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L'Italia meridionale o l'antico Reame delle due Sicilie G. De Luca - (1)
L'Italia meridionale o l'antico Reame delle due Sicilie G. De Luca - (2)
L'Italia meridionale o l'antico Reame delle due Sicilie G. De Luca - (3)
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L'ITALIA MERIDIONALE

O

L'ANTICO REAME DELLE DUE SICILIE

DESCRIZIONE

GEOGRAFICA, STORICA, AMMINISTRATIVA.

PER

GIUSEPPE DE LUCA

NAPOLI - 1860


(3) pag. 218-350

AI NOSTRI CONCITTADINI

Pubblicando il Compendio di Geografa di Adriano Balbi, la massima opera del nostro Geografo italiano; poste innanzi alcune nostre poche parole intorno al concetto della Geografia, e un più lungo lavoro intorno alla storia di quella scienza e alla Geografia Antica, noi ci siamo dipartiti dal Balbi nell'ordine delle materie, e siamo entrati nella topografia incominciando dagli Stati italiani. Fu nostro pensiero che l'Italia nostra, che il nostro bel paese fosse descritto innanzi a tutti gli altri e piíi particolarmente; e che l'Italia, allora divisa in tante parti, avesse, in questa descrizione, quell'unità che niuno al mondo non polena ritoglierci. la unita geografica, che fu una grande cagione, anzi la principale, dell'unità politica.

Onde alla descrizione degli altri Stati italiani noi riunimmo quella dell'Illirio, del Tirolo italiano, del Trentino, della Venezia, della Lombardia, della Corsica, delle isole di Malta. Nè solo riunimmo in uno tulle le parti d'Italia, spezzando le dure unità amministrative, che il Balbi aveva voluto conservare; ma ad ogni contrada d'Italia aggiungemmo un'appendice, nella quale, sviluppando la parto topografica, noi demmo molte notizie storiche, geografiche, amministrative, con ricchi quadri di Statistica; e si che la nostra Italia, pubblicata in quel libro, apparve come un lavoro compiuto.

Venendo a questa parte meridionale della penisola, noi siamo discesi in più minuti particolari; e, discorse lungamente le condizioni fisiche, le condizioni storiche e le amministrative di questo paese, abbiamo sviluppato la topografia delle provincie napolitane e siciliane, e fatto di determinare il carattere tisico di ciascuna di esse.

Egli è vero che, avendo pubblicato questo lavoro nel finire del 1859 e nel cominciare del 1860, noi dovemmo conservare alcune denominazioni e suddivisioni degli antichi Stati italiani. Egli è vero che questa parte d' Italia che noi abitiamo, e ch'è la più meridionale e la più bella ad un tempo, entra oggi nel regno d'Italia, entra in un periodo di nuova vita, tanto che il nostro lavoro per questa parte può dirsi antico. Ma quello che forma la parte fondamentale del libro che noi pubblichiamo resta immutato, nulla cangiando le condizioni topografiche e fisiche, le condizioni storiche e statistiche. Ed essendo utile ed importante che queste nostre particolari condizioni sieno conosciute, soprattutto nel momento in cui noi versiamo, nel salutare lavoro di contemperare ed unificare insieme le varie provincie italiane, noi crediamo di far cosa grata ai nostri concittadini, presentando loro questo lavoro, che noi abbiamo fatto con tanto amore, raccogliendo ed ordinando insieme tanti sparsi elementi.

Napoli 1° Gennaio 1861.

Giuseppe De Luca.




Dominazione de' Borboni.

(1734)

Le guerre continue e sanguinose, le sedizioni, la peste, e le lagrimevoli vicende del lungo governo viceregnale, aveano turbato e ridotto in miserevole condizione il nostro reame. Ma il nuovo re Carlo, ch'è da riguardare come novello fondatore di questa monarchia, volendo restituirla all'antica gloria e potere, e renderla prosperevole. fece innanzi tutto di stabilire fra' suoi sudditi l'osservanza di una giustizia costante ed uguale fra tutti, ch'è il dovere più sacro di ogni Sovrano; e seppe farlo felicemente, egli che avea cuore buono, senno maggiore dell'età, alti sentimenti di giustizia e di carità inverso i soggetti, temperanza, desiderio di grandezza, ambizione di gloria. Il Supremo Consiglio d'Italia fu abolito; il Collegio Collaterale cangiò in Consiglio di Stato: gli altri magistrati rimasero come innanzi. Ma diede forma più severa ai giudizj, e tolse molti abusi introdotti nei tribunali, provvide con savie e prudenti leggi ai maggiori bisogni del popolo suo, e fece di porre termine alle contese durate insino allora col Ponteficato intorno alla giurisdizione ecclesiastica. E la Corte di Roma, per amore di Cario, e per buon consiglio di serbarsi amico re fortunato e vicino, fece con lui un concordato nei quale fu stabilito: che gli antichi beni della Chiesa d'allora innanzi pagassero la metà de' tributi comuni;i nuovi acquisti l'intero: il censo dello Stato separasse dal patrimonio del clero le proprietà laicali confuse in esso per malizia o errore: le franchige fossero ridotte;i favori di uso rivocatirsi restringesse alle chiese l'asilo, che rimarrebbe per pochi falli e leggeri: fosse circoscritta la giurisdizione de' vescoyi; ampliata di altrettanto la secolare: un tribunale misto di giudici ecclesiastici e di laici decidesse le controversie che nascessero del concordato.

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Essendo gravi i tributi, ed inuguale la distribuzione, ordinò che fossero fatti nuovi catasti per tutto il regno, e ripartì l'imposizione posta sulle terre ira tutt'i possidenti, riducendola alla decima quinta parte della rendita, e volendo che fosse abolito ogni altro tributo. E cosi, per opera salda e continua del governo, triplicò l'entrata pubblica, diede alcun ristoro alla classe più misera de' cittadini; molle passate fraudi rivelò, molte per l'avvenire impedì.

Cario nel 1738 tolse in matrimonio Amalia Wulburga, figlia di Federico Augusto re di Polonia, giovinetta di 15 anni, modesta e di costumi pura e divota; la quale entrò in Napoli il 22 giugno, e fu grandemente festeggiata; e in quest'occasione il re istituì l'ordine cavalleresco di S. Gennaro.

Le cure amministrative, alle quali il re Carlo intendeva, furono interrotte da una nuova guerra tra la Spagna e l'Austria per le contrastate provincie di Milano. Pavia e Piacenza; e i Napolitani vi presero parte; ma minacciata Napoli da una flotta inglese, Cario fu costretto a dichiararsi neutrale, ed a richiamare d'Italia le sue milizie. Ma intanto fortificava il porto, ristaurava molte navi, e ne faceva costruire altre nuove, volgendo le sue cure e le sue ricchezze a migliorare principalmente lo stato militare. Ruppe poi la neutralità e mosse egli stesso col suo esercito contro gli Austriaci, i quali già vittoriosi erano sulle frontiere del regno, e minaccia, vano di conquistarlo. Allora il re Carlo fece ricoverare in Gaeta la giovine sposa, quantunque gli Eletti della città pregassero il re non disertasse il regal palagio del nome de' Borboni, e lasciasse la regina alla fede del popolo, custoditrice più valida che i muri di Gaeta.

Gli eserciti nemici erano l'uno di rincontro all'altro ne' campi di Velletri, e aspettavano l'ora della pugna. Ma la notte del 10 all'11 agosto, il campo di Cario fu sorpreso da' nemici; e tutto fu scompiglio in quella prima ora: molti soldati della nostra parte combatterono dalle finestre, dai tetti; altri si accolsero in qualche piazza della città, altri con le anni aprironsi un varco. E cadde moribondo combattendo tra' primi Niccolo Sanseverino, fratello del principe di Bisignano; e cadde morto il colonnello Macdonal, chiaro nelle passate guerre, mentre incuorava i soldati alla pugna; e molti altri morirono, tutti combattendo valorosamente.

Ma ordinate le colonne de' nostri soldati, procederono innanzi, riguadagnarono le perdute posizioni, e vinsero; onde surse lo sbigottimento in cuore al nomino, il disordine e la fortuna mutarono luogo, e tornarono vinti i vincitori. In quella giornata di Velletri il nemico era già in ordinanza dietro ai ripari, e molti de' suoi reggimenti non aveano combattuto. Tutt'i soldati di Carlo erano stanchi dal difendersi, dall'assalire, dalle incertezze del giorno, dalle stesse fatighe della vittoria; e non pertanto i soldati di Carlo vinsero, e il grido e il sentimento della vittoria fu per Carlo; il quale il dì seguente rendè grazie all'esercito, lodando gli Spagnuoli del valore pari all'antico, e i Napoletani di avere agguagliato i forti della guerra. Il nemico fuggi, correndo tutta l'Italia, e Carlo si fermò in Roma per rendere ossequio al papa, e per vedere le grandezze della città santa.

Ritornando di Roma il re incontrò l'amata regina sul confine del regno; e, rimasti un giorno a Gaeta, entrarono in Napoli in mezzo alla gioia comune. E non dirò le feste, perché il re ne vietò la pompa; ma era festa lo spettacolo e il contento di un regno salvato da un re magnanimo, e dalla possanza degli eserciti e dall'amore de' popoli.

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Tornato in Napoli, fece di accrescere le industrie e i commercj e la ricchezza del popolo; e fece trattati di commercio con altre nazioni, e frenò l'audacia de' Barbareschi, onde i nostri porti furono molto frequentati da' legni stranieri; e stabilì un nuovo tribunale che giudicasse di ogni quistione fra' litiganti per ragion di commercio e fosse tribunale inappellabile (1). Riparò le perdute vie delle provincie, ed altre nuove ne aperse con nuovi ponti per rendervi più facile e più sicuro il cammino. Adornò la città non meno che le provincie di grandiose ed utili opere, e, tra le altre, egli fece costruire quei maravigliosi archi, che si levano da profonda valle, congiungendo insieme due montagne, e sostengono lunghi acquidotti per condurre da lontani luoghi limpide e abbondanti acque a quella maestosa reggia da lui fatta innalzare in Caserta, che sembra opera e sforzo di più monarchi in più tempi. Carlo fece innalzare quel magnifico edificio nel piano di Caserta, per emulare il fasto degli avi; e fu architetto Luigi Vanvitelli napolitano, chiaro e primo in Italia. Ed è maraviglioso per colonne colossali, archi massicci, statue superbe, marmi squisiti, pavimenti di mosaico e pietre rare, e pe' lavori de' più famosi scultori e pittori di quell'età. E sono ivi intorno vasti giardini, magnifici per obelischi, statue, fontane copiosissime e figurate, e un fiume cadente a precipizio che si dilata in lago e si disperde in ruscelli (2).

Ed altre opere di Carlo sono il Molo, la strada Marinella, quella di Mergellina, e tutto quel lido, sovente rotto dal mare, trasformato in istrada e passeggio bellissimo; e il palazzo di Portici, innalzato in quell'amena contrada, e il palazzo e la villa di Capodimonte, sopra un colle vicino alla città;e il Teatro di S. Cario vicino alla reggia, che volle fosse il più ampia teatro di Europa; e l'Albergo de' Poveri, col vasto disegno di raccogliervi tutt'i mendici e occuparli ne' varj rami di arti e mestieri (3).

Amò grandemente le scienze, che ne' tempi ancora infelici del regno si erano serbate in Napoli ed avute in pregio; e sul cadere del governo viceregnale apparvero le opere del Gravina e quelle di Giambattista Vico, maraviglioso ingegno, luce de' suoi tempi e degli avvenire, il quale si elevò a disvelare le origini e il cammino delle umane società; e sollo il regno di Carlo quelle di Mazzocchi, di Martorelli, di Serrao, di Nicola di Martino, di Galiani, di Genovesi, tenute in grandissimo pregio per le lettere, per le scienze matematiche, per l'economia politica. E nel regno di Cario furono discoperte le antiche famose città di Ercolano e di Pompei, e, disseppelliti quei maravigliosi monumenti delle arti belle de' Greci e de' Romani.

E fu come a caso, poiché scavando pozzi o fossi, e traendone marmi finissimi e lavorati, e giugnendo in sotterranei chiamati ¡illora caverne, poi conosciuti per fori, templi e teatri, si dubitò che fossero in quei luoghi città sepolte. E il re ordinò che facessero gli scavi, e quelli di Ercolano furono incominciati il 1738, quelli di Pompei il 1750, e ne trassero tanta ricchezza e varietà di monumenti,

(1) Fece nuovi patti di commercio e navigazione con la Svezia, la Danimarca, l'Olanda; e gli antichi rinnovò con la Spagna, la Francia e l'Inghilterra.

(2) L'acqua raccolta in fiume viene dal monte Taburno per acquidotto di 27 miglia, traversando le montagne Tifatine e tre larghe valli, cosi che scorre per canali nel seno delle rupi, e sospeso sopra ponti altissimi e Saldi. Ed è opera maravigliosa, e degna della grandezza e dell'ardimento de' Romani, il ponte nella valle di Maddaloni, lungo 1618 piedi, sopra pilastri grossi 32 piedi, sopra tre ordini di archi, alto 178 piedi.

(3) Il Real Teatro di S. Carlo non fu opera stupenda solo per la grandezza e la magnificenza, ma per il breve spazio di tempo in che fa innalzato, avendo avuto principio nel marzo e termine nell'ottobre dello stesso anno 1737.

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che il Museo Borbonico è oggi uno de' primi di Europa, ed unico per alcuni avanzi dell'arte antica. Tra le rarità ercolanesi sono i papiri avvolti a rotolo incarbonati dal vulcano, i quali si è giunto oggi a svolgere in qualche parte. Di Ercolano è disseppellita poca parte, trovandosi coperta di basalto massiccio, e della bella città di Resina, cosi che bisognerebbe abbattere questa vivente per mettere in luce l'altra già morta. Ma Pompei è discoperta in gran parte, e ci offre lo spettacolo maraviglioso, unico al mondo, di una città antica che riapparisce alla luce del giorno dopo 18 secoli, e ci rivela la vita pubblica e domestica di un popolo antico. Volle re Carlo che i monumenti disseppelliti fossero spiegati ed illustrati, e con questo disegno istitui l'Accademia Ercolanese, nella quale riuni i più chiari ingegni per lettere e filosofia.

E qui vogliamo ricordare la magnanima provvidenza del re Cario a soccorrere le genti danneggiate da due grandi eruzioni del Vesuvio, accadute sotto il suo regno. La prima nell'anno 1738, disastrosa per abbondanti ceneri vomitate dal monte, portate dal vento in paesi lontani, ed ivi per pioggia e per propria natura assodate e impietrite, la fertilità di ampie regioni mutando in diserti. L'altra dell'anno 1750, più fiera per tremuoti e distruggimenti, la quale copri di lava borghi, terreni feracissimi e colti. E il re Carlo l'una e l'altra volta rimise i tributi delle terre danneggiate o gli scemo, diede soccorsi, fece doni.

Durava intanto la guerra in Lombardia, e buona mano di Napolitani seguiva l'esercito spagnuolo. Ma come fu conchiusa la pace di Aquisgrana, Carlo intese a migliorare i regolamenti governativi, diminuendo tra le altre cose il numero degli armigeri, e scemando la giurisdizione de' baroni. Ed era età felice ai sudditi ed al re, le oppressioni viceregnali dimenticate, la baronali alleggerite, certa la pace, avventurosa di molta prole la reggia, il vivere abbondante, le opinioni de' reggitori e del popolo concordi. E maggiori cose si aspettavano dal re Carlo i popoli nostri, quando, per la morte di suo fratello Ferdinando VI, essendo egli chiamato alla successione della monarchia delle Spagne, e non volendo che questo regno, tanto amato da lui, ritornasse allo stato di provincia, in cui era durato più secoli, vi lasciò successore il suo terzogenito Ferdinando, allora di poca età, affidando il governo ad un Consiglio di Reggenza, di cui era capo il Marchese Tanucci (anno 1759).

Il re Ferdinando, giunto a sedici anni, usci della minore età, e conservando i suoi Reggenti come consiglieri e ministri, incominciò un regno di pace, serbando l'ordine stesso della pubblica amministrazione, le stesse leggi ed i medesimi magistrati co' quali avea governato l'augusto suo genitore. E protesse le arti e le scienze, e sgravò i sudditi di molti tributi, e continuò l'opera di ristaurazione incominciata dall'augusto Carlo III, migliorando le pubbliche vie, togliendo quei diversi pedaggi che arrestavano ad ogni passo i passaggieri, facendo disseccare i terreni paludosi, e, tra gli altri, le vaste pianure del Vallo di Diano, divenute. per le acque da cui erano ingombre, una immensa laguna, che produceva la miseria e la malignità dell'aere alle numerose vicine popolazioni; le quali terre ordinò che fossero divise fra' poveri coloni di quella regione. di cui fece più lieta la vita; e provvide alla condizione de' coloni e de' pastori delle Puglie, e fece di migliorare la loro industria. Ferdinando tolse in moglie Maria Carolina arciduchessa d'Austria, figlia dell'imperatore Francesco I, la quale entrò in Napoli il 22 maggio 1768, con pompa regale, e le feste e la gioia durarono parecchi mesi.

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La regina non avea che sedici anni, ma era di senno maturo, maggiore della sua età; e poiché bella, ingegnosa, auguratrice di prosperità al regno, attraeva gli sguardi e le speranze de' soggetti.

Inteso a migliorare le condizioni del suo reame, Ferdinando ordinò che fossero aperte scuole e collegi gratuiti per educare la gioventù povera nella pietà e nelle lettere; e conservatori per ricoverare ed ammaestrare nelle arti e ne' mestieri gli orfanelli della povera plebe.

Amò di circondarsi di ottimi ministri e magistrati; ed erano in officio il Palmieri, il Caracciolo, de Gennaro, Galliani. E ad illuminare la mente de' reggitori e l'animo de' soggetti operavano gli scritti del Filangieri, del Pagano, del Galanti, del Conforti, e le lezioni dettate da Antonio Genovesi, maraviglia d'ingegno e di virtù, dottissimo e povero. Ogni comune ebbe maestri di leggere, scrivere ed abbaco; ogni provincia un convitto per ammaestrare nobili giovanetti nelle lettere e nelle scienze.

L'università degli studii, fondata da Federico II, mutata (spesso in peggio) da' re successori, quasi morta nel tempo lunghissimo del viceregno, ravvivata da Carlo, ebbe compimento da Ferdinando, il quale vi raccolse tutto l'intelletto di quel secolo. L'università ebbe stanze nel vasto convento de' Gesuiti, detto il Salvatore, ed ivi le biblioteche ed i musei; e dipendevano dall'università l'osservatorio astronomico, l'orto botanico, un teatro di anatomia, una clinica medica. L'accademia delle scienze mutò ordini ed ebbe più utili scopi, mirando alle utilità nazionali, e le scienze applicando alle arti, ai mestieri, a trovar nuovi veri, e le lettere a chiarire le oscurità della storia patria, ad accrescere la sapienza comune e l'arte di governarsi. E in tante scuole ed accademie convenivano maestri e soci i gli uomini più dotti del regno; altri pari a questi sorgevano; e tutti venuti a cognizione e riverenza della Italia, illustravano la patria ed il secolo.

Detto nuove leggi di commercio, confermò gli antichi trattati di navigazione, ed altri nuovi ne strinse con la Reggenza di Tripoli, con la Sardegna, con la Repubblica di Genova, con la Russia.

Il re ebbe un figlio, e la regina entrò ne' consigli di Stato; e allora il Tanucci ne usci, l'anno 1777, egli che per 43 anni avea governato lo stato con potenza di principe. Intanto il nostro reame, ricco ed invidiato, mancava di esercito e di armata, ed erano senza difesa le nostre estese marine, ed il commercio riposava sulla fede cangiante dei trattati, e le fallaci promesse de' Barbareschi. E allora fu chiamato come ammiraglio del naviglio napolitano il cavaliere Giovanni Acton, nato inglese, agli stipendj, in quel tempo, della Toscana, con fama di uomo esperto nelle arti marinaresche e guerriere. E poco a poco venne in grandissimo potere, anzi riuni in se tutt'i potenti, e fu capitan generale, decorato di lutti gli ordini cavallereschi del regno, e di parecchi stranieri, ed ebbe il grado di lord per servigj resi all'Inghilterra. Temendo egli il giudizio del pubblico, si studiò di farselo benigno, e con questo disegno mostravasi avverso alla feudalità, e introduceva e difendeva le scuole normali, e soccorreva il commercio ristaurando i porti di Miseno, Brindisi e Baia, e cercando di formare un naviglio ed un esercito.

Intendeva il re ad opere di pace, le accademie progredivano ne' loro lavori scientifici, quando i tremuoti del 1783 scossero da' fondamenti le feraci e ricche contrade delle Calabrie e della Sicilia, con uccisione di uomini e greggi e universale spavento ne' due regni.

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E fu il 5 febbraio, e durò 100 secondi, sentito fino ad Otranto, Palermo, Lipari e alle Isole Eolie; poco nella Puglia e in Terra di Lavoro; nulla in Napoli e negli Abruzzi. Caddero 200 tra città e villaggi, e morirono 60 mila uomini, di ogni sesso ed età; sprofondarono terreni, squarciaronsi i monti e strariparono le onde marine e i fiumi, e le campagne furono distrutte. All'annunzio di tanti disastri, Ferdinando provvide al soccorso di quei popoli, e fece quanto si poté, mandando vesti, vettovaglie, danari, medici, artefici, architetti, e poi dotti accademici e archeologi.

Volgeva al suo termine il secolo passato, e la incominciata rivoluzione di Francia (anno 1790) turbava la quiete de' principi e de' popoli, e pareva che volesse scuotere da' loro fondamenti le società, e ricostituirle con nuovi principj e leggi. Erano sanguinose le giornate di Francia, e, raccontate variamente, produssero nel mondo opinioni diverse, e spavento universale; temerono i re, temerono i popoli;e la tragedia di Francia cagiono ne' nostri Sovrani maggiori concitazioni, perché parenti de' Borboni di Francia, e sorelle le due regine.

In mezz0 ad una generale commozione di uomini e di cose, il partito preso in Napoli fu quello di far guerra alla Francia, la quale, straripando oltre i suoi confini, non ebbe altro disegno che quello d'invadere e di conquistare. Quindi, tenendo austera disciplina fra' sudditi, facevansi qui tra noi nuove navi ed armi e nuovi ordini di guerra: molti fanti coscritti dalle comunità, molti cavalieri da' feudi, molti volontari per grosso ingaggio; entrarono nelle milizie i vagabondi, e accorsero agli stipendi altri Svizzeri e Dalmati nuovi: tutte le arti, tutte le menti e le braccia servivano a questo apparecchiarsi di guerra. Furon posti nuovi tributi per far crescere l'erario; e noi, seguendo le parti dell'Inghilterra, entrammo nella guerra contro i Francesi, i quali combattevano gloriosamente ne' campi lombardi.

Buona parte d'Italia era già dominata dalle armi francesi, e gli Stati conquistali eransi ordinati a repubblica, fino la Romagna e le Marche e la città di Roma. E re Ferdinando, temendo per il suo regno, e più per la Sicilia, fece ristaurare le antiche fortezze, alzare nuove batterie di costa, meglio guardare i porti, e, a maggiori cose provvedendo, strinse nuove alleanze con l'Austria, la Russia, l'Inghilterra, la Porta. Ed essendo scemate le squadre francesi in Italia, chiamate ad accrescere l'esercito del Reno, o trasportate in Egitto, le nostre milizie formarono i loro campi su' confini del Regno; ed uno era a S. Germano, comandato dal general Mack; un altro nelle pianure di Sessa, comandato dal general Micheroux; il terzo nelle vicinanze di Gaeta, comandato dal general Damas; e dirigeva la spedizione preparata in Gaeta il general Naselli. Le altre nostre milizie erano stanziate in Abruzzo, e spartite in tre campi, sul Tronto, all'Aquila, a Tagliacozzo.

Le milizie napoletane proruppero negli Stati del Pontefice, e mentre occupavano la città di Roma abbandonata da' Francesi, questi entravano nel reame per la via degli Abruzzi, guidati dal Macdonald, già chiaro nelle guerre di Alemagna e d'Italia; e ad accrescere le sue forze sopraggiungeva lo Championnet, il general supremo delle armi francesi, il quale ordinò l'esercito e gli assalti contro il reame di Napoli. Era il termine del 1798, e tutta l'oste francese levossi inverso di Napoli; e alcuni vennero per la via degli Abruzzi, ed occuparono i forti di Civitella del Tronto e di Pescara ed altre città e terre di quelle provincie; ed altri per la via di Ceperano, impadronendosi di Gaeta.

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E trionfando i Francesi de' nostri soldati, sperperati e divisi in tante parti, e commuovendosi la plebe, e motti cittadini riunendosi in segrete congreghe per agevolare le fortune de' Francesi, il re fermò in animo la sua partenza, e ne accelerò gli apparecchi; e il 21 dicembre, imbarcato con la regal famiglia sopra un vascello comandato dal Nelson, passò in Sicilia, lasciando suo vicario il capitan generale principe Francesco Pignatelli, e divisando di tornar presto con potentissimi aiuti di armi. Fu seguito il re da motte navi, ed ebbe mare tempestoso; e mentre quella del Nelson ebbe spezzato un albero, frante le antenne, la nave del Caracciolo andava libera ed altiera, e rimase illeso tutto il naviglio napolitano.

La città di Napoli era agitata e tumultuante, e l'esercito Trancese, occupata Capua e molte altre città nostre, venne fino sotto le mura di Napoli, la quale oppose una forte resistenza, difesa da popolo immenso, da case addossate una all'altra, da fanatismo di fede, da odio ai Francesi. Ma battendo le mura con le artiglierie, incendiando gli edifizj, spandendo il terrore e la morte, e il popolo combattendo senza consiglio, senza impero, disperatamente, fu vinto dalle armi francesi, e il generale Championnet fece ingresso magnifico nella città.

Ma allo ingresso del generale Championnet la gioia non fu piena;l'adombravano le fresche memorie della guerra e lo spettacolo di cadaveri non ancora sepolti. Come egli fu entrato nella città, bandì un editto, che volendo usare le ragioni della conquistò in pro del popolo, e a nome e per la potenza della repubblica francese, egli ordinava lo stato di Napoli a repubblica indipendente, dichiarando che sarebbe retta da un'assemblea di cittadini con libere forme. E quell'assemblea egli riunì nell'edificio di S. Lorenzo, dove ricevè dal suo decreto e dal suo labbro l'autorità di governo. Erano i nominati venticinque, i quali uniti si appellavano governo provvisorio.

Quel nuovo governo prometteva uguaglianza politica, che l'intelletto del popolo non concepiva; e solo l'infima plebe finse d'intenderne la voce e la tradusse in uguale divisione delle ricchezze e de' possessi; il che non fece che screditarla. Ed oltre a ciò, a quei nuovi ordinamenti di cose era contraria la baronia e i molti partigiani del re, il quale regnava nella Sicilia. Furono nuove leggi di quel governo, portate tra noi di Francia, l'abolizione della feudalità, la distruzione delle giurisdizioni baronali.

Intanto il generale Championnet pose taglia di guerra nella città di due milioni e mezzo di ducati, e di quindici milioni nelle provincie, da pagare nello spazio di due mesi;e per rendere il pagamento più facile e più sicuro, fu conceduto che in cambio di danaro potessero anche darsi metalli preziosi e gemme; fu ordinato il disarmamento del popolo, e si composero le guardie civiche; ma pochi cittadini entravano nelle milizie armate, molti nel ruolo de' tributarii. E male più grande soprastava allora, la penuria, essendo stati scarsi i raccolti, e la guerra esterna e la civile avendo consumato immensa quantità di grano.

Venne commissario di Francia, che portava decreto di quella repubblica, la quale, forte nella ragione della conquista, riconfermava le imposte di guerra, e dichiarava essere patrimonio della Francia i beni della corona di Napoli, le doti degli ordini di Malta e Costantiniano, i beni de' monasteri, i banchi, le anticaglie di Pompei e di Ercolano.

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Championnet trovò duro ed ingiusto il decreto, e non volle che fosse eseguito, ma fu perciò richiamato d'Italia, ed il comando dell'esercito dato in suo luogo al generale Macdonald.

Intanto crescevano le scontentezze in motti punti del regno, e sorgevano ribellioni ed armamenti, e le moltitudini erano contro quei nuovi ordini di cose, e si organizzavano da per tutto le milizie borboniche, e le provincie erano teatro di guerra sanguinosa e crudele, molti combattendo col pretesto di sfogare basse passioni ed odi più antichi.

Per vincere ed accrescere le milizie borboniche, e per distruggere gli ordini repubblicani, venne di Palermo, mandato da re Ferdinando, il cardinale Fabrizio Ruffo, il quale sbarcò in Bagnara, e divolgato l'arrivo e il disegno, accorsero da' vicini paesi torme numerose di popolani, e vi avea gentiluomini e preti e frati.

E avanzando di luogo in luogo, e crescendo di numero e di forze, ridussero all'obbedienza del re tutte le città e le provincie, fino le più resistenti, le quali si governavano per la repubblica sottomesse per grido della fortuna francese, e poi per grido di fortuna contraria tornavano borboniane. Ed essendo che il generale Macdonald abbandonò alle sue proprie forze la repubblica partenopea, il Cardinal Ruffo giunse vittorioso fin sotto le mura di Napoli, e, caduto il forte di Vigliena, entrò nella città il 13 giugno 1799, e poco di poi vi tornò il re e la famiglia regale.

Rassicurato il trono di Napoli a re Ferdinando, le truppe Napoletane entrarono nello Stato Pontificio col disegno di cacciarne i Francesi, e il fecero, lasciando libero ai Francesi di tornare in patria, non prigioni di guerra, e libero ai loro partigiani di seguirli, o restare in Roma, sicuri delle persone e delle proprietà; e i fatti di repubblica furono rimessi od obbliati, consegnata Roma alle schiere ordinate napoletane, Civitavecchia alle inglesi.

Essendo riunita la casa regale in Napoli, essa fu rallegrata da doppie nozze con la casa Spagnuola, maritandosi al principe Francesco di Napoli la infante di Spagna Isabella, ed a Ferdinando principe delle Asturie Maria Antonietta principessa di Napoli.

Crescevano le sventure degli eserciti francesi in Italia, e i re allargavano i disegni e le speranze. Ma al declinare della Francia si fece sostegno Buonaparte, ritornato di Egitto, il quale mutò in governo più fermo la disordinata repubblica. Buonaparte fu fatto primo console, ed egli scese in Italia per la via delle Alpi con forte esercito, e riacccese la guerra contro i Tedeschi, e visse la gloriosa giornata di Marengo.

E tolta quindi occasione da una congiura fatta contro di lui, suscitala dall'Inghilterra, dopo essere ritornato in Francia, mutò la repubblica in Signoria, e richiedente in segreto, richiesto in pubblico dal Senato, fu imperatore per voto unanime del popolo francese e fu incoronato a Parigi dal pontefice Pio VII.

Buonaparte venne quindi in Italia a porsi la corona de' re Longobardi, e mutò in regno la repubblica Cisalpina. E saputo che il re delle due Sicilie operava d'accordo con l'Inghilterra, e stringevasi in alleanze segrete con l'Austria, la Russia e la Svezia; e che la battaglia di Trafalgar era stata festeggiata dal governo di Napoli a modo di nemico della Francia, Buonaparte si propose di vendicarsene, e il fece.

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L'Europa erasi tutta levata contro la Francia, e combattevasi guerra sanguinosa in Germania e in Italia: e trionfando Massena nella giornata di S. Martino, Buonaparte in quella di Austerlitz; ed essendo le milizie napoletane sulle frontiere del regno pronte con gl'Inglesi ad entrare negli Stati d'Italia, un esercito francese di trenta due mila combattenti, accresciuto poi di altre schiere, venne nel regno, avendo duce il generale Massena, e capo supremo come luogotenente dell'Imperatore de' Francesi Giuseppe Buonaparte fratello a Napoleone.

Intanto gl'Inglesi e i Russi, qui venuti alla difesa de' Borboni, si consigliarono di abbandonarli, e il re di Napoli fu costretto a ricoverare nella Sicilia, dove fu seguito dalla regale famiglia, e da molti altri che parteggiavano per lui e gli erano divoti. E cosi, senza incontrare di grave resistenza, entrarono le squadre francesi nel regno, ne' primi giorni di febbraio 1806, e il giorno 15 nella città di Napoli, dove Giuseppe fu accolto come convenivasi a principe dell'impero, e luogotenente di Napoleone. E l'Imperatore quindi, dichiarandosi per legittimo dritto di conquista signore de' reami di Napoli e di Sicilia, vi nominò re Giuseppe Napoleone suo fratello, con decreto dei 20 marzo di quell'anno medesimo.

Ma non tornò la pace nel regno, e le squadre francesi, percorrendo le ribellate o ribellanti provincie, portavano guerre, danni e terrore; piene le prigioni di colpevoli e d'infelici, le commissioni militari non bastavano al tristo ufficio di giudicarli: le morti per condanne o comando non erano numerate, né numerabili; i modi del giustiziare varj, nuovi, terribili. Ma mentre l'esercito francese spandevasi nel regno, e menomava di giorno in giorno per ferro e per malattie, e segnatamente nelle Calabrie, dov'era combattuto da' borboniani, e da' molti ch'erano avversi a' Francesi; e il simigliante accadeva nelle altre provincie, dove si riaccendeva sempro più viva la guerra civile e gli odi delle parti avverse, il governo intendeva ad ordinamenti amministrativi, che ritraevano molto da quelli di Francia.

In quel periodo di tempo, che noi ricordiamo come di occupazione militare, il regno fu diviso in provincie, distretti e comunità; un capo amministratore che chiamarono intendente (abolito il preside), attendeva alla provincia, il sottointendente al distretto, il sindaco al municipio: un consiglio comunale, detto decurionato, fissava i bisogni, le spese, le entrate; e ciò che il decurionato per le comunità, era il consiglio distrettuale per il distretto, il provinciale per la provincia. Fu creato un consiglio di Stato, ed era come un senato consultivo; furono ordinate le squadre provinciali e civiche, date le terre del Tavoliere di Puglia a censo perpetuo. Fu abolita la feudalità, disciolti i fedecommessi, creata la fondiaria, la quale traeva a pro dello Stato la quinta parte dello entrate sui poderi rustici ed urbani. Disciolti i conventi, e i tre di Cava, Montecassino e Montevergine serbati come archivi i del regno; furono fondate e migliorate scuole speciali, una reale militare accademia, altra politecnica, altra di bellearti, un'accademia di marina, un convitto di chirurgia e medicina, un altro di musica.

Ma molte di queste e di altre benefiche istituzioni rimasero nella legge, poiché lo stato del regno ne impediva gli eletti, essendo tutto agitato e diviso dalla guerra interna e dalla ira delle parti. E il principio dell'anno 1807 fu a noi molto funesto per le congiure contro il governo, le quali, ingrandite di numero e di forza, cagionavano castighi acerbi, timori e pericoli.

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Il regno ebbe nuove leggi, le stesse di Francia, componenti il codice Napoleone, e così chiamato perché Napoleone, primo console e legislature, gli avea dato a comune gloria il suo nome. Si ordinarono i tribunali amministrativi, e furono un Consiglio d'intendenza per ogni provincia, e la Corte de' Conti.

Intanto essendo la Spagna agitata e sconvolta, l'Imperatore de' Francesi vide in quei disordini l'opportunità di facile conquista, e la bramò; e poi che ebbe rovesciato quel trono de' Borboni, stabilì di mandarvi Giuseppe suo fratello. Il quale, seguendo il volere dell'imperatore, lasciò il nostro regno;ma innanzi di entrare in quello delle Spagne, mandò decreto di Baiona, de' 20 giugno 1808, col quale ordinava alcune riforme governative, conosciute col nome di Statuto di Baiona. E poi con decreto dell'Imperatore, de' 15 luglio dello stesso anno, fu conceduto a Gioacchino Murat, cognato di Napoleone, gran duca di Berg e di Cleves, il trono di Napoli e di Sicilia, restato vacante per l'avvenimento di Giuseppe al trono di Spagna e delle Indie.

Gioacchino entrò il 6 settembre di quell'anno, e fu ricevuto festivamente; e i primi atti del suo regno furono benigni e generosi. E tolse innanzi tutto l'isola di Capri agl'Inglesi, non potendo soffrire di vedere dalla reggia sventolare bandiera nemica; e fu espugnato luogo fortissimo, il quale rimase presidiato e meglio fortificato da' Francesi. Egli rivocô il decreto di Giuseppe che avea messe le Calabrie in istato di guerra, e tornarono quelle provincie sotto al pacifico impero delle leggi; furono richiamati motti esuli, sprigionati i rei di Stato, sciolte le vigilanze. Si fece di togliere gli ostacoli che le vecchie abitudini opponevano ai nuovi codici; fu confidato a magistrati civili il registro delle nascite, delle morti e de' matrimonj; fu aperto il registro delle ipoteche; fu nominalo un corpo d'ingegneri di porti e strade.

Volendo il re accrescere ed ordinare le milizie, volle che fossero composti i reggimenti de' Veliti, e pubblicò la legge della coscrizione; ma questa non piacque al popolo nostro, tra per una naturale resistenza al servire militare, e più perché non piaceva di servire agli ambiziosi disegni dell'imperatore de' Francesi, combattendo in lontane regioni, fra pericoli e travagli, più che della guerra, di genti barbare e climi nuovi. E non pertanto cresceva l'esercito di anno in anno, mentre impoveriva l'erario; e ad accrescere le squadre erano tirati soldati da condannati a pena e da prigioni, i quali venivano riuniti agl'innocenti coscritti. Intanto la guerra europea erasi riaccesa, e teatro sanguinoso era la Germania. Il pontefice era per decreto di Napoleone spogliato delle potestà temporali: una spedizione anglo-sicula minacciava questo reame, e molte navi erano giunte fin nelle acque di Napoli, prendendo Procida ed Ischia; contro delle quali combatte Bausan con poche navi, e i danni furono gravi da una parte e dall'altra. Ma intesa la battaglia di Wagram, e l'armistizio concluso tra la Francia e l'Austria, gli Anglo-Siculi lasciarono questa impresa, e tornarono ne' porti della Sicilia e di Malta.

Ma non tornò la pace nelle nostre provincie, le quali erano soggette a guerra crudele e sanguinosa, alla guerra de' briganti, che crescevano ogni giorno di numero e di forza, operando rapine e uccisioni orribili;

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e giunsero a tale che le milizie, divise nelle provincie, non potevano tener fronte; e la rigida legge fatta contro di essi tornava a danno delle comunità più misere, siccome quelle che aveano minori difese; né cessò questo infelice stato di cose se non col finire del 1810,

Fu per opera decisiva di quel governo atterrata la tante volte vanamente scossa feudalità, né solo per leggi, ma per possessi, essendosi ordinato che le terre feudali fossero divise fra le comunità e i baroni, e le comunali fra' cittadini. Ma l'opera di quel governo fu preparata da' re passati; imperciocchè il potere feudale, ingigantito per naturali condizioni di tempi e per debolezza o male intesa generosità di principi, cominciò a scadere sotto i Borboni. E qui vogliamo ricordare che Carlo III pubblicò parecchie leggi a danno della feudalità, e represse non pochi abusi, dichiarando che per lunghezza di tempo non si acquista dritto sopra i popoli, e che le ingiustizie de' prepotenti non si legittimano da prescrizione. E sulle tracce stesse più rapidamente camminò il successore di Carlo, Ferdinando IV.

Correva l'anno 1812, e i duri comandi di Buonaparte, e l'indole libera e altera di Gioacchino facevano nascere i primi sdegni fra' due cognati. Ma richiesto dall'imperatore a comandare nella guerra di Russia la poderosa cavalleria dell'esercito, dimenticò i suoi particolari rancori, segui il suo focoso istinto di guerra, e, lasciando reggente la regina, si parti.

Era immensa l'oste di Buonaparte: Polacchi, Prussiani, Tedeschi di tutta la Germania, Annoveresi, Italiani, Spagnuoli andavano con la Francia; e stava dall'opposta parte la Russia, il verno e la barbarie. E fu funesta la fine di quella guerra; e Gioacchino, dopo avere combattuto valorosamente, ritirandosi gli avanzi dell'esercito francese, rassegnò il comando dell'esercito, e venne in Napoli; il che gli fu danno ed onta. Ritornò poi ne' campi di battaglia, e nelle universali sventure fu prode ed infatigabile. La fortuna de' Francesi cominciò a declinare: in men di un anno si videro spezzate le più forti alleanze, sciolti i patti e i giuramenti, tradite le amicizie e le fedi; la neutralità della Svizzera presso che violata; gli eserciti tedeschi sull'Adige, Venezia bloccata; e nel reame di Napoli scontentezze nel popolo, contumacia nell'esercito. E coito il momento in cui le cose di Francia peggioravano, l'imperatore di Austria, in nome de' Sovrani di Europa, offeriva amicizia a Gioacchino; il quale ne' primi giorni dell'anno 1814, per ambizione di regno, disertò la causa di Francia, e formò una lega con l'Austria, di cui era scopo la continuazione della guerra contro la Francia, per ristabilire in Europa l'equilibrio politico. E capo delle schiere confederate era il re di Napoli, e lui assente, il primo dell'esercito tedesco. E Gioacchino entrò in quella guerra, e cominciò dall'assedio di Ancona, di Castel S. Angelo e Civitavecchia, e i presidj di quei forti cederono a patto di tornare in Francia liberi e sicuri;né si rimasero contenti a questo, e giunsero vittoriosi fin sulla riva del Po, guardando il Ferrarese, il Bolognese, gli Stati di Roma e la Toscana.

Intanto il pontefice Pio VII ritornava libero in Roma, Parigi cadeva sotto le armi de' re alleati, l'imperatore abdicava, i Borboni tornavano su' troni di Francia e di Spagna, la guerra finita in Italia, e Gioacchino tornava in Napoli. Ma la caduta di Buonaparte suscitava ne' popoli sospetto che le sorti del Regno sarebbero tra breve mutate.

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In questo moriva la regina delle Sicilie Carolina d'Austria nel castello di Uelzendorf, la sera del 7 novembre 1814; e intanto decadeva la potenza di Gioacchino, e per contrario cresceva nel regno la potenza di re Ferdinando. Ma come giunse nuova che l'imperatore Napoleone, imbarcato il di 26 febbraio 1814 a Portoferraio, con 1000 soldati veleggiava verso Francia, Gioacchino, senza porre tempo in mezzo, prese il partito di guidare in Italia i suoi eserciti contro i Tedeschi, e i Napoletani combatterono valorosamente nel Modenese e nel Parmense, e sopra tutti gli altri si distinsero i generali Pepe, Carascosa, Filangieri. E questi fu gravemente ferito sulla riva del Panaro, e il dubbio di morte e il non più combattere in quella guerra furono all'esercito napoletano cordoglio e danno. Fu continuata la guerra in Toscana, nelle Romagne e nelle Marche. Ma entrando i Tedeschi nel nostro Regno per la via degli Abruzzi e di Ceperano, e cadendo motte città nostre, e il grido della vittoria seguendo le armi tedesche, le milizie civili furono sciolte, sommossi i popoli, l'esercito rotto e disperso, e le fortune del regno cadute irreparabilmente per Murat; il quale, ricovrando la sua famiglia in Gaeta, si parti, e le schiere tedesche entrarono nella città di Napoli, seguendo il principe reale D. Leopoldo Borbone. E così, scomparse tutte le apparenze del regno di Gioacchino, tornò Ferdinando sul trono di Carlo III.

Tornato in Napoli re Ferdinando, egli ristaurò la sua monarchia, divisa in due parti per un periodo di 10 anni, sotto la dominazione francese. Ma egli non volle sconoscere le mutate condizioni de' tempi e i nuovi bisogni de' popoli; e quindi volle non solo conservare le nuove leggi ed istituzioni, portate tra noi dal governo francese, ma fece di svilupparle e perfezionarle; onde i nostri codici e gli ordinamenti amministrativi formarono un corpo di leggi, che potremmo dire compiuto, ed ebbero forme più razionali

Ristaurata la monarchia, e quasi incominciando un nuovo cammino, il re prese il nome di Ferdinando I, e fu il principio di un lungo regno, che lino da quel tempo continua ancor oggi, turbato soltanto dalle non lievi commozioni politiche del 1820 e del 1848. I re che seguirono a Ferdinando furono Francesco I dal 1825 al 1830, e Ferdinando Il sino al 1859. Oggi regna Francesco II, di anni 24, nato da Ferdinando II e dalla Venerabile Maria Cristina di Savoia.

In questo lungo e ultimo periodo di regno, seguendo il movimento generale, ebbero grande sviluppo le scienze e le arti, e le vie di comunicazioni, e le industrie e i commerci. E di questo importante lavoro discorreremo qui particolarmente, formandone obbietto di capitoli separati.

Scienze, Lettere e Bella Arti.

