. IV, p. 63.

Scuole (le) normali e i maestri e le maestre presenti, vol. II, p. 346.

Senato: La questione della Savoia e di Nizza al Senato, vol. IV, p. 146 - Votazione del Senato in favore del trattato del 24 marzo 1860, vol. IV, p. 147. - Deliberazione del Senato sul Regno d'Italia, vol. V, p. 20.

Senatori e Deputati del Regno d'Italia. . Sessione 1861-62, vol. VI, p. 213.

Settemila fucilati a Napoli, vol. VI, p. 152.

Sicilia: L'Inghilterra e la Sicilia, vol. I, p. 157. - Attentati in Sicilia e rivoluzione, vol. I, p. 172. - Rivoluzione siciliana, vol. I, p. 172. -L'insurrezione della Sicilia, vol. IV, p. 209. - Soccorsi alla rivoluzione siciliana, vol. IV, p. 212. - Spedizione di Garibaldi in Sicilia, vol. IV, p. 214. - Proclami di Garibaldi, vol. IV, p. 215. - Garibaldi al Re, vol. IV, p. 218. - II Governo e Garibaldi vol. IV, p. 219. - Garibaldi in Sicilia, ivi. - Convenzione stipulata il G giugno 1860 tra il generale Garibaldi ed il generale Lanza. vol. IV, p. 220. - Commissione di difesa in Palermo, vol. IV, p. 221. - Annessione della Sicilia al Piemonte, vol. IV, p. 222. - Documenti della rivoluzione siciliana, vol. IV, p. 223. - II Governo di Palermo e i Gesuiti, vol. IV, p. 225. - Alcuni decreti di Garibaldi, ivi. - Protesta del Governo napoletano, vol. IV. p. 228. - Proclama del generale Nunziante all'esercito napoletano, ivi. - Rivoluzione a Potenza, v. IV, p. 230. - Una circolare del ministro Farini ai signori Governatori e Intendenti generali sulle faccende siciliane, vol. IV, p, 231. - Lo Statuto a balia in Sicilia, v. IV, 254. - La confisca in Sicilia, vol. IV, p. 281.

Silenzio: La malattia del silenzio nell'Impero francese, vol. III, p. 166.

Siracusa (conte di) e la sua lettera al re Francesco Il, vol. IV, p. 229.

Società segrete: La Francia e le società segrete, vol. 1, p. 140. - Società nazionale italiana, vol. II, p. 218.

Soppressione dei Gesuiti e delle Dame del Sacro cuore nel 1848, vol. I, p. 20. - La soppressione della Teologia e gli spropositi del deputato Macchi, vol. V, p. 227.

Stabat Mater: Parodia dello Stabat Mater, vol. IV, p. 286.

Stakelberg (conte) e la libertà dei tutti, vol. Il, p. 366.

Stampa: La libertà della stampa concessa a tutti fuorché ai Vescovi, vol. I, p. 19 e 26.

- La questione della stampa nel Congresso di Parigi, vol. I, p. 46.

Stella: La stella d'Italia ed i tre Arcivescovi delle Marche e dell'Umbria, vol. V, p. 249, Stemma sabaudo nelle Romagne, vol. III, p. 302.

Storia del Piemonte dai primi tempi alla pace di Parigi del 90 mano 1856, ossia i regicidi di Carlo Alberto, di Antonio Gallenga, vol. I, p. 163.

- 368 -

Storia della Formola: Libera Chiesa in libero Stato, vol. V, p. 129.

Strade ferrate romane, vol. 11, p. 44. - Italiane, vol. II, p. 46.

Strage imminente d'impiegati, vol. IV, p. 260.

Statuto: Lo Statuto a balia in Sicilia, vol. IV, p. 254. - Statuto della Massoneria italiana, vol. V, p. 116. - Lo Statuto e i plebisciti, vol. VI, p. 242.

Strenna degli italianissimi al bimbo Regno d'Italia, vol. V, p. 110.

Suicidio del Ministero Rattazzi, vol. VI, p. 71.

Sulle principali storie dei nostri tempi (cenno bibliografico, vol. I, p. 12.

T

Testamento (il) del ministro Rattazzi, vol. VI, p. 73.

Thouvenel ministro di Francia. Nota al barone di Talleyrand a Torino, vol. IV, p. 50. - Sui circolare sulla questione di Savoia e di Nizza, vol. IV, p. 108. - Relazione del signor Thouvenel sul trattalo 21 del marzo, vol. IV, p. 148.

Torinesi antichi e moderni, vol. I, p 1Q2.

Torino: I professori di diritto canonico nell'Università di Torino, vol. II, p. 307. - Torino e Milano, vol. III, p. 236.