Il reame di Napoli con la Sicilia fu la seconda stanza della stirpe ellenica, la prima patria della sapienza greca. E se questa felice regione ebbe dagli antichi nome di Magna Grecia, oggi può dirsi per molti rispetti la Grecia dell'Italia. La prima luce di lettere italiane spuntò in terra napoletana dalle colonie greche, e Caronda si disse da Catania, Zaleuco da Locri, Pitagora da Crotone, Archita da Taranto, Alessi da Sibari: cd in altra età Ennio, Cicerone, Sallustio, Vitruvio, Ovidio, Orazio ebbero i natali sotto il nostro cielo.

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E senza discorrere di tutti particolarmente, diremo soltanto, che Pitagora, nostrale anzi che greco, fondò la scuola italica, e fu l'espressione più splendida del prisco senno italiano, congiungendo la vita operativa alla contemplativa, l'arte alla religione, applicando le matematiche alla fisica, all'astronomia, alla musica, abbracciando tutte le discipline e armonizzandole tra loro, e divinando molti trovati scientifici de' moderni, per modo che i Pitagorici furono in poesia i forieri di Dante, e nelle speculazioni celesti i precursori del Copernico, del Keplero, del Galilei. E fu ancor nostro Archimede, la prima gloria matematica dell'antica Italia, anzi di tutto il mondo antico, il quale si elevò come aquila sopra tutt'i geometri per la potenza dell'ingegno, per le stupende invenzioni, per la universalità delle conoscenze. Fu Siracusa la sua patria, e visse e si educò in quella isola, che fu detta la terra del sole, la quale fu la culla della più antica nostra coltura, e dove pur nacque e visse il pitagorico Empedocle, che divinò in parte le magnifiche scoverte del Newton, del Linneo e del Torricelli.

Le lettere caddero col cadere di Roma antica, e tempi spietati per crudeltà d'imperatori, tumulti di plebe, licenza d'esercito, furono seguiti da invasioni di barbare genti, Unni, Vandali, Goti. Il primo che seppe ridestar le dottrine, e innamorarne il buon re Teodorico, fu Cassiodoro, nato in Squillace, piccola città delle Calabrie. E in lui e in Boezio, che furono detti gli ultimi Romani, si spense la italiana letteratura, e restò sepolta per lungo tempo sotto il ferreo scettro de' Longobardi e de' Saraceni; contro la invasione de' quali, crudele e distruggitrice, non ebbero le lettere che piccolo e segreto ricovero in Montecassino. Le lettere rialzarono lo impaurito capo per virtù de' Re Svevi, caddero per gli Angioini, se togli il regno di Roberto, risorsero negli Aragonesi, e decaddero nel tanto lungo governo viceregnale.

Ma non cadde la mente italiana, e, in mezzo alle civili miserie della società, sursero uomini eminenti di forte ingegno, ne' quali non solo vedemmo conservato l'atto vitale dell'umana ragione, ma vedemmo riapparire tutta la sapienza antica, come per incominciare un nuovo cammino e spandere nuova luce. E noi avemmo un Tommaso d'Aquino, fecondato, nascendo, dal sole napoletano; il quale, sposando alla rivelazione le dottrine peripatetiche ed arabe, purificate da molte idee platoniche, abbracciò in ben ordinato sistema tutta la teologia e fino la morale e la politica; e furon nostri Telesio, Bruno e Campanella, i quali seppero dimostrare come la filosofia antica poteva rigermogliare spontanea e pellegrina nel suolo che l'avea prodotta; e furon nostri Vico e Genovesi, nobilissimi intelletti, redentori delle menti italiane. E i Napoletani signoreggiarono nella regina delle umane scienze, nella filosofia, e le più illustri e pellegrine scuole, che ne' tempi antichi e moderni educarono l'ingegno italiano e lo innalzarono a regioni eccelse speculative, fiorirono qui tra noi, in questa ch'è la parte più meridionale d'Italia e la più bella; e sarebbe lungo il catalogo se tutti volessimo nominare i Savi che sparsero tra noi grande lume di ragione, dal Zaleuco al Galluppi. Napoli fiorì per le scienze mediche; e fu nostra la scuola salernitana, la quale in tempi in cui l'Europa era involta tra gli orrori delle guerre e della barbarie, avendo debole o niuno aiuto dalla chimica e dalle scienze naturali, faceva tanto parlare di se, che ne suona ancora la fama onorata e gloriosa.

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E Napoli è la metropoli della musica, e dal suo seno uscirono gli orfei dell'armonia moderna, il Pergolesi, il Paisiello, il Cimarosa. E il nostro reame ebbe poeti e prosatori e pittori illustri e notissimi, antichi e moderni, come può vedersi dalla rapida narrazione storica delle sue vicende politiche, che noi abbiamo potuto fare tra' limiti angusti del nostro lavoro.

Cadde il duro governo viceregnale, e ristaurando Carlo III la nostra monarchia, e facendola potente, temnta e lussureggiante, egli potè unire ai fasti del suo regno la gloria di grandi pensatori e di grandi scrittori, miracolo di dottrina e di virtù. E trasmettendola al suo figlio, gli lasciò ricco tesoro di sapienza civile, e lo circondò di uomini chiari per nobiltà di natali, e per la gloria delle anni e delle lettere. Le dure vicende politiche, che segnarono la fine del secolo passato e il principio di questo, turbarono quel regno di pace, e se le scienze e le lettere non crebbero in mezzo ai tumulti e alle commozioni di guerre sanguinose, e in mezzo agli odi di parte, non caddero del tutto. E questa nostra patria, antica madre e nudrice di ogni maniera di sapere, scosso l'ozio involontario al quale quelle dure vicende l'avean costretta, entrò più confidente nella via delle ricerche scientifiche, e non incominciò, ma continuò il suo cammino. E continuando l'opera ristauratrice della filosofia italiana, venne il Galluppi, dopo avere vissuta vita solitaria e meditativa, in piccola città delle Calabrie, vigoroso ingegno ed onorando uomo, il quale, senza uscire dai termini dell'osservazione, guidato da profonda analisi, seppe ritrarre gli uomini alle vere dottrine filosofiche. E molli valorosi giovani si aggrupparono intorno a lui e ne seguirono il cammino.

Crebbero tra noi le scienze sociali ed economiche, native di questa nostra terra diletta; e, tra le opere di maggior grido, ricorderemo quelle del Filangieri e di Mario Pagano. E noteremo che ai Napoletani è dovuta la lode di aver fondata in Europa la scienza economica; e fin dal seicento ne scrisse ampio trattato Antonio Serra, e la sua opera fu continuata dal Genovesi, che istituì in Napoli la prima cattedra di economia che sia stata il Europa, e dal Galiani, Filangieri, Briganti, Palmieri, Deifico; e, dei tempi nostri, dal de Agostinis, dallo Scialoia, dal Manna, e da altri valorosi giovani, nutriti di forti studj, le cui opere sono tenute in gran pregio, e che fanno rifiorire tra noi quelle scienze che da noi impararono le altre nazioni.

Crebbe la giurisprudenza e l'eloquenza del foro, e nella patria del Filangieri, riguardato come il Montesquieu dell'Italia, vissero i Lauria, i Nicolini e i Raffaele; e nelle aule del foro, dove echeggiava ancora, dopo lunghi anni, il grido dell'eloquenza di un Francesco d'Andrea, parlarono e non lasciarono minore fama i Poerio e i Borrelli.

Le matematiche, le scienze fisiche ed astronomiche furono gli studj nostri più diletti, e questo amore noi ereditammo da' padri nostri, e si è come perpetuato tra noi. E nella patria degli Archimede, degli Archita, de' Maurolico, la scuola matematica è la più bella d'Italia, e ne sono importanti le ricerche e le applicazioni. E cultori benemeriti di queste discipline furono i di Martino, i Fergola, i Colecchi, i Sonni, i de Luca, i Tucci, gli Amante, i Flauti, i Capocci, ed altri ne riunisce la nostra accademia delle scienze, i quali, quantunque giovani, han no fama di valenti matematici. I Napoletani, i quali progredirono sempre nello matematiche, ebbero

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a romperla con l'antichità, per potere avanzare di qualche passo nelle scienze fisiche; essendo che le dottrine antiche dominavano tutte le menti. E il fecero con forte intelletto, e con desiderio immenso di studiare e conoscere i fenomeni della natura. E innanzi che venisse il Galilei, si vide in essi un fervido esplorare, ma senza metodo certo e come a caso; un raccoglier fatti, che, più che cercati, spesso erano incontrati per via; un elaborare continuo e tentar la natura per ogni verso. E quelle ricerche, e quei fatti, quantunque slegati, prepararono l'opera del Galilei; ed impugnando la fisica di Aristotile, francarono gl'intelletti dal costui servaggio. In questa via rifulsero Gian Camillo Glorioso, Francesco Fontana, Alfonso Borrelli e il Telesio; ma il maggior fisico nostro e del suo secolo fu il Porta, il quale, come che si lasciasse invaghire del maraviglioso, pure fu infatigabile osservatore, e non v'ha parte della fisica matematica e della sperimentale, ch'egli non abbia arricchita di scoverte o di belle osservazioni, e d'industriosi trovati.

La Fisica, insegnata per lunghi anni dal Poli, elevata a grandi ricerche ed arricchita di stupende invenzioni dal Melloni, vigoroso e sagace ingegno, vissuto tra noi più anni, acquista ogni giorno tra noi maggiore importanza e popolarità, e viene ad utili applicazioni. E lo studio di questa scienza è introdotto non solo ne' collegj militari, ma ne' collegj civili e fino ne' seminari.

Ad accrescere le cognizioni e lo studio della Meteorologia, la quale ha cosi stretti rapporti con la Geografia fisica e con la Medicina, fu dal re Ferdinando II fatto innalzare un Osservatorio meteorologico, non molto lungi dal giogo del Vesuvio, e in luogo proprio per potere misurare la pressione atmosferica, le correnti de' venti, l'apparire delle meteore, i fenomeni dell'elettricismo. Quell'osservatorio fu prima diretto dal Melloni, ed oggi dal Palmieri; e già innalza una torre meteorologica, e grandeggia sul monte, e diviene ogni giorno più ricco di strumenti di osservazioni, e di due collezioni, una geologica e l'altra di minerali vesuviani.

L'Astronomia fu nel medioevo soverchiata dall'astrologia; ma i Napoletani, per virtù nativa d'ingegno e per certe tradizioni rimaste dell'antica sapienza, si scostarono talvolta dal comune sentiero, ora ravvivando dottrine antiche state poi dimostrate vere da' moderni, ora ponendone in dubbio altre non contraddette. Cosi fu rinnovata l'opinione di Democrito, che la luce della Via Lattea deriva da infinite piccole stelle; e Girolamo Tagliavia insegnò tra noi il movimento della terra intorno al sole, e diede forse al Copernico, se non la prima idea, novello conforto a quel grande rinnovamento dell'Astronomia. E Luigi Lilio operò l'ingegnosa riforma Gregoriana del Calendario.

E l'Astronomia, ricercando e descrivendo le vie del cielo, diede al padre Piazza il mezzo di arricchire il nostro sistema solare di un nuovo pianeta, l'anno 1801, dall'Osservatorio astronomico di Palermo; e al nostro de Gasparis il mezzo di aggiungerne sette altri nuovi, dall'Osservatorio astronomico di Napoli, nel breve spazio di pochi anni.

Grandi progressi hanno fatto tra noi le scienze naturali, e i nomi dei Òoïdi, Delle Chiaie, Costa, Tenore, Gasparrini, Gussone, Scacchi, sono circondati di grande

rinomanza, non solo nel nostro reame, ma in tutta Italia e nelle più illustri accademie di Europa, e sono congiunti ai progressi della Zoologia, della Botanica, della Geologia.

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Ad accrescere le cognizioni e lo studio della Meteorologia, la quale ha cosi stretti rapporti con la Geografia fisica e con la Medicina, fu dal re Ferdinando II fatto innalzare un Osservatorio meteorologico, non molto lungi dal giogo del Vesuvio, e in luogo proprio per potere misurare la pressione atmosferica, le correnti de' venti, l'apparire delle meteore, i fenomeni dell'elettricismo. Quell'osservatorio fu prima diretto dal Melloni, ed oggi dal Palmieri; e già innalza una torre meteorologica, e grandeggia sul monte, e diviene ogni giorno più ricco di strumenti di osservazioni, e di due collezioni, una geologica e l'altra di minerali vesuviani.

Alla Flora napoletana e alla sicula, opera di due valenti nostri botanici, succedono altre Flore particolari, e illustrazioni di piante nuove e rare. La Fauna del regno, opera colossale del nostro Oronzio Costa, volge alacremente al suo termine; e la Paleontologia, la quale narra gli avanzi organici che questa nostra terra racchiude, è opera compiuta.

Fiorente è la Medicina e la Chirurgia, e nella patria di Marco Aurelio Severino vide questo nostro secolo i Cotugno, gli Amantea, i Petrunti, i Santoro, i de Horatiis, e sono ancor viventi il Lanza, il Trinchera e de Renzis, dotti e venerandi uomini, e Lucarelli, de Renzi e De Martino. E schiera eletta di giovani ne seguono le tracce; e sono tenute in grande pregio le opere del Tommasi e di DeMeis.

Né taceremo del la Chimica, la quale ha oggi acquistato cosi grande importanza, ed ha intimi rapporti con l'agricoltura, con la fisiologia, con la medicina, ed esercita una benefica influenza sulle arti e sulle industrie, e decomponendo e ricomponendo i corpi, e riproducendo con l'arte quell o che produce la natura, ha vinto gli ostacoli che i vari luoghi e le distanze opponevano ai bisogni e ai desideri dell'uomo. E la Chimica è pur coltivala tra noi, e la patria de' Sementini è pure la patria de' Piria, de' De Luca, dei Cassola.

Fioriscono tra noi gli studj archeologici, e non sono sterile erudizione in questa classica terra, dove palpitano ancora, diremo cosi, i pensieri, gli usi, i costumi e le passioni de' popoli antichi, e ne' cui monumenti si ha argomento di conoscere le arti e le industrie e le loro conoscenze scientifiche. E qui l'archeologo e il geologo, studiando insieme, han potuto vedere quali vicende abbian fatto malsane, e abbiano convertite in maremme deserte, terre ch'erano altra volta piacevole soggiorno de' superbi Romani, i campi Flegrei, gli Elisei, i Roseti. E in niuna altra parte della terra, siccome tra noi, è possibile di rinvenire vestigia antiche più parlanti, e tali da rivelarci le prime vicende de' popoli, e tali da ristaurare la nostra storia antica e le prime origini. E lungo è il numero di coloro che intesero a cosi profondi ed utili studj, e ricorderemo i Giacomo Martorelli, i Nicolò Ignarra, i Mazzocchi, i Jannelli, gli Avellino, e giovani ancora, ma circondati di grande fama, i Corcia, i Minervini, i Fiorelli.

Quanto alle lettere, questa parte meridionale d'Italia non fu da meno delle altre, e sopra queste rive amene ed incantate, in mezzo a terre cosi felici, sotto un cielo cosi limpido e sereno, sono gentili gli affetti, bello il pensiero e la forma, e il canto sgorga spontaneo. Delle sventure e delle. glorie italiane avemmo parte anche noi: sulle prolungate nostre sponde vennero colonie straniere dalle opposte rive di Asia e di Africa, l'Ibero, il Gallo, il Teutono e il Sarmata, ed innalzarono città più volte distrutte e riedificate, e dominarono tra noi.

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Ed era quindi la penisola abitata da numerose tribù, d'ignota stirpe ed origine, e scompartite in contrade distinte, le quali quantunque riunite sotto il vessillo di un medesimo culto e di una stessa legge parlavano lingue diverse; e innanzi che l'aquila romana spiegasse il volo oltre agli angusti confini del Lazio, prevalsero la greca, l'etrusca, la celtica e l'umbrica, da cui scaturirono l'osca e la latina. Ma quando la penisola fu tutta riunita sotto la dominazione romana, una sola fu la lingua scritta, la lingua del Lazio. La quale, non essendo in origine che un rozzo dialetto parlato in un angolo d'Italia da una bellicosa stirpe di bellicosi pastori, di venne la lingua d'Italia, quando le varie tribù italiane furono aggregate in un sol corpo; il quale essendo una nazione nascente, ogni singolo popolo aggregato portò il tributo della sua favella primitiva. E mentre per forza dell'unite del governo, del culto e dell'interesse comune, la stessa lingua a poco a poco si generalizzava presso tutte le singole popolazioni italiche, ciascuna dal canto suo impresse il suo carattere proprio, serbò un maggiore o minor numero d'idiotismi e di voci proprie della rispettiva lingua primitiva, elementi indestruttibili cosi presso le rozze come fra le culte nazioni. Di qui ebbe origine la molteplice varietà de' dialetti parlati in Italia. E la lingua latina fu la lingua del governo, del culto, degli scrittori, del foro, delle tribune, ma non fu la lingua del popolo. Segui le vicende della romana potenza, e cadde con essa; e quando gl'imperatori trasportarono in Bizanzio il crollante lor trono, la lingua scritta a poco a poco dileguò con la primiera coltura, l'Italia rimase co' suoi multiformi primitivi dialetti, e i soli apostoli del Cristianesimo si fecero depositarj delle lettere latine, consacrandole alla Bibbia ed al Vangelo.

E i primi in Italia, anzi in tutta l'Europa latina, che innalzarono il proprio dialetto alla dignità di lingua scritta furono i Siciliani, poi che Federico Il e Manfredi accolsero in corte e diedero premj a quei trovatori che cantavano nella lingua nativa, ed essi medesimi contemperarono le cure dello Stato con le dolcezze della patria musa. Carlo d'Angiò re di Napoli segui l'esempio degli Svevi; e poiché l'arte di scrivere il proprio dialetto ed innalzarlo alla nobiltà del verso trovò mecenati in tutt'i principi italiani, ogni città ebbe i suoi trovatori; e la Sicilia, oltre all'imperatore Federico e ad Enzo suo figlio, ebbe Guido dalle Colonne e Jacopo da Lentino, e Capua ebbe Pietro delle Vigne.

Dante Alighieri, potente ingegno e miracolo di dottrina, spoglio di pregiudizj municipali, rivolgendo i suoi studj alla patria intera, riunì in un sol gruppo tanti svariati dialetti, ed estraendone la parte nobile comune a tutti, fondò la lingua nazionale, ch'ebbe a buon dritto il nome d'italica.

L'opera dell'Alighieri fu continuate dal Boccaccio e dal Petrarca; ma il culto per le lettere; classiche, spinto alla superstizione ai tempi di Nicolò V, di Alfonso di Napoli e di Cosimo de' Medici, esercitò una dannosa influenza sull'italiana favella, poiché, mentre gli uni la sdegnavano, preferendo la latina, altri v'insinuavano voci, frasi e forme latine.

Ma gl'Italiani seppero scuotere la dominazione del classicismo, e traendone soltanto il pensiero e la eleganza dello stile, ritornarono al Dante ed al Petrarca; e una ripruova di ciò sono le opere del Macchiavelli, del Guicciardini, del Nardi, del Segni, del Varchi, i quali ricondussero la lingua alla propria semplicità, e unirono al vigore del discorso la purezza del dire. Fu bella la poesia dell'Ariosto e del Poliziano;e, qui tra noi, bella quella del Tasso, gentile quella del Sannazzaro, di Angelo di Costanzo, di Bernardino Rota, senza discorrere di altri molti leggiadri nostri poeti.

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Nocque alle lettere italiane la numerosa schiera de' petrarchisti, imitatori freddi di frasi; e fu corrompitrice la poesia del Marini, il quale sostituì colon sfolgoranti alle scolorate figure de' petrarchisti; né fu utile l'innumerevole stormo degli Arcadi, senza ispirazione e naturalezza, i quali stemperavano i più nobili e gravi argomenti in insipide cantilene pastorali. Ma non si lasciò corrompere il nostro Salvator Rosa, ed altri nostri poeti e prosatori; ed è bella la prosa del Costanzo, del Porzio, del Capecelatro, del Giannone.

Le lunghe e sanguinosa guerre, che segnarono il principio e la fine del secolo passato, lasciarono mute le lettere; ma risorgendo con Parini e con l'Alfieri, e fatte gentili dal Monti, dal Perticari, dal Mascheroni, dal Manzoni, e dalle prose del Cesari e di Pietro Giordano, ebbero un'eco anche tra noi; e ne sono una chiara espressione la storia di Cario Troya, e le leggiadre poesie della Guacci, di Campagna, di Baldacchini, e di molti altri valorosi giovani.

Ristauratore della filologia italiana tra noi fu il Puoti, intorno al quale si aggrupparono molti giovani nostri, di vigoroso ingegno e di gentili costumi; ed uno, tra gli altri, nutrito di forti studj e con alto intelletto congiunse gli studj filologia alla filosofia delle lettere, e discepolo del Puoti, fu maestro di più numerosa scuola di giovani eletti, i quali, sparsi qua e là nelle varie provincie del nostro reame, conservano vivo e fecondano quest'amore delle lettere italiane.

Discorrendo delle bellearti, cosí rapidamente come il possiamo, noi diremo poche parole dell'architettura nostra, della pittura, della scultura, della musica. In una terra cosi amena e sorridente, in una classica terra, dove sono tanti e cosi superbi monumenti della grandezza e magnificenza antica, non potevano scadere le belle arti, queste sublimi emanazioni del genio. E se le mura dei Pelasgi, dette volgarmente ciclopiche, non hanno nulla di leggiadro, e sono grandi strutture poligonie, null'altro che una terribile e veramente omerica nudità, sono gentili le opere degli Etruschi, magnifiche k opere dei Romani;e prevalse l'arte greca nelle une e nelle altre;e qui tra noi sono esempio di opere etrusche gli edificj e i templi antichi, e sono opere romane gli archi, gli acquidotti, le vie romane, gli anfiteatri, le terme.

L'arte etrusca ritrasse forse dalla Sicilia, e l'ordine toscano, semplicissimo, fu il più vetusto di tutti, e quasi il principio generativo dell'architettura occidentale, e segnatamente della maniera dorica, la quale precedette gli altri ordini ellenici, e fiori antichissimamente tra le colonie della Magna Grecia e della Trinacria, come si può vedere ne' colossali e magnifici avanzi di Agrigento, di Selinunte, di Segeste. E quell'arte medesima, la quale in Grecia fu solamente bella, divenne sublime passando in Italia.

La barbarie irruppe sino dal tempo degli Antonini, e non edificò, ma distrusse. Venne poi di Oriente una nuova architettura, e fu detta bizantina, dal paese ove nacque e fiori; e aggiunse archi e mosaici, ed ori e colori profusi, e fu applicata ai templi e poi agli edificj civili. Dall'età di Carlo Magno insino al 1000 si aggiunse la simbolica cristiana, prima effigiata copiosamente sulle catacombe, e poi sulle chiese e sulle case private. E nell'uso della simbolica gl'Italiani furono molto sobrj, ed usarono di rappresentare i segni del zodiaco, i mesi dell'anno e scene di battaglie.

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Ma le città d'Italia, facendosi nel medioevo ricche e faziose, vollero avere forti dimore, e furon costruite case tutte di pietre quadrate, ed erano vere fortezze cittadine; ed innalzavansi torri e chiese con porticati, indizio di ritorno a vita civile. Formaronsi allora scuole di architetti, di pittori e di scultori; e vere scuole di architettura erano i monasteri dei Benedettini, che dall'Italia, fin dalla loro fondazione, portarono in tutta Europa le arti architettoniche.

Dal 1000 al 1400, gli edificj costruiti in Napoli traevano da quelli di Bizanzio, aggiuntovi lo stile gotico, il quale non fu che una imitazione barbara dello stile bizantino, dovuta in parte al genio delle nazioni boreali, in parte alle influenze del Cristianesimo, Ma rinascendo le arti col secolo passato, rinacque l'architettura tra noi, e fu primo in Italia il nostro Vanvitelli, lodevole per feracità d'ingegno, abilissimo nel distribuire grandi masse, serbanti molta unità; e i ponti della Valle e la reggia di Caserta ne sono chiara ripruova. Né cessò quel movimento; e le gigantesche opere Ordinate da Carlo III, e le magnifiche portate a termine dal suo figliuolo Ferdinando IV, e le molte ed utilissime fatte costruire dal re Ferdinando II, han fatto crescere e rifiorire le arti architettoniche. E senza discorrere de' templi sacri innalzati o ristaurati nella metropoli, e in quasi tutte le città e borgate del regno; senza discorrere delle belle strade costruite in quest'ultimo periodo di tempo, le quali, partendo dalla capitale, si diramano in tutte le provincie; né de' ponti superbi elevati sul Volturno e sul Garigliano, e di altri molli sopra altri fiumi e torrenti; ricorderemo solo, che sotto il regno di re Ferdinando II ebbero termine e furono superbamente decorati i regali palagj, e, sopra tutti gli altri, fu fatto splendidissimo quello di Napoli, maravigliosa costruzione viceregnale; fu innalzato il grandioso edificio di Pietrarsa, formato un porto militare, un bacino da raddobbo in Napoli, ed altri porti incominciati o ristaurati in punti importanti del reame; ed alcuni creati, siccome quello d'Ischia, in luoghi ameni, e fatti sicuro ricovero di grandi e piccole navi. E motti istituti di beneficenza sorgono in tutte le città nostre, ricovero e scuola degli orfanelli e de' poveretti; e quasi tutte le case penitenziarie del reame migliorate e rabbellite. Il che fu ordinato dal re Ferdinando Il e per pietosa inclinazione, e per aprire più vasto campo alle arti. Onde la nostra scuola di architettura rifiorisce e acquista ogni giorno maggiore importanza.

E manifestandosi un'artistica agitazione fra' nostri giovani, fu opera generosa del nostro governo quella di aprire un concorso tra essi, e scegliere i più valorosi e mandarli in Roma, dove studiando d'innanzi a quel superbi monumenti dell'arte antica, ritornano valorosi artisti. Ed ivi schiera eletta di giovani nostri, togliendo da' monumenti greci e romani la purezza e la sovrana eleganza delle forme; da quelli del medioevo la varietà infinita e l'eccellenza del carattere religioso; dagli edificj del secolo XV esempli di leggiadra decorazione; á tutto ciò subordinando giudiziosamente alle condizioni de' nostri tempi e ai nostri bisogni, sono tornati tra noi valorosi architetti, i quali, mentre ristaurano le antiche case di Pompei, e ci dimostrano cosí chiaramente la cognizione eh' essi hanno degli antichi sistemi di costruzioni, innalzano poi e decorano superbamente templi ed edificj pubblici e privati, siccome vuole l'età nostra, e i progressi dell'arte architettonica e i nostri bisogni. Ed è numerosa là schiera de' nostri architetti; ma quelli che si elevano sopra tutti gli altri, e sono maestri e guida, sono gli Alvino, i Catalano, i Venere, i Travaglini, i quali hanno saputo armonizzare i bisogni dell'arte ai bisogni della vita.

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La pittura è antica tra noi quanto la nostra storia, e primi monumenti sono le pitture figuline o le murali; e i vasi discoverti tra le rovine delle nostre città antiche sono pregevolissimi per franchezza e nettezza di colori. Essendo noi greci, l'arte fu greca e fu bella; ma fatti soggetti a Roma, l'arte peggiorò e cadde con essa. Ne' primi secoli dell'era cristiana si ritornò all'imitazione delle cose orientali, e su' ruderi de' monumenti di

quell'età veggonsi pitture pregevoli per fantasia, per vivacità di colori, per liete scene. Si propagò allora l'uso de' mosaici, pittura stabile che, destinata a pavimenti, da semplici combinazioni di linee progredì a rappresentare quadri storici.

Crescendo ne' primi secoli del medioevo la religione cristiana, crebbe l'arte cristiana, e quantunque rozza nel suo principio, fu parlante all'immaginazione. Ma i primi albori del rinascimento di quest'arte sublime si videro nel principio del secolo XIII, e furono Guido e Cimabue quelli che prepararono la via al Giotto, e ne rimasero oscurati. Il Giotto fece quanto può fare un uomo cui tutto diede la natura, nulla il suo secolo; e sono mirabili le sue composizioni, squisita l'espressione.

I pregi del Giotto risorsero in Masaccio nel 1400, e negli altri che seguirono a lui, i quali, trasportati da naturale inclinazione, tutti in lieto e santo accordo, fecero di migliorare le forme, ma adorando sempre l'idea, che riguardarono come l'ultimo scopo dell'arte; né furono imitatori, e nol vollero, né il potevano. Quindi varie le scuole, varj gli artisti di ogni scuola, varie le opere di ogni artista; quindi un progredire rapido, continuo, vero; un aggiungere al molto bene un nuovo bene, operando ad uno stesso scopo, ricercando il bello, paghi di gloria, sprezzatori de' bassi interessi. E ogni città d'Italia ebbe allora una scuola municipale, ed in ogni città una o più famiglie che di padre in figlio tramandavano, non le grette massime, ma il pio desiderio, ma il culto dell'arte.

Gli sparsi semi portarono frutti mirabili in Raffaele Sanzio, il quale, più che dal Perugino suo maestro, e dagli antichi e da' contemporanei suoi rivali, trasse la potenza dell'arte dal suo ingegno e dal suo cuore; e grande al pari de' più grandi nelle arti immortali della fantasia, niuno possedè quanto lui tutte le pratiche della pittura, e tutte le arti sorelle, niuno senti meglio di lui il supremo scopo dell'arte. Rivaleggiarono con lui il Leonardo, sommo nelle liete espressioni e nelle pratiche dell'arte; il Tiziano e il Correggio, che predilessero il colore e il fare largo e robusto, e il Michelangelo per quella sua nuova e sublime fierezza: ma se il Buonarroti atterrisce, se gli altri seducono, Raffaello persuade e commuove.

E qui tra noi, nell'Italia inferiore, se la pittura non ebbe gran vanto ne' primi secoli della nuova era, si ravvivò all'esempio del Giotto e dei grandi che segnarono il risorgimento delle arti in Italia, e qui sono ricordati Simone del Fiore, il portentoso Zingaro, che tanto si elevò tra' suoi contemporanei, Fabrizio Santafede, che fu chiamato il Raffaello Napoletano, e Pulsone, Imparato, Corenzio il Cavaliere d'Arpino, e quel raro ingegno di Ippolito Borghesi. Moltissimi frequentarono la scuola dello Spagnuoletto, e di là vennero Fiammingo, Passante, Vaccaro, Giordano e il tanto celebrato Salvator Rosa.

Con Michelangelo per la parte più nobile dell'arte, la ideale; e, ritornando i giovani all'imitazione degli antichi, perderono il fare proprio e locale, e si fusero in una scuola che fu detta italiana. In questo periodo di tempo rifulgono i Caracci, e Bologna ebbe il vanto di produrre paesisti eccellenti.

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Ma fu perduto il culto dell'idea, e i precetti versarono solo sulla esecuzione, ed era lode di un quadro il buon disegno, il buon chiaroscuro, il bel colorito.

Cadente quindi la pittura, del pari che le arti sorelle, irruppe e moltiplicò la folla de' precettisti; e cessata la vitale fiamma dell'idea, la materiale esecuzione peggiorò sempre, e l'arte mutossi in mestiere. E lunghi anni durò in queste misere condizioni, e possiamo dire in sino al principio di questo secolo nostro. Pure non si spense il genio, e in questa bella parte d'Italia, nutriti i giovani di forti studj, seguendo le tracce dell'Angelini, del Cammarano e del Maldarelli, ispirati dai superbi monumenti e dalle rare bellezze della natura, educati in Roma per cura del Governo alla scuola de' grandi artisti, oggi formano una scuola, che possiamo dire napoletana, e ch'è la più bella d'Italia.

E in essa, in mezzo a molti altri, che qui non ricordiamo, pur valorosi artisti, si elevano e giganteggiano i Mancinelli, i Morelli, i di Napoli, per la pittura storica e per gli affreschi; e sarebbe lungo il catalogo de' lavori stupendi da essi fatti. E non minore ingegno hanno dimostrato i Ruo, i Postiglione, i Celentano; e sono egregj artisti per la pittura del paese, gli Smargiassi, i Pergola, i Vertunni, i Palizzi.

Le reliquie della primeva nostra scultura ci furono lasciate dalla scuola etrusca, la quale ritrasse molto da quella di Egitto e di Grecia, e coltivava l'intaglio in metalli finissimi, e incavava nelle gemme. Ed erano eccellenti le nostre monete, e la Grecia propria non n'ebbe tali che potessero gareggiare con le sicule e con le inimitabili siracusane...

I Romani non coltivarono la scultura, ma la onorarono, chiamando di Grecia i più chiari artisti per innalzare statue alle loro divinità ne' templi, ai grandi uomini nel foro. Ma le opere della età stessa di Augusto cedono a quelle dell'età di Pericle, poiché i decaduti Elleni più non avevano i Fidia e i Policleti. In Napoli però il fare greco non fu imitazione ma spontaneità, e lo dimostrano i monumenti che conserviamo di quell'età.

Fra gli avanzi de' monumenti romani dobbiamo notare i bassi rilievi, e sono bellissimi quelli della Colonna Traiana, e quelli dell'arco di Tito. Ma cadendo l'impero, l'arte volge a rovina, e nell'arco di Costantino la barbarie è intera. E bisognò aspettare il decimo secolo per sentire un alito di novella vita, e ne' bronzi prima che ne' marmi, poiché le arti della fusione e del cesello poco aveano perduto in Bizanzio e in Oriente, e molte opere furono di là portate tra noi. E bei monumenti storici di quell'età sono le porte di bronzo, e sono celebrate le romane e le beneventane, fatte in Costantinopoli, di scuola bizantina, e le pisane fatte in Italia; e di squisito lavoro sono le porte della Chiesa di Montecassino e di altri templi illustri del nostro reame.

Le scuole pisane ravvivarono la scultura in Italia, e furono studiati ed imita! i i capolavori de' Greci, e furon fatte opere egregie. Tra gli scultori di quell'età è da ricordare il Ghiberti, celebrato per ricchezza di fantasia, per indicibile castità di concetti e di espressione, per grande perizia nel disegnare e modellare, ed egli fu, mutati i tempi, il Fidia Cristiano. E tra noi sono ricordati i nomi di Pietro degli Stefani e di Masaccio II.

Alle fonti del Ghiberti e degli altri suoi contemporanei attinse quel sovrano ingegno del Buonarroti, il quale elevò l'arte alla sua maggiore grandezza, e fu il principio della sua rovina.

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L'opera sua maggiore, quella in cui apparve grande veramente e sublime, è il Mosè, in cui Michelangelo impresse una fierezza prepotente, e non sono statue tra le più rare di Fidia e le migliori nostre che possano stare a pari con quella.

E in quel secolo medesimo ebbe la scuola napoletana i più rari ingegni dell'arte, Agnello del Fiore, Giovanni Marliano, detto Giovanni da Nola, e riputato il Michelangelo de' suoi tempi, Girolamo Santacroce, Domenico d'Auria, e Michelangelo Naccarini, le cui opere si ammirano dagli stranieri ne' templi della città, e nelle piazze.

Ma il volgo degli artisti, desiderando le lodi date al Buonarroti, e mancando l'ingegno, venne fuori con figure sfoggianti nudità inopportune, ostentazioni di muscoli, movenze esagerate e faccie mute; e, rivolgendosi alla materia, non senti la suprema importanza dell'idea e la stupenda sua fecondità.

Quindi l'arte cadde e fu muta per lunghi anni, e risorse col Canova, salutato come il ristauratore della scultura in Italia. Fu opera sua il monumento del Ganganelli, e quello di Rezzonico, ch'è forse il suo capolavoro, ed altre molte di genere leggiadro. E grande e nobile ingegno fu certamente il suo, né dopo Michelangelo era venuto altro scultore pari al Canova; ma la sua maggior Iode è di aver dato moto all'odierno risorgimento delle arti con l'esempio di opere pregevoli, e principalmente con la imitazione dell'antico.

In questo lavoro di rigenerazione il Canova fu seguito dal Thorwaldsen, danese di nascita, italiano di educazione, il quale non ebbe grande fantasia, ma studio vasto e moltiplice, e dal Finelli, potente ingegno e valoroso artista, e dal Tenerani, che alla vasta dottrina delle cose romane aggiunse la non meno vasta delle greche e delle nostre migliori, e ciò fece giudiziosamente con somma espertezza nel modellare e nello scolpire. E alla scuola de' Thorvraldsen e de' Tenerani si sono formati i nostri scultori, i Persico, i Cali, gli Angelini, ed altri egregj nostri giovani, tra' quali non vogliamo passare sotto silenzio il Calabrese Nicola Renda, miracolo d'ingegno, il quale lasciando gli Apollini e le Veneri, frutti di arti scadenti, s' ispira in quello che v' ha di più magnifico e nell'idea cristiana, e sono monumentali le sue opere. (1)

E ad accrescere e indirizzare a buon fine I' artistica agitazione destata tra' nostri giovani, sorge tra noi l'Istituto di Belle Arti, dove sono scuole assai bene ordinate di disegno, di architettura, di pittura, di scultura, e sono maestri e guida i grandi valorosi nostri artisti, Mancinelli, Alvino, Guerra Smargiassi, Angolini. Né restano infruttuosi quei precetti qui dove vasto campo è aperto all'esercizio delle belle arti in tante e cosi magnifiche opere, ordinate dal Real Governo, o fatte da privati nostri

(1) Il Renda nacque in Cardinale, piccolo paesetto delle Calabrie; c, giovinetto ancora, innanzi di studiare la pittura, dipinse, e fece cose maravigliose. Suo primo lavoro fu il ritratto del genitore, morto da sedici armi, e del quale niuna immagine restava tranne quella che il figliuolo conservava vivissima nella sua fantasia;ed altro suo lavoro fu il Ratio delle Sabine, dove in varj e bei gruppi ritrasse vivamente le figure di alcuni giovanetti del suo paese, senza bisogno di averli presenti. Era allora nelle Calabrie il benemerito cav. Roberto Filangieri, figliuolo dell'illustre Gaetano, e, veduto il raro Ingegno del Renda, volle che venisse in Napoli, e facesse studj ordinali, e venne, ed ebbe mecenate Cario Filangieri, principe di Satriano. Ma non ebbe bisogno di lunghi studj il Renda, che l'arte era nel genio; e dopo pochi mesi innalzò la magnifica statua del Gaetano Filangieri, ch'egli fece amorosamente, si perché quella era la statua di un grande uomo, e si perché quel grande era il padre de' suoi protettori. Ed altre statue egli fece dopo di quel tempo, e una colossale a Cario Filangieri, e i busti di Roberto e della madre. Ed ultimo suo lavoro è una Vergine, opera bellissima, la quale ora è nella Reggia.

Il Renda è un esempio de' rari ingegni di che è ferace la nostra terra. Ma chi sa quanti altri ne simo pari a lui, ed ignoti!

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concittadini. E noi avremmo a fare un lungo catalogo se volessimo tutte enumerarle, e se tutti volessimo indicare i pregevoli lavori de' nostri artisti, tra' ristauri e le opere nuove. Ma quella che avanza tutte le altre per grandezza, per magnificenza, per sacra riverenza, è certamente quella del Camposanto di Napoli, di questa superba necropoli, ch'è forse la più bella che esista. Ed è in luogo amenissimo, su' varj declivi di una bella pendice, dove sorgono infiniti monumenti, colonne, tempietti, mausolei, maravigliosi per varietà e squisitezza di lavoro.

Né porremo termine a questa rapidissima storia, anzi cenni brevissimi belle arti tra noi, senza dire che il nostro reame tiene il primato in Italia, e in tutto il mondo, per le armonie della musica. E son nostri i Pergolesi, i Porpora, i lommelli, i Cimarosa, i Paesiello, i Zingarelli, i quali arricchirono di tanti modi nuovi e sublimi il musicale linguaggio, che cosi potentemente ci agita e ci commuove, e ritrassero il bello in casti, soavi ed italiani accordi. Ed è nostro il Bellini, il quale, sebbene non vivesse che brevi anni, ci lasciò un canto maraviglioso per la semplicità delle sue note, per la dolcezza e le passione delle sue melodie; e sono nostri il Pacini e il Mercadante, illustri continuatori della scuola del Rossini; ed è nostra una scuola di Musica, ch'è prima, anzi unica in Italia, dalla quale ogni anno escono giovani valorosi nelle arti del canto e della musica.

Industrie

L'uomo ebbe dal sapiente autore della natura scolpito nel cuore profondamente il sentimento della propria conservazione, che gli è come guida sicura nel passaggero ma difficile cammino della vita. Quel sentimento è il principio da cui derivano la maggior parte de' suoi bisogni, ed è la ragione della maggior parte delle sue azioni. Egli sente i suoi bisogni e vuole ed opera per satisfarli. Egli è fuori dell'Eden, e la vita gli è fatiga, e il suo pane debb' essere il frutto del sudore della sua fronte. Sicché il sentimento della propria conservazione deve spingerlo al lavoro, deve spingerlo alla ricerca degli oggetti che gli sono utili, degli oggetti ordinati alla sua esistenza e alla sua tranquillità.

Quel sentimento guidava i primi cacciatori nelle loro selve native, di che era ricoverta quasi tutta la terra; quel sentimento guidava i primi abitatori della Caldea, i quali seguivano le loro greggi in quelle fertili pianure, e seguivano attenti il cammino degli astri per non ismarrire la loro via e ritornare sicuramente nel luogo dond'erano partiti. E da null'altro principio non erano animati quei che nelle feconde valli dell'Eufrate e del Nilo si rivolgevano alla terra, come ad una madre benefica, e con continuo lavoro le chiedevano che discoprisse i suoi tesori, che donasse i suoi frutti. E con l'opera della mano e della mente fecero di rendere i campi più fertili o meno sterili, qui volgendo a loro profitto gli elementi della natura e qui combattendoli.

Guidato da quel sentimento di conservazione e di tranquillità, l'uomo lasciava la vita nomade ed errante del deserto, ed innalzava la sua capanna; e di cosi lieve principio a poco a poco si formarono le borgate e le città, dove si raccolsero e si associarono te tribù e i popoli.

Ma come moltiplicavansi ogni giorno i suoi bisogni e i suoi desideri, l'uomo per satisfarli non creò nuove cose, chè egli nol potea fare, ma ne ricercò di altre nuove, ricompose altrimenti quelle che la terra gli offriva, é creò nuove forme e più utili e più belle.

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Ed ecco il maraviglioso lavoro degli artefici di Tiro nel tempio che Salomone innalzava al Signore; ecco la porpora di che si rivestivano i re di Persia; ecco il saio ond'erano ricoverti gli austeri Romani; ecco i templi, gli altari, gli archi, le colonne, i giardini di Semiramide, le piramidi di Menfi, il colosso di Rodi. Ecco l'uomo che inventa l'aratro, mercè del quale egli squarcia il seno alla terra e la feconda: ecco i mezzi ch'egli ritrova per formare tanti preziosi lavori: ecco le macchine ch'egli inventa e che accrescono le sue forte, e ond'egli può facilmente innalzare grandi monumenti e può facilmente distruggerli: ecco cento altri ritrovati nuovi, onde cresce e si migliora ogni giorno la coltura de' campi e il lavoro degli artefici.

Quel lavoro è l'industria, è il grande lavoro nel quale sono oggi discesi intelligentemente tutti gli ordini della Società, è il più utile scopo delle applicazioni meccaniche e delle scienze fisiche e chimiche. E n'è chiarissima l'importanza sol che si consideri che la industria è una delle grandi sorgenti di ricchezze, e queste sono state e sono il sogno di tutte le età, e disiosi i popoli tentano le vie più difficili per raggiungerle, fino quelle che sono impossibili.

Nelle regioni più lontane, anzi oltre il termine delle terre conosciute, gli antichi immaginavano i giardini delle Esperidi, ed alberi i cui frutti erano pomi di oro, ed adoperavano le forze di Ercole per acquistarti. E furono le ricchezze il sogno che guidò la nave degli Argonanti per mari incerti insino alla Colchide; e nella conquista del vello d'oro la favola non nasconde che quella di grandi tesori. Quel sogno spingeva le ardite navi fenicie oltre le Colonne di Ercole, in mari risguardati allora come lontani assai e tenebrosi. Quel sogno si confuse in mezzo agli altri di gloria e di grandezza, e spinse alle guerre le armi greche e le armi romane. Erano le ricchezze il desiderio de' barbari che rovesciarono l'impero romano, degli Unni, de' Vandali, de' Goti, de' Saraceni, de' Tartari. Ed era il solo pensiero de' pirati, ond'erano ingombri i nostri mari. Quel sogno guida i naviganti europei in mezzo a terre e mari lontani e diversi, e onde l'Europa si è quasi rovesciata nel nuovo emisfero. Fu il sogno di Genova e di Venezia, de' Portoghesi, degli Spagnuoli, dell'Olanda, dell'Inghilterra. È il sogno di coloro che corrono appresso alle lontane regioni aurifere a traverso di tanti e cosi gravi ostacoli.

Ma le ricchezze, state sempre il desiderio di tutt'i popoli, e che sono oggi l'argomento più grave i n tor no a cui si aggirano le scienze economiche, non hanno sempre lo stesso principio, non sono sempre indirizzate allo stesso fine. Il pensiero di Grecia e di Roma antica fu quello di conservare con la povertà la frugalità. con la frugalità la forza. il coraggio, la tolleranza della fatiga, il rigore de' costumi. Ed erano i costumi!' usbergo di coloro che ne' campi di Maratona e alle Termopili combattevano contro ai Persiani; di quei che combattevano contro di Pirro ne' campi di Taranto. Né madero la Grecia e Roma innanzi che cadesse quell'amore di povertà, ch'era la prima loro virtù, innanzi che l'Asia le avesse indebolite e guaste usando contro di loro le ricchezze e il lusso.

Ma quelle ricchezze corrompitrici che Licurgo voleva lontane da Sparta, e in che Focione vedeva la cagione della rovina di Atene; quelle ricchezze che nutrivano in Roma la ingordigia de' pretoriani, non erano quel frutto che Cincinnato raccoglieva dal suo campicello, non erano il frutto del lavoro della mano industre dell'uomo. Quelle ricchezze erano frutto di guerre ambiziose, erano frutto della conquista, del ladroneccio, della pirateria; quelle ricchezze, che non erano proporzionate ai bisogni di quei popoli, doveano divenire principio di corruzione e di debolezza.

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Le ricchezze oggi debbono essere il prodotto della nostra fatiga, debbono essere il frutto del sudore della nostra fronte, sia che le dimandiamo alla terra o all'opera della nostra mano. Oggi gli abitanti della terra sono cresciuti grandemente, i bisogni si sono grandemente moltiplicati, e come potremmo difenderci contro di essi se non multiplicando il frutto della nostra industria? E quali danni e quanti pericoli se noi non potessimo preparare ogni giorno alla nostra famiglia una mensa frugale? Gli antichi garentivano con la povertà la loro virtù; oggi generalmente non può garentirsi che con la ricchezza. Tra gli antichi erano più potenti le nazioni più povere; oggi sono più potenti le più ricche. Sicché le ricchezze, state lungo tempo obbietto sterile di ricerche, sono oggi divenute gravissimo argomento, anzi unico, degli studj economici. L'industria, le arti, il commercio, che altre volte contribuivano ad indebolire gli Stati, e che forse resero Tiro la preda di Alessandro, Cartagine quella di Scipione, sono oggi divenuti il più forte sostegno della prosperità de' popoli.

Oggi che la terra non tace davanti all'uomo; oggi che l'uomo vuole riposo, anzi che gloria e grandezza, dopo gli urti continui e i perpetui contrasti dell'ambizione; oggi che le nazioni agricole e commercianti hanno innalzato un trono sulle nazioni guerriere; oggi che la privativa di una derrata, che il commercio esclusivo di un aromo possono divenire cagione di guerre sanguinose; oggi che le ricchezze non corrompono i popoli, non essendo più il frutto della conquista, ma il premio di un lavoro assiduo, di una vita di fatighe; oggi le ricchezze, i canali che le trasportano, i mezzi che tendono a richiamarle nel paese, a diffonderle, ad equilibrarle, debbono essere il primo obbietto delle ricerche degli economisti, essendo che sono il fondamento della prosperità de' popoli. Ed è perciò che i loro voti sono principalmente rivolti ai progressi dell'agricoltura, dell'industria, del commercio, che sono le tre sorgenti della ricchezza, E siate ricchi, essi dicono, e sarete felici. No noi vogliamo dire il contrario; ma vogliamo aggiungere non pertanto, che se non sono condannate le ricchezze, sono qualche volta condannati i mezzi onde si cerca di ottenerle. Siate ricchi, diciamo pure noi, ma col frutto di oneste fatighe, non con le usure, non con le usurpazioni. Siate ricchi, ma camminando nelle vie del Signore, ma con la benedizione del Cielo; poiché fuori di quelle vie non è ricchezza che possa rendere felice. Sia onesto il lavoro, sia onesto il guadagno, e sarà benedetto.

L'importanza e l'utilità dell'industria è oggi intesa, possiamo dire, quasi generalmente; e non è grande invenzione la quale non serva oggi alle arti e ai mestieri e ai bisogni della vita; né le scienze fisiche e chimiche, né le meccaniche applicazioni hanno altro scopo pratico più diretto. E dove l'industre mano dell'uomo, con lungo e paziente lavoro, dava forme diverse alle cose e creava nuovi valori, ivi le nuove macchine e i nuovi processi rendono l'opera più facile e migliore.

E dove gli elementi dell'aria e dell'acqua erano i più grandi operatori, onde la industria umana servivasi per trasformare e trasportare le cose, ivi ora applicasi la potenza del vapore, e moltiplicasi maravigliosamente e quasi indefinitamente, sia che se ne usi alla formazione de' filati e de' tessuti e di tutte le altre maraviglie delle arti industriali; sia che mercé di essa, con la forza e la celerità del vento, si spingano le navi nel mare e ne' fiumi, e si raccorcino le distanze, e si rendano facili e più pronti i trasporti.

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L'uomo con industre pensiero si è ripiegato sulla scelta de' mezzi e sul perfezionamento di essi, onde con minime forze ei produca massimi effetti. E quindi egli è divenuto, diremo cosi, maggiore di se stesso, egli ha potuto vincere gli ostacoli più gravi, egli ha potuto sottomettere alle leggi del suo intelletto fino gli elementi della natura. E solo con questo movimento industriale ei può dirsi che alcune nazioni sieno giunte a farsi maggiori delle altre, creandosi una forza artificiale, che distrugge la differenza numerica delle popolazioni, state altra volta la base fondamentale della potenza degli Stati.

Non seguire un cosí generale ed utile movimento, ei sarebbe restare indietro e farsi volontariamente tributario delle altre nazioni. Ma non è questa la condizione del nostro reame; chè qui cresce e perfezionasi ogni giorno la industria agricola e la manifatturiera, vegliate amorosamente ed indirizzate a buon fine dalle nostre Società Economiche delle provincie. Ed una grande varietà di prodotti nostri gareggiano e sostengono il concorso di quelli dello straniero; e sono usate molte macchine utilmente, e alcune costruite tra noi con arte maravigliosa.

E dette queste poche cose intorno all'origine ed allo scopo delle industrie, per dimostrare col lume della ragione e della storia la loro grande importanza, oggi maggiore di prima, e per incuorare i nostri concittadini a rompere le vecchie pastoie, ed entrare più confidenti nell'utile lavoro; facciamo ora di restringerci nelle particolari industrie del nostro reame, le quali acquistano ogni giorno maggiore sviluppo e valore, e debbono essere per noi argomento di nobile fierezza, non avendo noi enormi capitali, né usando generalmente macchine grandiose e peregrine, ed essendo a noi bastevoli motori la efficace direzione governativa, lo scarso peculio del privato, l'amore dell'arte, la intelligenza degl'industri ed abili fabbricanti e produttori. E maggiore debb'essere la speranza se vogliamo porre mente alle vaste sorgenti di ricchezze che sono tra noi, e ai fertili ingegni e ai sommi uomini nelle varie branche delle scienze, e all'istruzione generale che svolge l'attitudine degl'industriosi, e li mette a parte de' sublimi e sempre nuovi trovati della scienza.

E volendo incominciare dall'industria agricola, ch'è come fonte principale, anzi unica, tntorno a cui tutte le altre si aggruppano, immenso e quasi prodigioso è il grado di avanzamento dato ad essa in quest'ultimo periodo di tempi. Ed una grande cagione del suo incremento è stato il bonificamento di vasti demanii, di terreni maremmosi; essendosi per siffatta maniera allargato il campo all'industre operosità dell'agricoltore, e distrutte le letali influenze di un aere grave e pestifero. E sono a veggente di tutti nella vicina Campania i lavori stupendi di prosciugamento, onde i bacini del Volturno, il lago di Fondi, le acque del Clanio, le cime stesse del Matese si resero accessibili all'azione benefica dell'agricoItore; e sono cessati gl'impaludamenti del Val di Diano, che condannavano a perpetua sterilità quelle ubertose contrade; e circoscritti gli stagni dell'agro Pestano e di quello di Eboli.

Circoscritto e ben diretto l'alveo del Fortore, cinto il margine di robusti pioppi, non più soverchia ed allaga gli appuli campi. Né la granifera Lucania avrà a temere gli allagamenti della Salsola, del Celano, del Candelaro, tosto che saranno compiuti i lavori di bonificazione fatti in quelle valli.

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Ed altre molte grandi opere sono incominciate, e, tra le altre, quella immensa del Fucino; e sono cosi larghe le proporzioni, che noi possiamo dire che nello spazio di sei lustri il campo dell'agricoltore si è quasi raddoppiato, e l'agricoltura fiorisce e lussureggia in ogni parte del reame; e quasi in ogni parte t'incontri in verdeggianti pometi, in estesi boschi di ulivo, in onde sterminate di biondeggianti spighe, in ricchi vigneti, in abbondanti pascoli, in ogni maniera di utili produttive coltivazioni.

Guidato il nostro colono dalla face rischiaratrice dell'esperienza, non corre appresso a tutte le innovazioni, c non ispreca i suoi capitali in tentativi temerarj e rovinosi; ma aspetta pazientemente che la scienza gli rischiari la mente, e gli diriga il lavoro delle braccia, ed è pronto ed ama grandemente di mettere in pratica i metodi nuovi quando ne ha compreso il valore. E non v' ha natura di albero, di utile pianta, di seme, radico o vitigno che sia, sperimentata rigogliosa e fruttifera in una delle provincie del regno, che con nobile emulazione non fosse trasportata, fatta germogliare e fruttificare nelle altre. E quindi in varie provincie, massime nella Campania, si è data opera alle coltivazioni proficue della rubbia, della barbabietola, e data maggiore estensione alla coltivazione de' serici gelsi r dell'americano e Siamese cotone, del pomo di terra, e di altri più dilicati tuberi, ed alla famiglia lunghissima delle civaie, non che alla benefica introduzione delle piante pratensi, e di quelle utili alle arti, come il cardo de' lanaiuoli, ed altre di simile genere. Né passeremo sotto silenzio gli sforzi fatti per iutrodurre la coltura del ricercato tabacco di Avana, e quella del sesamo e del colza.

E ci piace di vedere che la industria agricola comincia a rompere gli argini in che funesti pregiudizj la tengono inceppata, e l'intelligente e industre nostro colono comincia a mettere a profitto i nuovi trovati della scienza. E in alcune nostre provincie si fa pruova dei buoni aratri, e s' incomincia a conoscere quali sarebbero le migliori condizioni a cui dovrebbero rispondere le macchine seminatrici, e quelle per mietere e battere i grani; e sopo usati sarchiatori, seminatori meccanici, vanghe, erpici, estirpatori, macchine trebbiatrici, ed altre parecchie; e si trovano più acconce e profittevoli le rotazioni agrarie e gli avvicendamenti.

E noi abbiamo ragione di sperare che l'industria agricola cresca e si perfezioni tra noi, in una terra lieta di tanto sorriso di natura, ne' cui abitatori è tanta feracità d'ingegni, in un suolo cosi fertile, irrigato di molti rivi di acqua che lo fecondano, sotto un cielo cosi mite.

Ai progressi dell'agricoltura si rannodano quelli della pastorizia, la quale ravvivasi tra noi, ed è pur prosperevole in molte parti del reame. Le imbastardite razze pecorine, venute di Spagna per opera degli Aragonesi, furono ringiovanite in questi ultimi tempi per altre nuove e più pregiate razze venute di Spagna, di Sassonia, di Svizzera, per opera del Governo e di alcuni nostri benemeriti concittadini, e già se ne cominciano a vedere gli utili effetti. Ma lungo è ancora il cammino che ci resta a percorrere, se ci facciamo ad esaminare lo stato attuale degl'incrocicchiamenti delle buone razze di arieti, delle cure che richieggono questi lanigieri, de' mezzi di allevamento, cioè a dire de' buoni prati artifiziali, de' ricoreri e via innanzi, e se vogliamo ricordare che non è grande il numero de' merini introdotti nel regno.

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Migliorano del pari le razze equine; e da più anni a questa parte noi incontriamo nelle fi

årå e de' passeggi, cavalli nostrali di svelte e gentili fattezze e generosi; e migliora l'allevam

ento degli altri bestiami, quantunque non abbia ancora acquistato larghe proporzioni, massime quello delle razze bovine,

Il lavoro delle cave e delle miniere è di grave importanza, e ci discopre i tesori sepolti nella terra. Noi abbiamo marmi eccellenti in molti punti del reame, tra' quali è da notare quello giallo di Pietrarsia, i marmi dei monti di Caserta, tanto somiglianti ai ruiniformi di Firenze; la lumachella e gli oaliti di Vitulano, i marmi di S. Angelo la Scala, di Montevergine, di Montemiletto, ecc. ; gli alabastri ed i marmi neri del Gargano, i marmi a fondo roseo di Abruzzo Citra, le agate e i diaspri-agate della Sicilia, la lumachella di Trapani, ed altri molli pregevolissimi,

Sono già parecchi anni e si lavora alle cave di asfalto; ed i minerali bitumiferi indigeni sono estratti in grande abbondanza, e purificati accuratamente. Ma il maggiore lavoro sopra larghe proporzioni vien fatto nella provincia di Chieti, dove oggi si fa uso di macchine a vapore e di strumenti più adatti di quelli che furono adoperati nel passato. E se ne ricava tanto nel regno che i nostri bisogni sono soddisfatti, e poco o nulla è l'

àsfalto che ci viene di fuori.

Non manca il nostro regno di carbon fossile, ed è buono quello di Agnana e di Teramo, e quello discoperto nelle vicinanze di Salerno (Giffoni), ed è pregevole la lignite di Tropea e di Abruzzo; ma i lavori di scavo finora praticati non hanno grande estensione. E poco pure si raccoglie di ardesia, asbesto, blenda, galena, stibina, quarzo e di altre tali materie. Ma v'ha considerevoli depositi di salgemma, zolfo, gesso nelle provincie continentali e nella Sicilia.

Importante è lo scavo delle miniere, a cui oggi si attende più che mai. Le più recenti ricerche son fatte nel distretto di Sora per contò del Governo; e son ricchi di limonite quei luoghi, e ne offre ottima specialmente la contrada di S. Donato. Il monte dell'Omo in Campoli da limonite argillosa, e in quelle vicinanze si scava il minerale pidolitico e di palude. E fanno grandi progressi le vaste officine del Governo, siccome quella di Pietrarsa e la Fonderia di cannoni di Castelnuovo.

Si lavora allo scavo del piombo nelle Calabrie, e si ha il 75 per 0|0 di materia utile; e le miniere della così detta Figarella in Messina danno piombo, rame, zinco, antimonio, e considerevole quantità di argento.

Le ferriere del regno danno abbondante e buon prodotto; e i lavori sono eseguiti perfettamente bene, tanto nelle officine del Governo che in quelle che appartengono a private compagnie industriali. E noi non possiamo tacere de' ferri di prima fabbricazione della Reale Ferriera di Mongiana; dei lavori di ferro fuso e di ferro battuto della rinomatissima fonderia di Castelnuovo, dove si vanno compiendo opere stupende, e del Reale Opificio meccanico e pirotecnico di Pietrarsa; non che de' lavori della Fonderia di Henry e Macrì, di Eugenio De Lamorte e Francesco Charpe, e di altre che qui non notiamo.

Per determinare lo stato delle arti meccaniche tra noi, ci basta di ricordare che si fabbricano nel regno buone macchine mosse dal vapore, c locomotive per le strade ferrate, e macchine motrici de' battelli, e molte altre deputate ai più necessarj bisogni delle grandi industrie, e gl'ingegni e gli artifizj minori;

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per modo che a plantare un opificio o una manifattura qualunque si hanno nel regno tutti gli elementi necessarj. E le macchine e i congegni di che fanno uso i nostri stabilimenti manifatturieri sono costruiti tra noi, se ne togli qualcheduno recentemente imaginato dall'industria straniera, e il quale, noi siamo certi, sarà quanto prima perfettamente imitato.

Le macchine, gli apparati necessarj alle scienze sono pure costruiti tra noi con grande perfezione; ed anzi recano maraviglia, quando vogliamo considerare che i nostri macchinisti non hanno tutti le cognizioni necessarie per comprendere l'importanza delle scoperte di che ogni giorno si fa più ricca la scienza. Tra' nostri macchinisti sono molto noti i nomi di Spanò; di Bandiera, di Gargiulo; e quest'ultimo si eleva sopra tutti gli altri pe' suoi ingegnosi lavori, e per importanti modificazioni portate sopra strumenti scientifici.

E di altri molti lavori pregevolissimi di ferro e di acciaio sono state ricche le nostre Esposizioni Industriali, e sarebbe lungo il catalogo se volessimo tutti enumerarli. Vi avea motori elettro-magnetici, ruote ad elica, macchine pneumatiche, apparecchi elettro-terapeutici, parafulmini, bussole, barometri, bilance, strumenti geodetici, livelli, turbini idraulici, campane da palombai, molini, pompe, macchine, strumenti agrarj. Sono pregevoli gli strumenti chirurgici del Raimo, i cannocchiali del Tartarelli, i lavori di acciajo di Campobasso; i lavori di bronzo di Pietrarsa, gli argenti e le gemme e i lavori di corallo; pregevoli le armi bianche e da fuoco, costruite nelle reali fabbriche e ne' privati stabilimenti; e le macchine agrarie di nuova e di antica invenzione costruite con grande economia e perfezione negli opificj del Governo e nei privati.

Quanto ai prodotti chimici industriali, cosi necessarj per quasi tutte le arti e per gran numero di manifatture, noi abbiamo di che rallegrarci, ponendo mente al numero e alla perfezione di quelli che abbiamo nei regno. E, per discendere in alcuni particolari, diremo che in Salerno si producono di ottima qualità gli acidi solforico, nitrico, muriatico, la soda, la soda cristallizzata, il solfato di soda, di ferro, e via discorrendo; ch'è ottimo il cremore di tartaro che si fabbrica in Brindisi, in Teramo, in Lanciano, per tacere di altri prodotti che vengono da altre fabbriche del regno, innalzate con rara intelligenza e buon volere, e sostenute con considerevoli capitali; che prodotti chimici utili alle industrie, formati da noi sono l'acido pirolegnoso, le pirolignite di ferro, di rame, di calce e di allume; e molti sono i preparati di usi medicinali, e ne dobbiamo un gran numero al professore Raffaele Paura, che il primo ha estratto in larghe proporzioni il iodo dalle alghe raccolte nei golfo di Napoli, e il primo ha preparato tra noi il ioduro di chinina.

Le materie tintorie, il bianco di zinco, il giallo e l'arancio di croma, l'azzurro di Prussia, la lacca carminiata ed altri colori, sono pure prodotte nei regno, e cresce ogni giorno la quantità e la qualità. E qui vogliamo che si noti che l'arte tintoria nostrale usa oggi la rubbia indigena con grande utilità.

Per quanto importante altrettanto si fa estesa tra noi l'arte di conciare i cuoi; e i nostri mercati sono ricchi di marrocchini, sovatti, bazzane, suole, pelli tinte variamente; e saranno maggiori i progressi quando i nostri bestiami daranno migliori pelli, quando si comincerà a trarre maggior profitto da' precetti che la chimica applicata alle arti non manca di dare per la preparazione di esse.

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Di fabbriche di cuoi e di pelli ve n'ha molte in tutto il regno, e sono tenute in gran pregio quelle di Castellammare.

Rapidi progressi fa tra noi l'arte vetraria, e se ne hanno lavori pregiatissimi ora che con più certezza si conosce la quantità e la qualità degli elementi. E basta il prodotto ai nostri domestici bisogni, e ad una mediocre eleganza, col vario lavoro impresso al vetro e co' varj colori, a oro, a merletto.

Tra le nazionali manifatture più ricche e pregiate, quella che primeggia sopra le altre è certamente l'industria lanaria, la quale cresce e si perfeziona seconde che cresce e si perfeziona la pastorizia. E noi abbiamo grandiosi e lodati lanificj, ricchi di molte macchine e di metodi spediti per filare, lavare, digrassare, tingere, tessere le lane, e per dare opera alla produzione di lavori economici e perfetti, e tali che nulla non ci lascino invidiare agli stranieri per varietà e finezza di tessuti. E le nostre Esposizioni Industriali sono state ricche di lucidi panni neri e turchini, di belle segovie, di castori cremisi, di morbide flanelle, di compatti tricò, e di tanti altri leggeri e vellosi tessuti.

E dobbiamo renderne lode all'operosa intelligenza de' Sava, de' Ciccodicola, de' Zino, de' Manna, de' Polsinelli, e di altri, fondatori di grandi lanificj, la cui vasta produzione provvede ai maggiori nostri bisogni, e al lusso de' ricchi e all'umile vestimento de' poveri. E migliori saranno le condizioni di questa nostra industria quando la pastorizia sarà più florida e più produttiva; quando i merini e le capre del Tibet formeranno mandrie estese; quando sarà più vasta la coltura de' prati artifiziali, e migliorati i ricoveri, il riposo e la custodia degli armenti; perocchè allora si avranno pelli migliori, e lane più morbido e nitide.

Importante del pari è l'industria serica e pregevoli i tessuti, e gran vanto ne viene alle manifatture napolitane. Questo nobile ramo d'industria si ravviva oggi tra noi, e fa rapidi progressi. Le nostre provincie intendono quasi tutte alla coltura del gelso serico e all'allevamento del filugello, e le filande sono provvedute di macchine e degli utensili proprj a rendere più perfetto il lavoro. Le nostre sete hanno lucentezza, nerbo e morbidezza, e sono pregevoli per farne calze finissime, e tesserne rasi e velluti ed altri più dilicati drappi. E noi facciamo un'esportazione ogni anno di seta greggia, lavorata, tinta e da cucire, il cui valore oltrepassa due milioni di ducati. E sarà maggiore e più importante il prodotto, quando le nostre bigattiere non saranno generalmente governate dalla rozzezza, da' pregiudizj e da' meschini guadagni; quando saranno seguite le buone regole che l'esperienza e la scienza consigliano; e sorgeranno bigattiere da servire di norma a tutti, non potendosi altrimenti far intendere la ragione agl'ignoranti che per la via degli occhi.

Le nostre filande producono seta gialla e bianca, ed è floscia o torta, preparata e tinta con brillanti e gradati colori per uso di cucire, ricamare, per farne merletti, trine, frange, lacci, fiocchi e tesserne drappi d'ogni genere. E le provincie che più ne producono sono Terra di Lavoro, le Calabrie e le provincie di Catania e di Messina.

Perfezionati e fatti più agevoli i metodi onde si lavora la seta, non v'ha miracolo di arte per vivacità ed intreccio di colorito, per morbidezza, regolarità di ordito, precisione di disegno, che non si sia fatto tra noi.

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E sono bellissimi i ricchi broccati, i damaschi, le stoffe operate, gli ormesini e i leggeri tessuti di nuova invenzione prodotti dalla Real Fabbrica di S. Leucio; stupende le stoffe rasate e broccate del Real Convitto del Carminello; e le molte altre stoffe prodotte in altri stabilimenti, e la varietà infinita di nastri, fiocchi, trine, frange; e pregevolissimi i damaschi, i velluti e i motti altri tessuti serici prodotti dalla città di Catanzaro; pregevolissimi quelli che ci vengono di Catania.

E pregevoli sono i lavori di lanapinna o lanapesce de' marinai, che i Tarantini ricavano da taluni bivalvi, abitatori del basso fondo del mare (1), i quali hanno come un fiocco di delicatissimo bisso, col quale si tengono fermi sugli scogli e nelle arene. Gli antichi ne formavano oggetto ricercatissimo di commercio. Le donne tarantine oggi la pettinano con dilicati cardi, la filano, e quindi ne lavorano a maglia calze, guanti, berretti ed altre manifatture molto pregevoli per morbido pelame, e per un lucido di oro bruciato.

Importante è la produzione del lino, del canape e del cotone, e pregevoli ne sono i lavori, e in una via di crescente perfezionamento. E le tele operate e damascate, e la varietà immensa di variopinte cotonine, e

le stoffe colorate e stampate uscite da' celebrati opificj di Egg, di Mauro, di Meyer, åcc. , e i diversi filati, e tanti altri utili e mirabili prodotti di perfetto lavoro e di mite costo, ne sono chiara ed incontrastata ripruova.

E discorrendo così rapidamente delle arti e de' mestieri, non taceremo de' magnifici pianoforti costruiti tra noi da' De Meglio, dagli Helzel, da' Sievers, da' Mack, da' Federici, i quali all'eleganza del disegno, alla solidità di costruzione, alla varietà e ricchezza degli ornati esteriori, aggiungono la dolcezza di suono e il protratto vibrar delle corde. Non taceremo delle magnifiche intarsiature condotte con rara maestria, maravigliose per semplicità ed armonia di disegno, per finitezza di esecuzione. Né de' bei guanti, né delle corde armoniche, che sostengono l'antica fama, di cui godevano e godono ancora tra gli stranieri e ne' lontani mercati queste due specialità della nostra industria.

La fabbricazione della carta e i lavori tipografici, risguardati sotto il rispetto industriale, sono produzioni necessarie, e qui tra noi, sebbene non ismentiscano l'antica acquistata riputazione, pure meritano di essere perfezionate, e lo saranno, ora che la meccanica industriale e la chimica si sono insieme strettamente collegate per rendere maggiore e più facile questa produzione su cui riposa lo splendido progresso intellettuale del secolo presente. E noi facciamo voti, perché ai conosciuti bisogni de' tipografi, de' litografi, degl'incisori, le cartiere del Fibreno e del Liri possano pur una volta co' loro pregiati prodotti largamente provvedere, e che vogliano meglio alimentare il lucroso traffico de' parati da stanza, i quali, se sono da commendare per il mite prezzo, non hanno la lucentezza e precisione de' forestieri.

Ne porremo termine a questa rapida rassegna delle principali nostre industrie, senza toccare, così fuggendo, delle altre nostre minori, e pur pregevoli, quali sono i gentili lavori dell'ago, le microscopiche incisioni in avorio, il coltellame di tempra squisita ed a mille trafori, i magnifici vasi e lavori di figuline, le fine paglie intrecciate a modo delle forestiere, le eleganti cornici dorate, i talami sontuosi,

(1) Pinna rudis e nobilis di Linneo.

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e cento altre minuterie, di cui sarebbe lungo il catalogo, e de' quali moltissimi vengon fuori dagli Ospizî, da' Reclusorii, e da ogni altra maniera di pubblici asili, e fino dalle prigioni, in alcune delle quali è assai bene ordinato l'esercizio di utili mestieri.

E se noi non possiamo concedere ugual lode a tutte le nostre arti manuali e alle meccaniche fabbrili, ciò deriva da che noi non vediamo nei nostri artefici riunite le cognizioni che sono necessarie. Ma a ciò provvede il nuovo ordinamento delle scuole di arti e mestieri, dove i nostri artefici, l'orefice, l'argentiere, il gioielliere, il magnano, il muratore, il vasellaio, lo stovigliaio, il tornitore, il legnaiuolo, ecc. , troveran modo di essere istruiti ne' più importanti principj della meccanica industriale, della fisica e della chimica applicata alle arti e ai mestieri, e nelle regole più necessarie della geometria descrittiva, con quei precedenti studj matematici che sono a ciò necessarj. E non mancheranno gabinetti contenenti i modelli ed i disegni di macchine ed ordigni di ogni sorta, gli strumenti per l'insegnamento della fisica e della chimica, le materie grezze, i minerali, le produzioni chimiche, e quelle delle principali arti e manifatture. E allora i nostri manifatturieri cosi operosi ed intelligenti avranno la scienza dell'arte, che illumina e dirige, la loro mano non seguirà moti meccanici, ma obbedirà sicura ai principj della scienza, ed egli potrà indirizzare a più utile scopo il suo lavoro, fecondare meglio i capitali che gli saranno confidati, e produrre tutte le maraviglie dell'industria, del pari che le altre nazioni più industriose.

Ma a questo florido stato delle nostre industrie noi non giungeremo se il lavoro dell'industria non sarà più generalmente inteso tra noi, e non se ne saranno compresi i mezzi e il suo vero fine; se non saranno combattuti i pregiudizj e le viete usanze, se non sarà meglio intesa la incontrastata utilità dell'uso delle macchine e del vapore, mercé di che si ha più facile e maggiore prodotto, in minor tempo, con minore spesa; se non saranno moltiplicate e fatte più facili le comunicazioni, ravvicinati i mercati, aperto più vasto campo al consumo e quindi alla produzione;

se non saranno meglio esaminate le condizioni topografiche del nostro reame, e non sarà determinato quali elementi esso presenta all'agricoltura, quali all'industria ed al commercio, e quanto noi siamo agricoli e quanto possiamo essere manifatturieri; che se egli è vero che l'industria oggi è un elemento necessario della prosperità de' popoli, egli è pur vero che le industrie possono prosperare dove vi concorre la natura, e che niuna nazione non può aspirare ad avere la preminenza in ogni ramo d'industria, essendovi di circostanze che favoriscono presso una nazione un certo sviluppo industriale, e di altre che si oppongono; e le industrie nelle quali non può sostenersi il concorso degli stranieri sono come erbe parasite che sottraggono vita alle industrie favorite dalla natura, e però, non che utilità, portan danno, disseccando la sorgente della vita delle nazioni.

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Commercio

Gli uomini non hanno tutti gli stessi bisogni e gli stessi desideri in tutt'i luoghi, né tutt'i luoghi hanno la stessa natura, producono le stesse cose, e possono soddisfare agli stessi e a tutt'i bisogni. Qui sovrabbonda il frutto de' campi, qui è povero, qui manca del tutto. Qui sono miniere preziose, qui piante che mancano altrove. Nelle Indie era la terra dell'oro, la Chersoneso Aurifera; di Ofir e di Tharsis venivano l'argento e lo avorio; dalle Cassiteridi e dalla Tule settentrionale lo stagno e l'ambra.

Era ricca la Cina di prodotti suoi proprj, ricche le Indie, ricca la valle del Nilo, picea la Libia, ricca la Sicilia, ch'era la terra del sole; ma sterili ed infecondi i deserti dell'Arabia, ma sterile ed angusta la terra dei Fenici.

Fu quindi bisogno che questi popoli si ravvicinassero, che scambiassero i prodotti delle loro terre e della loro industria, che aprissero vasti mercati, onde la ricchezza si diffondesse e si equilibrasse, rendendo utile la produzione e ne' luoghi dove sovrabbondava e in quelli dov'era scarsa, essendo che la produzione che non ha smercio e consumo non è ricchezza.

Quindi fu bisogno che si aprissero tante vie di comunicazione, e nuove strade e nuovi canali, la navigazione de' fiumi, la navigazione de' mari; e nacque il commercio de' popoli, che aggiunse nuovi valori ai prodotti dell'agricoltura e dell'industria. E quindi noi comprenderemo facilmente perché gli Arabi aprono le vie del deserto e portano le merci delle Indie nell'Egitto e nella Fenicia; perché i Fenici, spinti e cacciati dalla povertà del suolo nativo, divengono i primi navigatori, i primi commercianti della terra, e fondano tante e così ricche colonie, e ricongiungono i più lontani termini di quel mondo antico, l'Oceano Indico all'Oceano Atlantico. Noi comprenderemo perché la Sicilia, perché l'Egitto e la Libia furono i granai di Roma, l'Iberia le sue miniere.

E questa parte meridionale d'Italia, che noi abitiamo, feracissimo suolo e produttivo, questi regni felici di Saturno e di Cerere, entrarono di buon'ora ne' vasti commercj degli antichi, si pe' ricchi prodotti della terra e del lavoro degli abitanti, si per la loro geografica posizione, quasi nel centro del Mediterraneo, in fra l'Oriente e l'Occidente, sviluppando lunghe rive sull'Adriatico, sul Jonio, sul Tirreno, di rincontro alla Dalmazia, alla Grecia, alla Siria, all'Egitto, alla Libia, all'Iberia. Di grandi traffichi furono padroni i Sibariti, i quali dominarono sulle coste del Jonio, e sopra i Siriti e i Metapontini, e distesero i loro commercj nella Sicilia e fino nell'Africa; e le grandi ricchezze che ne trassero diedero vita alle belle arti, e portarono il lusso e la mollezza, che furono cagione della loro rovina. Le nostre colonie greche entrarono ne' vasti commercj degli Elleni, e furono centro di altri nuovi e più vasti. E tali furono Brindisi, Taranto, Locri, Reggio, Cuma, Napoli, e, nella Sicilia, Siracusa, Agrigento, Lilibeo; e le materie principali de' loro traffichi erano quelle che traevano dalla terra, i frumenti, gli olj, le pregiate ulive, i vini preziosi, le frutta, il mele, e quelle che traevano dalla pastorizia e dal mare, le lane morbide e lucide, le conchiglie contenenti il color di porpora, i pesci squisiti.

Ma cominciarono a scadere le nostre industrie e i commercj, siccome cominciarono le lunghe e sanguinose guerre romane, di cui furono teatro queste nostre contrade; ché, divenute le città nostre tributarie e confederate di Roma, impoverirono le sorgenti delle nostre ricchezze.

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E devastate le nostre terre dalle armi de' Romani, e più tardi dalle armi distruggitrici de' Barbari, noi cademmo in condizioni infelicissime. Tentò di rialzarci il re Teodorico, proteggendo l'agricoltura, la pastorizia, il commercio; e le arti agrarie diffondevansi principalmente per opera de' Cenobiti. Ma peggiorarono le condizioni nostre, morendo Teodorico, in mezzo alle crudeli guerre accese tra' Goti e i Greci, e nel duro e lungo governo de' Longobardi; e non si ravvivarono se non quando furono le genti liberate dall'assoluto dominio di potenti ed avidi baroni, liberate dall'anarchia feudale, dalle discordie cittadine; il che accadde per opera dei Normanni e degli Svevi, che fondarono e fecero potente e prosperevole la nostra monarchia, e per la benefica influenza esercitata da' monaci Benedettini, da' Basiliani, da' Certosini. E allora le navi amalfitane scorrevano tutt'i mari, ed era vasto e ricco il loro commercio, segnatamente negli Scali di Oriente.

Le commozioni del lungo regno degli Angioini e l'avidità di que' dominatori stranieri, e i gravi e insopportevoli tributi, distrussero le nostre industrie, e de' nostri traffichi s'impadronirono allora i Genovesi e i Veneziani. Gli Aragonesi, quantunque il loro regno fosse breve e tempestoso, fecero di ristaurare le nostre industrie e i commercii, e fu protetta la pastorizia, fatte più gentili le lane con le pecore venute di Spagna, ravvivate le arti della seta, ravvivato il commercio esterno. Le nostre provincie caddero in miserevole stato sotto il lungo e duro governo de' Viceré, impoverite per ognj sorta di tributo; ma la mano potente di Carlo III, primo de' Borboni di Napoli, tolse il reame da questo estremo di miserie, sgombrandolo dalle catene di una confusa legislazione, di una finanza tenebrosa, e di un timido e servile commercio; e rialzando questa monarchia, ravvivando l'agricoltura e le industrie, aprendo vasto e sicuro campo ai commercj, preparò prosperevoli condizioni al nostro reame, le quali sarebbero state certamente maggiori se le gravi commozioni politiche non avessero turbato quel regno di pace, incominciato da lui, seguito dal suo figliuolo Ferdinando IV. Ma sono intorno a trenta anni che le industrie e i commercj si sono ravvivati tra noi, e vanno acquistando larghe proporzioni, ora che crescono e migliorano i prodotti della nostra terra, i prodotti della pastorizia e le nostre manifatture, ora che sono aperti vasti mercati nel reame, e che più facili vie di comunicazione congiungono fra loro le nostre provincie e le città più importanti, e il nostro reame con gli altri vicini, ora che il grande commercio asiatico è ritornato nel Mediterraneo, e noi siamo nella via dei grandi commercj.

E volendo determinare, per quanto ci è possibile, lo stato attuale del nostro commercio, noi faremo d'indicare le principali merci importate ed esportate per paesi esteri; la parte che prendono le potenze nella somma totale delle importazioni e delle esportazioni, e la proporzione per la quale entrano nello esterno commercio la bandiera nazionale e ciascuna delle bandiere straniere, e il movimento di navigazione ne' porti del regno.

La somma delle importazioni del nostro reame, tranne alcuni generi coloniali ed i pesci salati, componesi di manifatture e di generi necessarj all'industria.

Tra le manifatture sono importanti quelle di cotone, compresi i tessuti, le mussoline, i fazzoletti ed i velluti di cotone; quelle di lana, comprese le circassie; quelle di seta, quelle di lino, gli oggetti di moda, le chincaglierie.

Più notevoli, tra gli oggetti necessarj all'industria, sono il cotone filato, i cuoi, le pelli, l'indaco, il ferro grezzo.

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Gli oggetti di consumo possono ridursi ai pesci secchi e salati, compresi baccalari, salacche e stocco-pesce, e al zucchero e al caffè. È notevole la importanza delle cose manifatturate introdotte nel regno; ma oggi meno di prima, per la estensione e perfezione data alle nazionali manifatture; e quantunque riceviamo molti oggetti di lusso, e macchine e libri, pure gli opificj del regno ne imitano i più importanti lavori, e noi ci affranchiamo a poco a poco da questa servitù straniera.

Quanto alle esportazioni, i capi principali del nostro commercio esterno sono i seguenti:

Gli olii, di cui la quantità maggiore si ricava nelle Puglie, nelle Calabrie, nelle vicinanze di Napoli e nella Sicilia. I forestieri preferiscono gli olii caricati dalle cisterne di Gallipoli, le quali cavate nello scoglio, su cui poggia quella città, hanno la proprietà di purificarli in pochi giorni. Sono molto pregiati gli olii di Vico, Sorrento, Massa, e di altri luoghi nelle vicinanze di Napoli. Le più lontane spedizioni giungono nell'Inghilterra, nell'Olanda, nel Belgio e nel Baltico, e se ne manda a Venezia, a Trieste, a Roma, a Genova ed a Marsiglia.

I grani, ricavati in gran parte nelle pianure pugliesi, i cui caricatoj principali sono Manfredonia, Barletta e Taranto. Il grande mercato de' grani è Foggia, dove si contrattano nelle fosse, poste in mezzo alle pubbliche strade della città, coverte di un cumulo di terra battuto, potendosi conservare per siffatta maniera quattro e cinque anni. Le spedizioni maggiori si fanno per la Spagna, il Portogallo, Roma, Livorno e Genova.

1 vini, de' quali quelli di cui si fa maggior traffico sono i leggeri e i gentili di Capri, i dolci e fragranti di Gragnano e di Procida, gli austeri di Pozzuoli, i grechi di Somma, il Marsala di Sicilia, i vini bianchi di Catania, i vini dolci di Siracusa. I vini più pregiati sono le lagrime del Vesuvio e certi grechetti di Maddaloni; e poco noti ai forestieri i gagliardi vini calabresi e i moscati di Trani. Si mandano agli Stati Uniti di America, al Belgio e all'Inghilterra. Con le dette lagrime si raddolciscono in Olanda i vini rossi e secchi di Francia.

L'acquavite, che qui tra noi si distilla molto accuratamente, applicandovi i nuovi metodi e gli utili trovati della scienza; e l'acquavite napolitana è ricercata a preferenza ne' mercati di Francia e di America, dove si fanno le principali spedizioni.

La seta, ch'è uno de' più importanti elementi della nostra industria e del nostro commercio. Le più tenaci e gagliarde sono le calabresi, le più fine e leggere quelle di Terra di Lavoro, le più lucide e gentili quelle della provincia di Napoli. Gran consumo se ne fa ne' setificj del regno; e ne avanza tanta che se ne fanno importanti spedizioni nella Svizzera, in Francia, in Germania, in Inghilterra e in America, dove sono preferite a quelle di ogni altro paese. Anzi in America si falsava il marchio napolitano, per venderle a un prezzo più elevato. Ed è importante l'esportazione riunita di Messina e di Catania in sete grezze e lavorate.

Le lane, e principalmente le pugliesi, delle quali, oltre al consumo interno, se n'esporta buona quantità in Venezia, in Francia, in Germania e nella Svizzera.

I cotoni, tra' quali sono da notare i pugliesi, meno bianchi di quelli del Levante e naturalmente colorati al giallo, ma più uni, lunghi e forti; i calabresi, che sono battuti e bianchi, e che lavandoli svolgono molto colore ed hanno minor pregio. I cotoni preferiti sono quelli di Castellammare e de' luoghi vicini, dove i bozzoli cotoniferi, oltre di essere raccolti nello stesso grado di maturità che più si può, sono pure diligentemente scelti.

252

La canapa, della quale, quantunque la massima parte venga usata per il consumo interno, pure è importante la cifra dell'esportazione, specialmente in Francia.

Il legname, di cui fanno grande traffico le Calabrie, dove con grande danno delle altre industrie si atterrano continuamente i boschi e si lavorano le cosi dette dogarelle, per costruzioni di botti, tanto pregiate ne' mercati esteri. Egualmente ricercati sono i noci, i pioppi, i castagni e gli olmi delle provincie di Napoli e di Principato Ulteriore.

Grande è il traffico del cremore di tartaro, e più abbondante il rosso che il bianco. Importante il prodotto e il commercio della liquirizia, e la più pregiata è quella di Calabria e di Sicilia. Importante è l'esportazione de' frutti secchi, degli aranci, de' limoni e di altre specie di agrumi, e del succo de' limoni in botti; e la quantità maggiore viene dalla Sicilia, dal mezzodì delle Calabrie e dalle vicinanze di Napoli, e le spedizioni maggiori sono per l'America.

Grande è l'esportazione de' sali che si ricavano ad Agosta, a Trapani, a Marsala, e in altre saline minori, oltre alla grande quantità che si consuma nel regno.

E la Sicilia possiede esclusivo commercio de' zolfi, da cui la popolazione ricava grandi benefizj; e se n'esporta una grande quantità in tutt'i paesi di Europa e negli Stati Uniti di America.

Ma per dare una maggiore determinazione alle cose che noi qui abbiamo dette intorno al commercio esterno, pubblichiamo i seguenti quadri statistici:

Commercio e navigazione nei porti principali della parte continentale del regno, nel 1853, in ducati.

Commercio e navigazione nei porti principali

della parte continentale del regno, nel 1853, in ducati.

Paesi di provenienza e di destinazioneImportazioneEsportazioneNaviTonnellateNaviTonnellateAustria

1,107,450112,4399606950485959309

Danimarca»»613081163

Modena»»3161326J

Stati Romani17,152.138,0384452278757723422

Spagna859,010»12216065153

Stati-Uniti295,140125,9208280717103759

Francia2,365,195 

'3,392,96438310188639543430

Gran Brettagna4,403,2592,899,744279539432001239

Grecia245,94018,330211703122721

Olanda983,52858,920276242143213

Isole Jonie»»914781611525Svezia e 

Norvegia124,200 n14295063214

Russia6,044,95463,42092727125300

Toscana695,476896,95412312091655577

Turchia636,70031,442714412036S51

Sardegna566,000691,58321031188154778

Prussia»»3114621036Tunisi15,29611126310»Non determinati28,1928,445,050»»»297631

Totale18,462,19626123200882414

-

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Marina mercantile nel 1854

NaviTonnellateTerra ferma 10863202318Isola di Sicilia203147438

Commercio della parte continentale del regno nell'anno 1853,

secondo i paesi di provenienza e di destinazione, in ducati

ImportazioneEsportazioneTotaleFrancia2,941,2406,610,6609,551,900

Inghilterra4,341,4803,459,8907,801,370Paesi-Bassi1,521,220»1,521,220

Stati-Uniti1,226,590121,4401,348,030Stati-Sardi1,162,6501,101,4702,264,120

Stati-Romani381,800»381,800Toscana385,48067,700453,180

Spagna299,230299,230Svezia e 

Norvegia222,410 »222,410

Austria (Trieste)129,260594,320723,580

Russia1,380,0001,380,000

Grecia»415,150415,150

Belgio 195,270195,270

Altri paesi71,0701,140,9401,212,01012,682,43015,086,84027,769,270

E gli articoli che componevano questi cambj erano principalmente questi:

Importati

Zucchero Duc.1,920,500Tessuti di cotone Duc.332,580Caffè715,640» di lana 125,160Derrate diverse1,556,870» di seta 156,860Carbon fossile 472,420» di lino 10,120Pesci salati 310,960Articoli diversi 600,040 Esportati

Olii5,584,400Robbia601,500Sete3,726,840Lana571,320Mandorle e frutti secchi954,500Cremore di tartaro523,450Canapa e lino356,270Liquirizia356,270

Commercio della parte continentale del regno negli anni 1856 e 1857

Importazione

Esportazione

Totale185616,118,17020,367,44036,485,61018571716375014,315,50031,479,250

18561857 Importazione

EsportazioneImportazione

Esportazione

Inghilterra5,566,0005,646,5006,296,?503,967,500
Francia4,392,3108,286,9004,312,5003,450,000
America del Nord2,610,500118,4503,105,000»Paesi-Basai1,347,800511,7501,113,200
Sardegna901,370230,000690,000396,750
Spagna287,500»345,000»Stati-Romani345,000196,650»287,500Austria115,0002,720,900»2,587,500
Russia»1,115,000»2,587,500

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Commercio dell'isola di Sicilia nel 1857

ImportazioneEsportazione Gran Brettagna e Colonie Inglesi2,480,1715,477,055Baltico, Alemanna e Belgio1,550,1221,731,280Francia1,203,8542,580,988Stati d'Italia521,677668,770Stati-Uniti206,4952,991,081Altri paesi56,036215,2926,018,35513,664,466

Navigazione del porto di Napoli negli anni 1856 e 1857

Entrate ed Uscite18561857Navi 

TonnellateNavi TonnellateFrancia424312,352617146,558

Inghilterra811185,051381104,322Stati 

Sardi517120,20529652,270Altri paesi77485,72061684,4562526703,3281910387,606

Porti delle Due Sicilie compreso il cabotaggio4909410,1962982247,469

Totale7431,113,5244892635,075Delle quali sono entrate3902667,299

uscite3533446,225

Gittato questo sguardo rapido sulle condizioni delle nostre industrie agrarie e manifatturiere e sul nostro commercio, sopra queste tre sorgenti di ricchezze, delle quali ciascuna è vasto campo di ricerche e di studj, l'agricoltura donandoci i prodotti della terra, le arti cangiando o modificando le forme, e quindi estendendone l'uso ed accrescendone il consumo, ed il commercio, il quale crea nuovi valori permutando e trasportando le cose di un luogo in un altro; e considerato quindi che l'agricoltura ci dà la materia, le arti ci danno la forma, il commercio ci dà il moto, egli ci è facile di vedere, che la sola agricoltura debb'essere riguardata come la sorgente assoluta ed indipendente delle ricchezze; essendo che la materia può essere senza la forma e senza il moto, ma senza la materia non può essere né la forma né il moto.