Toscana: Le leggi leopoldine e l'Armonia proibita in Toscana, vol. II, p. 113. - Ristorazione in Toscana per opera del popolo, v. Ili, p. 1)1. - Un invito del Monitore toscano, v. Ili, p. 127. - L'unanimità del popolo e le circolari del governo di Toscana, vol. III, p. 160. - II protestantesimo in Toscana nel 1859, vol. III, p. 184. - Edizione compiuta delle opere di Machiavelli a spese della Toscana, vol. III, p. 186. -La Toscana dipinta dal Times nel 1859, voi III, p. 204. - Documento diplomatico sulla reggenza Bon-Compagni in Toscana, vol. III, p. 289. - Empietà e mal costume in Toscana, solenni lagnanze dei Vescovi, vol. IH, p. 2114. - Epistolario del sagrestano Salvagnoli ministro toscano nell'anno 1859, vol. III, p. 317. - II Granduca nel 1848 e nel 1859, vol. III. p. 324. - Protesta del Granduca contro l'annessione della Toscana al Piemonte, v. IV, p. 80. - Annessione della Toscana, vol. IV, p. 155. - Una legge contro il Clero lascino, e un'ipotesi su Bellino Ricasoli, vol. IV, p. 167.

Trappiti: Eccellenza dell'agricoltura, vol. II, p. 371.

Trattati: I trattati di Zurigo e le corporazioni religiose, vol. III, p. 52. - I trattati del 1813 e la proposta di un Congresso europeo fatta da Napoleone IH, nel 1859, vol. III, p. 2ii. - Testo del trattato di pace di Zurigo, vol. III, p. 282. - Alcune osservazioni sul trattato di pace, vol. IH, p. 287.

Trattato di Tolentino, vol. I, p. 69.

Le tribolazioni della Chiesa in Piemonte dal 1847 al Congresso di Parigi, vol. I, p. 19. - Vescovo d'Acqui, p. 24. - Id. d'Alghero, p. 25. - W. d'Asti, p. 22-24. - Id. di Cagliari, p. 22-23. - Id. di Mondovì, p. 24. - Id. di Nizza, p. 20. - Id. di Pinerolo p. 19. - Id. di Saluzzo, p. 22. - Id. di Sassari, p. 23. - Id. di Torino, p. 22-23 25, 31, 32. - Id. di Tortona, p. 21. - Id. di Vercelli, p. 20.

Trionfi (i) della legislazione pontificia, vol. IV, p. 326.

Times (il) si diverte con Napoleone III, vol. VI, p. 298.

U

Ugo Foscolo austriaco, vol. II, p. 378.

Ultimatum del conte di Cavour al Papa, vol. IV, p. 301.

Ultimi momenti di Carlo Luigi Farini, vol. VI. p. 123.

Umbria: I beni ecclesiastici incamerati nell'Umbria, vol. IV, p. 287.

Unità (l') d'Italia e la divisione di Roma, vol. V, p. 29.

Univers (l') viene soppresso, vol. IV. p. 14.

- 369 -

V

Vacca: Progetto contro gli ordini religiosi, vol. V, p. 173.

Vagiti: I primi vagiti del Regno d'Italia, vol. V, p. 3.

Venezia: Lord Palmerston e la Venezia, vol. Il, p. 176. - La Venezia e il discorso della Corona, vol. V, p. 9.

Vescovi: Una lettera dell'abate Antonio Rosmini sul contegno d'un Vescovo nelle presenti difficilissime circostanze, vol. III, p. 112. - Empietà e mal costume in Toscana, solenni lagnanze dei Vescovi, vol. III, p. 29i. - L'episcopato modenese, Farini e la stampa settaria, vol. III, p. 313.

Vescovo (il) di Moulins nel 1857. Decreto di Napoleone III contro il medesimo, vol. II, p. 257. - Gli articoli organici, vol. li, p. 259. - Il Governo francese e il Vescovo di Moulins, vol. II, p. 263.

Viaggi d'una moneta d'oro, vol. Il, p. 177.

Viaggio nell'Italia centrale, vol. IV, p. 190.

Villafranca: La pace di Villafranca e le sue conseguenze, vol. III, p. 65.

Visita del Re Carlo Emanuele IV a Pio VI, vol. III, p. 177.

Vittoria: La vittoria di Castelfidardo e la vittoria di Wagram, vol. IV, p. 304.

Vittorio Emanuele II: Le Deputazioni di Parma e di Modena ricevute in Torino da Vittorio Emanuele li, vol. III, p. 152. - Gli inviati delle Romagne a Vittorio Emanuele II, vol. III, p. 178. - Sua corrispondenza con Pio IX, vol. IV, p. 96. - Sua entrata in Napoli, vol. IV, p. 269.

Vituperii e calunnie contro il nostro Santo Padre, vol. V, p. 352.

Voltaire e Dante al teatro Carignano, vol. II, p. 158.

Votazioni: Un po' di statistica sulle votazioni dell'Italia centrale, vol. III, p. 169. - II potere temporale dei Papi ed il voto dei popoli, vol. III, p. 210.

Z

Zio (lo) e il nipote si rassomigliano e rassomiglieranno, vol. VI, p. 280.

Zurigo: I trattati di Zurigo e le corporazioni religiose, vol. III, p. 52. - Testo del trattato della pace di Zurigo, vol. III, p. 282. - Alcune osservazioni sul trattato di pace, vol. III, pag. 287.

W

Walewski: Lettera agli agenti diplomatici, vol. III, p. 257.

Westfalia: Nuova edizione della pace di Westfalia, vol. VI, p. 285.

FINE

Rds, 16 Febbraio 2009 https://www.eleaml.org












vai su









Ai sensi della legge n.62 del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e del Webm@ster.