Quindi le sole nazioni agricole vivono da sé, e da esse dipendono le manifatturiere e le commercianti. Quindi ogni prosperità, che non è fondata sull'agricoltura, è precaria; ogni ricchezza che non viene dal suolo è incerta. Quindi la terra, diciamolo con le parole di Beccaria, è da risguardare come la fonte primaria di ogni ricchezza. Né la storia de popoli, chi ben la considera, dimostra il contrario.

I Fenici erano ricchi assai e potenti, e aveano disteso molto lontano la loro dominazione; ma essi caddero, quando quel loro commercio, ch'era la sola sorgente delle loro ricchezze, fu diviso e poco a poco assorbito per intero e dalle loro stesse colonie e da' Greci e dagli altri popoli che si levarono sopra di essi. Ma ciò non intervenne all'Egitto; ivi le ricchezze aveano certe e durevoli cagioni; ivi erano il frutto della terra, erano il frutto delle feconde acque del Nilo.

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L'Olanda potè dirsi un tempo la più ricca nazione dell'Europa; ma essa non avea che un piccolissimo ed infelice territorio; nulla essa non dimandava alla sua terra; la sua grandezza era interamente fondata sul suo commercio; ed un commercio, frutto di una grande economia e di una grande industria, è esposto ad alcuni colpi che non può né prevenire ne riparare. E l'Olanda ha avuto di tali colpi, ed oggi non è più quella di prima.

E noi non vogliamo dire con ciò che le arti e il commercio debbano essere trascurati; anzi noi vogliamo che si faccia ogni opera perché si migliorino e progrediscano; ma ciò sia fatto per modo che l'agricoltura non debba soffrirne, e che non sieno ritardati i suoi progressi. Ché colui che rinuncia ai beneficj dell'agricoltura, per correre appresso a quelli più lusinghieri, ma più incerti, delle arti e del commercio; che trascura i prodotti del suo terreno, che preferisce la forma alla materia, è da paragonare a quell'avaro imbecille (sono parole di un nostro gran pensatore), il quale mosso dall'avidità di un tenue guadagno, sdegna d'impiegare sui fondi di un ricco proprietario il suo danaro, per darlo tra le mani di un figlio di famiglia disordinato, che lo priverà ben presto del capitale e dei suoi frutti.

Quindi rivolgiamoci innanzi tutto alla terra, siccome alla prima sorgente di ogni ricchezza; e facciamo di vedere quale sia la natura del suolo che abitiamo in questa estrema e bellissima parte dell'italiana penisola; quali elementi di ricchezza la natura e le leggi hanno posto nelle nostre mani; e facciamo di trarne il maggiore utile che si può, facendo che le industrie e i commercj accrescano, non impoveriscano quella prima sorgente di ricchezze.

Vie di Comunicazione

Strade ordinarie, strade ferrate, linee telegrafiche.

Se vuolsi gittare uno sguardo sulle nazioni diverse de' continenti di Europa e di Asia, e spingersi fin oltre l'Atlantico nelle vaste contrade di America, noi avremo a notare questo fenomeno, che dove le comunicazioni tra le città e i varj paesi sono facili e pronte, ivi cresce grandemente l'industria, ivi il commercio è più vasto, ivi cresce la ricchezza e la prosperità. E questo costante fenomeno non è senza ragione.

Una derrata non ha che poco o niun valore in un luogo dove sovrabbonda, dove oltrepassa i bisogni degli abitanti; ma può acquistare un gran valore per il solo fatto del trasporto in un luogo dove manca o è molto utile. Le vie di comunicazione, mercé delle quali gli uomini si stringono in tanti rapporti tra loro, e scompartiscono su' diversi mercati i prodotti particolari di ogni paese, vanno annoverate tra' mezzi più potenti di produzione; essendo che per siffatta maniera il mercato diviene più vasto, più facile e maggiore il consumo, più facile e maggiore la nuova produzione.

Quanti paesetti, quante contrade non sono condannate alla miseria, per mancanza di facili e pronte comunicazioni, non ostante la fecondità del suolo e la ricchezza de' loro prodotti! Quella ricchezza è inutile ingombro. Ma aprite una strada di ferro a traverso di quelle contrade, e quel paesetti, prima cosi poveri, cresceranno nell'attività del lavoro, nella popolazione, negli agj degli abitanti.

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Noi non possiamo in questo luogo comprendere tutta la influenza chi esercita su' progressi dell'industria e la prosperità di un paese un buon sistema di comunicazioni; ma noi possiamo dire, che un tal sistema moltiplica i cambii, dà origine a molte utili invenzioni, a speculazioni lucrative, che prima non avrebbero potuto effettuarsi, e apre nuovi mercati all'industria; noi possiamo dire, che, scemando, per le facili comunicazioni, l'effetto delle distanze, diviene maggiore lo smercio e il consumo de prodotti; le offerte e le dimande si equilibrano meglio e più costantemente; cresce la produzione, cresce il numero degli operaj e s'introduce la divisione del lavoro. Noi possiamo dire, risguardando la quistione sotto un altro aspetto, che, mettendo gli uomini in comunicazione tra loro, si distruggono i pregiudizj, e coll'osservazione e col commercio si allarga la sfera delle cognizioni.

Quindi noi vediamo chiarissimamente la importanza e l'utilità delle facili comunicazioni tra luoghi di una stessa contrada o fra contrade diverse; e noi siamo di parere, che un popolo il quale perfeziona o crea i suoi mezzi di comunicazione fa uno de' migliori usi de' suoi capitali produttivi; e che dove le vie di comunicazione sono facili e sicure, e si moltiplicano e si perfezionano, ivi sono segni certi di civiltà e di prosperità. A noi pare che sia chiarissimo il principio posto qui innanzi, e che niuno al mondo non possa dubitarne; ma noi abbiamo nella storia una maggiore ripruova di esso, e possiamo vedere come quel principio sia stato assai bene inteso fino da tempi antichissimi da tutte le nazioni civili.

Comunque de' popoli¡ primitivi non resti a noi alcun vestigio, o pochissimi, pure, dove essi sentirono il bisogno di abbandonare quella prima vita, diremo quasi selvaggia, dove non più si rimasero contenti alle arti della caccia e della pastorizia, dove le arti industriali furono progredite abbastanza da permettere che si edificassero borgate e città, ivi furono aperte vie di comunicazione e costruite strade regolari. La costruzione e la cura delle strade furono un gran pensiero di Egitto antico, di Grecia e di Roma.

L'Egitto innalzava magnifiche tombe ai suoi re, e tali vuolsi che posero le gigantesche piramidi; ma assai più utili e non meno stupendi lavori erano i laghi scavati per raccogliere le sovrabbondanti acque del Nilo, ed i grandi canali, ch'erano le migliori vie aperte in quella valle tanto celebrata.

La Grecia, ne' suoi bei giorni, fece ogni opera perché le sue ricche e potenti città fossero ricongiunte per mezzo di strade regolari, e avessero facile sbocco ne' mari; e vogliamo che si noti che in Grecia antica le strade erano poste sotto la protezione di Dei tutelari.

Roma non fu nella sua origine che ricovero di gente vagabonda, che poche e nude capanne; ma sebbene di cosi lieve principio, poté non pertanto divenire potentissima e conquistatrice di tutto il mondo. E quando sdegnò i limiti angusti del municipio, e lo straniero non era più nemico. ella pose ogni cura per aprire facili comunicazioni tra le città delle lontane e vaste sue provincie. Noi vogliamo ricordare che furono i Cartaginesi, popolo commerciante, quei che innanzi a tutti gli alti i compresero la utilità delle grandi strade bene costruite, volendo che fossero pronte e sicure le comunicazioni e il trasporto delle merci di un luogo in un altro. Ma quei che seppero meglio imitare questo esempio furono i Romani.

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La costruzione delle grandi strade romane è una delle più utili e più durevoli glorie di quel popolo: sono grandi monumenti di cui possiamo vedere anche oggi gli avanzi. £ Roma era ricongiunta, mercé di strade regolari selciate, a tutte le città più grandi d'Italia e a quelle oltre Alpe. Aquileja fu il centro di molte grandi strade, delle quali la principale e conduceva a Costantinopoli, sede dell'impero greco.

Centri delle vie romane tra noi erano Capua e Benevento; ed è ricordata la famosa Via Appia, ch'era la più mediterranea, la prima strada costruita da' Romani, e al tempo stesso la più perfetta, quella che si uso va di denominare la regina delle strade ( regina viarum), la quale partendo da Roma, e toccando Terracina, Teano, Capua, Benevento, Venosa, Taranto, giungeva a Brindisi. Dalla Via Appia si dipartiva l'Aquilia, che, passando per Salerno, seguiva la via del Tirreno; la Via Egnatia, oltre Benevento, la quale, seguendo la costa dell'Adriatico, si ricongiungeva a Brindisi nella Via Appia.

Penetravano anche tra noi la Via Latina e la Valeria; ed altre secondarie ve ne avea, siccome la Campana e la Numicia, che ricongiungevano quelle vie principali ne' punti più importanti di esse. Quindi tra la Campania e l'Apulia non era altra più breve e più sicura comunicazione della Via Appia; tra la Campania e la Lucania e il Bruzio niuna più breve e più sicura della Via Aquilia.

Le strade costruite da' Romani furono dette Vie militari; quelle costruite oggi potrebbero più giustamente dirsi Vie commerciali. Roma antica era dominata dall'idea di conquista, e le sue vie di comunicazione erano vie aperte alle legioni romane. I Romani aveano il costume di dipingere sulle pareti domestiche le terre da loro vedute; ma quel disegno null'altro non comprendeva che le città conquistate, e il cammino che i soldati aveano seguito. La Geografia romana non era che itinerarj. Le vie militari de' Romani non erano larghe che intorno a 16 piedi, ma assai più solide delle nostre; né si aveva bisogno di ripararle ogni anno, ché nulla essi non risparmiavano per renderle facili e durevoli, e spianavano le colline, e foravano fino le montagne. Ed erano, oltre a ciò, belle di ricchi monumenti, di colonne militari, di tombe superbe.

Gl'imperatori della Cina ed i Mongolli ebbero anch'essi il pensiero di aprire grandi strade nel loro impero; ma essi non seppero imitare e ravvicinarsi ai Romani. Solo le vie romane esistono ancora; i soli Romani poteano fare di simili opere, ed essi soli sapeano ripararle. E di quelle vie si ebbe ogni cura fino a che i Romani vissero in uno stato fiorente, fino a che non cadde interamente la loro potenza.

Quando i popoli del settentrione oltrepassarono il Reno ed il Danubio, stati fino allora come confine del mondo de' barbari, e irruppero nel mezzogiorno e nell'occidente di Europa, nemici alle arti e ai monumenti antichi, spesso erranti o mal fermi nelle loro conquiste, essi non ebbero alcun pensiero di queste vie di comunicazione, importantissime che fossero; sicché le opere romane, a traverso di tanta barbarie, poco a poco cominciarono a scrollare e alcune andarono del tutto perdute.

E questo periodo di distruzione e di decadenza durò lino ai tempi di Cario Magno, quando quel forte guerriero, ristaurando l'impero di Occidente, volle che fossero ristaurate le vie militari de' Romani, tanto necessarie a ravvicinare e conservare le sue grandi conquiste. Ma l'opera incominciata da Carlomagno non fu continuata da' suoi successori.

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E non ostante i deboli lavori ordinati da Luigi il Buono, e le vie selciate costruite nella capitale della Francia per volere di Filippo Augusto, noi non vediamo che ai tempi di Enrico IV e di Luigi XIII rivolto il pensiero seriamente all'importante argomento delle vie di comunicazione. E solo al termine del secolo passato noi vediamo organizzata un'amministrazione di ponti e strade, la quale, con l'esempio della Francia, fu accettata utilmente da tutte le altre nazioni mili. E si deve all'opera potente dei governi il sistema di strade aperte e negli Stati di Europa e in tutti gli altri fuori di essa, e mercé delle quali si può dire che vi sieno oggi de' mercati universali, dove possono convenire genti di ogni paese.

Il lavoro delle vie di comunicazione è oggi inteso generalmente, e non v'è ostacolo, gravissimo che sia, che non si cerchi di superare, per allargare il loro sistema nella parte interiore di un paese e tra paesi diversi, per rendere facili e sicuri i trasporti, minime le spese. E qui, dove un gran fiume rende lontane e quasi inaccessibili le ripe opposte, si gitta un gran ponte, o si apre una via sottoposta che le ricongiunga. Qui si apre un nuovo cammino di sopra all'Alpe nevosa, e si rompe quel naturale confine della penisola italiana. Si gitta un ponte sospeso sullo stretto di Menai, e mercé di quest'opera maravigliosa la costa di Galles si ricongiunge all'isola Anglesey nel mare d'Irlanda. Per mezzo di eccellenti canali le navi giungono fino nel centro degli Stati, e la Russia Europea, quel vasto impero, ch'è oltre la metà di tutta Europa, ravvicina i suoi termini più lontani, il mar Nero ed il Caspio al Baltico ed al mar Bianco. E le strade ferrate hanno quasi distrutte le distanze; e i telegrafi elettrici portano la parola in fra spazj quasi incommensurabili con la rapidità del pensiero.

E quindi seguendo questo movimento, le più grandi città di Europa si sono riunite tra loro per mezzo di bellissime strade, e da queste, che sono come i tronchi principali, infinite altre si diramano negli altri scoropartimenti degli Stati.

E restringendoci a quelle del nostro reame, noi crediamo che sia utile di formare come un quadro delle principali nostre strade, e delle più importanti diramazioni, potendosi cosi più facilmente comprendere il movimento industriale e commerciale di alcune città, e il rapido accrescimento della popolazione e della ricchezza.

Da Napoli partono tre linee principali di strade. La

1.a penetra nella provincia di Salerno, e quindi nella Basilicata e nelle Calabrie, passando per Salerno, Eboli, Lagonegro, Castrovillari, Cosenza, Tiriolo, Monteleone, Mileto, Scilla e Reggio. La

2.a entra per Nola nel Principato Settentrionale e nelle Puglie, passando per Avellino, Ariano, Foggia, Cirignola, Barletta, Irani, Bisceglia, Molfetta, Giovinazzo, Bari, Gioia, Taranto, Lecce. La

3.a entra in Terra di Lavoro, passando per Aversa e Capua. Poi si. dirama in due altre, che per diverse vie si ricongiungono in Roma, la prima per la via del Tirreno, passando per Fondi e Terracina; la seconda per la via di S. Germano, Arce, Ceprano. Da questa seconda diramazione se ne distacca un'altra, la quale, passando per Venafro, entra nel Sannio e negli Abruzzi, e attraversa Isernia, Castelsangro, Sulmona, Pepoli, ch'è il centro di due altre diramazioni, una per Chieti, Pescara, Giulia-Nuova, Teramo; e un'altra per Aquila, Antrodoco, Città-Ducale.

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Oltre a queste, che possono risguardarsi come le linee principali di strade, ve n'ha di altre secondarie, e non meno importanti, le quali si riattaccano alle prime. E da Auletta, nella provincia di Salerno, si distacca un braccio di strada per Potenza, e di là per Montepeloso e per Tricario e Matera, seguendo varie diramazioni; e da Eboli un altro per il Vallo. Una diramazione secondaria riunisce Tiriolo a Catanzaro, e Catanzaro a Cotrone, ed un'altra importante si sviluppa dalla marina di Catanzaro alla marina del Pizzo, passando per le Ferriere della Mongiana. Una grande strada ricongiunge Cirignola, Canosa, Andria, Terlizzi, Bitonto, Cassano, e queste città con le più importanti delle Puglie. Bari è riunita a Brindisi per la via di Monopoli e di S. Vito, e a Gravina per la via di Altamura. Brindisi è riunita a Taranto, e, per la via di Lecce, a Gallipoli e ad Otranto.

Un'altra linea di strada riunisce Napoli a Campobasso, per la via di Maddaloni, e a Benevento per la via di Arienzo. S. Germano e Ceprano sono riunite a Sora, e Sora ad Avezzano e Tagliacozzo. Né vogliamo in questo luogo passare in silenzio quelle due bellissime ed importantissime, da Castellammare a Sorrento, e da Salerno ad Amalfi, che sono come logge sul mare, la prima sul golfo di Napoli, e l'altra sul golfo di Salerno.

Il nostro regno comunica con lo Stato della Chiesa per le vie di Terracina, Ceprano, Città Ducale, e per la via del Tronto.

La Sicilia ha queste strade principali: quella che riunisce Palermo a Trapani per la via di Alcamo, e Trapani a Girgenti per la via di Marsala, Mazzara, Sciacca. Quella che riunisce Palermo a Messina per la via di Termini, Cefalù, Patti, Milazzo. Quella che riunisce Messina a Siracusa per la via di Taormina e di Catania; e Siracusa a Girgenti per la via di Capo Passaro e di Terranova. Due altre linee importantissime, e sono tutte interne, sono quelle che riuniscono Catania a Palermo e a Girgenti.

Noi non abbiamo che indicato semplicemente le principali strade costruite nel regno di Napoli e nell'isola di Sicilia. Saremmo andati troppo lontani dal nostro scopo se avessimo voluto descriverle per intero, o se avessimo voluto notare tutte le altre secondarie. E agl'ingiusti rimproveri che ci vengono fatti, di non darci che poca o niuna cura delle nostre vie di comunicazione, noi vogliamo rispondere con questa nota che troviamo nel Balbi, e ch'egli ha ricavata da documenti uffiziali, or sono parecchi anni. Sotto il regno di Cario III, egli dice, in un periodo di 30 anni, si costruirono intorno a 200 miglia di strade, poco più di sei miglia per anno. Dalla partenza di Carlo III in poi, sino al 1806, durante 40 anni, se ne costruirono 400, o 10 miglia per anno. Dal 1815 al 1835 se ne costruirono 1100 di grandi strade regie e di strade provinciali, il che dà quasi 55 miglia per anno. E forse altrettante negli anni che seguirono. E molte altre sono in via di costruzione, o progettate, non volendo ricordare quello che si è fatto nella città di Napoli, e in molte altre città secondarie del regno.

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Né si può dire che ciò sia poco o nulla, che anzi, se vogliamo considerare le nostre particolari condizioni topografiche, la varia e inuguale superficie del nostro suolo, lo sviluppo de' nostri monti, e i burroni e i torrenti che si formano in mezzo ad essi, il bisogno che noi abbiamo avuto di tagliare tante rocce, di gittare ponti sopra fiumi assai impetuosi, di costruire le strade quasi sul mare, di ristaurare o costruire i nostri porti, noi dobbiamo dire, e il diciamo sicuramente, che quello che si è fatto tra noi è molto.

Ma questo che abbiamo fatto non importa che null'altro non ci resti a fare. Sono ancora molte strade che debbono essere compiute, ed altre che debbono essere ancora incominciate. Che i nostri concittadini, e i proprietarj soprattutto, concorrano in quest'utilissima opera del governo, ciascuno per la sua via, ciascuno con le sue forze, e noi potremo vedere fra non molto tempo avanzato grandemente il lavoro delle nostre strade.

Il lavoro delle ferrovie è oggi, in tutt'i paesi civili, il più grande lavoro dell'industria; e cammina con la civiltà de' popoli, e serve grandemente ad accrescerla e rassicurarla. Le ferrovie ingenerano una felice rivoluzione nelle industrie, ne' commercj, nelle arti, ed agevolano in moda maraviglioso la feconda corrente del ben essere universale.

Quello che in altri tempi fecero le guerre, con sanguinoso lavoro, oggi fauno tranquillamente le vie di comunicazione, e soprattutto le ferrovie, con questa differenza, che, dopo avere messo i popoli in contatto, li lasciano uniti. Mercé di questo potente mezzo di comunicazione, l'alleanza delle nazioni diviene indissolubile, e la pace si consolida sempre più.

Quindi noi non abbiamo punto a maravigliare se vediamo che questa industria acquista ogni giorno più larghe proporzioni e in Francia e in Germania e in Inghilterra, nella Svizzera, nel Belgio, nell'Itala, a in tutta Europa e nelle Americhe; se le reti di strade ferrate divengono ogni giorno più vaste, e si riannodano tra loro, oltrepassando i naturali confini degli Stati, e non formando che un sistema solo. E si che noi possiamo dire, che se il sogno dell'abate di Saint-Pierre potrà una volta divenire una realtà, ei sarà un effetto derivato principalmente da questo sistema di comunicazioni.

E se da questi rapporti generali noi vogliamo discendere a quegli altri moltissimi che nascono tra le provincie di un medesimo Stato, restringendoci a quei soli dell'industria e del commercio, non volendo dire in questo luogo come la condizione politica del governo diviene mercé di quelle vie di comunicazione più sicura e più forte, noi avremo a notare:

Che le strade ferrate rendono più rapido e meno costoso lo spaccio de' prodotti nostri, e più facile lo scambio con quegli esteri, ravvicinandoci ai nostri porti principali e ai mercati più importanti;

Che accrescono i prezzi di molte cose ora meno utili, o abbandonate per le gravi difficoltà de' trasporti, e quindi portano aumento di produzione e di consumazione;

Che rendono maggiore la facilità di provvedere alla sussistenza delle popolazioni più agglomerate;

Che accrescono il valore de' terreni, per il maggiore frutto ch'essi danno;

Che accrescono le transazioni commerciali tra le provincie; le quali transazioni sono sempre maggiori in ragione delle più brevi distanze delle più facili corrispondenze;

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Che rendono più rapido il giro de' capitali, accorrenti sempre in maggior copia là dove sono più certi di trovare utile collocamento;

Che sarà più facile la probabilità di vedere sorgere nelle provincie agricole utili speculazioni, or trascurate per difetto di capitali, mentre in altre provincie molli ne sono stagnanti e inoperosi;

Che rendono assai più facile il modo di attendere personalmente alla cura de' proprj affari;

Che le popolazioni sono meglio distribuite in ragione della maggiore facilità che hanno di trovare lavoro;

Che cresce il numero de' viandanti, e quindi la somma de' lucri.

E dette così poche parole intorno all'importanza delle ferrovie, e alla grande utilità che può derivarne, noi vogliamo discendere in altre considerazioni che c'interessano più da vicino, e circoscriverci tra' limiti del nostro reame, ed esaminare più particolarmente le linee delle nostre ferrovie, le quali vanno acquistando ogni dl più la forma di una rete sapientemente ordinata.

La parte d'Italia che noi abitiamo è la più meridionale della penisola, ed è il più esteso principato, ricco di tanta varietà di prodotti, e popolosissimo. Tranne le terre pontificie noi non ne abbiamo altre su' nostri conflui; e quelle terre non abbracciano che una piccola parte di essi: in tutto il resto noi siamo circondati dal mare, ed abbiamo un lungo sviluppo di coste, che hanno forme assai varie e molto sinuose.

Il nostro reame, seguendo il cammino della penisola, di cui è la parte più ridente e più bella, si prolunga ne' mari del Mediterraneo, e co' suoi sporgimenti della terra d'Otranto e delle Calabrie, non solo circoscrive e dà forma di golfi all'Adriatico, al Jonio ed al Tirreno, ma si ravvicina alla Grecia e all'Africa, e mira più direttamente all'Egitto.

La conformazione e lo sviluppo delle sue terre gli danno una fisionomia tutta propria; e la sensibilissima inuguaglianza tra la sua maggiore lunghezza, dal Tronto a Scilla o a Spartivento, e le varie larghezze che presenta quasi ad ogni passo, sono tali circostanze di luogo, onde alcuni punti del reame restano come fuori di via, e molto eccentrici, considerati rispetto a molti altri che si raggruppano intorno alla capitale. Né i mari aperti alle nostre navigazioni ed al nostro commercio sono sempre la via più breve e più sicura.

Quando voi volete andare da Napoli nelle Puglie o negli Abruzzi, per la via del mare, quelle provincie sono allora lontanissime; e se vuolsi considerare le continue vicende atmosferiche, le incertezze della navigazione, le burrasche de' nostri mari, segnatamente in alcune stagioni, e le punte di Spartivento, che sono passi assai difficili, il cammino allora non è soltanto lungo, ma pericoloso.

Quindi per noi era grande bisogno di aprire altre vie di comunicazione, più facili e più sicure, tra le nostre provincie; di raccorciare le distanze onde siamo ancora divisi gli uni dagli altri, e potere da ogni parte concorrere co' nostri prodotti ne' grandi mercati del regno, e ravvicinarci a quelli degli stranieri. E questo bisogno fu sentito tra noi da lunghissimo tempo, e le prime ferrovie italiane furono aperte tra noi. E molti tentativi furono fatti in appresso per rendere più vasto questo sistema di comunicazioni, e aprire, tra le altre, quella via importantissima che deve riunire Napoli alle Puglie, il Tirreno all'Adriatico.

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Ma ei vuolsi considerare, che ricongiungere il Tirreno all'Adriatico importa dovere oltrepassare l'Appennino, il quale discorrendo tutta la penisola italiana, si rialza nel nostro reame, e si raggruppa e si dirama in tante parti e direzioni diverse.

L'Appennino diparte il nostro regno come in due regioni, la tirrenica e la ionio-adriatica, e circoscrive, con le sue diramazioni, molte valli e pianure; ed è il maggiore ostacolo che si oppone allo sviluppo delle ferrovie italiane, fatte col disegno di tagliare la penisola e ricongiungere i nostri mari. Ma questo ostacolo sarà vinto nelle provincie romane, e forse in quelle della Toscana, e sarà vinto nelle nostre provincie dalle grandi linee progettate per riunire la capitale del regno alle città e ai porti dell'Adriatico e del Jonio, e i nostri porti e i nostri mercati ai porti e ai mercati stranieri. Noi abbiamo due linee di strade ferrate, una da Napoli a Capua, toccando Caserta, la quale è prolungata per le cure del governo insino quasi a S. Germano, per raggiungere il confine pontificio; e la quale gitta un ramo importante per Nola e Sarno. E un'altra da Napoli a Cava, passando per Nocera, la quale gitta un ramo per Castellammare, e sarà prolungata a Salerno. E noi avremo due linee di ferrovie per il confine romano, la tirrenica e l'adriatica; noi avremo la ferrovia delle Puglie o ionio-adriatica, la quale deve entrare nelle grandi vie della penisola e del Mediterraneo; e avremo il prolungamento della ferrovia di Nocera e Cava per Salerno e la Basilicata; e ciò oltre ai congiungimenti che potrebbero farsi, e che renderebbero la rete delle nostre ferrovie più vasta e assai più utile.

E quando le ferrovie lombarde e le piemontesi e le toscane avranno compiuta interamente la loro rete, e si saranno rannodate alle altre della Svizzera e della Germania; quando Roma, com'è riunita a Civitavecchia, lo sarà a Bologna per la via di Ancona; quando il nostro reame avrà portato le sue strade ferrate sul confine romano, una per la via di Terra di Lavoro, l'altra per la via degli Abruzzi, e sarà portata a termine quella importantissima delle Puglie, e quella di Salerno, che può essere utilmente prolungata nella Basilicata e nelle Calabrie; allora noi faremo parte di una grande rete di comunicazioni, e saranno ricongiunti i principali scali e mercati della penisola; saranno in un pronto ed immediato contatto le capitali de' varj Stati, ov'è agglomerata tanta popolazione; più facilmente e in minor tempo si potrà giungere ai grandi laghi dell'Alta Italia, e alle giogaie alpine, che si cercherà di oltrepassare in qualche punto, e che sarà opera meno difficile, quando, vinte tutte le altre difficoltà, concorreranno a quel punto e tutti gl'interessi e tutti gli sforzi. E cosi il commercio della penisola si aprirebbe vie più facili e più pronte co' grandi mercati della Gr. Brettagna, di Francia, Svizzera, Lamagna, e delle provincie slave, e con quelle grandi arterie commerciali e naturali oltramontane, che sono il Rodano, la Loira, la Saona e la Senna, la Schelda, la Mosa, il Reno ed il Danubio, l'Elba e la Vistola. E cosi Genova sarà congiunta a Venezia e a Trieste; Livorno e Civitavecchia ad Ancona; Napoli a Manfredonia, a Brindisi, a Taranto; e cosi il Mediterraneo sarà unito all'Adriatico nei punti più importanti; e la penisola sarà percorsa da due grandi linee di strade ferrate, quella del Mediterraneo dalle Calabrie in sino a Genova, e quella dell'Adriatico da Taranto e Brindisi insino a Piacenza, e quindi alle città più importanti del Piemonte, della Lombardia e della Venezia.

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E quanto alle ferrovie del nostro reame, se gli ostacoli sono gravi, noi dobbiamo pur dirlo, il bisogno è maggiore; ché noi non possiamo rimanere fuori delle grandi vie di comunicazione aperte in Italia e negli altri Stati di Europa; noi non possiamo rimanere fuori di questo movimento industriale che si sviluppa e cresce in tutte le parti della terra, oggi principalmente che la forza materiale, usiamo l'espressione di un moderno scrittore, resta ogni di più come pagana, oggi che al campo di guerra succede il mercato commerciale, alle discordie e divisioni degli Stati sottentra il telegrafo e la potenza di associazione; oggi che la stessa spada dei capitani serve come di filo conduttore alle nuove idee, e il mondo ha pace a patto di schiudere co' commercj un'azione illimitata alle arti e all'industria.

E i nostri bisogni interni, e la nostra posizione nella via de' grandi commerci, dimandano imperiosamente che sieno aperte tra noi le nuove vie di comunicazioni. il commercio europeo asiatico (il massimo de' commercj del mondo) è ricondotto ne' nostri mari. Chi va e chi viene passa sotto ai nostri occhi, solca le nostre acque, tocca o vede i nostri porti.

Entrando dunque in queste nuove vie, noi vedremo rifiorire sempre più le nostre città, impadronirsi di ricchi depositi i nostri scali marittimi, divenire emporj delle merci dell'Oriente, siccome furono Brindisi e Taranto ne' tempi di Roma antica, e Amalfi, nel medioevo, fiorentissima pe' suoi traffichi.

Il commercio vuole estensione, è la sentenza di Romagnosi; e resi facili i trasporti, trionfando dello spazio e del tempo, si allarga l'orizzonte di ogni città, di ogni più piccolo paesetto, e l'individuo esce dalle angustio del municipio, e come ispirato dalla locomotiva si lancia nel mondo commerciale. E guai alle città che improvvide non afferrano le fuggitive occasioni¡; guai a' comuni neghittosi che indietreggiano pavidi e irresoluti.

Ma non si stette contenta a queste facili vie di comunicazioni la umana industria; e quasi fosse lento il cammino delle strade ferrate, quasi fosse tarda la navigazione a vapore, gittò alcuni fili metallici nell'aria o sotto le acque marine, e usando della maravigliosa potenza dell'elettricità, aprì nuove vie di comunicazioni in fra le città e i popoli, e trasmise la parola con la rapidità del pensiero; e non è distanza oggi, grande che sia, che i fili elettrici non abbiano distrutta.

E una vasta rete di telegrafi elettrici riunisce tutti gli Stati di Europa, e le città più importanti di ogni Stato; riunisce l'Europa all'Asia e all'Africa, riunisce il vecchio al nuovo mondo. E in questa rete è pure il nostro reame e tutte le città nostre, tanto delle provincie continentali che di quelle della Sicilia, l'una e l'altra parte essendo riunite per mezzo di un telegrafo sottomarino gittato nel faro di Messina. Ed Ultimi studj importantissimi, fatti per ordine del Real Governo, dal signor Edoardo d'Amico, nostro valoroso Capitano di Fregata, preparano la posa di un filo elettrico sottomarino tra la città di Otranto e quella di Valona nell'Albania.

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Condizioni Amministrative, Topografiche, Statistiche.

Lo stato è eretto in Monarchia ereditaria. Ogni potere emana dal Re. Le due Sicilie costituiscono un Regno solo, fin dal 1817.

La Suprema Autorità viene esercitata per mezzo di Ministri Segretari di Stato, ciascun de' quali presiede ad un ramo della pubblica amministrazione. Il Consiglio del Sovrano è composto di Ministri Consiglieri di Stato, di Consiglieri di Stato, e di Ministri Segretari di Stato. Il Consiglio de' Ministri è composto da' Segretari di Stato con portafogli. Vi è un Ministro Presidente del Consiglio de' Ministri, che contrasegna la firma del Re, e presiede il Consiglio di Stato, in caso di assenza del Re e del Duca di Calabria, o in caso di speciale delegazione.

1.° Il Ministero della Presidenza del Consiglio de' Ministri, istituito nel 1822, conserva il Gran Sigillo dello Stato, leggi e decreti originali, ed ogni altro Atto Sovrano, e ne spedisce le copie autentiche. Presenta i progetti de' decreti di Nomina del Luogotenente in Sicilia, de' Consiglieri Ministri di Stato, de' Ministri Segretari di Stato, del Presidente della Consulta, e dei Consultori di Stato, e di tutt'i funzionari che non dipendono da alcun particolare Dipartimento Ministeriale. Sono alla dipendenza di questo Ministero gli ordini Cavallereschi, la Stamperia Reale, e la Real Commessione di Beneficenza in Napoli, creata col Decreto del 4 Gennaio 1831, ch'è ben diversa dall'Amministrazione delle Pubblica Beneficenza, di cui si parlerà in altro luogo.

2.° Il Ministero degli Affari Esteri si occupa della negoziazione, stipulazione ed osservanza de' trattati di pace, di alleanza, di commercio e di navigazione colle potenze estere. Propone le nomine degli Ambasciatori. Inviati Straordinari, Ministri plenipotenziari, Residenti, Incaricati di affari, Segretari di Ambasciata e di Legazioni, de' Regi Consoli, ecc. Conserva, forma e spiega la cifra. Nomina i Corrieri di Gabinetto; spedisce passaporti per l'estero, e legalizza la Carte che vengono dall'estero, ecc.

3.° Il Ministero di Grazia e Giustizia vigila tutte le parti dell'ordine giudiziario, e l'esecuzione delle leggi, decreti e regolamenti. Sopraintende alle autorità giudiziarie, a' cancellieri, avvocati, patrocinatori ed uscieri, colla facoltà di ammonire, e censurare secondo i casi e le circostanze: fa spedire gli atti e processi criminali alla Corte Suprema di Giustizia, esamina le massime di Giurisprudenza.

Sono alla dipendenza di questo Ministero le Camere Notarili e la Commissione pe' titoli di Nobiltà e il Consiglio e Commissione delle prede marittime. E sono nelle sue attribuzioni l'estradizione de' delinquenti, le amnistie o i decreti di grazia e di riabilitazione; le dispense civili per matrimoni; la naturalizzazione degli Stranieri, le dimande di domicilio; o il permesso di servire lo straniero; la statistica giudiziaria; i conflitti di attribuzione e di giurisdizione; la conservazione degli attributi e limiti tra la polizia giudiziaria e la ordinaria; gli atti dello stato Civile, ecc.

4.° Il Ministero degli Affari Ecclesiastici corrisponde co' Capi di Religione, vigila l'esecuzione degli atti del Concordato, non che la polizia e disciplina ecclesiastica in tutti gli affari che possono avere rapporto con lo Stato; presenta la nomina delle persone eligibili per Arcivescovi e Vescovi; propone per le badie, benefizi, cappellanie, parocchie, canonicat¡ ed altre dignità chiesiastiche di Regio Patronato, e per l'elezione del Giudice di Monarchia in Sicilia. Sono alla sua dipendenza le Amministrazioni Diocesane, åcc. Åcc.

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5.° Il Ministero delle Finanze ha nelle sue attribuzioni le contribuzioni dirette ed indirette, il Registro e Bollo, ed il ramo delle Crociate, le Ipoteche ed il Demanio;la vendita dei beni dello Stato, e le spese di Giustizia; il Tavoliere di Puglia, la Cassa di Ammortizzazione, la Zecca, l'ufficio di garentia del Debito pubblico, i Banchi, le Dogane, la Cassa di Sconto, i Dazi di Consumo, i dritti riservati, le polveri, i salnitri, la Lotteria, le Poste, ecc. £ sono alla sua dipendenza la Gran Corte de' Conti, la Tesoreria Generale, i Notai Certificatori, gli Agenti di Cambio, i Sensali di Commercio, Acque e Foreste e Caccia.

6.° Il Ministero degli Affari Interni sopraintende all'Amministrazione Civile, alla circoscrizione territoriale dei Comuni del Regno, alle divisioni de' Demani, al reclutamento dell'esercito, alla Salute Pubblica, ai pesi ed alle misure, alla Statistica. Al Censimento delle popolazioni, ai Consigli Provinciali e Distrettuali, agli Stabilimenti di Beneficenza, al Real Albergo de' Poveri, all'Ospedale degl'Incurabili, alla Real Casa dell'Annunziata, all'Ospizio di S. Gennaro de' Poveri, al Conservatorio ed Ospedale di S. Eligio, ai Monti di Pegni, ecc.

7.° Il Ministero di Guerra e Marina si occupa dell'organizzazione e benessere dell'esercito di terra e di mare, delle liquidazioni e pensioni di ritiro, o di vedove o di orfani, degl'Istituti Militari, dell'Arsenale di Artiglieria, della Fabbrica e montatura dell'armi, della Fonderia de' cannoni, dello Stabilimento di Mongiana e di ogni nitro Stabilimento del genio e dell'artiglieria, del reale Ufficio topografico, dell'Orfanotrofio militare, degli Ospedali militari, e del Ramo sanitario, ecc. ecc. ecc.; non che, pel ramo da Marina, del movimento de' bastimenti, de' Cantieri, degli Arsenali, approvvigionamento di Magazzini, taglio e trasporto del legname di costruzione, Scuole Nautiche, navigazione di Commercio, vigilanze sulle prede e naufragi, mantenimento de' condannati ai ferri, costruzione ed operazioni di porto, Ospedali di Marina, ecc.

8.° Il Ministero della Polizia Generale vigila per la sicurezza interna del Regno e pel mantenimento dell'ordine pubblico, per gli espatriati esiliati e rilegati per reati politici: provvede alla custodia e sicurezza delle prigioni, all'economica punizione de' detenuti, de' lanciatori di pietra, al permesso di armi, alla revisione della stampa intorno a scritti di poca mole, alla pubblicazione del giornale Uffiziale, ecc.

9.° Il Ministero de' Lavori Pubblici, cui si è aggregata l'Amministrazione di Bonificazione, provvede a strade e a ponti, che sono a carico de' fondi provinciali, al mantenimento de' detenuti ed alla costruzione e riparazione degli edificj pubblici.

10.° Il Ministero dell'Istruzione Pubblica, che una volta faceva parte del Ministero dell'Interno, tiene alle sue dipendenze la Regia Università degli Studi e il Consiglio di Pubblica Istruzione, le Biblioteche, i Licei, i Collegi, i Gabinetti, l'Orto botanico, le Accademie, le Scuole di applicazione, le Scuole Secondarie, la Scuola di sordi e muti, gl'Istituti ed i Pensionati, il Collegio degli Scolopi e de' Dottrinari, la Revisione de' libri, ecc. ecc. ecc. i Musei, le Antichità e le belle arti, ecc.

A completare il § 1.° intorno all'organamento generale dell'Amministrazione del lo Stato, occorre far parola della Consulta Generale, creata colla Legge del 14 Giugno 1824, e chiamata a discutere gli oggetti alla sua conoscenza delegati, per parere puramente consultivo.

266

La Consulta Generale del Regno delle Due Sicilie dividevasi in due Consulte, una pel Continente, l'altra per la Sicilia: ora una risiede a Napoli, e l'altra a Palermo, quella composta di 16 Consultori, questa di otto. Le medesime Consulte sono suddivise in Commissioni, nel rapporto de' diversi Ministeri, da' quali partono le delegazioni per gli affari ad esaminare.

§2.

Organamenti Speciali

Ordine giudiziario.

Due Supreme Corti di Giustizia, indipendenti l'una dall'altra, residenti in Napoli e Palermo, costituiscono la parte più culminante della Magistratura. La prima sopraintende alle Autorità Giudiziarie del Continente, la seconda dell'isola di Sicilia.

Esse sono istituite per mantenere esatta l'osservanza delle Leggi, nell'interesse delle quali giudicano, versandosi peculiarmente sulle violazioni di esse.

Ogni Suprema Corte si divide in Camera Civile, ed in Camera Penale; ha un Presidente, ed un Procuratore Generale del Re, due Vice Presidenti, e tre Avvocati Generali, un Cancelliere col grado di Giudice di Gran Corte Civile, due Vice Cancellieri o due Sostituti Cancellieri. Giudica col numero di nove votanti, dietro le Conclusioni del Pubblico Ministero. I suoi membri prendono il nome di Consiglieri.

Si dà luogo ad interpretazione di Legge, quando la Corte Suprema annulla due decisioni o due sentenze, in ultima istanza, fra le medesime parti, e per gli stessi motivi; e questa interpretazione si provoca con ragionato rapporto al Ministro.

Le Corti Supreme giudicano delle azioni civili, ossia presa a parte contro le Gran Corti Civili e Criminali, o contro i loro componenti; e giudicano come tribunali delegati de' reati commessi in uffizio da' Giudici o agenti del Pubblico Ministero presso i Tribunali sommessi alla loro giurisdizione.

In mancanza di ricorso per annullamento, promosso dalle parti, quando abbiasi cognizione di sentenza o decisione renduta contro il testo della Legge, o contenente abuso di potere o infrazione alle leggi di rito, si provvede all'annullamento di uffizio. Il quale annullamento non giova o nuoce alle parti, nel rapporto civile; ma nel rapporto penale, ove si fosse pronunziato con eccesso o gravezza di pena, si darebbe luogo a nuovo giudizio.

Giudicano infine de' Conflitti fra Corti Criminali e Tribunali militari. fra Corti Civili e Corti Criminali, fra Tribunali Civili, quando questi non sono compresi nella giurisdizione della stessa G. C. Civile.

Esercitano l'alta sorveglianza su tutte le autorità giudiziarie sottomesse.

2.° Quattro Gran Corti Civili sonovi nel Continente, e tre nella Sicilia: quelle risedono in Napoli, Catanzaro, Trani ed Aquila; e queste in Palermo, Catania e Messina.

La Gran Corte Civile di Napoli, divisa in tre Camere, estende la sua giurisdizione per le Provincie di Napoli, Terra di Lavoro, due Principati, Basilicata, Capitanata e Molise. La Gran Corte Civile di Catanzaro per le tre Provincie Calabre; quella di Aquila per le tre Provincie Aprutine, e l'altra di Trani per Terra di Bari e Terra di Otranto. La G. C. Civile di Palermo comprende le provincie di Palermo, Trapani, Girgenti, Caltanissetta e Noto.

267

Ogni G. C. Civile giudica, con sette votanti, di tutti gli appelli proposti avverso le sentenze de' Tribunali Civili, e di Commercio, che risedono nella rispettiva giurisdizione, non che avverso sentenze arbitramentali.

Giudica inoltre de' Conflitti fra Tribunali Civili nella sua propria giurisdizione; dell'azione civile contro questi Tribunali e loro Componenti e contro i Giudici di Circondario.

Avverso le decisioni delle G. C. Civili compete il ricorso devolutivo alfa Corte Suprema.

3.° In ogni Provincia del Reame evvi una G. C. Criminale, composta di sei votanti, avente un Presidente ed un Procuratore Generale, e giudica in unica e sola istanza de" misfatti, ed in grado di appello contro le sentenze correzionali rendute da' Regi Giudici. Avverso le decisioni delle Corti Criminali compete il ricorso alla S. C. Per dati misfatti e con date forme le Corti Criminali si elevano a Corti Speciali, e pronunziano Sovranamente col numero di otto votanti. La parità giova all'imputato. Le Gran Corti Civili di Messina e di Catania sono rivestite delle funzioni di Corti Criminali.

La G. C. Criminale di Napoli è divisa in due Camere, presedendo la prima il Presidente della G. C. , e la seconda un Vice-Presidente.

Il Procuratore Generale della G. C. Criminale di Napoli ha due Sostituti Procuratori Generali, i quali ne fanno le veci, dietro delegazione.

4.° In ogni Provincia del Reame evvi un Tribunale Civile, che giudica in appello contro le sentenze dei Regi Giudici, ed in prima istanza in tutte le altre controversie civili, e col numero di tre votanti.

Il Tribunale Civile di Napoli si divide in quattro Camere, presedute rispettivamente dal Presidente e da tre Vice-Presidenti, ed assistite daí Procuratore del Re, e da tre Sostituti. Cosi il Tribunale di Terra di Lavoro ha due Camere, ed altrettante quello di Palermo.

Le sentenze rendute da' Tribunali in grado di appello sono solo soggette al ricorso per annullamento in C. S. Le altre possono essere impugnate per appello alla G. C. Civile.

Nelle Provincie ove non vi sono Tribunali di Commercio, ne esercitano le funzioni i Tribunali Civili.

5.° I Giudici d'Istruzione sono uffiziali di Polizia Giudiziaria, risedenti in ogni Distretto, e dipendenti dalle G. C. Criminali e da' rispettivi Procuratori Generali. Eglino istruiscono i processi su' reati che si commettono nelle rispettive giurisdizioni, raccolgono le pruove, e possono procedere all'arresto de' colpevoli Nei Capoluoghi di Provincia o di Distretti, i Giudici Istruttori sono suppliti da Giudici Regi. In Napoli vi sono quattro Giudici Istruttori.

6.° In Napoli, Foggia, Monteleone, Palermo, Messina e Trapani vi sono Tribunali di Commercio. Sono composti di un Presidente, di quattro Giudici Ordinari, e di varj supplenti, che si scelgono fra negozianti, manifattori e banchieri.

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I Tribunali di Commercio giudicano col numero di cinque votanti: nelle cause, nelle quali si richiede l'intervento del Ministero pubblico, ne fa le funzioni l'ultimo (¿indico ordinario, in ragione di nomina: e giudicano inappellabilmente fino alla somma di duc. 300; ed in grado di appello contro le sentenze de' Giudici Regj, rendute in linea di Commercio, nei Cjrcondarii della Provincia. Per tutte le altre cause compete l'appello alla G. C. Civile, nella cui giurisdizione è la Provincia ove risiede il Tribunale di Commercio.

Le funzioni di Giudice sia ordinario sia supplente durano per un biennio; le funzioni del Presidente sono annuali.

I Giudici di Commercio non hanno soldo, ma invece de' gettoni, per ogni udienza. Questi gettoni derivano da' proventi di Cancelleria.

7.° La legittimità delle prede marittime, e per la pertinenza. degli oggetti naufragati, è giudicata in primo grado da una Commissione: formata in ogni distretto marittimo, e composta da un presidente e da due giudici, tutti e tre uffiziali di marina, coll'intervento di un Uomo di Legge. Nei distretto di Napoli la Commessione è formata da un Capitano di Vascello Presidente, dal Capitano del Porto, e dal più anziano Commessario di Marina, con l'intervento di uno fra i Sostituti Procuratori Regi presse il Tribunale Civile all'uopo delegato.

Il Consiglio delle Prede Marittime, residente in Napoli, giudica in grado di appello, e si compone di un Presidente (che suole essere un Consigliare della Corte Suprema), di sei Giudici, cioè di un Consigliere della C. dei Conti, t!i un Giudice della G. C. Civile di Napoli, di un Capitano di vascello, di un Consigliere dell'Intendenza di Napoli, di uno de' Componenti del Corpo della Città di Napoli, e di un Commessario di Marina, e coll'intervento di un Sostituto Procuratore Generale della G. C. Civile di Napoli per le funzioni di P. M.

8.° In Ogni Circondario del Reame vi è un Giudice Regio, che conosce delle materie civili, commerciali, correzionali e di Polizia, secondo le leggi organiche che han determinato le sue attribuzioni.

È uffiziale della Polizia Giudiziaria, alla dipendenza del Giudice Istruttore del Distretto e del Procuratore Generale presso la Corte Criminale della Provincia.

È incaricato delle Polizia Ordinaria, alla dipendenza degl'Intendenti della Provincia, ove manca l'ispettore di Polizia. È incaricato del Controllo al Ramo del Registro e Bollo, nel rispettivo Circondario.

Ha un Supplente o più Supplenti al Circondario scelti fra i proprietari più distinti ed intelligenti.

Nei giudizi correzionali o di Polizia, le funzioni di Pubblico Ministero o di Uomo di Legge sono esercitate dal 1.°Eletto del Capoluogo, o da un decurione delegato.

In Napoli queste funzioni di Ministero Pubblico sono esercitate da un Ispettore di Polizia del quartiere, all'uopo delegato.

I Giudici Regi, oltre le attribuzioni ordinario, per le materie sommesse al loro giudizio, e sulle quali pronunziano inappellabilmente fino al valore di duc. 20, ed appellabilmente fino a duc. 300, esercitano una giurisdizione delegata per opera di Legge, in ordine a controversie d'illimitato valore, e per le quali si richiede pronto ed immediato concorso della giustizia, come in ordine a servitù, alle azioni possessorie, a nunciazione di nuova opera, ad alterazioni di limite, e cosi via dicendo.

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In ogni Comune, alla dipendenza dal Giudice Circondariale, avvi un Supplente Giudiziario, che ha facoltà di apporre i Sigilli, e far 1'inventario, di raccogliere le prime indagini de' reati, specialmente nel rapporto all' ingenere, ed ¡niziare le istruzioni Criminali, ed eseguire gl'incarichi che potrebbero essergli delegati quale Uffiziale della Polizia Giudiziaria.

9.° In ogni Comune, ed a Napoli in ogni quartiere, vi è un Conciliatore, che giudica pro equo et bono delle controversie mobiliari fino al valore di duc. 6. In caso di eccezione d'incompetenza, si mandano le carte al Tribunale, che pronunzia in Camera di Consiglio, sulle requisitorie del Pubblico Ministero. Rigettata l'eccezione d'incompetenza, sarà eseguita la Sentenza del Conciliatore.

§3.

Amministrazioni Civile.

L'Amministrazione Civile è alla dipendenza del Ministero degli Affari Interni. lo ciascuna Provincia presiede un Intendente, in ogni Distretto un Sotto-lntendente.

1.° L'Intendente è capo dell'amministrazione nella Provincia, e per gli affari contenziosi è assistito da un Consiglio d'Intendenza. Inoltre l'Intendente è rivestito di molte altre attribuzioni, le quali lo mettono nella dipendenza degli altri Ministeri; ed è il presidente naturale di tutte le Commissioni nella Provincia, sia qualunque lo scopo e la composizione.

L'Intendente, alla dipendenza dell'Interno, presiede il Consiglio d'Intendenza per tutti gli affari del Contenzioso Amministrativo, presiede il Consiglio di reclutazione, ed il Consiglio degli Ospizi. Egli, alla medesima dipendenza, è l'uffîziale Ripartitore de' Demani, e giudica, assistito da due Consigliari d'Intendenza, i quali han semplice voto consultivo. Egli in tutti gli affari di Amministrazione può chiedere il parere dello stesso Consiglio, meramente consultivo. La decisione del Consiglio d'Intendenza, e quelle dell'Intendente sono sommesse alla G. C. de' Conti.

L'Intendente, alla dipendenza del Ministero della Polizia Generale, è nella Provincia il Prefetto di Polizia, e n'esercita le funzioni. Presiede la Commissione d'ordine pubblico, composta da lui, dal Comandante le Armi, e dal Procuratore Generale della G. Corte Criminale.

L'Intendente, alla dipendenza del Ministero di Grazia Giustizia, presiede la Commissione Censoria, composta da lui, dal Presidente e Procuratore Generale della G. C. Criminale, dal Presidente e Regio Procuratore del Tribunale Civile; la quale esamina, censura o loda i Regi Giudici, la bassa Magistratura, ed uffiziali dipendenti; propone avanzamenti, traslocazioni, o destituzioni, ecc. Inoltre eleva i Conflitti di attribuzione e di giurisdizione. Propone, di accordo col Regio Procuratore, e dietro richiesta di parere del Vescovo, il Conciliatore, sulle terne de' Decurionati.

L'Intendente, alla dipendenza del Ministero delle Finanze, presiede la Commissione Finanziera, composta da lui, da' Direttori de' Dritti e Rami riuniti e de' Dazi Indiretti, dal Ricevitore Generale, e dal Controloro Provinciale. Sorprende e verifica le Casse provinciali, e fa procedere all'arresto dei Contabili in caso di malversazione.

L'Intendente, alla dipendenza de' Rami di Guerra e Marina, spedisce i reclutati per l'esercito di terra, e gli ascritti per la Marina, al loro destino;

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esercita l'alta sorveglianza per le amministrazioni de' medesimi Rami nella Provincia, e sopraintende a' Commissari di Guerra, delle cui funzioni sono rivestiti i Sindaci nei Comuni.

L'Intendente, alla dipendenza del Ministero de' Lavori Pubblici, presiede la Commissione per le Prigioni, si per l'amministrazione economica, che per la repressive. Sopraintende alle opere pubbliche provinciali, assistito dalla Deputazione della Provincia, nominata dal Consiglio Provinciale; non che alle opere pubbliche comunali.

L'Intendente, alla dipendenza della Presidenza de' Ministri, è incaricato della pubblicazione di Leggi e Decreti e dà gli ordini per assicurarne l'esecuzione.

L'Intendente infine, alla dipendenza del Ministero dell'Ecclesiastico ed Istruzione pubblica, vigila, in concorso del Vescovo, le Amministrazioni Diocesane. e coopera alla attuazione degli ordini degli atti esecutori del Concordato. Presiede, anche in concorso del Vescovo, nelle provincie, a tutt'i rami della Pubblica Istruzione.

In conseguenza di quanto precede, l'Intendente è la prima autorità della Provincia, e corrisponde con tutti i Ministeri, e con tutte le autorità di qualunque ordine esse sieno.

2.° Presso dell'Intendente vi è un Segretario Generale, ch'è il suo principale collaboratore, e che, in caso di mancanza o impedimento, lo rimpiazza nelle attribuzioni. Il Segretario Generale, in ogni Intendenza, è il direttore e capo dell'Archivio e della Segreteria: egli contrasegna la firma dell'Intendente in tutti gli atti pubblici, ed autentica colla sua firma e col Sigillo dell'Intendenza, del quale è depositario, le copie degli atti che si estraggono.

3.° Il Consiglio di Intendenza è composto di cinque Consiglieri nelle Intendenze di 1.a Classe, di 4 in quelle di 2.a, e di 3 in quelle di 3.a Esso è il Giudice esclusivo del Contenzioso amministrativo. Decide sempre in numero dispari di voti: quando presiede l'Intendente, in caso di parità, il voto dell'Intendente è preponderante. Le deliberazioni del Consiglio, quando sono provocate dall'Intendente in modo consultivo si dicono avvisi; e quando riguardano giudizi si dicono decisioni. Il Consiglio ha un Segretario che ha le funzioni di Cancelliere, ed è un Capo o Vice-Capo di Uffizio dell'Intendenza.

4.° Il Consiglio Provinciale esamina i voti de' Consigli Distrettuali; regola la Sopraimposta facoltativa sulle spese della Provincia e dispone dello impiego; discute il Conto morale dell'Intendente sull'impiego de' fondi provinciali; dà avviso sulla Condotta di tutti gl'impiegati della Provincia, nomina la Deputazione che sopravveglia le opere pubbliche provinciali.

La riunione del Consiglio si fa una volta all'anno, e non dura più di venti giorni. È composto di 20 Consiglieri nelle Provincie di 1.a e 2.a Classe, e di 15 in quelle di 3.a I Consiglieri sono nominati dal Re sopra le liste de' Decurionati, il Presidente direttamente dal Re, sulla proposizione del Ministro dell'Interno.

5.° Il Sotto-Intendente esercita in ogni Distretto le funzioni d'Intendente, ma sotto gli ordini immediati di costui. Non ha prerogative contenziose, né attribuzioni giurisdizionali su' Demani. In caso di mancanza o impedimento è supplito da un Consigliere d'Intendenza o da un Consigliere provinciale, dietro speciale delegazione.

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6.° Il Consiglio Distrettuale ripartisce fra i Comuni il Contributo fondiario, propone al Consiglio Provinciale tutto ch'è relativo allo stato, bisogni e benessere del Distretto. È composto di 10 Consiglieri, scelti sulle liste Decurionali, oltre un Presidente nominato dal Re.

7.° L'Amministrazione Comunale è, in ogni Comune, composta di un Sindaco, un 1.° e un 2.° Eletto, un Cassiere. ed un Consiglio Comunale, sotto il nome di Decurionato. E quando nel Circondario non vi è un Percettore, vi è nel Comune un Esattore incaricato dell'esecuzione del contributo fondiario.

a). Il Sindaco è la prima autorità del Comune, ed è l'incaricato dell'amministrazione comunale, assistitito dal Decurionato e dagli Eletti: è l'ordinatore delle rendite, e però soggetto ad un Conto morale annuale. Esegue e fa eseguire nel Comune i Decreti, le Leggi e i Regolamenti; dispone della forza interna. È Uffiziale dello Stato Civile, ed in ciò dipende dal potere giudiziario: è nel Comune Commessario di guerra (ove non vi sia un incaricato del Ramo di guerra), ed in ciò dipende dal potere Militare.

Presiede il Decurionato, ed è membro nato di qualunque Commissione Comunale, o di qualunque Stabilimento Comunale: fa eseguire le Deliberazioni decurionali, e ne provoca l'approvazione.

Corrisponde col Sotto-Intendente del Distretto, e con tutto le autorità, alla dipendenza delle quali si trova. In assenza o impedimento del Sindaco lo rimpiazza il Seconde Eletto. Nella discussione del Conto morale il Decurionato è preseduto dal decurione più anziano.

I Sindaci Comunali sono anche Sindaci marittimi e dipendono dalle Commissioni marittime. In mancanza e impedimento verificato del Sindaco e, al tempo stesso, del 2.° Eletto, vien delegato dall'Intendente o Sotto-Intendente uno de' decurioni più anziani, per esercitarne le funzioni.

Infine è Giudice del Contenzioso Amministrativo, per determinata giurisdizione.

b). Il primo Eletto, all'immediazione del Sindaco, è specialmente incaricato della polizia urbana e morale; prende atto di tutte le contravenzioni, e ne provoca la punizione, presso il Giudice competente.

Esercita le funzioni di Pubblico Ministero presso il Giudice Circondariale, quando appartiene al Comune, che n'è il Capo luogo, e presso il Sindaco nella giurisdizione locale.

Può infliggere multe, in caso di fragranza di semplici contravenzioni di polizia urbana, e fa riscuotere le multe prescritte da' Regolamenti a carico de' venditori, che si rendono contraventori de' regolamenti in vigore.

In caso di mancanza o impedimento del Supplente Giudiziario Comunale, n'esercita le funzioni.

In caso di sua mancanza o di suo impedimento, vien supplito dal 2.° Eletto, ed in mancanza di questo, da un decurione all'uopo delegato.

c). Il Seconde Eletto assiste il Sindaco ed il 1.° Eletto, e supplisce l'uno o l'altro, seconde i casi di sopra espressi.

d). In ogni Comune vi è un Cancelliere incaricato dell'Archivio, del quale è risponsabile: egli forma gli atti ed i registri, e le corrispondenze ch'esige il servizio dell'amministrazione; e legalizza col visto del Sindaco tutte le copie degli atti che si estraggono, ed appone il sigillo, del quale è custode, ed accompagna colla sua firma gli atti che si pubblicano dal Sindaco.

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Suole esservi in ogni Comune un Cancelliere sostituto, che rimpiazza il Cancelliere in caso di mancanza; e suole ordinariamente adibirsi aíf liffizio del Conciliatore Comunale.

e). Il Cassiere è l'incaricato dell'introito e dell'esito delle rendite Comunali, secondo lo Stato discusso, e sotto gli ordini del Sindaco. Egli deve dare annualmente il suo conto materiale, che trovar si deve in riscontro del Conto morale del Sindaco. Il Decurionato che lo nomina, è seco-lui solidalmente obbligato, e può premunirsi di ogni cautela, quando lo crede e ne sin il caso. Verificandosi lo stato della Cassa, in caso di malversazione, il Sindaco può suspendere il Cassiere, e rapportare all'Intendente. In mancanza del Cassiere può agire o un decurione delegato, o i decurioni per turno, secondo ciò che all'uopo si stabilirà.

f). Nei Circondari, ove non vi è Percettore, vi è un Esattore in ogni Comune, ed esige il Contributo fondiario per conto del Tesoro e ne fa versamento nella Cassa Distrettuale: nominato dal Decurionato, è di conseguenza solidalmente garentito da esso.

g). Il Decurionato è il Capo, in cui risiede la rappresentanza Comunale; esso esamina la rata delle fondiarie attribuita al Comune dal Consiglio Distrettuale, ed in caso di eccesso, ne forma reclamo presso il Consiglio Provinciale: impone, coll'approvazione dell'Intendente, i grani addizionali: propone l'imposta su' dazi di Consumo e determina le quote ed i modi di riscossione: forma lo Stato discusso: esamina il Conto morale del Sindaco, e porta le sue osservazioni: delibera sopra ogni azione a sperimentarsi, e sopra qualunque obbligazione a contrarsi: delibera sopra qualunque proposta, da chiunque de' decurioni fatta, riferibile ad utilità Comunale, nomina per terna Sindaco, Eletti, Cancelliere, Esattore, ecc. Propone le terne per la nomina de' Consiglieri Provinciali Distrettuali.

I Decurioni si scelgono dall'Intendente sulle liste degli eligibili, e sono trenta nelle grandi Città, venti nelle medie, e dieci negl'infimi Comuni; un terzo almeno del Decurionato deve sapere leggere e scrivere. Il Decurionato si rinnova per quarto in ogni anno: delibera a porte chiuse ed a voti palesi; sceglie dal suo seno un Segretario che redige te deliberazioni, le quali, dopo soscritte, fan parte degli atti della Cancelleria.

Per la Città di Napoli evvi una varietà.

L'Amministrazione Comunale di Napoli è affidata ad un Corpo di Città, sotto la dipendenza dell'Intendente: il Corpo di Città è composto di un Sindaco e 12 Eletti, un de' quali addetto ad una delle 12 speciali Sezioni Componenti la Città medesima. Ogni Eletto è uffiziale dello Stato Civile nella sua Sezione; egli ha due aggiunti, un Cancelliere e corrispondente Cancelleria. Presso il Sindaco vi è la Cancelleria maggiore coll'archivio, ed un Cassiere per l'introito ed esito delle rendite della Città. Il Sindaco centralizza e dirige tutte le amministrazioni, e gli Eletti agiscono sotto i suoi ordini.

Gli Eletti corrispondono col Sindaco, e questi con tutte le autorità, come di sopra genericamente si è spiegato.

È espressamente riserbata al Corpo di Città la portolania e la polizia annonaria.

8.° Dati alcuni essenziali cenni sulle autorità amministrative, conviene aggiungere qualche parola sull'amministrazione in sé stessa.

a) Le spese e rendite provinciali o sono comuni a tutte le provincie o sono particolari a ciascuna di esse.

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Sono comuni: quelle del Casermaggio della Gendarmeria, e di ogni forza provinciale, comprese le pigioni de' Corpi di guardie, dell'Istruzione pubblica (escluse le dotazioni della R. Università, Licei, Collegi e Scuole primarie); quelle della Statistica, della Vaccinazione, del mantenimento de' Projetti, delle Segreterie della Intendenza e Sottointendenze.

Sono particolari: quelle di costruzione e manutenzione de' pubblici locali e strade provinciali; delle Società Economiche, delle biblioteche, ed altri istituti pubblici; quelle di acquisto e rimpiazzo de' mobili per l'Intendente e Sotto-Intendente.

Alle spese comuni sarà supplito con una imposta determinabile addizionali alla fondiaria. E con altra simile sovraimposta i Consigli provinciali procederanno alle spese particolari, oltre alle imposte straordinarie, che si potran proporre.

Le spese e rendite provinciali sono amministrate sotto gli ordini del Ministro dell'interno. I fondi addetti alle opere pubbliche possono essere amministrati da una Deputazione nominata da' rispettivi Consigli Provinciali, e sotto la dipendenza dell'Intendente.

L'Intendente rende annualmente il Conto morale (d'unita alla Deputazione, ove esista) al Consiglio Provinciale, Il Conto materiale è discusso e giudicato dal Consiglio d'Intendenza: intervenendo l'Intendente, che ha figurato da ordinatore, è senza voce deliberativa.

b) Ogni Comune ha le sue rendite particolari: esse si distinguono in rendite fondiarie e demaniali, in censi, canoni e prestazioni.

Quel Comune, che non ritrae sufficiente rendita da' suoi demani e fondi patrimoniali, può ricavarla da' proventi giurisdizionali, da' dazi di Consumo, da' grani addizionali, dalla privativa volontaria e temporanea.

Infine l'Amministrazione Civile, che si riferisce all'interno Organamento generale dello Stato, è come un centro, a cui si rannodano tutte le altre Amministrazioni speciali, ordinate al benessere dell'intera civile comunanza. E dall'esposizione fatta se ne può scorgere l'indole e l'estensione.

§4.

Amministrazioni finanziere

Sono le Amministrazioni finanziere alla dipendenza del Ministero delle Finanze, come già si è detto, e di esse le principali si distinguono cosi.

1° La Tesoreria Generale che raccoglie tutti gli introiti, e sostiene le spese dello Stato, e dividesi in quattro principali Sezioni, cioè in

Controloria Generale, Scrivania di razione, Tesoreria per l'introito, e Pagatoria generale.

Il Controloro Generale è sostituto al Ministro della Finanze in ciò che guarda la percezione e la spesa della rendita pubblica;

Lo Scrivano di razione liquida le spese tutte dello Stato;

Il Tesoriere raccoglie gl'introiti;

Il Pagator Generale compie gli esiti.

Inoltre l'Agente del Contenzioso sorveglia gli affari litigiosi della Tesoreria, ed il Consiglio di Tesoreria ne regola gli affari che si riferiscono al servizio interno, ed a quelli che il Ministero delega.

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2.° Alla dipendenza della Tesoreria Generale sono i Controlori Provinciali, chiamati a sorvegliare c controllare le Casse de' Ricevitori Generali e Distrettuali, l'ufficio de' quali è talvolta delegato a' Direttori de' Dazi Diretti nei Capoluoghi di Provincia, ed a' Sottointendenti ne' Distretti.

3.° Le contribuzioni dirette, o fondiarie come ben s'intende, costituiscono uno de' mezzi d'introiti, e!'Amministrazione Generale di esse è affidata ad un Consiglio che si dice delle contribuzioni dirette: questo Consiglio sopraintende alle Direzioni Provinciali, dà avviso nelle controversie sulle contribuzioni, produce gravame avverso le decisioni de' Consigli d'Intendenza in fatto di fondiaria, e raccoglie i reclami de' particolari. Il Consiglio è composto degli Agenti del Pubblico Ministero presso la Gran Corte de' Conti, coll'intervento del Direttore Provinciale di Napoli, che ha il grado d'Ispettore Generale, e di un Controloro che assume le funzioni di Segretario.

In ogni Provincia vi è un Direttore, che s'intitola de' Dazi Diretti, ed al quale sono unite le attribuzioni Demaniali e quelle de' Dritti Diversi, di che in seguito parleremo.

L'esazione del contributo diretto o fondiario si fa in forza di Ruoli che l'Intendente rende esecutivi nella rispettiva sua provincia, a base del Catasto provisorio, nel quale sono segnate tutte le proprietà immobiliari, coll'intestazione de' proprietari cui appartengono.

Il nostro Catasto è tuttora provisorio, ed è sperabile, nelle rettificazioni ordinate, che si renda diffinitivo, e si migliori altamente.

In ogni Distretto vi è un Controloro delle contribuzioni dirette, che sopraintende agli Agenti della percezione, verifica i reclami per disastri, e le contravenzioni.

I contribuenti versano bimestralmente il tributo fondiario nelle Casse Comunali presso gli Esattori, o nelle Casse Circondariali presso i Percettori: e gli uni e gli altri, per decadi, versano l'esatto nelle Casse Distrettuali, dalle quali è rimesso alla Tesoreria.

4.° Le contribuzioni indirette che si riferiscono alle Doganali, ed quelle di privativa, costituiscono un largo mezzo d'introito. Evvi un'Amministrazione generale, che ne dirige l'andamento, e risiede nella Capitale essa abbraccia i rami delle dogane, della navigazione di commercio de' Dazj di consumo (per la sola Capitale, e pe' Casali), de' sali, de' tabacchi, delle polveri da sparo, de' nitri, della carta da gioco.

Evvi una Direzione Generale in Napoli, capo un Direttore Generale, due Amministratori Generali, con attribuzioni per tutto il Continente del Regno. In Napoli vi sono tre direzioni Provinciali, la prima per la Gran Dogana, la seconda pei Consumi, e la terza per le Privative. In ogni Provincia poi vi è un Direttore che s'intitola de' Dazi Indiretti.

Il servizio di Sorveglianza è diviso in sette Ispezioni territoriali: gl'ispettori territoriali corrispondono tanto co' Direttori Provinciali quanto col Direttore Generale, ed essi sono incaricati di sorvegliare l'esattezza del servizio e l'esecuzione delle Leggi.

In ogni Distretto del Regno vi sono i Controlori de' D. I., e sotto dipendenza de' Direttori Provinciali sono i Capi del servizio nel Distetto, e fiscalizzano le operazioni de' Ricevitori, i quali sono alla lor volta Capi di Servizio nelle officine di percezione.

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Il servizio de' Dazj Indiretti è distinto in attivo, sedentaneo e misto, l'attivo è disimpegnato dalla Guardia doganale di terra, e dalla forza di mare: il sedentaneo da quel funzionario cui è assegnata una permanenza determinata: il misto dagl'Ispettori, da' Controlori e Tenenti.

La Guardia doganale è composta di sotto-uffiziali e soldati, e la forza di mare è formata da piloti cannonieri e marinari: queste forze dipendono dagl'immediati loro superiori, gerarchicamente posti, e l'ispezione generale è devoluta ad un Generale de' Reali Eserciti.

Presso la Direzione Generale vi è un Consiglio di Amministrazione, composto dal Direttor Generale, da due Amministratori Generali, e dal Segretario Generale che ha voto consultivo.

Oltre i Direttori Provinciali, vi sono i Direttori degli Stabilimenti, come quelli per le Saline di Barletta, per le Saline di Lungro, per la Polveriera di Scafati, per la Fabbrica di Tabacchi in Napoli, ecc.

E bene inutile aggiunger parola intorno alle attribuzioni di questi indicati funzionari, essendocchè ben se ne intende la portata da' titoli loro attribuiti.

5.° Altro ramo d'introito è quello del Registro e Bollo, la cui Amministrazione è incaricata de' seguenti rami: dritti di registro e d'ipoteche; dritti di bollo; dritti di Cancelleria delle diverse Corti e Tribunali; multe di ogni specie, meno le comunali; avanzi degli Archivi Notarili; anticipazione e ricupero delle spese di giustizia criminale, correzionale, civile e militare; arretrato e stralcio di tutti gl'indicati cespiti; esazione de' dritti degli archivi notarili; esazione dei prodotti del ramo della Crociata.

Questa complessa amministrazione è diretta da un Direttore Generale residente nella Capitale: ed è suddivisa in due Sezioni, la prima pel Segretariato Generale, e la seconda per la Contabilità Generale.

Sono alla sua dipendenza i tre magazzini della Carta bollata, nel primo de' quali si riceve la carta grezza, nel secondo si esegue la bollazione, e nel terzo si deposita, dopo bollata, per la spedizione.

Ne dipende del pari l'officina del Bollo Straordinario, diretta da un Ricevitore e da un Controloro in cui si vistano per bollo, o si bollano straordinariamente tutte le carte che abbisognano di tale formalità.

In ogni Provincia evvi una Direzione Provinciale, ch'è affidata al Direttore de' Dazj Diretti;Il quale perciò prende il titolo di Direttore de' Dazj Diretti, Demanio e Rami riuniti, come si è accennato nel § 3;e sotto i suoi ordini sono un Ispettore Controloro, che sopraintende alle spese di Giustizi

a, e ne regola le tasse in concorso del Procuratore Generale della G. Ñ. Criminale; un Conservatore de' Privilegi ed Ipoteche; non che un numero di Verificatori, chiamati alla verifica delle gestioni ed operazioni de' Ricevitori Circondariali.

In ogni Circondario vi è un Ricevitore del Registro e Bollo; in Napoli ve ne ha uno in ogni tre quartieri, per gli atti civili e per quelli de' Regi Giudicati, un altro per gli atti del Tribunale Civile; un altro per gli atti del Tribunale di Commercio, Consiglio d'Intendenza e Commissione delle Prede marittime;ed un ultimo per gli atti della G. C. Civile, Suprema Corte e G. C. de' Conti.

Presso ogni Direzione è stabilito un magazzino per la Carta bollata, che somministra la Carta a' Ricevitori per lo smaltimento, i Registri alla Conservazione delle Ipoteche, i Repertori a' Notaj, Cancellieri, ecc. ce. Ecc.

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La Conservazione delle Ipoteche, non subordinata alla Direzione de' Dazj Diretti, c però non coordinata a' Catasti, presenta un inconveniente, che di certo, dietro maturo esame, sarà eliminalo.

6.° Il Lotto è un altro ramo d'introito; la sua Amministrazione, oggi affidata al Direttor Generale del Registro e Bollo, il quale ne regola l'intero andamento, alla dipendenza del Ministro delle Finanze, comprende:

Un Ispettore che sorveglia il personale delle officine e de' postieri, ed esercita il Carico di Segretario Generale;

Un Agente Contabile, che dirige la Scrittura Generale, ed ha il carico di appoderato;

Un Revisore delle vincite, che verificala verità e legittimità dei pagamenti;

Un Archivario che conserva le liste delle giuocate, e verifica i biglietti di vincita;

Un Revisore che sorveglia le operazioni di Archivii e di Controloeia, e conserva i documenti;

Un Controloro che fiscalizza ed esamina le operazioni de' Contadori e la loro scrittura;

Un Capo delle officine meccaniche che veglia alla formazione dei Castelletti per non eccedersi la carica assegnata a ciascuna giocata, e sorveglia la stampa, la correzione, il bollo, e la spedizione a' postieri;

Un Cassiere, ed un Cancelliere incaricato per l'esecuzione della parte Contenziosa, cui può darsi luogo.

In ogni Provincia vi e un Ricevitor Generale de' Lotti, da cui dipendono i postieri della rispettiva Provincia.

I postieri in generale sono nominati Prenditori, e son quelli che ricevono le giocate.

La Lotteria in Napoli fa cinquanta estrazioni all'anno, ed in ogni sabato, o nel giorno precedente in caso di festività, meno nelle settimane immediatamente dopo al Natale ed alla Pasqua.

La Gran Corte de' Conti è chiamata a presedere nell'estrazione, ed in compenso i suoi componenti godono d e' gettoni, o ricompense che costituiscono un buon supplimento al rispettivo loro soldo.

Amministrazione Generale di Poste e Procacci

Questa Amministrazione sopraintende al corso della corrispondenza ufficiale e privata, interna ed esterna, non che al trasporto di oggetti per mezzo de' Procacci. La presiede un Direttor Generale, od un Amministrator Generale, il quale è coadiuvato dagl'Ispettori Generali, dal Segretario Generale, e dal Contabile Generale.

Gl'Ispettori Generali sorvegliano quei rami di servizio loro affidato, ed eseguono le commissioni che loro potranno affidarsi per le Provincie.

Il Segretario Generale è il Capo delle ufficine della Segreteria, e risponde delle carte, atti e documenti dell'Amministrazione.

Il Contabile Generale, a prescindere dell'introito, che verifica, e del quale risponde, apre dei Conti correnti co' negozianti ed altri per le somme.

Sono addetti al servizio delle poste e Procacci diversi uffiziali col grado di Capi di officio o di Sezione, alcuni Ispettori, diversi Controlori, ed altri impiegati di minor grado, ed alcuni soprannumerari ed alunni.

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Vi sono i Corrieri, e si dividono in ordinari e straordinari; ed inoltre vi sono i Conduttori, ed i Portalettere.

Nelle Provincie il servizio è affidato a' Direttori di diversa classe.

Nei Comuni il servizio della distribuzione delle lettere è affidato a' Cancellieri Comunali.

Il servizio delle poste de' cavalli lungo le strade principali è affidato ai Maestri di Posta.

I Direttori delle Officine nelle Capitali delle Provincie, oltre il lavoro delle proprie officine, devono vigilare il servizio di posta nell'interno della Provincia.

I Procacci sono destinati a trasportare in giorni determinati dalle Provincie nelle Capitali, e viceversa, il danaro, e gli effetti sia del Governo, sia de' Privati. E in libertà de' Privati di fare assicurare la valuta degli oggetti che devono essere trasportati; un regolamento speciale determina il premio di assicurazione, il quale non suole eccedere il due per cento.

In mancanza di assicurazione, l'Amministrazione non risponde della dispersione o del furto degli oggetti, per caso di forza maggiore; in altri casi, potrassi chiedere conto degli oggetti spediti, e non giunti al loro destino.

Le vetture corriere e le diligenze sono destinate al trasporto delle persone e delle lettere.

Le lettere di officio godono la franchigia del dazio di trasporto, perlocchè ogni funzionario è obbligato indicar con forme esterne la condizione officiale del plico.

E ben s'intende, che l'Amministrazione delle Poste, comunque sia alla dipendenza del Ministro delle Finanze, è in rapporto continuo e riservato co' Ministeri degli Affari esteri, e della Polizia Generale.

Del Gran Libro del Debito Pubblico.

Non è, e non può esser nostro scopo quello di discorrere il modo come si creò e si mantiene il Credito pubblico, e quai vantaggi possonsi ricavare: rimandiamo quindi ad altre opere per le teorie generali sul debito pubblico e sulla sua estinzione, non che per le storiche notizie della costituzione de' diversi debiti pubblici, e della creazione delle rendite, e delle varie specie delle obbligazioni dello Stato.

E senza dire delle vicende e delle varie specie delle obbligazioni dello Stato, e del correlativo movimento legislativo fra noi, dalla Dinastia Aragonese fino alla costituzione del Debito Pubblico consolidato, diciamo, che nel 1807, ad imitazione del Gran Libro attuato in Francia nel 1793, ne fu uno istituito in Napoli, del quale stabilimento ecco il principale scopo:

Ogni creditor dello Stato dovette liquidare il suo credito, e del rispettivo valore furono rilasciate delle Cedole: vendevansi alcuni de' beni dello Stato per pagare i debiti, e le Cedole erano ricevute in pagamento. I Creditori, che non impiegavano le Cedole in acquisto de' beni dello Stato, erano ammessi a fare iscrivere il loro credito nel Gran Libro del Debito Pubblico alla ragione fruttifera del 5 per 0|0. Nel 1808 queste rendite del debito consolidato importavano duc. 700,000; ed i debiti vitalizi ascendevano a duc. 362,599.

Nel 1815 fu dichiarata invocabile la vendita de' beni dello Stato; e nel 1819 furono autorizzate le liquidazioni de' credili degli emigrati, per tenersi conto nella iscrizione delle rendite sul G. L. del D. P.

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Fu creata quindi un'Amministrazione, alla dipendenza del Ministro delle Finanze, sotto il titolo di Direzione Generale del G. L. del D. P.

A questa Amministrazione son preposti: un Direttor Generale, un Segretario Generale, cinque Capi di ripartimento, cioè del Segretariato, della Controloria, dell'Agenzia Contabile delle rendite, dell'Agenzia Contabile delle pensioni, e della liquidazione de' trasferimenti e degli affari contenziosi; vi sono inoltre diversi ufficiali di carico di vario

grado, de' soprannumeri, degli alunni, degli uscieri, åcc. åcc.

E superfluo discorrere partitamente delle attribuzioni delle cinque indicate sezioni, perché il loro titolo ne dice abbastanza.

Lo scopo nostro essendo quello d'indicare l'organamento delle varie amministrazioni finanziere dello Stato, riescirebbe fuor di proposito parlare in questo luogo dell'andamento e delle vicende del nostro debito pubblico, e del suo stato attuale.

Amministrazione Generale della Cassa di Ammortizzazione e Demanio Pubblico.

Questa Amministrazione s'incarica principalmente dell'estinzione del debito pubblico.

Lo Stato ha varj debiti, alcuni de' quali si estinguono di per se stessi. come per esempio le pensioni delle vedove e de' ritirati, degli ecclesiastici, le pensioni di grazia, ecc: altri si estinguono per rimborsi successivi, e per ammortizzazione. L'ammortizzazione, quando è ben regolata, estingue gradatamente il debito pubblico; ma deve crearsi il Capitale che funziona all'ammortizzamento; e presso di noi fu destinata la quinta parte del contributo fondiario, che annualmente comprando rendita del debito pubblico, neutralizza il corrispondente Capitale. Il vantaggio che si ricava da simili operazioni è quello dell'interesse composto, cioè dell'interesse di un Capitale al quale, ogni semestre, si aggiunge l'interesse del semestre che precede.

Non è, e non può essere nostro scopo quello di discorrere de' diversi sistemi di ammortizzazione, e specialmente del sistema inglese, e del sistema francese; è invece nostro obbligo dir qualche cosa del nostro sistema, secondo l'attuale organizzazione.

L'oggetto principale è l'estinzione del debito pubblico; ma la Cassa di Ammortizzazione ha inoltre degli incarichi secondari, come l'amministrazione delle eredità giacenti, de' depositi giudiziari ed amministrativi, de' valori sospesi, ecc. Nel suo stato attivo si comprendono le somme provenienti dal Tavoliere di Puglia, da' beni e fondi disponibili, dalle rendite del Demanio dello Stato, da' beni riservati, da' beni donati e reintegrati allo Stato, ecc. Nel suo Stato passive si comprende l'intero Capitale del Debito Pubblico, la restituzione delle somme versate in numerario per cauzioni antecedenti al nuovo sistema, il pagamento degl'interessi a' Contabili per le cauzioni date, il pagamento de' debiti liquidi ammessi dalla Commissione dello Stralcio, ecc.

I principali impiegati della Cassa di Ammortizzazione sono il Direttor Generale, l'Amministrator Generale, il Segretario Generale, il Cassiere, cd il Pagatore.

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Pe' rapporti quindi che sono tra la Cassa di Ammortizzazione del Debito Pubblico e l'amministrazione del Debito Pubblico, l'ufficio di Direttore del Debito Pubblico fu aggregato a quelle del Direttore Generale della Cassa di Ammortizzazione e del Demanio Pubblico.

Amministrazione Generale del Banco e delta Zecca.

L'invenzione de' Banchi fu tutta italiana, e Venezia ne diede il primo esempio nel 1171. Distinguonsi i banchi di deposito, e quelli di circolazione: il deponente di una somma, divenuto creditore del Banco, negoziava o trasferiva la partita ad altri, e cosi la permutazione commerciale acquistava incremento e vantaggio.

I nostri Banchi hanno una organizzazione diversa da quelli di Amsterdam, di Amburgo, di Londra, ecc. Qui è effettivo il deposito del danaro, e le polizze notate fedi, e le fedi di credito han valore di moneta effettiva ed un credito illimitato, e si usano inoltre per stipulazione di contratti, comunque nel rapporto delle azioni abbian forza di scritture private soggette a' termini ordinari.

Sot

to il nome di Banco delle Due Sicilie furono stabiliti e riordinati due Banchi distinti e separati, uno pel servizio della Tesoreria Generale e delle amministrazioni finanziere, åcc. , col titolo di Cassa di Corte, e l'altro pel servizio de' particolari, detto de' Privati.

Fu stabilita una Cassa sussidîaria a quella di Corte, detta seconda Cassa di Corte dello Spirito Santo, presso la quale. a maggior comodo, si servono il Corpo Municipale, l'Intendenza di Napoli, !'Amministrazione dei Lotti, e del Registro e Bollo, ecc.

Alla seconda Cassa di Corte è aggiunta la pegnorazione di oggetti di oro e di argento.

Sopraintendono a' Banchi un Reggente, due Presidenti, e sei Governatori.

Per l'ordine della scrittura, e per la speditezza degli affari, il nostro sistema è ammirabile: l'interno organamento si distingue in Cassa delle monete, Ruota, Revisione, Archivio, Segreteria, Razionali.

Vi è inoltre un Agente Contabile incaricato di tener ragione di tutti gli introiti, ed esiti del Banco; egli è il depositario dello Stato discusso, e rende conto materiale alla Corte de' Conti.

Il Banco, per ogni deponente di qualsiasi somma, apre un conto corrente sotto il nome dell'intestatario della fede che accerta il suo credito.

Col ritiro della somma depositata si bilancia ogni partita.

Può ciascuno formare presso il Banco la sua madrefede, nella quale sono notati progresivamente i versamenti in numerario che egli esegue, e che costituiscono il suo credito, ed i pagamenti che, di suo ordine, van fatti a lui stesso, o ad altri, e che costituiscono il suo debito. Questo sistema torna grandemente utile alle pubbliche amministrazioni, ed a' Privati, perocchè racchiude una scrittura in tutta regola, che contesta le operazioni eseguite, e, nel bisogno, ne fornisce la pruova.

La Cassa de' Privati è stabilita nell'antico Banco della Pietà. Vi è unita l'opera di pegnorazione, in che impiega il danaro, essendole ogni altro impiego vietato.

Ora vi sono Banchi in Bari, ed in Reggio, ed in correlazione con la Reggenza di Napoli.

Per tutte le altre notizie intorno a' Banchi, rimandiamo il lettore all'opera del P. Aniello Somma.

280

Infine la Zecca, ove si fondono le monete, è sotto gli ordini del Reggente. Le monete coniate si portano nei Banchi. Le spese di monetaggio formano una Contabilità speciale.

Cassa di Sconto.

La Cassa di Sconto è sotto la Direzione immediata del Reggente del Banco, ed è considerata come opera aggiunta alla Cassa di Corte in S. Giacomo.

La Cassa di Sconto viene animata col danaro del Banco, ed agevola il Commercio, mercé lo sconto di Cambiali ed altri effetti. Le Cambiali, e i biglietti ad ordine, che voglionsi scontare, debbono esser muniti di Ire firme ben viste. Il termine ordinario è di tre mesi, e possonsi accettare degli effetti per cinque mesi, quando le condizioni sembrino plausibili.

Possono ancora scontarsi le Cambiali del Governo sulle Ricevitorie Generali, e que' biglietti ad ordine, per fido di Dazj Doganali, non che i beni della Cassa di Servizio, e le rendite del Gran Libro.

L'interesse è del 3 1|2 al 5 0|0, seconde i termini. Per le formalità dello sconto, vi è una Commissione, nella quale vi sono almeno quattro negozianti, che autorizzano o rifiutano lo sconto, tenuto conto del valore e credito delle firme.

Vi ha un Esattore dei valori scontati nominato dal Reggente; le somme introitate, ridotte in Polizza, saran passate al Contabile, il quale, verificata l'esattezza, le farà figurare nella corrispondente Madrefede.

Monetazione e Monete.

Senza occuparci delle teorie generali sulle monete, e senza discorrere dell'origine e del significato delle parole, (le quali cose non sono il nostro scopo) diciamo, che per consenso universale, i metalli preziosi sonosi principalmente addetti per la moneta, sottoponendoli o modellandoli sotto una data impronta, la quale serve a distinguere la merce-metallo dalla merce-moneta. L'autorità governativa che autorizza la moneta, la fa coniare, le dà corso, indica, ma non le dà a suo talento il valore, il quale dipende dal prezzo effettivo del metallo, e suoi accessorj, e da quello che il conio aggiunge al valore della merce stessa; e vi concorrono all'aumento del valor della moneta l'utilità che si verifica nella permutazione, e le spese di fattura.

Non è neanco nostro proposito di parlare delle spese della monetazione, le quali furon sempre riconosciute come elemento necessario ed intrinseco della moneta, né, senza di esse, la coniazione ed il formato potrebbero aver luogo. Diciamo solo, che il valor reale della moneta risulta dal coacervo del valore del metallo, delle spese di raffinazione e di quelle del conio: vi ha inoltre un valor nominale, o legale, che è quello determinato, o meglio indicato, dall'autorità, e che poco suol differire dal primo, né potrebbe di molto differire, senza pericolo o di screditar la merce, o di esaurir la moneta togliendola dalla circolazione: ed è però che tutti i governi hanno adottato delle tariffe monetarie che costituiscono i rapporti legali fra le monete.

Presso di noi, al tempo di Federico II, le monete erano in rapporto del peso, e cosi la libbra di oro era divisa in dodici once, l'oncia in trenta tari, ed il tari in 20 grana: anche oggi in Sicilia corrono le medesime nomenclature; il tari corrispondeva al trappeso, 1,30. dell'oncia.

281

Ne' tempi degli Angioini si coniarono i tari d'argento: il grano d'oro era moneta di conto, e 300 di essi formavano l'oncia, moneta effettiva: il grano fu suddiviso in dodici cavalli.

Ruggiero fece coniare il ducato di argento, e tre specie di follari di rame. Federico II fece coniare gli Augustali di oro, ed i mezzi Augustali; questi Augustali valevano un'oncia: fece inoltre coniare gl' Imperiali di argento, ciascun de' quali valeva grana quindici. Guglielmo il Malo, per impossessarsi di quanta moneta circolava di oro e di argento, sostituì monete di cuojo.

Fu Carlo I d'Angiò che fondò la Zecca di Napoli di rimpetto la Chiesa di S. Agostino sulla piazza del Pendino. Egli abolì gli Augustali, e vi sostituì dello stesso valore, i Reali, che furono anche chiamati Gigliati di oro: fece coniare varie monete di argento dette carlino, tari, e mezzo carlino; ed altre di rame dette grano e tornese.

Il re Alfonso I d'Aragona, oltre i Reali, fece coniare l' Alfonsina di oro e di argento, la prima del valore di carlini 26, e la seconda di carlini 13.

Nei tempi di re Alfonso Il correvano tre monete di oro, la Sirena del valore di D. cinque, e le Armelline, una di D. 2, e l'altra di un ducato: tre monete di argento, due di grana undici, dette Coronati, ed una di gr. cinque detta Armellina.

La regina Giovanna d'Aragona fece coniare lo scudo rimo di 12 carlini: e l'Imperatore Carlo poi fece coniare quattro monete di rame, cioè di quattro, di tre, di due, e di un cavallo.

L'imperatore Carlo V fece coniare il Ducato di argento detto Cianfrone, ed il mezzo Cianfrone di carlini 5; le quali monete dal Duca d'Alba furono nel 1537 elevate al valore di carlini 12 e 6. Filippo II fece coniare il Ducato di argento di carlini 10, il tari, ed il carlino, ed in rame i pezzi di quattro cavalli, di due cavalli, ed il cavallo: il vice re Duca Borgia fece coniare in argento i pezzi di grana 15, e di tre cinquine. Nel 1622 fu coniata in rame la Pubblica, che prima valeva due grana, e poi un grano e mezzo; e fu coniata la mezza pubblica, che poi prese il nome di nove cavalli,

Tutti i possibili miglioramenti nel 1683 cercò introdurre presso di noi il Marchese del Carpio, le disposizioni del quale ebbero vigore fino al 1806.

Re Carlo nel 1734 fece coniare l' oncia d'oro di carlini 30, e nel 1743 fece coniare altre tre monete di oro, cioè di sei, di quattro, e di due ducati.

Nel 1811 fu sanzionato un novello sistema monetario, e l'unità monetaria fu la lira, del peso di cinque grammi di argento puro col titolo di 9/10 di fino: furono indi coniate due monete di oro, una di quaranta lire, l'altra di venti; ed in argento 1/4, 1/2, 3/4 di lira, una lira, due lire e cinque lire; ed in rame un centesimo del peso di due grammi, 2, 3, 4, 5 centesimi, ecc.

Nel 1818 fu pubblicata presso di noi una Legge sulle monete, che costituisce il nostro sistema monetario, che determina della moneta il valor nominale ed il valor legale. Come unite monetaria fu stabilito il ducato d'argento, del peso di acini napolitani 515, e del titolo 833 1/3 millesime parti d'argento puro di copella, e 163 2/3 millesime parti di lega.

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Dividesi il ducato in 100 grana, o bajocchi in Sicilia. Da dieci grana in sopra la moneta è di argento, in sotto di rame. Il grano si divide in 10 decimi, detti cavalli nel continente, e piccioli in Sicilia. Ciascun grano è del peso di acini 140.

Le monde d'oro son portate al titolo di 996 millesimi.

Fu stabilito che si coniassero sole quattro monete di argento, il carlino del peso di acini 51 1/2, che in Sicilia si dice tari; il due carlini del peso di acini 103; il sei carlini del peso d'acini 309; ed il 12 carlini del peso d'acini 618; in questa moneta la tolleranza di peso è di due acini, e nelle altre tre di un solo acino.

Fu anche sancito che si coniassero in oro, le oncette di ducati tre, del peso di acini 85, le quintuple di D. quindici, e del peso di acini 425, e le decuple di D. 30, del peso di acini 850. La tolleranza di peso fu stabilita non maggiore di 10/64 di acino.

Nel 1826 poi fu autorizzata la coniazione di una quarta moneta di oro, detta dupla, del valore di duc. sei, e del peso di acini 170, e ciò per l'uso ed esistenza delle doppie di oro che erano in circolazione.

Fu del pari sanzionato che si coniassero monete in rame, il tornese, o mezzo grano di acini 70, il quale in Sicilia si chiama grano, o mezzo bajocco: il due grana e mezzo, detto cinquina, del peso di acini 350, ed il cinque grana del peso di acini 700. La tolleranza di peso è di 60 acini pel tornese, ed in proporzione di 600 acini pel cinque grana: il marco di zecca è nel rapporto di venti tornesi, o 20 grani, o venticinque grani, secondo la preindicata suddivisione.

Pe' tipi delle nostre diverse monete possonsi leggere i rispettivi decreti che ogni Sovrano al principio del suo regno, o nel corso di esso, ha emanati. Le monete coniate nelle nostre zecche non possono aver corso, se non dopo verifica, che dee farsi da apposita Commissione.

Essendo cosa importantissima tener parola del rapporto delle monete straniere con le nostre, giova trascrivere il Decreto del 13 aprile 1818, che tuttora è l'unica regola di condotta.

«Considerando che il nostro Decreto del 23 Febr.0 di questo anno abbia consacrato il principio di pubblica economia le monete estere di oro e di argento non essere che preziosi metalli la cui valutazione dipende dal cambio, o sia dal rapporto del debito o credito delle nostre piazze.

«Considerando che cogli art. 1.° e 2.° dell'anzidetto Decreto, le tariffe pubblicate in tempo dell'occupazione militare sono state abolite per le monete d'oro, e per quelle di argento provisoriamente lasciate in vigore.

«Volendo noi anche alle monete estere di argento diffinitivamenlc applicare lo stesso principio

«Abbiamo risoluto di decretare e decretiamo quanto segue:

«1.° Le tariffe delle monete estere di argento pubblicate in tempo dell'occupazione militare non saranno più in vigore: e le dette monete, al pari di quelle di oro, non saranno valutate nel nostro regno delle Due Sicilie che come metallo. Le borse de' Cambj di Napoli, di Palermo e di Messina nei loro listini settimanali ne indicheranno il corso. Questo corso fissato a questo modo, come quello di ogni derrata di commercio, non produrrà obbligazione a riceverle in pagamento, ma servirà soltanto di norma nei giudizj di Commercio, secondo che le leggi prescrivono.

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2.° Sarà solo eccezione a questa regola la moneta di Spagna detta pezze di Spagna o pezzi duri, di coniazione anteriore al corrente anno 1818. Questa moneta essendo nel Levante, nelle transazioni commerciali ricevuta in preferenza di ogni altra, ed essendo stata in corso autorizzata per molti anni nei nostri dominj al di là del Faro, sarà da oggi innanzi generalmente in corso in tutto il nostro regno; le piastre o pezzi duri, al prezzo di carlini 12 e grana 4 di Napoli (poi elevato a car. 12 e gr. 5), pari nei nostri dominj al di là del Faro a tari dodici e grana otto; e le loro metà ossiano i mezzi pezzi duri saranno parimente in corso per meta del sudetto prezzo.

3.° Per le pezze di Spagna di coniazione di questo anno e degli anni successivi, ci riserbiamo di accordar loro lo stesso corso, dopo che ne sarà falto il saggio nella nostra zecca.

4.° In conseguenza dell'art. 2 le pezze e mezze pezze di Spagna non potranno esser rifiutate in pagamento, che quando sieno ritagliate, intendendosi per ritaglio la mancanza del loro contorno legale.»

Convien quindi tener conto dell'ordinanza del Ministro delle Finanze renduta in esecuzione della Legge del 20 Aprile 1818, ed è questa:

S. M. il 20 d'Aprile ha sanzionata la legge del sistema monetario. Essa è ordinata a mettere in pratica le teorie di pubblica economia da sommi uomini costantemente insegnate. Quindi corregge l'errore della proporzione costante tra l'oro e l'argento, in cui sono cadute quasi tutte le più culte nazioni per l'impero dell'uso e de' vecchi pregiudizj. Professa il principio, che siccome la moneta è la misura de' prezzi, e di ogni specie di contrattazione, cosi un sol metallo può essere legalmente consideralo materia di moneta.

Non essendosi per l'addietro questo principio costantemente applicato, abbiam veduto in molti Stati di Europa ora sparire, ora abbondar l'oro, appunto perché la Legge ad un prezzo fisso l'assoggettava; o sia la Legge voleva, che un dato peso d'oro della massima sua bontà fosse uguale di valore ad un dato multiplo del suo peso in argento fino. Quindi è avvenuto, che ove le particolari circostanze del Commercio, o, per dire anzi meglio, l'azzardo non avesse fatto si, che l'ipotetica proporzione del Legislatore coincidesse co' bisogni de' compratori e de' venditori de' due metalli, si fosse veduto l'oro sparire. Le leggi poi ignorando la vera ragione della loro inosservanza, e volendo ad ogni conto a questo male apportar rimedio, han vietata l'esportazione delle monete, e ne han fatto cadere, come spesso nelle cose umane addiviene, in un male maggiore, rendendo i cambj tutti dannosi a quelle nazioni, in cui il divieto era stato ordinale.

La moneta dunque nel Regno delle Due Sicilie, come misura de' prezzi, e di ogni specie di valutazione, non è che d'argento. La Legge ne assegna il titolo, ne fissa il peso, e ne vieta l'aggio ne' cambj de' multipli e summuttipli dell'unità monetaria dello stesso metallo.

Il rame dalla pubblica Autorità è consegnato alle minute contrattazioni, ed a rappresentare le piccole frazioni dell'anzidetta unità monetaria, che in argento non si potrebbero convenevolmente rappresentare; ed in questo senso la moneta di rame può dirsi misura de' prezzi delle piccole vendite in dettaglio; e, secondo il suo valore numerario, essendo dalla pubblica Autorità garantita, non può essere in questa specie di contrattazioni senza delitto ricusata.

L'oro volgarmente si reputa materia di moneta; ma col fatto non lo è, non potendo essere misura de' prezzi, mentre è egli stesso, secondo i tempi, dall'argento valutato. Quindi la legge nell'art. 8 gli assegna un valor corrente, dopo di aver dichiarato nell'art. 5, che nel cambio dell'oro in argento, e dell'argento in oro, l'aggio non sia vietato e per conseguenza le monete d'oro, ricevendosi a peso, la garanzia del Governo è limitata al solo titolo, ed all'obbligazione di doverle accettare in pagamento al prezzo autorizzato.

L'art. 8 di sopra citato prescrive, che le monete d'oro, che saranno d'oggi innanzi coniate, per giuste vedute di pubblica economia, sieno portate al titolo di 996 millesimi, che corrisponde secondo l'antico modo di valutare la bontà dell'oro, a carati 23 903/1000 carato.

285

La legge con questo aumento di fino, non solamente ha dato alla moneta d'oro un maggior pregio, ma benanche ha avuto l'oggetto di evitare il danno dell'introduzione de' zecchini veneziani ad un prezzo al di la della loro giusta valutazione: questa moneta, come ognun sa, essendo di un titolo presso a poco uguale a quelle dall'anzidetta legge adottata è stata da noi in ogni tempo adoperata per le dorature a fino. D'ogg'innanzi in vece di zecchini si potrà far uso della nostra moneta, ond'è che coll'art. 12 se ne permette la fusione.

L'art. 13 conferma l'abolizione delle tariffe delle monete estere. Vi si fa eccezione de' soli pezzi duri di Spagna in grazia del nostro Commercio al Levante.

L'art. 14 prescrive la pubblicazione della presente ordinanza sui valore intrinseco delle monete estere, per solo regolamento del Commercio. E le due annesse tavole, l'una per le monete d'argento, e l'altra per quelle d'oro, contengono le più minute spiegazioni sul loro intrinseco. La prima colonna indica il peso com'è stato rinvenuto nella nostra Zecca. La seconda il peso siciliano. La terza il peso metrico. La quarta il titolo. La quinta il prezzo comparativo. La sesta il prezzo comparativo a peso di libbra napolitana per le monete d'argento, e di oncia napolitana per quelle d'oro. La settima dà la valutazione proporzionata per le libbre ed oncie siciliane. L'ottava fa lo stesso della precedente per un chilogrammo per l'argento, e per un ettogrammo per l'oro. Le altre colonne indicano il prezzo degli acini calanti, e presentano il peso, ed il titolo legale secondo le leggi delle nazioni presso le quali sono state coniate, e nella colonna delle osservazioni vi è l'avvertenza, che In differenza de' pesi, e de' titoli rinvenuti nella nostra Zecca con quelli delle leggi delle rispettive nazioni, nasca in parte dalle tolleranze dalle stesse leggi autorizzate, ed in parte dal consumo. Finalmente nella stessa colonna delle osservazioni, si dice, che per l'argento, ¡n considerazione dell'insensibile mancamento del peso delle monete per effetto dell'uso, al prezzo della libbra nascente dalla somma del peso individuale di ciascuna moneta si sono aggiunti per ogni oncia di fino cinque decimi di grano, e proporzionatamente per la libbra di Sicilia e pel chilogrammo.

Con queste sicure nozioni dell'intrinseco, o sia del fino delle monete estere proporzionatamente al fino delle nostre, le Borse de' Cambj di Napoli, di Palermo e di Messina potranno fissare le valutazioni settimanali, mettendo le monete estere a quel prezzo, con addizione o deduzione del sopra divisato, che le circostanze del debito o credito delle rispettive piazze loro indicheranno; non dimenticando mai il principio, che le Tavole non sono tariffe autorizzate, ma sole nozioni ordinate al regolamento del loro giudizio sul maggiore o minor valore che vorranno settimanalmente alle monete estere assegnare; non altrimenti che i negozianti usano con le altre specie di derrate o mercanzie.

E qui è necessario che sia benanche dalle Borse avvertito, che le Tavole di ragguaglio sono fondate sulle proporzioni fra le monete estere e le nostre dello stesso metallo;cosi che quando si dice, che un'oncia di Luigi ha di fino 18,82 98/100, e vale 18,82 98, s'intende ch'esser ne debba pagato il possessore in moneta d'oro corrente: poiché in argento vi si vorrebbe aggiunger tanto di più, quanto fosse l'aggio corrente in piazza tra l'oro e l'argento. Lo stesso vale per ¡I prezzo delle monete estere di argento: i rapporti essendo tutti calcolati in monete del Regno, ma dello stesso metallo.

Ed affinché il Commercio possa esser sicuro di non soffrir perdita nelle sue speculazioni, rimane con la presente ordinanza assicurato che il Banco delle Due Sicilie riceverà le monete d'argento indicate nella Tariffa n. 1 a peso a libbra e ne pagherà il prezzo in moneta d'argento corrente, indicalo nella stessa tavola. Riceverà parimenti le monete d'oro divisate nella delta Tavola a peso ad oncia, e ne farà il pagamento indicato nella stessa Tavola in moneta d'oro corrente.

Finalmente il Commercio è prevenuto, che la Zecca riceverà le verghe d'oro e d'argento, e ne farà la coniazione per conto del possessore. Le verghe d'argento di qualunque titolo saranno calcolate ¡n ragione di un ducato, trentasei grana 5/10 per ogni oncia di mille millesimi di fino, o sia per ogni oncia di argento puro. Le verghe d'oro saran contracambiate in moneta nuova sulla proporzione del fino indicato dal saggio: sarà fatta soltanto a beneficio della Zecca la deduzione del 3/4 per 0|0 per le spese di manifattura, e di 18 grana ad oncia per le spese di raffinazione. Il possessore delle verghe d'oro non volendo soffrire le anzidette deduzioni, e volendo riavere altrettanti millesimi di oro puro in moneta quanti ne ha dati in verghe, tanto il 3/4 per 0|0 per le spese di manifattura, quanto le 18 grana ad oncia per quelle di raffinazione potrà pagarle in moneta d'argento.

Napoli 8 Maggio 1818. DE' MEDICI.

286

E dalle suindicate tavole noi ricaviamo semplicemente il peso e il valore del cinque franchi, moneta d'argento, e del venti franchi, moneta d'oro, in rapporta al peso e al valore delle nostre monete, essendo quelle monete di Francia generalmente usate nelle piazze di commercio, e potendo ad esse ragguagliarsi tutte le altre.

Il cinque franchi, moneta di argento di Francia, il cui peso, secondo ch'è stato trovato nella Zecca di Napoli, è di 561 acini, corrisponde a 453.333 cocci di peso siciliano, a 24.992 grammi di peso metrico, e col titolo di 897 millesimi.

Il valore del fino di detta moneta, pagabile in moneta di argento del regno di Napoli, è di

Duc. 1,14.06 per una sola moneta di 5 franchi »14,69.28 per una libbra di Napoliformata di pezzi»14,54.59 per una libbra di Sicilia di cinque franchi»45,80.64 per un chilogrammo.

Il venti franchi, moneta d'oro di Francia, il cui peso, secondo ch'è stato trovato nella Zecca di Napoli, è di acini 144 3/4, corrisponde a 116.969 cocci di peso siciliano, a 6.448 grammi di peso metrico, e col titolo di 899 millesimi.

Il valore del fino di detta moneta, pagabile in monda d'oro del regno di Napoli, è di

Duc.4,53.76 per una sola moneta di 20 franchi»18,80.88 per un'oncia di Napoli di detta moneta»03.13.00per un acino di Napoliidem »18,62.07 per un'oncia di Sicilia idem »04.28.00per un coccio di Sicilia idem »70,36.62 per un ettogrammo.idem

Le officine di garentia e della bollazione de' metalli preziosi formano un ramo dell'amministrazione delle monete.

Nel 1815 l'industria di fondere e raffinare i metalli fu renduta libera per Napoli, rimanendo così abolito il dritto proibitivo che preesistea: ma chiunque esercitar volea simile industria dovea dichiararlo all'autorità competente, ed ottenere dalla Direzione della Zecca l'autorizzazione. Nel 1824 fu dichiarato di esser soggetto a confisca qualunque oggetto prezioso estero, in circolazione di Commercio, senza bollo di garentia. E nel 1828 furon date altre disposizioni sulla materia.

La garentia de' titoli è assicurata da' bolli sopra ciascun lavoro sia di oro, sia di argento.

I bolli son tre, uno del fabbricante, l'altro del saggiatore, e l'ultimo del titolo della materia impiegata.

Furon poi prescritte delle regole quasi simili per la Sicilia, e stabilita una reciprocanza per l'autenticità de' bolli di garentia, in ambe le parti del Regno.

Oltre le accennate dipendenze finanziere, vi sono le amministrazioni di caccia e pesca, di ponti e strade, di acque e foreste; e sono di dipendenza. finanziera in quanto formano un ramo di proventi al Regio Erario, comunque per alcune parti dipendano da altri Ministeri.

Sonovi alcuni rami di privativa alla dipendenza delle Finanze, e fra quali le miniere, la fabbricazione della pece nella Sila, ecc.

286

Della G. G. de' Conti.

Àbbiamo già detto, che la Gran Corte de' Conti era alla dipendenza del Ministero delle Finanze; giova ora più specificatamente aggiungere qualche cosa intorno alla sua origine ed al suo organamento.

Il Gran Camerario, uno de' Sette Grandi Uffiziali della Corona istituiti da Ruggiero, era a capo dell'Amministrazione delle rendite Regie. Questa Amministrazione dividevasi in due Curie, una de' Maestri Razionali, e l'altra della Sommaria: ai tempi degli Angioini la Curia de' Razionali fu detta Tribunale della Zecca.

Queste due Curie furon fuse in una da Alfonso I d'Aragona, sotto ¡l nome di Regia Camera della Sommaria: fu vario e crescente il numero de' suoi componenti, sotto il nome di presidenti giurisperiti, e di presidenti idioti: fuvvi un tempo che divenne Tribunale Supremo. Essa ordinariamente giudicava delle cause nelle quali era interessato il Fisco, di quelle tra il Fisco ed i Baroni, di quelle sulla qualità de' feudi, delle altre riguardanti le regalie, i Comuni, le quistioni annonarie, le catastali, le demaniali, ecc. Il luogotenente, che tenea le veci del Gran Camerario, presedeva detta Regia Camera, ed esercitava giurisdizioni particolari, come rilevasi dalle leggi del tempo. Il Procurator fiscale non era annoverato fra i presidenti, non avea voto, e non potea esser presente nelle decisioni. de' Razionali due erano de' Conti del real patrimonio, due delle Dogane di Foggia, ed uno del Cedolario.

Inoltre, noveravansi il Tribunale della Dogana di Foggia e delle Doganelle; l'uffizio del Montiere Maggiore, succeduto al Maestro delle Foreste e della Caccia; l'intendenza degli allodiali del Re. Tutti questi Tribunali e queste amministrazioni, compresa la Rota de' Conti, la Scrivania di Razione, la Tesoreria Generale, eran nella dipendenza del Supremo Consiglio delle Finanze.

Nel 1807, volendosi ripristinare nelle sue originane funzioni la Regia Camera della Sommaria, fu istituita la Regia Corte de' Conti, che dopo il 1815 fu detta G. C. de' Conti, e fu composta di un Presidente, di tre vice Presidenti, di dieci Consiglieri, di sei Supplenti, di un Procurator Generale, di tre Avvocati Generali, di un Segretario Generale, di un Cancelliere, di un vice Cancelliere, di un Archivado, di un numero proporzionato di Razionali, di un Cassiere pe' proventi fiscali, di un numero di uscieri, ecc.

Una Commissione speciale, composta dal Presidente, da' tre vice Presidenti, e dal Procurator Generale. darà parere sulle materie di Amministrazione che i diversi Ministri commetteranno al suo esame. Questa Commissione è ancor detta Commissione de' Presidenti, forse per ricordo della primitiva composizione della Camera della Sommaria, della quale i componenti dicevansi Presidenti. Il Segretario Generale della G. Corte de' Conti è il Segretario di detta Commissione.

La G. C. de' Conti è divisa in tre Camere, la prima col titolo di Camera del Contenzioso amministrativo; le altre due col titolo di Camere de' Conti.

La G. C. de' Conti discute ed esamina i gravami in materia di contenzioso amministrativo, secondo la legge del 21 Marzo 1818: giudica i conti annuali delle rendite e spese erariali, i conti della Provincia e de' Comuni che hanno uno stato discusso decretato dal Re.

287

La G. C. de' Conti giudica in prima istanza delle controversie sulle convenzioni celebrate ne' diversi Ministeri, e presso l'Intendente Generale dell'Esercito, e presso l'Amministrazione della marina; delle cause di ricusa de' Consigli d'Intendenza; de' Conti per rendite e spese di danaro regio, da qualunque ramo provenga. Le sue decisioni potranno essere impugnate con gravame presso la Consulta Generale del Regno, dietro beneplacito Sovrano. Detto gravame è devolutivo, e per essere sospesa l'esecuzione della decisioni rendute, occorre un Comando Sovrano.

Sarebbe un dilungarsi troppo, se si volesse più minutamente discorrere le attribuzioni delle tre Camere della G. C. de' Conti, e le attribuzioni particolari del Presidente, de' vice-Presidenti, e degli Agenti del Pubblico Ministero. Rimandiamo quindi il lettore alle Leggi, Decreti, e Regolamenti in vigore; ed ivi potranno aversi le maggiori ed ampie dilucidazioni, che occorrerebbero per l'esatta esposizione della materia.

Chiudiamo questa parte del nostro lavoro, riferita alle principali branche del Sistema finanziero, dicendo, che nel nostro paese, prospero e fecondo di ogoi risorsa, e sotto questo Cielo che tutto vivifica, la Finanza diretta sapientemente può aprire al pubblico Erario immensi tesori, e accrescere immensamente la prosperità del Reame.

§. 5.

Amministrazioni dipendenti da altri Ministeri

Amministrazione Generale di Bonificazioni

Quest'Amministrazione è stata creata ed organizzata con decreto degli 11 Maggio 1855, col provvido disegno di bonificare le terre paludose, e quindi promuovere l'accrescimento delle popolazioni, favorire lo sviluppo dell'industria agricola, e aumentare e diffondere la prosperità.

Essa è incaricata dell'amministrazione de' fondi, della direzione e del mantenimento delle opere sotto qualunque denominazione comprendansi, sia di bonificamento di terreni, sia di arginazione di fiumi e torrenti, e di quanto altro ne' bacini di bonificazione possa trovarsi, come strade, affitti di terreni demaniali ecc., a carico tanto della Tesoreria Generale, quanto delle provincie. Ed invigila ancora su' bonificamenti che per concessione sovrana si effettuassero da particolari intraprenditori con carichi proprj.

La direzione è affidata ad un Amministratore Generale, assistito da una Commissione di Revisione, da un Consiglio di Amministrazione, da un numero di ingegneri pei progetti di arte, direzione e dettaglio de' lavori. E per invigilare alla custodia delle opere di bonificamento è organizzata una forza di guardabagni, posta sotto la ispezione di un capitano o di un uffiziale subalterno del reale esercito.

Quest'amministrazione, siccome si è innanzi indicato, dipende dal Ministero de' Lavori Pubblici.

Direzione Generale di Ponti e Strade, ecc.

Questa Direzione Generale dipende dal Ministero de' Lavori Pubblici, ed è incaricata de' progetti ed esecuzione di strade, ponti, porti commerciali, e generalmente di ogni altra opera pubblica.

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Abbraccia il ramo forestale, ed ha la sorveglianza e la polizia delle terre salde e de' boschi regii, la sorveglianza di tutti gli altri boschi, sieno comunali o di corpi morali o di pubblici stabilimenti; ed anche di quello de' privati, per quello che risguarda il diboscamento e dissodamento. È incaricata del rimboscamento e rinsaldamento de' terreni in pendio, che cogli scoscendimenti producono guasti nelle strade o ne' terreni sottoposti. Ed ha infine la polizia e la sorveglianza della caccia e della pesca.

Di questa direzione generale fa parte un corpo d'ingegneri di ponti e strade, ed una scuola di applicazione. L'Amministrazione è affidata ad un Consiglio d'ingegneri di acque e strade, a un Consiglio forestale, e ad un Corpo di agenti forestali, composto da un ispettore per ciascuna provincia, e da un guardia generale per ciascun circondario silvano.

Amministrazioni Militari

Tra le Amministrazioni dipendenti dal Ministero di Guerra sono:

1.° La Intendenza generale dell'Esercito, la quale è incaricata del servizio di tutt'i fondi che si amministrano dal ramo di guerra; della spedizione degli ordinativi di pagamento; della formazione dello stato discusso annuale; di una parte della contabilità de' corpi dell'esercito; della contabilità de' presidiarii; della contabilità del vestiario dell'esercito; e del rendimento del conto annuale alla Gran Corte de' Conti.

E sono inoltre alla medesima attributi gli estesi e complicati servigj del materiale dell'esercito, come trasporti, casermaggio, provviste di riserba, diarie ai presidiarii, viveri e foraggi; la contabilità dell'artiglieria e del genio; i conti dell'Officio topografico, delle stampe, delle indennità per lo arresto de' disertori, e pei Consigli di guerra; gli affari concernenti il personale dell'Intendenza generale dell'esercito, della vice Intendenza, del corpo de' commissarii di guerra; i protocolli, la collazione de' reali decreti, e la comunicazione de' medesimi, il servizio dell'Archivio generale della Intendenza, åcc.

Dall'Intendenza generale dell'Esercito in Napoli dipende una vice Intendenza la quale risiede in Palermo, ed ha l'incarico di tutt'i servigj del personale e materiale riguardante la parte dell'Esercito stanziata ne' reali dominj oltre il Faro.

E dall'Intendenza generale dell'Esercito dipendono i Commissari Ordinatorj e i Commissari di guerra; e tutti sono incaricati de' diversi servizIl del personale e del materiale dell'esercito, delle sussistenze militari, del casermaggio militare.

I Commissari ordinatori riseggono uno in Palermo, con incarico di vice Intendente dell'Esercito, e gli altri in Napoli. I Commissari di guerra riseggono parte in Napoli, e parte nelle provincie.

2.° La Direzione generale de' Corpi facoltativi del real esercito, da cui dipendono il Corpo reale di artiglieria, il Corpo reale del genio, il reale Officio topografico e le sue dipendenze, ed il real Collegio militare.

Il real Corpo di artiglieria si compone di due sottoispezioni, di quattordici Direzioni, di un reale Opificio detto di Pietrarsa, e di altro pirotecnico militare in Capua; di 2 reggimenti di artiglieria a piedi; di una compagnia di artiglieria a. cavallo; di un battaglione artefici; di un battaglione del treno; di un Corpo politico militare; e di un Corpo di artiglieri littorali.

Vi sono 15 batterie montate, pel servizio delle quali le compagnie vengono tratte da' suddetti reggimenti di artiglieria, e i conduttori e gli animali dal battaglione del treno.

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Le 14 direzioni sono: 1a l'Arsenale di Napoli; 2a la Fonderia e barena in Napoli; 3a la Montatura e sala di armi in Napoli; 4a la Fabbrica di armi in Torre Annunziata; 5a la Mongiana; 6a Napoli; 7a Capua; 8a Gaeta; 9a Pescara; 10a Reggio; 11a Taranto; 12a Palermo; 13a Messina; 14a Siracusa. Ogni direzione è comandata da un tenente Colonnello.

Il Corpo reale del genio è incaricato del servizio del materiale e personale dell'arma, e di quello dell'Officio topografico. E fanno parte di questo Corpo due sottoispezioni affidate a due colonnelli, una per le provincie al di qua, e l'altra per quelle al di là del Faro; ed undici direzioni locali comandate da tenenti-Colonnelli o Maggiori.

Gli uffiziali del genio sono incaricati di progetti per fortificazioni ed edifizii militari, per nuove opere e per perfezionare le esistenti. E vi è un corpo di guardia del genio incaricato di sorvegliare l'esecuzione de' lavori.

Le direzioni locali sono quelle di Napoli, Castellammare, Capua, Gaeta, Pescara, Reggio, Taranto, Palermo, Messina, Siracusa.

Il reale Officio topografico è diviso in 3 sezioni; e sono attribuzioni della 1a sezione i calcoli astronomici e geodetici, il disegno di ogni specie e la incisione, l'osservatorio astronomico, il gabinetto de' calcoli, e quello delle diverse macchine ed istrumenti astronomia, geodetici e grafici, il deposito degli utensili di campagna, e le sale de' modelli, del disegno e della incisione. Abbraccia la 2a sezione la tipografia, la litografia, la calcografia, la ligatoria, l'officina di dettaglio, e i diversi depositi pe' rami incisi e non incisi, ecc. La 3a sezione è incaricata delle operazioni geodetiche e topografiche sul terreno.

Fa parte dell'Officio topografico la Biblioteca Militare.

3a La Ispezione generale della Fanteria di Linea, da cui dipendono 1 reggimento Carabinieri, 15 reggimenti di linea, 16 battaglioni cacciatori.

4a La Ispezione generale della Cavalleria di linea, da cui dipendono 1 reggimento Carabinieri a cavallo, 3 reggimenti Dragoni, 2 reggimenti Lancieri, 1 reggimento Cacciatori a cavallo.

5a La Ispezione generale della Reale Gendarmeria, scompartita in cinque divisioni nelle provincie continentali del regno.

6a La Ispezione generale delle truppe sedentarie, da cui dipendono il deposito de' veterani invalidi, e il reggimento veterani, non che tutto il personale militare appartenente allo Stato Maggiore territoriale, e gli altri individui che senza far parte di alcuna arma attiva del real esercito sono impiegati nelle diverse commessioni sedentarie, ne' tribunali militari, negli ospedali militari, ne' depositi de' presidiarii, negl'Istituti di educazione militare, nell'Officio topografico e nelle compagnie di riserva.

7a La Ispezione generale della Fanteria di riserva, le cui compagnie distribuite finora nelle provincie continentali del regno, e addette alla custodia delle prigioni centrali, sono oggi ridotte in un battaglione.

E dipendono dal real Ministero di Guerra:

1° Le Guardie d'Onore, distribuite in 15 squadroni, nelle 15 provincie continentali, e sottoposte ai comandanti Militari.

2° I governi militari di Gaeta e di Capua;

3° I Comandanti le armi nelle provincie;

4° Lo Stato Maggiore delle piazze e castelli;

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o° I Consigli di guerra di guarnigione;

6° L'Orfanotrofio Militare, affidato alle cure di un'amministrazione, e diviso in due rami distinti, uno del reale esercito, l'altro della real marina.

7° La Giunta generale de' Contratti Militari, e le Giunte parziali stabilite nelle provincie.

8° La Giunta di rimonta per l'acquisto de' cavalli.

9° La Commessione di vestiario e Casermaggio.

10° La Direzione generale degli Ospedali Militari, da cui dipendono i Comandanti dei diversi Ospedali del regno.

Dipendono dal Ministero della real Marina, il Consiglio di Ammiragliato e la Intendenza generale di Marina.

Il Consiglio di Ammiragliato, istituito con real decreto de' 3 Agosto 1850, è l'organo intermedio tra il Ministero e le Amministrazioni dipendenti, ed appartiene al medesimo il servizio tanto personale e materiale, che amministrativo della real Marina.

La Intendenza generale della real Marina è incaricata della contabilità di ogni genere, della formazione dello stato discusso, dell'amministrazione de' viveri, e del rendimento de' conti alla G. C. dei Conti.

Dipendono dal Consiglio di Ammiragliato:

La Maggioria Generale per il personale della Marina Navigante, compresi i Cappellani.

La Ispezione del materiale;

La Ispezione degl'Instituti di Marina, navigazione di commercio, porti, fari e scuole nautiche;

La Ispezione de' Corpi Militari, Ramo Sanitario ed Ospedali di Marina.

E dallo stesso Consiglio di Ammiragliato dipendono:

Il Deposito di Palermo e il Dipartimento Marittimo di Messina, i quali hanno le stesse attribuzioni della Maggioria Generale.

Dall'Ispettore del Materiale dipendono tre sottoispezioni: 1a degli Armamenti; 2a del Genio marittimo o delle Costruzioni, per la parte del personale (essendo che per la parte tecnica dipende dal Direttore delle Costruzioni); 3a la sottoispezione del parco di Artiglieria. E dipende il Comando superiore del Dipartimento Marittimo di Castellammare.

L'Ispettore del Materiale è presidente del Genio idraulico addetto alla Marina.

La Marina Reale è formata di

2 Vascelli, il Monarca e il Vesuvio;

3 Fregate a vela, la Partenope e la Regina da 60, l'Amalia da 44;

1 Corvetta, la Cristina da 32;

5 Brigantini, il Generoso, l'Intrepido, il Valoroso, il Zeffiro, il Principe Carlo, tutti da 20;

9 fregate a vapore, il Fulminante, il Tancredi, il Veloce, il Sannita, il Ruggiero, l'Archimede, l'Ercole, il Guiscardo, l'Ettore Fieramosca,

2 fregate a vapore in costruzione, il Borbone e il Farnese. E molte altre corvette e bastimenti inferiori.

E in tutto sono 98 bastimenti, con una forza di 6650 cavalli, e portfliio 832 bocche da fuoco.

La Marina Mercantile è molto ricca ed operosa.

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Diocesi ed Amministrazioni diocesane.

Il Reame delle Due Sicilie è scompartito sotto il rispetto ecclesiastico in 103 diocesi, e sono 22 arcivescovadi e 81 vescovadi. Di esse 19 arcivescovadi e 68 vescovadi appartengono al reame di Napoli, e 3 arcivescovadi e 13 vescovadi alla Sicilia. Le diocesi arcivescovili del Regno di Napoli sono: Napoli, Sorrento, Capua, Salerno, Amalfi, Conza, Manfredonia, Bari, Trani, Taranto, Brindisi, Otranto, Matera, Cosenza, Rossano, Santa Severina, Reggio, Chieti e Lanciano.

Le diocesi vescovili sono:

Pozzuoli, Castellammare ed Ischia nella provincia di Napoli; Nola, Acerra, Aversa, Caserta, Cajazzo, Cerreto, Calvi, Sessa, Gaeta e Sora in Terra di Lavoro; Nocera, Cava, Policastro, Diano e Capaccio nel Principato Citeriore; Avellino, Ariano, S. Angelo de' Lombardi, Nusco e Lacedonia nel Principato Ulteriore; S. Severo, Lucera, Bovino, Troja e Cerignola in Capitanata; Molfetta, Bitonto, Andria, Conversano, Monopoli e Gravina nella Terra di Bari; Lecce, Nardò, Gallipoli, Ugento, Oria e Castellaneta nella Terra d'Otranto; Potenza, Melfi, Venosa, Muro, Tricàrico e Tursi in Basilicata; Cassano, Bisignano e Cariati nella Calabria Citeriore; Catanzaro, Squillace, Nicastro, Cotrone, Tropea e Mileto nella 2.a Calabria Ulteriore; Gerace, Oppido e Bova nella 1.a Calabria Ulteriore; Teramo e Penne nel 1.° Abruzzo Ulteriore; Aquila, Sulmona e Marsi nel 2.° Abruzzo-Ulteriore; Isernia, Larino, Termoli, Trivento e Bojano in Molise.

Le diocesi arcivescovili di Sicilia sono: Palermo, Morreale e Messina. Le diocesi vescovili sono: Cefalù, Patti, Lipari, Catania, Nicosia, Caltagirone, Siracusa, Noto, Terranova, Piazza, Caltanissetta, Girgenti e Mazzara.

Sono Prelature Nullius:

Il Gran Priorato del Real Ordine Militare Costantiniano di S. Giorgio della Riunione.

L'Archimandritato di Messina.

La Badia della SS. Trinità de' PP. Benedettini di Cava.

La Badia di Montecassino.

La Badia di Montevergine.

L'Abazia o prelatura di S. Lucia nella piana di Milazzo

La Prelatura per le ordinazioni di rito greco in Sicilia.

La Prelatura di Calascibetta.

La Prelatura delle regie chiese unite di Altamura ed Acquaviva.

Il Priorato della real basilica di S. Nicola di Bari.

Sono Ordinarj dello Stato Pontificio, ma che esercitano giurisdizioue in alcuni luoghi de' reali domini i di qua del Faro, i vescovi di Ascoli, Montalto, Rieti, Ripatransone, Spoleto, e l'arcivescovo di Benevento.

Per le rendite e spogli delle Mense Vescovili, abbadie ed altri benefici vacanti, esisteva in Napoli un'Amministrazione Generale, conosciuta sotto il nome di Monte Frumentario. L 'articolo 17 del Concordato de' 16 di febbraio 1818, mentre prescrisse che tale amministrazione rimanesse soppressa, le sostituì particolari amministrazioni stabilite nelle rispettive diocesi, e dette perciò diocesane. Ciascuna di esse è composta dall'Ordinario, che n'è il presidente, da due canonici, che vengono eletti e rinnovati dal Capitolo in ogni triennio, e da un regio procuratore nominato da S. M.

E si occupano principalmente dell'amministrazione delle rendite delle Mense nelle Sedi vacanti, e dei beni loro aggregati.

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Istruzione pubblica, Università, Accademie, ed altri Instituti letterari.

Le regie Università degli studii, i reali licei e collegj, le scuole primarie e secondarie, e le scuole private sono gli stabilimenti destinati alla pubblica istruzione, oltre i Seminari sottoposti ai rispettivi Ordinari diocesani. Ne' dominj al di qua del Faro questa è diretta dal Presidente del Consiglio Generale di pubblica istruzione, sotto la immediata dipendenza del real Ministero di Stato degli Affari ecclesiastici e della Istruzione pubblica; e ne' dominj oltre il Faro da una Commissione dipendente dal Ministero di Stato presso il Luogotenente Generale per via del Dipartimento dell'Interno.

Gli stabilimenti della pubblica istruzione esistenti nelle provincie di Napoli e di Palermo sono sotto la ispezione e vigilanza immediata de' rispettivi presidenti. In ciascuna delle altre provincie del regno la medesima cura è affidata agli Ordinari diocesani, agl'Intendenti ed agl'Ispettori delle Scuole, i quali sono perciò in corrispondenza co' suindicati presidenti.

Le regie Università degli Studj sono una in Napoli, una in Palermo, una in Messina, ed una in Catania. Ciascuna è autorizzata al conferimento de' gradi dottorali.

E ciascuna ha un rettore, che n'è il capo, e invigila per l'osservanza de' regolamenti relativi alla disciplina e ai doveri de' professori, scolari ed impiegati; sottoscrive le carte autorizzanti ai gradi accademici, e riceve il giuramento di coloro che li ottengono presso la regia Università.

Ha un cancelliere, il quale conserva il gran suggello dell'Università, ed i registri e processi verbali di esami. Ed ha un razionale tesoriere, il quale dirige la contabilità.

L'insegnamento è diviso in sei facoltà, e sono la teologia, le scienze matematiche, le scienze fisiche, la giurisprudenza, le belle lettere e la filosofia, e le scienze mediche.

Vi è in Napoli un Collegio di teologi, formato da 48 maestri, dei quali 32 appartengono al Clero secolare, e 16 al Clero regolare, cioè 4 per ogni religione mendicante. Quattro maestri di quell'accademia, scelti ogni anno sulla lista di dodici presentata dal Collegio, intervengono insieme co' professori della facoltà di teologia della regia Università degli Studj per giudicare degli esami degli aspiranti alla laurea teologica.

Sono stabilimenti dipendenti dalla regia Università degli Studj di Napoli:

La Biblioteca della regia Università, il Museo Orittologico, il Museo Zoologico, il Gabinetto di macchine fisiche, il Gabinetto e lavoratorio chimico filosofico, il Gabinetto e lavoratorio chimico applicato alle arti, il Gabinetto di materia medica, il Gabinetto di Notomia patologica, il reale Orto botanico, la Clinica medica, la Clinica chirurgica, la Clinica oftalmica, la Clinica ostetrica, e l'Osservatorio meteorologico.

E dipende dalla presidenza di Pubblica Istruzione il Real Collegio Medico Cerusico.

Sono stabilimenti dipendenti dalla regia Università degli Studj di Palermo:

Un Gabinetto di fisica, un Gabinetto di Storia naturale, l'Osservatorio astronomico, un Gabinetto anatomico, un Gabinetto chirurgo, uno Stabilimento di Chimica applicata alle arti, una Biblioteca, un Orto botanico, un Museo di antichità e belle arti.

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Sono stabilimenti dipendenti dalla regia Università degli Studj di Messina:

Un Istituto di belle arti, un pubblico Museo, una Biblioteca.

E sono stabilimenti dipendenti dalla regia Università di Catania:

Due Biblioteche, un Teatro anatomico, un Gabinetto fisico chimico, un Gabinetto di Storia naturale, un Gabinetto ornitologico, un Gabinetto anatomico, un Medagliere, un Osservatorio meteorologico, un Orto botanico.

Oltre alle Università, vi è un liceo in Napoli, uno in Principato Citeriore, uno in Terra di Bari, uno nel 2.° Abruzzo Ulteriore, uno nella provincia di Abruzzo Citeriore, uno nella Calabria Citeriore, uno nella 2.a Calabria Ulteriore. In ciascuna delle altre provincie de' dominj di qua del Faro vi è un collegio reale. Inoltre nella 2.a Calabria Ulteriore vi è anche un collegio stabilito a Monteleone, e nella provincia di Terra di Lavoro ve ne sono due, uno in Maddaloni e l'altro in Arpino.

Ne' licei, escluso quello di Napoli, si conferiscono i gradi di approvazione e licenza nella giurisprudenza, medicina, fisica e matematica, filosofia e letteratura.

Per la teologia si danno gli esami avanti ad una Commissione preseduta dall'Ordinario. La laurea non può conferirsi che nella regia Università.

In Napoli esistono sette altri collegj privati, diretti uno da' Padri Gesuiti, due da' Padri Scolopii, due da' Barnabiti, uno da' Padri sotto il titolo della Sacra Famiglia di Gesù, detto de' Cinesi, ed uno da' Teatini, oltre varj altri nelle provincie.

I licei ed i collegj esistenti ne' reali domini oltre il Faro hanno la medesima organizzazione. E vi è un liceo a Trapani, un liceo a Nicosia, un liceo a Garagozzo in Regalbuto, un'accademia a Siracusa, un'accademia a Caltagirone.

Vi sono tre collegj a Palermo, il Collegio de' Nobili Real Ferdinando, il real Collegio Carolino Calasanzio, il Collegio di S. Rocco; un collegio in Messina, in Catania, in Aci-Reale, Termin

i, Castrogiovanni, Ìorråàle, Mazarino, Scicli, Bivona, Vizzini, Mineo, Polizzi, Sciacca, Mazzara, Bronte, Naro, Piazza, Corleone, Rametta, Modica.

Vi è un Regio Instituto di Scuole normali e Scuole di mutuo insegnamento in Palermo e in Catania.

Le scuole secondarie abbracciano ordinariamente l'insegnamento delle lettere italiane e latine, filosofia e matematiche, e trovansi ne' principali comuni. Ve n'ha due nella provincia di Napoli, e sono di Pozzuoli e Sorrento; 8 in Terra di Lavoro, e sono di Acerra, Airola, Cervaro, Sangermano, Alvito, Cajazzo, Gaeta, Arce; 1 in Principato Citeriore, ed è quella di Nocera de' Pagani; 3 in Principato Ulteriore, e sono di Avellino, S. Giorgio la Molara, Sorbo; 2 in Capitanata, quella di Foggia e quella di Lucera; 5 in Terra di Bari, e sono di Mola di Bari, Molfetta, Bitetto, Putignano e Barletta; 5 in Terra d'Otranto, e sono di Galatone, Nardò, Leverano, Galatina, Poggiardo; 5 nella Calabria Citeriore, e sono di Cosenza, Rossano, Bisignano, Corigliano, Montalto; 2 nella 2.a Calabria Ulteriore, e sono di Catanzaro e di Cirò; 8 nella provincia di Molise, e sono di Casacalenda, Morcone, Montenero di Bisaccia, Isernia, Agnone e Frosolone, Civitacampomarano, Lucito; 8 nell'Abruzzo Citeriore, e sono di Chieti, Forino, Archi, Vasto, Atessa, Orsogna, Ortona, Lanciano; 6 nel 2.° Abruzzo Ulteriore, e sono di Castel di Sangro, di Città Ducale, Leonessa, Montereale, Amatrice, Celano; 3 nel 1.° Abruzzo Ulteriore, e sono di Teramo, Atri, Civitasantangelo.

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Le scuole primarie sono in tutt'i comuni del regno.

I maestri e le maestre primarie si formano sopra terne de' Decurionati, e debbono essere esaminali, scelti dagli Ordinarii, approvati dal Re. Il loro insegnamento comprende leggere e scrivere, catechismo di religione, aritmetica ed arti donnesche.

Accademie, Istituti ed altri Stabilimenti Scientifici.

La Reale Accademia delle Scienze, composta di 30 soci ordinarii, oltre ad un numero indefinito di soci onorari e corrispondenti, nazionali ed esteri, divisa in 3 sezioni distinte, e sono, di scienze morali, di scienze fisico-matematiche e di scienze naturali.

L' 'Accademia Ercolanese di Archeologia, con 20 socii ordinarii, e I'Accademia delle Belle Arti, con 10 socii ordinarii. E l'una e l'altra con un numero indeterminato di socii onorarii e corrispondenti.

Le quali tre accademie riunite formano la Reale Società Borbonica, in Napoli, composta di 60 socii ordinarii.

L' Accademia Pontaniana, formata dalle due accademie per lo innanzi distinte co' nomi di Pontaniana e Sebezia, la più antica di tutte le altre, intesa alla coltivazione delle scienze e delle lettere nella loro più ampia estensione.

E divisa in queste cinque classi:

1a di matematiche pure ed applicate;

2a di scienze naturali;

3a di scienze morali ed economiche;

4a di storia e letteratura antica;

5a di storia e letteratura italiana e belle arti.

Gli accademici sono distinti in residenti, non residenti, corrispondenti ed onorarj.

L' Accademia medico-chirurgica, in Napoli, il cui scopo principale è la clinica osservazione. È divisa in 5 sezioni, e sono, di fisiologia, patologia e nosologia medica, terapia e storia naturale medica, patologia e nosologia chirurgica, medicina legale, igiene pubblica e polizia medica. I socii sono ordinarii, onorarii e corrispondenti,

La Regia Scuola di Veterinaria e di Agricoltura, che dipende dalla Istruzione Pubblica, e di cui fanno parte un Orto agrario, un gabinetto anatomico-patologico, un gabinetto chimico, una biblioteca ed un ospedale veterinario con una farmacia corrispondente.

Il reale Istituto di Belle Arti in Napoli, ordinato per istruire, proteggere ed incoraggiare la gioventù nelle arti del disegno. Ed è ripartito in 15 studii, e sono:

1° di disegno; 2° di pittura; 3° di scultura; 4° di architettura; 5° di prospettiva; 6° di ornato; 7° di paesaggio; 8° d'incisione in rame, e d'intaglio in acciaio ed in legno coi nuovi metodi; 9° d'incisione in rame pei d¡versi generi; 10° d'incisione in pietre dure; 11° di anatomia applicata alle belle arti; 12° di preparazioni anatomiche in cera; 13° di storia, di mitologia, e di estetica applicata alle arti; 14° di scenografia; 15° di storia sacra e profana per gli allievi scenografi.

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Ed un Pensionato per lo studio delle belle arti in Bema, la quale istituzione ha per iscopo il perfezionamento delle arti napolitane. E si compone di sette giovani allievi, due per la pittura, due per la scultura, due per l'architettura, ed uno per il paesaggio e per la incisione in rame.

Un'Accademia di scienze e belle arti in Palermo.

L'Accademia Peloritana di Messina.

L'Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania.

I Reali Istituti d'Incoraggiamento, uno in Napoli, e un altro in Palermo, organizzati per promuovere l'economia pubblica e privata, l'agricoltura e le arti, col sussidio delle scienze utili, come sono la matematiche, la fisica, la chimica e la storia naturale. Ed allo stesso scopo sono ordinate le Società Economiche, stabilite in ogni capoluogo di provincia, tranne Napoli e Palermo. Ed è in ogni comune di amendue le parti del regno una Commissione composta dal Sindaco, o in mancanza dal 2° Eletto, e da due altri individui. Le quali associazioni intendono tutte a promuovere la industria nazionale, e corrispondono con le Società Economiche e con gl'Instituti d'Incoraggiamento.

Ciascuno de' due Istituti d'Incoraggiamento ha tre ordini di socii, ordinarj, onorari e corrispondenti. Il numero de' socii ordinarj è di 30, quello degli onorarii e de' corrispondenti è indeterminato. Ed è ripartito in sei classi, la 1a per le matematiche pure e miste; la 2a per la fisica e per la chimica; la 3a per la zoologia, botanica e mineralogia; la 4a per la tecnologia; la 5a per l'agricoltura e la pastorizia; la 6a per le scienze economiche.

Al Reale Istituto d'Incoraggiamento in Napoli sarà aggiunta una scuola di Arti e Mestieri, la quale avrà i seguenti professori: 1.° di geometria descrittiva con applicazioni alle arti; 2.° di matematiche elementari e principi di meccanica industriale; 3.° di fisica e chimica elementare applicate alle arti e ai mestieri; 4.° di lingua italiana e tenuta di libri commerciali.

Le Società Economiche de' dominj di qua del Faro sono composte ciascuna di 18 socii ordinarii, quelli de' dominj di là del Faro di 12 socii ordinarii. Le une e le altre hanno inoltre un numero indeterminato di socii onorarj e corrispondenti.

Il Collegio di Musica di S. Pietro a Majella in Napoli, che comprende intorno a 300 allievi, de' quali 100 sono mantenuti a spese dello Stato. E vi è unito un Archivio musicale, ricco di molte migliaia di egregj componimenti di ogni genere si della scuola napolitana, che delle straniere, compresovi un gran numero di preziosi autografi de' più rinomati maestri che hanno fiorito dal 1600 sino ai giorni nostri.

Stabilimenti di Beneficenza.

Sono molti gli stabilimenti di beneficenza fondati nelle città principali e in molte altre parti del nostro reame, e mercé di essi la mano provvida nel Governo, e la pietà dei privati porgono soccorsi e ricovero ai poveri e agi infermi. E a vegliare sopra questi stabilimenti sono ordinati in ogni capoluogo di provincia i Consigli Generali degli Ospizii, formati dall'Intendente, che n'è il presidente, dall'Ordinario della diocesi, ov'è il capoluogo della provincia, e da altri consiglieri laici ed ecclesiastici.

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E tra gli stabilimenti di beneficenza noteremo:

Il Reale Albergo de' poveri, vasto e maestoso edificio, fondato dalla pietà e dalla magnificenza dell'immortale re Carlo III. Da esso dipendono sette altri stabilimenti, e sono quelli di S. Francesco di Sales, della Cesarea, di 5. Maria dell'Arco, de' Ss. Giuseppe e Lucia, di 5. Maria di Loreto, di S. Maria della Fede e di 5. Maria della Vita. E vi è pure annessa una scuola pe' sordi muti.

In questi stabilimenti sono accolti e pietosamente mantenuti ed istruiti i trovatelli, gli orfani, gli storpii, i deformi, i ciechi, gl'inabili al lavoro e i sordimuti.

La Casa è divisa in due sezioni, una per gli uomini ed una perle donne. Gli uomini sono ammaestrati ne' primi rudimenti delle lettere, nella calligrafia, nella storia sacra e nel catechismo;

Nella musica vocale e strumentale, per la quale esiste un collegio, e nella declamazione.

Nel disegno lineare applicato alla meccanica, nella pittura e nella scultura, nella geometria, nella fisica, e nella chimica applicata alle arti;

Nell'agricoltura pratica, nella bassa chirurgia, e nella meccanica per estinguere gl'incendii;

Nell'arte tipografica, in quella del calzolaio, del falegname, del ferraio, del fare spille e macchine, del ligar libri e tessere.

Le donne imparano, prescindendo dalla religione, dalla morale e da' primi rudimenti di sopra cennati, le arti del ricamo in seta, in oro e in filo; cucire, lavorar fiori, far guanti, calze, scarpe e svariati altri lavori.

Il Monte della Misericordia, fondato dalla pietà di gentiluomini napolitani, e il quale dà continui soccorsi ai poveri; manda gl'infermi a prendere le salutifere acque termali d'Ischia nella stagione estiva; provvede per iscarcerare detenuti per debiti; serva gl'infermi nell'ospedale degl'Incurabili il venerdì di ogni settimana, apprestando loro una vivanda a spese del Monte.

Il reale Stabilimento di S. Maria de Vertice Coeli, ordinato a soccorrere i poveri con soccorsi, con maritaggj, con patrimoni sacri.

La Real Casa Santa degli Incurabili, opera di privata carità, destinata alla cura degl'infermi poveri. E alla quale furono aggregati:

1° l'Ospedale soccorsale in Torre del Greco;

2° il Conservatorio di Oblate ed Alunne detto della Maddalenella, alla strada Pontecorvo in Napoli;

3° il Camposanto pe' defunti poveri della capitale.

La Real Casa Santa dell'Annunziata, destinata alla cura de' trovatelli. Le suore della carità dirigono l'alunnato delle fanciulle per la parte religiosa ed istruttiva.

La Real Casa ed Ospizio di S. Eligio, per le donne inferme e per le orfane.

Il Real Ospizio de Ss. Pietro e Gennaro, ospedale de' poveri della città.

L' Ospedale della SS. Trinità de' Pellegrini e convalescenti, dove si ha cura de' feriti e de' fratturati.

Il Real Convitto del Carminello, conservatorio di povere fanciulle, dove vengono istruite nel leggere, scrivere, nell'aritmetica, e in molte arti e manifatture; e sono molto pregevoli i tessuti di seta.

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La Cosa di asilo di 5. Maria Maddalena, dove sono ricoverate le donne le quali, uscendo dalla Casa ed Ospedale di S. Maria della Fede, intendono di far ritorno a vita pura ed onesta.

E sono molti altri conservatori e ritiri nella capitale, e alcuni si reggono a clausura; e sono ricovero di donne che vogliono menare vita religiosa, o di fanciulle orfane e povere.

Vi è un Reale Morotrofio in Aversa, per la cura de' mentecatti, e comprende quattro stabilimenti; e sono stabilite officine per tessere ed ordire, ed una stamperia, e fondate altre somiglianti istruzioni. La cura delle donne è affidata alle suore della Carità.

Vi sono quattro grandi depositi di mendici, dell'uno e dell'altro sesso, e di ogni età, e sono:

1° nella capitale pe' mendici della provincia di Napoli.

2° in Terra di Lavoro pei naturali della provincia e per quelli di Principato Ulteriore, di Molise, di Capitanata e degli Abruzzi.

3° in Principato Citeriore pe' suoi abitanti, e per quelli di Basilicata e delle Calabrie.

4° in Terra di Bari per quella provincia e per quelli di Terra d'Otranto.

I mendici degli Abruzzi debbono riunirsi nel locale del soppresso monastero de' Celestini in Sulmona.

Esiste in Napoli un Reale Istituto centrale Vaccinico, con l'incarico di vegliare affinché l'utilissima salutare scoverta della inoculazione vacciniea sia diffusa per tutto il regno, dirigendone e propagandone la pratica con mezzi efficaci. L'Istituto è composto di dieci socii ordinarii.

Esistono Commissioni in ciascun capoluogo di provincia, e di distretto; e in tutt'i comuni esiste una Giunta Vacciniea composta dal Sindaco, che la presiede, dal parroco o parrochi del comune medesimo, e da' professori condottati, o, in loro mancanza, da' vaccinatori approvati.

Le Giunte e le Commissioni dipendono gerarchicamente dall'Istituto Centrale, e questo dal Ministero dell'Interno.

Una simigliante organizzazione trovasi ne' domini i oltre il Faro.

Sono pie istituzioni in Palermo:

La Real Casa de' matti;

Il Regio Istituto de' sordimuti;

Il Conservatorio delle protette;

Il Deposito di mendicità;

L'Ospedale meretricio;

H Reale Albergo de' poveri;

Il Monte di Santa Venera;

Un Orfanotrofio e diversi reclusorj e ritiri.

Né solo nelle città capitali, ma in tutt'i comuni più importanti del regno vi sono stabilimenti di beneficenza, e dove ospedali, dove conservatorii, dove ritiri, dove orfanotrofj, monti di pegni, monti di maritaggj; e la maggior parte sono diretti dalle suore della Carità.

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RICAPITOLAZIONE

Stabilimenti di Pubblica beneficenza

ProvincieOspedaliConservatori Ritiri Orfanotrofi Monti di Pegni Monti di Maritaggi Totale

Provincia di Napoli (1) 4576»»22Terra di Lavoro211415 142075Principato Citeriore 814»15SO79Basilicata86»342243Principato Ulteriore $6»273760Capitanata107»352146Terra di Bari2018»2583128Terra d'Otranto313»69115164Calabria Citeriore, 22»121522622* Calabria Ulteriore 112»1 5143$1* Calabria Ulteriore 52»151023Molise1»»»8211Abruzzo Citeriore 311»83162° Abruzzo Ulteriore 530586271° Abruzzo Ulteriore 8»1124418Tot de' domini di qua del Faro165SI1033102409806Palermo (2) so5»»1277135Messina 269332369133Catania1971552773Girgenti11«»7»831Noto163»»24061Trapani 1312»853270Caltanissetta,511»21326Tot de' don», oltre il Faro1203744654266527Domini di qua del Faro165811039102409806Domini di là del Faro1203744654266527Totali generali 28511814851566751333

(1) Non compresa la capitale.

(2) Non compresa la città di Palermo.

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Monti frumentari esistenti nel Regno

Provincie ove trovanti fondati Numero per ciascuna provincia DOTAZIONE

in granoin danaro

tomola misure ducatigrana Domini di qua del Faro»»»»»La provincia di Napoli

non ha monti frumentarii»»»»»Terra di Lavoro2113,83902»»Principato Citeriore 12248,76705 1|2»»Basilicata207104,20015 1(2»»Principato Ulteriore 10474,63924»»Capitanala4559,37920»»Terra di Bari1613,63311»»Terra d} Otranlo219,73712 1|556559Calabria Citeriore 5029,17213 1(2»»2a Calabria Ulteriore 7438,139»»»1a Calabria Ulteriore 121,401151,08510Molise9373,15520Abruzzo Citeriore 9095,41508 1|22° Abruzzo Ulteriore 13947,62206 1|2»»1° Abruzzo Ulteriore 7132,01221»»Totali1065641,1176 7,101,65069

Provincie ove

trovanti fondatiNumero per

ciascuna provinciaDOTAZIONE

in granoin danaro

compresi gl'interessi

salmetomola ducatigrana

Dominii di là del Faro Palermo3833u1,35375
Messina407,36055,72339Catania255,21164,99954
Girgenti71,90751,38096Noto131,716101,34647
Trapani non ha monti frumentarii13»42,16726
Caitanissetta10116,8281416,97137Totali

Ed in alcune provincie esistono Monti pecuniari, Casse agrarie e di prestanza, ed Asili infantili.

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TOPOGRAFIA DELLE PROVINCIE DEL REAME

Provincia di Napoli.

La Provincia di Napoli confina a settentrione con la provincia di Terra di Lavoro, a levante col Principato Citeriore, e sviluppa sul mare il resto de' suoi confini.

E montuosa la parte orientale, donde discendono alcune ramificazioni dell'Appennino, che si dipartono dal Principato Settentrionale, e circondano la ridente costiera del golfo, che prende nome dalla città capitale.

E di queste ramificazioni fanno parte Monte S. Angelo e il Vesuvio, che sono i punti culminanti, e le verdeggianti colline di Capodimonte, di S. Erasmo, del Vomero, di Posilipo, e quelle che si aggruppano interna a Pozzuoli, e quelle che rinchiudono i piccoli laghi del Lucrino, dell'Averno, del Fusaro. E sul pendio di queste amene colline si apre la bella marina di Napoli, come un anfiteatro, dalla punta della Campanella al Capo Miseno, e sorgono le ricche e belle città di Sorrento, Vico, Castellammare, Torre Annunziata, Torre del Greco, Resina, Portici, Napoli, Pozzuoli, e in fra l'una e l'altra sono molte altre borgate e nobili casamenti, per modo che la ridente costiera è tutta abitata, e, non che città diverse, ei pare che ne formi una sola.

Questa terra a cui è cosi benigno il cielo, cosi fertile e vario il suolo, ricco de' più belli doni della natura, e che per la sua feracità meritò il nome di Campagna Felice, non è oggi meno produttiva di prima. Non è abbondante l'olio, ma eccellente quello che si raccoglie dagli oliveti di Capri e di Vico; ricercati i vini delle vigne di Procida, Ischia, Capri e Somma, in mezzo ai molti che si ricavano da tutte le altre contrade. E molto canape si ricava dal piano, frutta diverse da' pometi e da' monti, freschissimi agrumi da' giardini di Sorrento, ortaglie infinite dalle vicinanze de' luoghi abitati, patate ottime, legnami diversi dalle selve che coprono le alture. Né manca il prodotto della seta, e in molli luoghi si coltivano i gelsi e si allevano i bachi.

Ma tutto questo prodotto è meno del bisogno del non proporzionato numero de' consumatori che hanno fermato qui la loro stanza, o si aggirano intorno a questi luoghi, ed è mestieri di provvedervi co' prodotti delle altre provincie, o di oltre mare e di oltr'alpe. Né son lievi le produzioni minerali, che anzi possono dirsi uniche e variate infinitamente dove esistono vulcani o spenti, o fumanti, o in azione; ma il maggior numero per verità sono rivolte a benefizio della scienza: quelle che servono all'uomo immediatamente sono le salutari terme di Castellammare e d'Ischia, le cave di tufo detto Puzzolana, di basalte vulcanico, di piperno e di varie argille, usate utilmente alla costruzione degli edificj e delle strade.

Fioriscono le manifatture e acquistano ogni giorno maggiore estensione e perfezione, e i prodotti della nostra industria gareggiano con gli stranieri. E sono a tutti noti i varj e bei lavori di metalli e di gemme, le vantate dipinture e dorature di porcellana, i lavori gentilissimi di corallo e pietre vesuviane, e quei di seta, lino, cotone, lana di qualunque maniera, e di pelli e pelami, e di cera, ossa, legni, vetri, terra cotta e carta, e guanti e cappelli, e gl'istrumenti per musica, per arti e scienze, e le fonderie di caratteri da stampa, e le fabbriche di varj prodotti chimici, e di saponi, alcool, profumerie, dolci e paste. E sono tenute in grandissimo pregio segnatamente le macchine formate nel Real Opificio di Pietrarsa e in altri privati Stabilimenti, che noi abbiamo notati in altro luogo; le suole e le pelli colorate, i saponi, le spille e le cotonerie di Castellammare; i saponi di Pozzuoli, le armi di Torre Annunziata, le paste di Gragnano, le filande di seta a Resina, i bottoni di filo a Procida, Le calze a Sorrento.

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Napoli è la prima piazza di commercio d'Italia per operazioni bancali e di cambio, e per contratti di olii, grani, biade, lane, sete, cotoni, canape, vini, alcool, cremore di tartaro, pelli agnelline, mandorle, manna, zafferani, robbia, tabacchi, zolfi, coralli, ecc., che si esportano dal regno; e per le immissioni delle merci estere necessarie al consumo proprio e dei luoghi vicini, fra cui primeggiano i coloniali, le droghe, i metalli, i pesci secchi, i cuoj, il carbon fossile, c le manifatture di lusso di ogni specie. Ed è centro di un operosissimo cabotaggio, che serve principalmente ai bisogni della numerosa popolazione agglomerata nella città Capitale e nei luoghi vicini. A siffatto commercio prende parte non lieve la città di Castellammare e gli armatori di Sorrento, ed è notevole la piccola marina di Torre del Greco per le molte barche che spedisce alla pesca del corallo. A rendere più operoso e più sicuro il commercio sono migliorati i nostri porti e le vie di comunicazione; ed oltre ai Banchi del Regno, di cui abbiamo discorso in altro luogo, è in Napoli una Borsa de' cambi con agentie sensali, molte Società Commerciali, e Compagnie di Assicurazioni diverse, ed altre varie Società di traffico de' pacchetti a vapore, e molti negozianti e banchieri.

Nel territorio di questa provincia veggonsi ancora i ruderi di Cuma e di Baja e gli avanzi dell'antica Pozzuoli, e la prossima Solfatara, fumante ancora. Qui sono le dissepolte città di Ercolano e di Pompei; e le delizie di Sorrento, di Castellammare, di Quisisana; e, nelle vicinanze di Napoli, il Real Casino di Capodimonte, magnifico per capolavori di patrie belle arti, il superbo Camposanto, i Camaldoli sul punto più elevato de' colli che circondano la città, e donde si godono vedute incantevoli; le tombe di Virgilio e di Sannazzaro.

Napoli, la cui popolazione si aggira intorno a 500 mila abitanti, è la città dominante di questa provincia e di tutto il Reame, ed è una delle più belle del mondo. Sul suo lembo orientale scorre il Sebeto, povero di acque, e la circondano sorridenti colline, le quali co' pioppi dalle tremule fronde, co' pini dalla folta chioma, con le pampinose viti, con l'ulivo e gli aranci e i limoni pare che le intreccino una ghirlanda; e declinando alla marina penetrano entro al recinto della città per renderla più varia ed amena. E si sviluppa tra questi termini come un superbo anfiteatro e si specchia nelle limpide acque del suo golfo.

Napoli è città antichissima, ma pochi residui sopravvanzano de' suoi antichi monumenti, distrutti quasi per intero dal tempo e dalle varie dominazioni straniere accumulate sopra di essa. Ma è ricca oggi di superbi edificj, tra' quali noteremo il tempio di S. Pietro ad Aram, riguardato come la culla del Cristianesimo in Napoli. S. Severino, innalzato ne' primi tempi dell'Era volgare, ingrandito da' monaci Cassinesi; e di cui è bella la chiesa, e ricca di pitture e marmi squisiti; magnifico il monastero, con chiostri e portici interni, uno de' quali è decoralo delle più belle opere del Zingaro. La Cattedrale, S. Domenico Maggiore, S. Lorenzo Maggiore, S. Chiara, S. Giovanni a Carbonara, S. Martina, sull'amenissimo colle di S. Erasmo, l'Incoronata, 5. Maria la Nuova, magnifici tempi, innalzati o ristaurati quasi tutti nei regno degli Angioini e de' Durazzeschi, e dove sono stupende pitture e riceni e superbi sepolcri.

E magnifici templi sono, quello de' Santi Apostoli, innalzato sulle rovine del tempio di Nettuno, di s. Paolo Maggiore, sulle rovine del tempio di Castore e Polluce, e il Gesù Nuovo, e la Basilica di s. Francesco di Paola, aperta al pubblico culto sul cadere dell'anno 1836.

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Ed altri superbi edificj di questa bella città sono, il Palazzo reale, magnifica opera viceregnale, ristaurata e decorata superbamente in questi ultimi anni, e ricca di una biblioteca, di un gabinetto fisico, di una collezione di stampe in fame ed in legno, tra le quali ve n'ha di quelle incise originalmente dal Caracci, dal Guido, dallo Spagnuoletto, da Luca Giordano, da Salvator Rosa. Il Palazzo de' Ministeri di Stato, il quale comprende il Banco delle due Sicilie, la G. Corte de' Conti, ed altre amministrazioni dipendenti da' Ministeri. Il grandioso Palazzo degli Studj, nel quale è compreso il reale Museo Borbonico, uno de' più ricchi di Europa, e la reale Biblioteca Borbonica. Il Castel Capuana, oggi sede de' Tribunali. Il Real Collegio Militare, il Real Collegio e Scuola di Marina.

Il real Teatro S. Cario, uno de' più grandi e maestosi che si conoscano. Ed altri molti pubblici e privati edificj.

Il Castello Nuovo e il Castello dell'Uovo presso al mare, e il Castello S. Elmo sulla collina di S. Erasmo, sono le maggiori difese della città. Attiguo al Castello nuovo è l'Arsenale della marina, e la Darsena, il porto militare e il porto mercantile.

Oltre alla Biblioteca Borbonica, sono da notare nella città di Napoli, quelle dell'Università, la Brancacciana, quella del reale Ufficio topografico, e il grande Archivio del Regno, collocato in una parte del monastero di S. Severino, e nel quale furono riuniti molti altri archivi i diversi, distribuiti in cinque sezioni, una delle quali contiene preziosi documenti di atti di politica e diplomatica, e alcuni sono anteriori alla fondazione della monarchia. Sono in Napoli un ricco Orto botanico, un Osservatorio di Marina, un Osservatorio astronomico sulla collina di Capodimonte, un Osservatorio Meteorologico sulle falde del Vesuvio.

Ne' limiti della provincia di Napoli sono queste le città più notevoli:

Pozzuoli, sede vescovile, capoluogo di un distretto della provincia, e di un circondario, con 12,000 abitanti. Siede sul lato orientale del golfo del suo stesso nome, cinta dall'Olibano, da' colli Leucogei, da' monti Gauro e Monte Nuovo, e da altre colline che vanno a terminare al Capo Miseno. La costa forma un piccolo porto naturale perfettamente riparato. Il suo territorio è fertile e produce buoni frutti, ottimi vini e abbondanti legumi. Tra le sue industrie primeggia quella de' saponi.

Castellammare, innalzata sulle rovine dell'antica Stabia, sede vescovile, capoluogo di distretto e di circondario della provincia, con 25, 000 abitanti. È il cantiere della Reale Marina ed ha una ricca ed operosa marina mercantile. La città è commerciante e molto industriosa; e sono da notare le fabbriche di suole e pelli colorate, di saponi, di cotoni, di spille. Ed è rinomata per l'amena posizione, per le fonti di acque minerali, per le impareggiabili bellezze delle sue vicinanze e di tutta la marina fino a Sorrento, cui mette capo una strada aperta or sono pochi anni con mirabile perizia sulla dirupata costa, e toccando le importanti e popolose terre di Vico Equense, Meta, e il Piano di Sorrento, deliziose per il mite aere, pe' giardini di aranci e di mirti, pe' boschetti di ulivi e le folte piantagioni di carrubi e melegrani e i festoni delle pampinose viti, e pe' sorridenti villaggi e le campestri dimore.

Sorrento, Cantica città delle Sirene, posta in un site incantevole, in fra il mare e le colline che la circondano. La città è sede arcivescovile, capoluogo di circondario, con 7,000 abitanti; ed è florida per

l'industria della seta, e per il traffico degli altri prodotti del suo terreno, siccome aranci, limoni, olio, burro, åcc. Sorrento

è la patria del Tasso.

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Breve cammino fungo le deliziose marine di Sorrento conduce a Massa Lubrense, popolosa terra, ricca di ulivi e di vigneti, presso la punta della Campanella.

In fra Napoli e Castellammare, come una continuazione della città, sono l'urtici e Resina, luoghi di diporto della Famiglia Reale, e delle famiglie patrizie uapolitane, popolosa la prima di 9, 000 abitanti, e la seconda di 13, 000, con le amene ville reali di Portici e della Favorita. E sono le industriose città di Torre del Greco, con 20, 000 abitanti, e Torre Annunziata con 13, 000 abitanti, l'una e l'altra capoluoghi di circondario.

Casoria, capoluogo di distretto e di circondario, con 9,000 abitanti.

Ottajano, con 20,000 abitanti, capoluogo di circondario.

Afragola, con 16,000 abitanti, capoluogo di circondario.

Fanno parte di questa provincia l'isola d'Ischia, montuosa e volcanica, ricca di acque termali e di una robusta vegetazione, produttiva di vino, olio, frutti eccellenti ed erbaggi. La città principale è Ischia sul mare dalla parte di levante, ed è sede vescovile, con 7,000 abitanti. Sono nell'isola altri villaggi, e formano una popolazione di 26,000 abitanti.

L'isola di Procida, con la città dello stesso nome, ricca e popolosa di oltre 12,000 abitanti, con una importante marina mercantile formata in grao parte da bastimenti di grande portata, destinati tutti a navigazioni di lungo corso. La piccola isola di Nisida, notevole per un lazzaretto, ch'è il migliore di tutto il regno.

E l'isola di Capri, montuosa e dirupata, ma con clima mite, e produttiva di olio e vini eccellenti. La città principale è Capri, con 4,000 abitanti. Sulla costa di quell'isola che guarda il Cratere di Napoli, s'apre quello speco tanto celebrato col nome di Grotta Azzurra.

E la uno parte della stessa Provincia le isolette di Ventotene e S. Stefano.

Tutta la provincia ha una superficie di 288 miglia geografiche italiane, una popolazione di 860 mila anime, ed è scompartita in 4 distretti, 42 circondarii, 69 comuni e 12 villaggi.

Terra di Lavoro

La Terra di Lavoro confina a settentrione col 2.° Abruzzo Ulteriore, ad occidente con lo Stato della Chiesa e col Tirreno, ad oriente con la provincia di Molise e col Principato Ulteriore, a mezzodì con la provincia di Napoli e col Principato Citeriore.

Il suolo di questa provincia è quasi generalmente vulcanico, e sostiene anche oggi l'antica fama di terra fertilissima. Nella parte settentrionale ed orientale di questa provincia si aggruppa l'Appennino e si dirama in sensi diversi; e qui elevasi il Matese, e qui sono il Cecubo e i monti Tifati. Comprende molta parte piana, e segnatamente le valli del Vulturno e del Garigliano, che sono i maggiori fiumi del reame. E gran parte delle belle pianure circostanti al Volturno, prima abbandonate per l'insalubrità dell'aere, ora sono ridonate all'agricoltura mercè di grandi opere di bonificazioni, e di nuove vie di comunicazioni aperte in fra' paesi vicini. l'ha estesi boschi, pascoli ricchi ed abbondanti, e luoghi paludosi molto acconci alle grandi mandrie de' bufali.

I principali prodotti di questa ricca provincia sono il grano, il granone, le biade, i legumi, ed è buona la qualità, grande la quantità.

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Sono estese le piantagioni delle viti, degli ulivi, de' gelsi. Abbonda il lino, il canape, il cotone, le frutta, le patate, gli ortaggi, gli agrumi. Vi ha buono legname di costruzione per uso marittimo e di altri mestieri. V'ha cave di bel marmo presso Mondragone e Pietraroja, o pietra di travertine presso Caserta vecchia. Abbonda la cacciagione e la pescagione; si allevano molli animali bovini, bufali, pecore di cui si hanno lane di buona qualità: sono eccellenti i formaggi, belle le razze de' cavalli.

Oltre all'agricoltura e alla pastorizia, fiorenti in questa provincia, vi ha molti stabilimenti d'industrie e manifatture, tra' quali primeggia quelle reale di S. Leucio, pe' bellissimi tessuti di seta; la grandiosa cartiera ne

ll'isola di Sora detta del Fibreno. E sono da notare in Piedimonte d'Alife grandissime fabbriche di pannine, co ton i tessuti, mussoline, ramiere, tintone, carterie, åcc.; in Sora ed Arpino, manifatture di ottimi panni, pelonciui, cuojame, pergàmene, tele, åcc.; e quasi in ogni distretto, telerie, feltre, cretaglie.

Quasi tutte le città della provincia sono mercati de' principali prodotti naturali, e di cavalli, bestiami, manifatture, e vi concorrono negozianti esteri e nazionali.

Le città più notevoli sono:

Caserta, capoluogo della provincia presso alle ultime pendici de' monti Tifati, sede vescovile, popolata di quasi 24 mila abitanti, compresi i borghi vicini. Questa Caserta, che dicesi la Nuova, per distinguerla dall'antica, quasi abbandonata sopra una vicina collina, ebbe origine dalla splendida reggia che il magnanimo Carlo Borbone fece ivi innalzare, e ch'è una delle più grandiose di Europa. Ha un teatro, molti belli edificj, deliziose casine, belle strade e larghe piazze.

Quivi intorno è S. Leucio, i cui abitanti (e sono intorno a 1000) hanno particolari istituti, e intendon quasi tutti al lavoro della seta. E sulla collina ove sorgono quei celebrati setificj, è una bella casina del re, e sono intorno poggi ameni, valli dilettose, ombrosi boschetti, prati fiorenti, e placidi rivi di acqua limpidissima

S. Maria, innalzata sulle rovine dell'antica Capua, città ricca ed industriosa, ed una delle principali piazze di commercio del regno, sede de' tribunali, con 18 mila abitanti.

Capua, sul Volturno, piazza fortificata, sede arcivescovile, con 10 mila abitanti. Ha, una bella cattedrale a cui sovrasta alto campanile gotico, ed è ricca di colonne di granito. Ha un bel teatro, ed eleganti edificj, comode strade: la città è culta, ricca, commerciante, e ravvivata dalla continua dimora di guarnigioni militari.

Gaeta, con 12 mila abitanti, posta in un promontorio che per tre lati s'immerge nel mare, ed è fortificata da ogni parte. Le campagne circostanti sono amene e produttive, il mare abbondante di pesca e l'aria salubre.

S. Germano, con 8 mila abitanti, a piè del monte sul quale sorge la celebre Badia di Montecassino, madre e nutrice di quell'ordine glorioso fondato nel 529 da S. Benedetto da Norcia, il primo in cui uomini di alta mente e contemplativa unirono alle pratiche religiose la coltura delle scienze e delle arti, e salvarono dalla barbarie i preziosi monumenti del sapere antico. Il monastero è un grandioso edificio, ed il tempio è splendido di marmi preziosi e di opere magnifiche di scalpello e di pennello. E ricca la biblioteca, e sono negli Archivj pergàmene e codici preziosi.

Aversa, con 18 mila abitanti, sede vescovile, notevole per il suo Morotrofio, assai ben regolato, e per altri stabilimenti di beneficenza Piedimonte, con 9 mila abitanti, capoluogo di distretto, una delle città più industriose del regno.

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E sono città pure notevoli, Arpino, con 13 mila abitanti. Sora, con 12 mila abitanti. Teano, con 12 mila abitanti. Nola, con 13 mila abitanti; e tutte capoluoghi di circondarii; Nola è anche capoluogo di distretto, Nola e Sora sedi vescovili.

Di questa provincia fanno parte le isolette di Ponza, Palmarola e Zannone; e la città di Ponza è capoluogo di circondario.

La provincia di Terra di Lavoro ha una superficie di 1885 miglia quadrate, una popolazione di 776,936 abitanti, ed è scompartita in 5 distretti, 50 circondarii, 238 comuni e 51 villaggio.

Principato Citeriore

Il Principato Citeriore confina a settentrione col Principato Ulteriore e Terra di Lavoro, ad occidente con la Provincia di Napoli e col Tirreno, ad oriente con la Basilicata, a mezzodì col Tirreno.

Ha la sua parte montuosa, ingombra delle diramazioni degli Appennini, ed ha la sua parte piana, segnatamente nella valle del Sele e dell'Alento. I monti sono in gran parte scoscesi, più o meno erti e boscosi; e di maggior gradazione sono quelli della costiera di Amalfi e del Cilento. L'aria è salubre quasi generalmente, tranne in alcune pianure interrotte da luoghi paludosi e da acque stagnanti, che ne' mesi estivi rendono l'aria malsana, siccome a Pesto, e in altri luoghi nelle vicinanze di Eboli e di Campagna, ecc.

La provincia è una delle più amene ed ubertose. V'ha boschi, uliveti, vigne e ricchi pascoli. Produce cereali, lino, canapa, cotone, legumi, patate. L'olio più pregiato è quello che si, ricava da Monte Corvino in Campagna di Eboli. Il vino migliore è quello del Cilento, ed è graditissimo il Vernaccia. Prospera ogni specie di frutta, e agrumi e ortaggi.

La massima parte de' monti è coverta di selve cedue, e sono di quercie, cerri, faggi, carpini, aceri, tigli, bossi, olmi. È coltivato il gelso in molli punti, e soprattutto nel distretto di Salerno. E in motti luoghi del Cilento ed in Auletta si raccoglie molta manna.

Vi si alleva bestiame grosso e minuto, molti bufali e cavalli di buona razza. I latticini sono eccellenti, e specialmente i formaggi di Eboli, che traggonsi dal latte di bufale. Sono rinomati i salami e le frutta secche del Cilento. In Amalfi e nella sua costiera si lavora gran quantità di pasta, conosciuta sotto il nome di punta della Costa.

Oltre ai molti artefici stabiliti nelle varie città della provincia, vi sono presso Salerno, a Scafati, ad Angri, a Sarno, grandiosi e floridi stabilimenti industriali, e sono filature di cotone, fabbriche di tele di cotone bianche e stampate, di mussolini bianchi e colorati. Vi sono in Cava molti telaj, e si fanno ottime tele di lino, di canapa, di cotone. E trovansi in diversi luoghi altre manifatture di vario genere, e sono di castori, lastre e bottiglie, di faenza, carta, cuoj, ecc.

Il commercio è operoso, e soprattutto de' prodotti naturali e industriali della provincia; ed è importantissima l'annua fiera di Salerno, che ha luogo nell'autunno c che attira gran concorso di negozianti.

Le città più notevoli della provincia sono:

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Salerno, capoluogo della provincia e del distretto del suo nome, con 20 mila abitanti, posta in fondo al golfo del suo nome, sulle falde di colline che si diramano intorno e la circondano a guisa di semicerchio. La città è cinta di mura, e ha vie lastricate di lava. La più bella strada è quella della marina; e l'edificio più bello la Cattedrale, fondata e dedicata a S. Matteo da Roberto Guiscardo, e ricca di sepolcri e di altri superbi lavori. È sede arcivescovile, e sede de' tribunali della provincia.

La Cava, prosperevole terra di oltre 24 mila abitanti, compresi i villaggi che si aggruppano intorno ad essa sulle vicine e sorridenti colline, prediletta dimora estiva di molti forestieri e napoletani. La città è industriosa, ed oltre al lavoro delle tele e di altre manifatture, vi è pure una real fabbrica di tabacchi. Il commercio fiorisce e cresce ogni giorno, ora segnatamente che una strada di ferro la ricongiunge a Napoli, e, di qui a poco tempo, a Salerno, e ad altre città di quella ricca provincia. È sede vescovile, concattedrale di Sarno e suffraganea della Santa Sede; è capoluogo di circondario.

Ma questa terra è soprattutto famosa per la Badia della SS. Trinità di Cava, la cui origine risale ai primi anni dell'XI secolo, e fu tenuta prima da' Cluniacensi e poi da' Cassinesi. Quel Monastero, dominato da una vasta rupe, a piè di alto monte, e in mezzo a boscose colline, asilo delle lettere e delle scienze ne' duri tempi della barbarie e dell'ignoranza, risorge oggi ancor bello, e ricco de' preziosi documenti che conserva ne' suoi archivii; e seguendo le antiche e gloriose tradizioni, educa gran numero di giovanetti nelle lettere e nelle scienze.

Nocera, detta de' Paqani, posta a piè di una collina, e circondata di fertili campagne, produttive segnatamente di squisite uve. Da Nocera alla Cava non s' incontrano che giardini deliziosi a cui sovrastano amene e sorridenti colline. La popolazione di Nocera, compresi i borghi vicini, è di 12,000 abitanti; e la città è capoluogo di circondario.

Sarno, popolosa città di 16 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta a piè di un monte, donde ha origine il fiume dello stesso nome. Ha molti edificj ed una bella cattedrale, ed è ricca di varj stabilimenti di beneficenza e di grandi stabilimenti d'industria. Nelle vicinanze della città si produce molta seta e di eccellente qualità.

Angri, con 12 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta in terreno piano e fertilísimo; e Scafati con 8 mila abitanti, bagnata dal Sarno, e l'una e l'altra città ricche e industriose.

Amalfi, posta in una piccola valle sul golfo di Salerno, attraversata dalla piccola fiumana del Canneto, che dà moto alle sue cartiere e alle altre sue fabbriche di paste e manifatture. È ricca città e molto commerciante; ed una bella strada aperta sul mare sopra tutta la costiera riunisce Amalfi a Vietri ed a Salerno, ed è quanto può dirsi amena e pittoresca, circondata da piccole valli ombrose, da colli verdeggianti, da balzi e rocce bellissime. La città ha intorno ad 8 mila abitanti, ed è sede arcivescovile, capoluogo di circondario.

Vietri, distante quattro miglia e mezzo da Salerno, posta in amena situazione, sopra una collina cinta di monti quasi continuamente verdeggianti. Ha' belli edificj, ed è piccola città, ma molto industriosa e commerciante. Ha la sua marina nel piccolo seno che vi forma il golfo di Salerno, ed è molto operosa.

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Eboli e Campagna, in mezzo a vaste e fertili pianure, produttive principalmente di olio eccellente. Ed altre notevoli città di questa provincia sono Sala, Padula e Vallo; e tutte capoluoghi di circondarii; e Campagna, Sala e Vallo sono pure capoluoghi di distretti.

Il Principato Citeriore ha una superficie di 1710 miglia quadrate, con una popolazione di 590,334 abitanti, ed è scompartita in 4 distretti, 44 circondarii, 165 comuni e 232 villaggi.

Principato interiore.

La provincia di Principato Ulteriore confina a settentrione con quella di Molise e con la Capitanata, ad oriente con la Basilicata, a mezzodì col Principato Citeriore, ad occidente con la Terra di Lavoro.

L'Appennino ingombra quasi tutta la provincia e pone la divisione delle acque tra il bacino del Mar Tirreno e quello dell'Adriatico, e nel primo scorrono il Calore ed il Sabato, e nell'altro l'Ofanto e la Carapella. I monti più alti sono Montevergine, il Taburno e quello di Serino. L'aria è pura, il clima temperato, ma essendo che quasi tutt'i paesi sono sulla cima di colline, gl'inverni sono rigidi.

Secondo ch'è vario il suolo, varia è la coltura de' campi: sono nude le alte cime de' monti, ma verdeggianti le colline e ricco pascolo di numeroso bestiame: le pingui pasture in tempo di estate sono a Campo di Summonte, a Serino, a Nusco. Vi sono vaste colture di granaglie, di biade e di legumi. Vi sono estese vigne, ed è pregevole il vino del Summonte e di Montefalcione. Poco coltivato il gelso, e più del lino e del cotone, il canape; e raccogliesi molta robbia. Sono abbondanti e molto pregevoli le castagne e le nocelle. I boschi forniscono buono legname di pioppo e di cerro, e il primo, segnatamente quello delle vicinanze di Cervinara, è ricercato per la sua purezza. Abbonda la caccia e i fiumi sono assai pescosi. Nelle vicinanze di Ariano vi sono cave di marmo, e pietre bianche trovansi presso Vitulano.

L'industria della provincia, tanto agricola che manifatturiera, è pure importante. Si fanno buoni latticini e salami di ottimo gusto. Vi sono in Avellino parecchie manifatture di cappelli di feltro, di pannilani ordinarj; in Solofra e S. Agata trovansi concerie di pelli e di cuoj e fabbriche da batiere in lamine l'oro e l'argento. In Atripalda vi sono ferriere, ramiere, gualchiere; in Vitulano e in Bisaccia si lavorano pelli, pannilani, tele, ecc. Si fa nella provincia gran quantità di carbone. Ed il commercio', tanto dei prodotti naturali che di quelli dell'industria, è bastantemente operoso.

Le città più notevoli della provincia sono:

Avellino, con 23 mila abitanti, capoluogo della provincia e del distretto del suo nome, sede vescovile e de' tribunali, città industriosa e commerciante, con un teatro elevato in mezzo ad una vasta piazza.

Presso Avellino è la Badia di Montevergine, il cui santuario, fondato nel 1119 da S. Guglielmo da Vercelli sopra gli avanzi di un tempio di Cibele, è visitato ogni anno nel giorno della Pentecoste da un numero immenso di devoti.

Ariano, con 13 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede vescovile, posta sopra tre colli, con un bello ed esteso orizzonte, scorgendosi le alture del Vulture e del Matese. Ha fertile ed esteso territorio, con cave di pietra dura, e la città è ricca di buone manifatture di rosoli.

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S. Angelo de Lombardi, con 7 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede vescovile, posta sopra una collina, in mezzo a vasto territorio, sterile soltanto ne' luoghi montuosi.

Solofra, con 6 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta in mezzo agli Appennini, e in luogo elevato, città assai bene fabbricata, e molto industriosa e commerciante.

Sono pure città popolose, Cervinara, Serino, Montella, e tutte capoluoghi di circondario.

La provincia ha 1064 miglia quadrate, con una popolazione di 377,200 abitanti, ed è scompartita in 3 distretti, 34 circondarii, 134 comuni, 87 villaggi.

Abruzzo Citeriore.

La provincia di Abruzzo Citeriore confina dalla parte di maestro col 1.° Abruzzo Ulteriore, dalla parte di greco con l'Adriatico, a mezzodì e ad oriente con la provincia di Molise e con la Capitanata, ad occidente col 2.° Abruzzo Ulteriore.

La provincia può riguardarsi divisa in due regioni, nella montuosa ed interna e nella regione marittima;e nella prima si eleva ed allargasi la Majella entro un perimetro di circa 60 miglia, e gruppi di rocce posti gli uni sugli altri rendono gigantesca la sua mole ed alte le cime sulle quali torreggia Monte Amaro. Di là si diramano altre catene, e alcune vanno inverso l'Adriatico, ed hanno ripide pendici, e sono spezzate in tante parti da' burroni, scavati da rovinosi torrenti, e da frane che cadono in basso. A misura che i monti si approssimano al mare, declinano di grado in grado, e si abbassano e si dilatano in pianure; e di qui comincia la regione marittima, interrotta soltanto da poggi e colli con lieve e dolce declivio, e si estende dalla foce della Pescara a quella del Trigno; e le pianure più notevoli sono quella della Pescara, quella di Ortona, quella del Sangro e quella del Vasto.

Sono molte le valli ond'è interrotto il suolo di questa provincia, e sono tante quanti i fiumi e i torrenti; ma le più notevoli sono quelle della Pescara e del Sangro.

Il clima varia secondo la natura della terra, ed è rigido sui monti, mite nelle pianure; ma spirano spesso venti aspri, i quali portano gelate e brine, dannose in primavera ai campi, agli ulivi ed ai frutti. Le nebbie predominano nelle valli.

Sono nude le cime de' monti, e quasi sterile tutta l'alta parte mont

uosa, ma fertili le colline e le valli. I maggiori prodotti della provincia sono, il grano, l'olio, il vino, il granone, il riso, åcc. ; e sono tenuti in pregio i grani duri di Vasto, i teneri di Atessa ed Orsogna; gli olj e i vini di Vasto e di Chieti; e

non manca la provincia di frutta, di ortaggi, di legumi, di lino, e di gelsi. Vi sono boschi di quercie, buone caccie, ed ¡I mare da pesce abbondante.

Migliorano ogni giorno le industrie e le manifatture; ed in Chieti v'ha fabbriche di guanti, di berretti, di calze, di vetri e cristalli. Vi sono lanificj e fabbriche di panni in Taranta e Lama; manifatture di corde armoniche nel piccolo comune di Salle; fabbriche di sapone, tintorie e manifatture di panni in Chieti; e fabbriche di spirito di vino e manifatture di cappelli, e di tele, del pari che in Chieti, in Vasto e Lanciano. No mancano i prodotti della pastorizia, formaggi e latticini di ogni genere.

Il commercio è operoso, e Chieti è un gran mercato.

Le città più notevoli della provincia sono:

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Chieti, capoluogo della provincia e del distretto di questo nome, con 19 mila abitanti, bella città posta sopra amena collina, donde si gode vasto orizzonte. in mezzo ad ampio e fertile territorio, con clima salubre. È sede arcivescovile e de' tribunali, città industriosa e commerciante, e ricca di belli edificj, tra' quali è da notare il teatro, e diversi ospizj di carità.

Lanciano, grande e bella città, posta sopra tre colli, con 16 mila abitanti, capoluogo di distretto e di circondario, sede arcivescovile, e ricca di molte industrie e grande piazza di commercio. La sua fiera di settembre gareggia con le migliori d'Italia. Ha belli edificj, e sono notevoli le chiese e sopra tutte la Cattedrale.

Vasto, con 11 mila abitanti, capoluogo di distretto; Ortona, con Il mila abitanti, capoluogo di circondario, e Pescara con 4 mila, sono luoghi marittimi e commercianti. E sono città industrioso e piazze di commercio, Atessa e Palena, capoluoghi di circondarii.

La provincia, la quale ha una superficie di 940 miglia quadrate, con una popolazione di 326, 759 abitanti, è scompartita in 3 distretti, 25 circondarii, 121 comuni e 34 uniti.

1.° Abruzzo Ulteriore.

Il 1.° Abruzzo ulteriore confina a settentrione con lo Stato Pontificio, ad oriente con l'Adriatico, a mezzodì con l'Abruzzo Citeriore, ad occidente col 2.° Abruzzo Ulteriore.

Il territorio della provincia è parte montuoso e parte piano. Il monte più alto è il Gran Sasso d'Italia, sul confine de' due Abruzzi ulteriori, la cima più alta dell'Appennino continentale. l'aspetto del quale grandioso e pittoresco gareggia con le più decantate scene alpine. Ad esso si aggruppano altri monti e si diramano, ed hanno nevose le sommità, e cadono in balze scoscese, con immensi dirupi, con profonde valli; ma la base è coverta di ricchi pascoli e di fitte selve. Le diramazioni di quei monti discendono a poco a poco, e avanzando inverso l'Adriatico. si aprono nelle sabbiose valli di quella provincia, che sono dappresso al mare terminate da lunga zona di terre piane, segnatamente nella parte settentrionale. Le valli più notevoli di quella provincia sono quella del Tronto, in sul confine del reame, quelle del Vibrata, del Tordino, del Vomano, del Piomba, della Pescara.

Il suolo è fertile nelle pianure, ma l'agricoltura progredisce lentamente, e conserva molte pratiche nocive alla prosperità de' campi. I maggiori prodotti della provincia sono il grano, il granone e l'orzo, e sono abbondevolissimi. Si coltiva l'ulivo, la vite e i legumi, e n'è ricco il prodotto. Vi ha frutta di ogni specie e regolizia.

La pastorizia è impoverita pe' continui dissodamenti de' terreni, e non pertanto dà buone lane e buoni formaggi, segnatamente nella contrada di Atri.

E operosa l'industria manifatturiera, e v'ha a Teramo fabbriche di cera, di cremore di tartaro, di cuoj, di cretaglie, di cappelli di paglia, e filande di seta; in Penne, fabbriche di cuoj, e tessuti di lana e di cotone; in Castelli, un antichissima e molto rinomata fabbrica di majoliche; in Civitella del Tronto e Corropoli, fabbriche di cappelli di paglia; in Giulia, città S. Angelo e Notaresco, filande di seta, tessuti, e fabbriche di regolizia; in Silvi, fabbrica di regolizia.

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Il commercio è operoso, e i principali mercati sono Teramo, Penne, Montorio e Nereto. Lungo il littorale non v'ha rade, fondi, o porti da poter rendere sicuri i bastimenti, ed agevoli i carichi. Martin Sicuro presso la foce del Tronto offre soltanto un aspetto di porto, e poco d'appresso un caricatoio comodo. E caricatoio operoso è Giulia Nova; e, per barche pescherecce, la foce del Vomano.

Le città più notevoli nella provincia sono:

Teramo, capoluogo della provincia, con 16 mila abitanti, posta sul confluente del Tordino e della Vezzola, sopra un'alta pianura che le circostanti colline ed il selvaggio aspetto del Gran Sasso rendono vagamente svariata.

È sede vescovile e de' tribunali della provincia. È bella città con vie larghe, ampie piazze e con belli edificj, tra' quali sono da notare il Duomo e l'antico palazzo municipale. La città è ricca di molte industrie, e ne trae buon profitto.

Penne, capoluogo di distretto, con Il mila abitanti, posta in fra gli Appennini, sopra due collinette, bagnate dal Tavo e dal Sino, fiumicelli i quali, derivando dal Monte Corno, sboccano nel Salino Maggiore. La città è industriosa e commerciante, circondata di campagne fertili, productive specialmente di olj e di vini, ed è sede vescovile.

Città Santangelo, con 7 mila abitanti, posta sopra una collina, in mezzo a fertili terre, ricca d'industrie sue proprie e di commercj, capoluogo di circondario.

Atri, con 10 mila abitanti, capoluogo di circondario, sede vescovile concattedrale di Penne. La città è posta in luogo eminente ed ha esteso orizzonte, fertile territorio produttivo specialmente di buon vino. Vi sono varie manifatture e operoso commercio. Tra' suoi edificj sono da notare, la bella cattedrale che ha la forma di un vecchio tempio gotico, con superbo campanile, ed il palazzo vescovile; e sono celebri le sue grotte, lontane dalla città intorno a 400 passi, e con forma di atrj e basiliche, con colonne ed altri maravigliosi lavori. Questa piccola città, la quale vuolsi che avesse dato il nome all'Adriatico, è ricca di antiche memorie, e dei nomi gloriosi degli Acquaviva.

Giulia-Nova, edificata nel secolo XV da Giulio Acquaviva, in sito ameno e salubre, ove trasse i vicini Castrensi, per liberarli da stragi epidemiche. E la piccola città crebbe a poco a poco, ed è oggi molto fiorente e ricca d'industrie e di commercj, in mezzo a fertile territorio e presso al mare. Ha 5 mila abitanti, ed è capoluogo di circondario.

Campli, con oltre 6 mila abitanti, posta alle falde di un monte, con vasto e fertile territorio, capoluogo di circondario.

Nereto, con 7 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta in una pianura, alla riva destra del Vibrata, con territorio produttivo principalmente di ulivi e di canapa, piccola città, ma molto industriosa e commerciante.

Montorio, posta sull'alta valle del Vomano, in mezzo a belli uliveti, con abitanti molto industriosi e commercianti, è nella via che muovendo da Aquila passa per la parte più ripida e più montuosa degli Appennini abruzzesi, e ravvicina quella città con Teramo e con le Marche.

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Civitella del Tronto, posta sul dorso di un monticello, nel confine del regno, edificata in forma quadrilatere, circúndata da vetuste e dirute mura, procinta di torri, non fortificata né da fosso né da spaldo, ed unita per isporgenti e nude rocce ad un castello, forte più per la natura del luogo che per lavori di arte. È capoluogo di circondario e piazza di armi, con 7 mila abitanti.

Pianella, con 7 mila abitanti, posta sopra un colle tra il Tavo e la Pescara, con aria salubre, in mezzo a vigne ed ulivi. È capoluogo di circondario e città commerciante.

La provincia ha 935 miglia quadrate, con 241, 585 abitanti, ed è scompartita in 2 distretti, 18 circondarj, 75 comuni e 91 villaggio.

2.° Abruzzo Ulteriore

Il 2.° Abruzzo Ulteriore confina a settentrione e ad occidente con lo Stato Romano, ad oriente col 1.° Abruzzo e con l'Abruzzo Citeriore, a mezzodì con Terra di Lavoro.

Il territorio di questa provincia è quasi tutto montuoso, e la parte più elevata è sul confine orientale ove torreggia il Gran Sasso d'Italia. Di là come da un masso enorme si diramano varie catene parallele, le quali convergono e si aggruppano inverso mezzodì, formando l'alto piano di cinque miglia; ed altre chiudono il bacino del Fucino.

Le motte e varie catene di monti domina no le valli che si aprono in mezzo ad esse e le pianure, le quali non hanno grande estensione; e come le più notevoli indicheremo le valiate di Civita Reale, di Aquila, di Celanô, di Rocca di Mezzo, di Pescocostanzo, di Sulmona, di Roveto, dei Marsi, della Amiternina, del Forconese.

I gioghi più alti sono coverti di neve presso a poco per sette mesi e sono nudi i dorsi e rigido il clima.

Questa provincia è tutta circondata di terre, ed è come la Svizzera del nostro reame, piena tutta di alti monti, di laghi, di torrenti e di ruscelli.

Il suolo di questa provincia non è meno fertile degli altri Abruzzi; e i suoi principali prodotti sono i cereali, le civaie di ogni specie, il granone, il vino, il zafferano, e abbonda di buonissime frutta e di ortaggi, e non manca di ulivi. La pastorizia è ricca, e abbonda il selvaggiume nelle selve. La robbia si produce di per se stessa ne' luoghi alpestri, e si coltiva ne' terreni sabbionosi ben lavorati: la sua radice serve a tingere di più colori i panni. Le donne di Scanno, indefesse ai lavori della spola e alle faccende domestiche, traggono da questa pianta spontanea la linta rossa per le loro vesti, e per i tappeti, i cui grossolani tessuti sono mirabili per la varietà de' colori.

Sono eccellenti i salami degli Abruzzi, e segnatamente le Mortadelle, delle quali Amatrice fa un commercio importante.

Sono stabilite in Aquila manifatture di merletti in seta, in filo e in cotone, manifatture di tele e di calze, fabbriche di cappelli, ecc.; in Sulmona tessuti di lino e di cotone, dobletti e guanti di seta, e fabbriche di panni, ed eccellenti confetture. Le città più notevoli della provincia sono:

Aquila, capoluogo della provincia, con 12 mila abitanti, posta sopra una collina, presso alle rive dell'Aterno, con forte cittadella e con belli edificj. Sede vescovile e sede de' tribunali, città ricca d'industrie e di commercj. La strada nuova degli Abruzzi riunisce Aquila alla capitale, passando per Napoli, Sulmona, Castel di Sangro, Isernia, Venafro, Capua.

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Sulmona, con 13 mila abitanti, posta in amena pianura circondata di monti, irrigata dal Sora e dal Pettorano, con una vigorosa vegetazione. È capoluogo di distretto, sede vescovile concattedrale di Valva. Ha belli edifizj, ed è notevole la magnifica cattedrale. Vi sono fabbriche di carte, tintorie, conde di pelli, e le fabbriche rinomate de' suoi confetti. Ha una spaziosa piazza, e sono frequenti i mercati e le fiere ogni anno.

Città Ducale, edificata in luogo elevato, in mezzo a fertile territorio, capoluogo di distretto, con 4 mila abitanti, città commerciante.

Avezzano, posta in mezzo a fertile e deliziosa pianura, confinante con le terre di Luco e col Fucino. La città è cinta di mura, ha un bel palazzo, una volta feudale, una ampia piazza, ed è capoluogo di distretto, con 5 mila abitanti.

Castel di Sangro, posta sulla riva destra del Sangro, ed in luogo alto, con 5 mila abitanti, capoluogo di circondario, piccola città industriosa, rinomata specialmente pei belli tappeti di lana. Vi ha intorno acque minerali, e nel monte vicino si cava una pietra detta travertina quasi simile alla casertana.

Popoli, sulla destra riva dell'Aterno, che ivi prende nome di Pescara, in una pittoresca situazione, fatta importante per le strade che di là si diramano, per Napoli, passando per Sulmona e Venafro, per Barletta, passando per Lanciano e Larino, e per l'Aquila, e per Chieti, Pescara, Atri. Giulia-Nova. È città commerciante, capoluogo di circondario, con fertile territorio.

Montereale, posta in cima ad un piccolo monte, in mezzo a vasta e fertile pianura, produttiva di cereali e di uve. È capoluogo di circondario, e città commerciante, con 7 mila abitanti.

Tagliacozzo, a ridosso di una montagna. donde si gode la veduta deliziosa delle circostanti colline e della vasta vallata sparsa di bei casamenti, di ampie strade alberate. Il fabbricato si distende dalla cima del monte al piano, ed ha belli edifizj ed una bella piazza. E capoluogo di circondario, città commerciante, con 8 mila abitanti.

La popolazione di questa provincia è principalmente sparsa in piccoli villaggi, ed oltre le descritte città, nessun comune giunge a 6 mila abitanti.

La provincia ha una superficie di 1905 miglia quadrate, con una popolazione di 336, 593 abitanti, scompartita in 4 distretti, 32 circondarj, 127 comuni e 229 villaggi.

Provincia di Molise

La provincia di Molise confina a settentrione con l'Adriatico e con l'À

bruzzo Citeriore, ad oriente con la Capitanata, a mezzodì col Principato Ulteriore e con la Terra di Lavoro, ad occidente con la Terra di Lavoro e col 2.° Abruzzo Ulteriore.

Il territorio della provincia è generalmente montuoso, e il monte più alto è il Matese sul confine meridionale: sulla cima spianata di quel monte esiste un lago, degno di essere considerato. Molte altre catene secondarie dell'Appennino ingombrano la provincia, formando in molti punti rocce e burroni, di mezzo a' quali cadono torrenti e fiumi.

Il suolo è sterile anzi che no rispetto alle altre nostre provincie; pure si coltiva il grano, il granone, le vigne e legumi di ogni sorta, ed alberi fruttiferi.

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L'orticoltura è ristretta in pochi luoghi; ma si coltivano prosperevolmente le patate, la canape, il lino, e in alcuni punti germoglia anche l'ulivo. E benché le selve sieno in gran parte distrutte, non mancano grandi alberi ghiandiferi e da taglio.

Gli abitanti della provincia sono generalmente dedicati all'agricoltura: le arti belle sono il lavoro di alcuni pochi che le coltivano con amore e intelligentemente. I mestieri fabbrili sono esercitati con certa proporzione quasi in tutt'i comuni; ma sono da distinguere Campobasso pe' suoi fini lavori di acciaio ridotti a martello ed a lima; Agnone e Frosolone pe' lavori di ferro, di acciaio e rame e per altre manifatture; Sepino e Morcone per le tintorie di panni di lana. Vi è oltre a ciò, in Campobasso una filanda, in Isernia fabbriche di carta, in Colletorto fabbriche di cappelli. Né mancano carterie, concerie, fabbriche di liquori, di candele di sego, e di panni ordinarj.

Il commercio ch'esercita la provincia, sí terrestre che marittimo, è poco importante. Manda le sue granaglie in Terra di Lavoro e in Napoli, e n'esporta anche per le rade di Termoli e di Campomarino. Ricambia co' paesi vicini i suoi bestiami, e manda fino nell'estero i suoi belli lavori di acciaio.

Le città più notevoli sono:

Campobasso, capoluogo della provincia, o del Contado di Molise, con 12 mila abitanti, posta sul pendio di un colle, innanzi al quale si sviluppa una estesa ed amena pianura, con un territorio ricco di limpide acque, buoni pascoli, ortaggi ben coltivati, vino, olio, latticini eccellenti. La città è industriosa, segnatamente pe' lavori di acciaio, e ha ricchi mercati e fiere. Ha un teatro, e non manca di belli edificj.

Isernia, sede vescovile, capoluogo di distretto, con 8 mila abitanti, città industriosa e commerciante, posta sopra una collina, e circondata da monti l)iù alti e da fiumi, con un vasto e fertile territorio.

Larino, capoluogo di distretto, sede vescovile, con 6 mila abitanti, posta in luogo elevato e cinta di monti da ogni lato fuor che dalla parte di settentrione, dove si apre vasta pianura bagnata dal Biferno, La città è circondata di mura e di torri, e ha fertile territorio.

Agnone, capoluogo di circondario, con 11 mila abitanti, edificata sopra una collina, con aria salubre e territorio fertilissimo, abbondante di caccia. La città è multo industriosa, e segnatamente di lavori di rame e fabbriche di panni, ed esercita un operoso commercio mercé de' suoi periodici mercati e fiere.

Sepino, con 6 mila abitanti, capoluogo di circondario, fabbricata sopra una collina. Ha belli edifizj e chiese e bei conventi. Ha fabbriche di panni e di carta, e sono importanti le sue fiere e i suoi mercati.

Bojano, con 5 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta a piè del Matese, sede vescovile suffraganea di Benevento.

Morcone, Trivento, Casacalenda sono gli altri comuni della provincia più popolati, capoluoghi di circondario.

Termoli sul mare, con circa 2 mila abitanti, l'unica marina di commercio della provincia, capoluogo di circondario, sede vescovile suffraganea di Benevento.

Il Contado di Molise ha una superficie di 1344 miglia quadrate, con 387, 690 abitanti, ed è scompartito in 3 distretti, 33 circondarj, 142 comuni.

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La Capitanata

La Capitanata confina a settentrione e ad oriente con l'Adriatico, a mezzodì con la Terra di Bari, con la Basilicata e col Principato Ulteriore, ad occidente col Contado di Molise.

Il suolo della provincia è nella massima parte piano, e vi penetrano alcune diramazioni dell'Appennino meridionale; ma quella del promontorio Gargano, o montagna S. Angelo, può riguardarsi come un gruppo isolato di monti, solamente legato alla grande catena da leggere ondolazioni di colli. Il monte Calvo è il più alto del Gargano. Il centro della provincia è una vasta pianura che si estende sino al mare, ed è terreno sabbioso e coperto di pingui pascoli, frequentato per una buona parte dell'anno da innumerevoli greggie di pecore.

Le coste sono basse e poco interrotte, e non evvi alcun porto atto all'ancoraggio di grosse navi; e presso Manfredonia possono ancorare e sono riparati dal promontorio legni di media grandezza.

Presso alle coste di questa provincia si aprono alcune vaste lagune, e dalla parte di settentrione sono quelle di Lesina e di Varano, dalla parte di oriente il Pantano Salso e il lago di Salpi.

Il clima di questa provincia è caldissimo, soprattutto quello della pianura, dove in alcuni siti e stagioni respirasi un'aria poco sana. E accade non di rado che la siccità delude le speranze de' coltivatori; e gli abitanti di molti luoghi sogliono raccogliere e conservare l'acqua in vaste cisterne.

Negli anni in cui non mancano le pioggie, il suolo mostra in generale una grande fertilità, e produce grani abbondanti, biade, ortaggi, agrumi, frutta, regolizia, capperi, carrubbe, funghi eccellenti, tabacco, zafferano, erbe medicinali; e coltivasi utilmente l'ulivo e la vite, e nella parte di greco si estrae la manna in gran copia, e numerosi pini forniscono pece greca, pece navale, acqua di ragia, trementina, ecc. E la caccia e la pesca sono assai produttive.

Importantissime sono in questa provincia l'industria agricola e quella dell'allevamento degli animali, e principalmente delle vacche, delle pecore e dei cavalli, di cui la razza è molto stimata, non meno per bellezza che per robustezza e brio. Le lane riescono fine e morbide, e sono assai ricercate dall'estero; si fanno molti e buoni formaggi, e in varj luoghi fiorisce l'industria delle api, da cui si trae mele squisito. Nel capoluogo e nelle varie altre città vi sono manifatture di svariati generi.

Il traffico de' prodotti naturali della provincia è operosissimo, e Foggia è uno de' grandi emporj de' grani, formaggi e lane di Puglia, e la sua fiera annuale è animatissima. Manfredonia è uno de' principali caricatoj pej depositi di Foggia, e considerevole è il commercio di transito delle merci straniere.

Le città più notevoli della provincia sono:

Foggia, capoluogo della provincia, con 25 mila abitanti, fabbricata in mezzo aduna pianura, città importante del reame per la sua ampiezza, per le sue istituzioni scientifiche e letterarie, per il suo ricco commercio. Ha belli edifizj, magnifiche chiese e un superbo teatro, e un pubblico passeggio, detto la Villa, bello per fontane, tempietti, aiuole, poggi, piccole cascate di acqua. Ha un orto botanico, un camposanto, molti stabilimenti di pietà, ed un tribunale di commercio, e l'amministrazione del cosi detto Tavoliere di Puglia.

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Lucera, con 14 mila abitanti, sede de' tribunali della provincia, sede vescovile, città culta, industriosa e commerciante, con nobili edificj pubblici e privati, con una cattedrale di bella e antica struttura, ornata di 14 colonne di verde antico, fatta innalzare da Carlo Il sulle rovine della magnifica moschea dei Saraceni.

5<m Severo, capoluogo di distretto e sede vescovile, con 16 mila abitanti, posta nella parte settentrionale della grande pianura pugliese, in mezzo a fertilissimo territorio, produttivo di frumenti, legumi, olio, bestiami, di cui fa grande traffico. E la città è grande, cinta di antiche mura mezzo dirute con eleganti edificj e spaziose strade.

Manfredonia, con 8 mila abitanti, sede arcivescovile, innalzata nel medioevo per volere di re Manfredi presso alle rovine dell'antica Siponto. È città marittima, ancoraggio di legni mercantili, caricatojo de' grani duri delle Puglie, e capoluogo di circondario.

Rodi, in riva all'Adriatico, a piè del Gargano, capoluogo di circondario, piccola città con 5 mila abitanti, ma importante per il commercio esterno e per il suo cabotaggio, in mezzo a fertile territorio, produttivo di grani, vino, olio', carrubbe e agrumi.

Cerignola, con 18 mila abitanti, capoluogo di circondario, con vasto e fertile territorio, posta sopra un'amena collina, in un'aperta compagna. È città industriosa e commerciante, capoluogo di circondario, sede vescovile, concattedrale della chiesa di Ascoli.

Bovino, con 7 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede vescovile, posta in amena pianura, in mezzo a fertile territorio, produttivo di ottimi vinú

Monte S. Angelo, con 17 mila abitanti, capoluogo di circondario. La città è posta sopra un monte del gruppo del Gargano, e poco discosta dal mare, e ha belle chiese e riccamente ornate. I luoghi circostanti sono in gran parte boscosi, adoperati ad uso di pascoli, ed è squisito il miele che si raccoglie fra que' sassi alpestri, ove crescono molte piante odorose.

S. Marco in Lamis, con 16 mila abitanti, in luogo cinto di monti, con fertile territorio, e capoluogo di circondario.

Apricena, con 5 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta alle falde del Gargano, con fertile territorio produttivo di cereali e ottimi vini. Vi si cavano marmi di vario colore e pietre d'intaglio» e vi si produce cacio squisito, che nel regno chiamasi cacio cavallo.

Serracapriola, con oltre 5 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta in luogo elevato ed amenissimo, con vasto orizzonte ed aria salubre. Ha belli ediflcj e avanzi di vecchie mura. E il territorio circostante abbonda di frutta squisite, cereali, legumi, vini. È il luogo del passaggio annuale di numerose greggie che vengono ne' pascoli invernali delle Puglie.

La provincia ha una superficie di 2205 miglia quadrate, con una popolazione di 340, 294 mila abitanti, ed è scompartita in 3 distretti, 32 circondarj, 65 comuni e 6 villaggi.

La Terra di Bari

La provincia di Terra di Bari confina dalla parte di settentrione e di greco con 1' Adriatico, ad oriente e a mezzodì con la Terra d'Otranto e con la Basilicata, ad occidente con la Capitanata.

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Il suolo di questa provincia è generalmente piano, coperto di un grosso strato di terra vegetale fertilissima. Nella parte meridionale è attraversato da una serie di colline che si sviluppano di oriente inverso occidente, e che hanno nome di Murgie. Il solo fiume notevole che vi scorre è l'Ofanto, il quale forma per buon tratto una linea di confine tra questa provincia e la Capitanata. Pochi ruscelli veggonsi scendere dal versante settentrionale e scaricarsi nell'Adriatico, ed altri pochi dal versante meridionale per entrare nella Basilicata e nella Terra d'Otranto. Non mancano boschi e buoni pascoli. Il calore nella stagione estiva è opprimente, ma la temperatura è mite in tutto il resto dell'anno.

Il suolo di questa provincia è assai ben coltivato, e produce principalmente ed in gran copia, grano, olio, mandorle, fichi, cotone, lino, e vini, di cui i più rinomati sono il moscato di Trani, il zagarese di Bitonto, ed il vino bianco di Terlizzi. L'olio è di eccellente qualità. Vi abbondano i capperi, la regolizia e la soda. Vi si allevano buonissime razze di cavalli, molti asini, e, presso all'Ofanto, non pochi bufali. Gli armenti bovini, le greggie di pecore che danno lana finissima, le capre, i porci vi sono comuni. Sono abbondanti la caccia e la pesca; poco importante l'allevamento de' bachi da seta c delle api. Le grandi saline presso Barletta rendono ogni anno gran quantità di sale; nelle vicinanze di Molfetta si raccoglie molto nitro; e ne' dintorni di Terlizzi e in altri luoghi trovansi cave di buone pietre da costruzione. La pastorizia è in questa provincia un ramo importante d'industria, c, tra gli altri prodotti, si hanno formaggi di ottima qualità, particolarmente in Gravina. E generalmente è molto operosa l'industria degli abitanti di questa provincia, e le sue belle e fiorenti città non mancano di stabilimenti industriali di vario genere. In Bari vi sono fabbriche di rosoli squisiti e di confetture, manifatture di pianoforti, ed altri pregevoli lavori di legno, e buone tipografie. E nelle varie altre città della provincia sono buone fabbriche di mobili (segnatamente in Terlizzi), di paste, di saponi, di prodotti chimici, tintorie, concerie, telaj di felba, di tele, di fazzoletti, ecc. E diverse e pregiate manifatture si fanno negli Ospizj di Giovinazzo e di Bitonto.

Il commercio di questa provincia, ch'è quasi tutto marittimo, si fa per la massima parte con Venezia, Trieste e le coste della Dalmazia, e consiste nell'esportazione di grani, mandorle, cotone, vini, sapone, e principalmente di olio di ulive, di eccellente qualità, ricercato per la Germania, la Francia e per altri paesi. S' importuno generi coloniali, tessuti diversi, panni, legname, ferro, ed altri metalli, ecc.

I mercati principali di tale commercio sono le principali piazze della costa, e singularmente Bari, Barletta, col suo rinomato caricatojo di grani, e Molfetta.

Le città più notevoli sono:

Bari, capoluogo della provincia, con oltre 30 mila abitanti, sede arcivescovile la città più popolosa delle provincie continentali dopo Napoli, posta sopra una penisoletta in ameno sito sul lido dell'Adriatico. È grande e bella città, con eleganti edificj, segnatamente nelle parte nuova, e sono da notare la cattedrale e il teatro. Gli abitanti esercitano grandi industrie e vasto commercio; ed il suo porto, i cui lavori avanzano ogni giorno, è il migliore ne' lidi dell'Adriatico.

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Barletta, capoluogo di distretto, città popolosa di 25 mila abitanti, la più commerciante del regno dalla parte dell'Adriatico, con porto e una ricca marina mercantile, la quale sostiene un commercio molto operoso, segnatamente co' porti della Dalmazia. È qui il caricatojo de' grani teneri delle Puglie destinati per Napoli e per l'estero.

Trani, posta in riva dell'Adriatico, sede de' tribunali della provincia e di una corte di appello, con 21 mila abitanti. Qui sono da notare alcuni belli edificj, una vasta cattedrale di ordine gotico, ed altre chiese e conventi, un grande seminario ed un teatro. Il suo porto non è capace ora che di piccolo naviglio, e si esporta olio, buon vino, moscato, mandorle, fichi eccellenti ed altri prodotti del fertile territorio che circonda la città. Ed ivi intorno, ed in gran parte delle pianure pugliesi, gli uliveti sono cosi spessi e di tanto bella appariscenza, che formano un graditissimo spettacolo, come di amena selva la quale si estende per tutto il resto della provincia e fino a Taranto, non interrotta che da piantagioni di cedri e melaranci, frequenti anch'esse e prosperose.

I Tranesi sono molto dedicati alla pesca, e posseggono un gran numero di barche con cui pescano non solo nell'Adriatico, ma nel Ionio, nel Tirreno, nell'Arcipelago e in altri mari.

La popolazione di Terra di Bari non è sparsa in piccioli comuni come in altre provincie, ma è riconcentrata in poche città, e le più popolose sono:

Andria, con 27 mila abitanti, poco lungi dal mare, in mezzo a fertile territorio. Corato con 25 mila abitanti, in mezzo ad una pianura. Canosa, con 13 mila abitanti, posta sopra amena collina, presso la sponda destra dell'Ofanto. Minervino, con 13 mila abitanti, sopra un'amena collina, con ampio e fertile territorio, città industriosa e commerciante Molfetta, con 25 mila abitanti, in riva all'Adriatico, città industriosa e commerciante, con belli edificj, una magnifica cattedrale, un grande e rinomato seminario. Bitonto, con 24 mila abitanti, posta in una pianura, io mezzo a fertile territorio, con molte e belle chiese, una cattedrale magnifica con 4 ordini di colonne di finissimi marmi, e un antico palazzo gotico. Bisceglie, con 19 mila abitanti, posta presso al mare, bella e ricca città, e i cui abitanti sono molto industriosi e commercianti. Terlizzi, con 18 mila abitanti, posta sopra un rialto, poche miglia lontana dal mare, con territorio fertilissimo, abbondante di grano, vino, olio, legumi, frutta e mandorle in gran copia. Ruvo, con 15 mila abitanti, posta sopra amena collina, in mezzo a campi fertili, produttivi di granaglie e di legumi, e con eccellenti pascoli e pomarii, da' quali si ricavano frutta saporitissime. Altamura, con 16 mila abitanti, capoluogo di distretto, posta sopra un erto colle che, scostandosi dalla lunga catena degli Appennini, forma come una penisola in mezzo a pianure sparse di rivoli e di acque stagnanti onde la città è circondata. Ha vasto e fertile territorio, e industrie di formaggio e lane, manifatture di pelli, e commercio di giovenchi, bovi e giumenti. Gravina, con Il mila abitanti, nel confine della provincia con la Basilicata, città culta, industriosa, commerciante, specialmente di lane, e ricca di belli edifizj. Gioja, con 16 mila abitanti, bella, ricca e commerciante città con fertile territorio. Monopoli, con 20 mila abitanti, sulle rive dell'Adriatico, in amena pianura, con territorio coperto di uliveti e mare abbondante di pesce, e città ricca di belli edificj.

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Fasano, con 13 mila abitanti, città industriosa e commerciante, poco discosta dall'Adriatico, con ampio e fertile territorio. Conversano, con 11 mila abitanti, in mezzo a belle ed amene campagne. Putignano, con 12 mila abitanti, con territorio ficco di vigne, uliveti e alberi fruttiferi.

E tutte queste città sono capoluoghi di circondario.

La provincia ha una superficie di 1783 miglia quadrate, con 554,557 abitanti, ed è scompartita in 3 distretti, 37 circondarii, 53 comuni e 2 villaggi.

Terra d'Otranto

La Terra d'Otranto confina a settentrione con la Terra di Bari e con l'Adriatico, ad oriente col Canale d'Otranto, ad occidente con la Basilicata, a mezzodì col mar Jonio.

Questa provincia si sviluppa sotto la forma di penisola, e forma le parte più orientale del nostro reame e d'Italia. Ha la sua parte montuosa, formata da una serie di colline, che qui prendono nome di Serre, e le maggiori elevazioni trovansi sul confine della Terra di Bari e della Basilicata, dove si rannodano alle altre diramazioni appennine.

Non vi sono che fiumicelli di breve corso, ma abbondano le acque sorgive, e il suolo è di una fertilità maravigliosa, e ha buoni pascoli e folti boschi. Il clima è generalmente salubre, ora segnatamente che il lavoro delle bonificazioni ha disseccato molti luoghi paludosi e alcuni laghetti, detti Saline, che trovavansi presso Taranto. Le coste, se togli quelle d'Otranto e quelle di S. a Maria di Lecce, che sono elevate e rocciose, tutte le altre sono basse ed offrono facili ancoraggi.

I principali prodotti del suolo sono, olio di uliva in gran quantità e ricercatissimo nell'estero, grano, granone, biade, patate, cotone, lino, robbia, tabacco, vino in gran copia e di ottima qualità (massime quello di Capo di S.a Maria di Lecce, e quelli di Brindisi e di Lecce), buoni ortaggi, legnami, agrumi eccellenti, specialmente presso Gallipoli, frutti di ogni specie (tranne le castagne), gelsi, mandorle, carrubbe. I boschi forniscono buon legname; da' pini si trae la pece greca, l'acqua di ragia e la trementina, dagli ulivi la resina detta gomma di ulivo. Abbonda la caccia, abbondano di pesci i mari, e i varj laghetti e fiumicelli, e sono pregiati il tonno di Gallipoli, le ostriche ed altri crostacei del Mare piccolo di Taranto.

Ed è operosa la industria delle provincie tanto agricola che manifatturiera. Si alleva molto bestiame grosso e minuto, specialmente pecore, buoni cavalli, muli e asini robusti, molte api e bachi da seta. Sono buoni i salami ed i formaggi; sono ricercate le paste minute di Brindisi. Sono tenuti in gran pregio i guanti, le calze ed altri lavori di lana-pinna, la quale si trae in Taranto da un crostaceo che si pesca in quelle acque. E nelle varie città della provincia vi sono fabbriche di sapone, di cremore di tartaro, di ceri, pomate, fiori artificiali, velj, felpe, cappelli di paglia e di feltro, pannilani, coperte di bambagia, tele di lino e di cotone, concerie di pelli, vasellame.

Ed è importante il commercio della provincia, tanto interno che esterno. L'esportazione consiste specialmente in olio di uliva, di cui Gallipoli e Brindisi sono i principali caricatoj, in lane, cotone, frutta diverse, semi di varie specie, salami, formaggi.

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Le città più notevoli sono:

Lecce, capoluogo della provincia, sede vescovile, con 22 mila abitanti, una delle più belle città del Regno per regolarità di fabbricato e grandiosi edificj, per industrie e commercj. Vi è una real fabbrica di tabacchi, ed il tabacco leccese di 1.a qualità non cede al siviglia di Spagna. Il territorio circostante è feracissimo di ottimi prodotti, e nella città sono molte manifatture pregevoli.

Brindisi, con quasi 9 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede arcivescovile, in bella situazione sopra due grandi colline che possono riguardarsi come formate di altre minori. La città è industriosa e commerciante, ed il suo porto, una volta tanto celebrato, ed ora caduto e rovinato, è non per tanto ancora operoso ed uno de' più importanti del reame nelle marine dell'Adriatico.

Gallipoli, con oltre 10 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede vescovile, fabbricata sopra una penisoletta sul golfo di Taranto, cinta di mura e di bastioni. Bella e ricca città, abbondante di pesce, di vegetali, di frutta, di vino, e rinomata per la squisitezza degli olj di uliva, ricercati nelle principali piazze di commercio di Europa. La città ha molte belle chiese e monasteri, ed eleganti edificj pubblici e privati; grande emporio degli olj delle Puglie, con una rada formata dal ridente e ceruleo mar Jonio, dove si fa grande pesca di tonni e di altri pesci, che sono pure un elemento importante di commercio.

Taranto, con 22 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede arcivescovile, fabbricata in fondo al golfo del suo nome in piacevole sito, tra due seni profondi di mare, il Mare piccolo ad oriente ed il Mar grande ad occidente. Ha parecchi edifkj di antica costruzione, e, tra gli altri, la cattedrale e la cappella dedicata a S. Cataldo, ampliata con maestosa architettura, con disegno simile al Pantheon di Roma. Vi sono varj conventi, un ampio orfanotrofio, due ospedali, il seminario. La città è industriosa, e vi ha manifatture importanti di tela, di cotone, di mussoline, di velluti e di altri tessuti. Il clima è dolce, il suolo ubertoso, fertile di grani, abbondante di frutti e vini buonissimi, ed è prezioso il miele, eccellenti i pascoli, rinomati i fichi e le castagne; è pescoso il mare, e notevole la conchiglia Pinna, che produce la lana marina. Ed il commercio, quantunque non sia più quello di prima, è pure operoso ed importante.

Francavilla, con 18 mila abitanti, posta in mezzo ad ampia pianura, con un territorio fertilissimo. E grande e bella città, con buoni edificj e belle chiese, e ricca d'industrie e di commercj, e capoluogo di circondario.

Martina, con 16 mila abitanti, capoluogo di circondario, con vasto e fertile territorio ed amene campagne. Grande città industriosa e commerciante, con belli edificj, trai quali è da notare il magnifico palazzo ducale.

Ostuni, con 14 mila abitanti, capoluogo di circondario, poco discosta dall'Adriatico, fabbricata a piè di una collina, in un territorio fertilissimo, abbondante specialmente di olj e di mandorle, di cui fa commercio.

Mesagne, con 7 mila abitanti, vasta città commerciante, cinta di forti mura, posta in amena e deliziosa pianura, in fertile terreno ricco di prezioso olio e di acque purissime, capoluogo di circondario.

Manduria, con 8 mila abitanti, capoluogo di circondario, città commerciante, posta in mezzo ad ampia e fertile pianura.

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Nardo, con Il mila abitanti, sede vescovile, capoluogo di circondario, posta in amena pianura, con fertile territorio, e con fabbriche di stoffe, mussoline, e coperte di cotone, lavorate per uso di commercio.

Galatina, con 9 mila abitanti, capoluogo di circondario, città culta e commerciante, ornata di buoni edifizj e di belle chiese, posta in pianura, con fertile territorio.

Otranto, sede arcivescovile, piccola città, da cui la provincia trasse il suo nome, posta presso al capo d'Otranto, che forma ivi un piccolo porto, innalzata in quel luogo che volgarmente dicesi calcagno dello stivale.

La provincia ha una superficie di 2171 miglia quadrate, con una popolazione di 445,343 abitanti, ed è scompartita in 4 distretti, 44 circondarii, 130 comuni, 51 villaggio.

La Basilicata.

La Basilicata è la più estesa provincia del Reame, ed è come rinchiusa tra le Calabrie, i Principati e le Puglie, e tra 'l Tirreno ed il Jonio.

Il suolo è in gran parte montuoso, e sono le diramazioni dell'Appennino che si sviluppano sotto forme e direzioni diverse, e si spandono e si aggruppano in monti e colline in varj punti della superficie della provincia.

La parte più elevata è nelle montagne di Muro, del Rivezzone, del Voltorino e del Pollino, ch'è il punto culminante, in sul confine meridionale della provincia. Quasi tutte le montagne sono coperte di boscaglie, e intramezzate da valli, le quali scendono declinando inverso oriente e mezzodì.

Le acque che derivano da' monti sono pure, limpide e fredde, perenne tributo de' fiumi che bagnano quel vasto territorio, il Tanagro, l'Îfanto, il Bradano, il Basento, la Salandrella, l'Aciri, il Siri, il Lao. Zampillano in pi

ù luoghi acque minerali, che contengono parti sulfuree e solfati disciolti. Tranne il lago Pesole, ove sorge un'isoletta, ogni altro è di poca importanza.

Intorno ad una quinta parte della superficie della provincia è ricoperta di boschi, e sono di quercie, di cerri, faggi, olmi, frassini, aceri, carpini, tigli.

Le produzioni principali di questa provincia sono il grano, le biade, i legnami, i vini; né manca l'ulivo, il cotone, il lino, il canape; ed abbonda la regolizia ne' terreni vicini al Jonio.

La industria de' bachi da seta e delle api acquista ogni giorno maggiore estensione.

In mezzo agli utilissimi pascoli e ai molli boschi, di che è sparsa la provincia, la pastorizia è ricca e fiorentissima, ed i formaggi sono squisitissimi. E quantunque l'industria manifatturiera non ab

bia acquistato larghe proporzioni, pure non mancano fabbriche di cuojami, di cappelli, di ferro, åcc., e manifatture di panni di lana, e di tele di lino, di canape, di cotone.

Il commercio non è molto importante, ma sarà maggiore quando saranno più vasti e perfezionati i prodotti del suolo e dell'industria, e saranno più facili e più estesi i mezzi di comunicazione.

Le città più notevoli della provincia sono:

Potenza, con 13 mila abitanti, capoluogo della provincia, posta in luogo elevato sopra un'amena collina degli Appennini. È sede vescovile, suffraganea di Acerenza, ed ha una bella cattedrale di ordine gotico, ed altri belli edificj.

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E fertile il suo territorio, e produttivo di granaglie e di ottimo olio.

Matera, con 14 mila abitanti, capoluogo di distretto, situata fra tre profonde e deliziose valli, con vasto e fertile territorio. E sede arcivescovile, concattedrale di quella di Acerenza.

Avigliano, con 15 mila abitanti, capoluogo di circondario, città industriosa e commerciante, posta in luogo elevato, poche miglia lontana da Potenza. In quelle vicinanze trovasi una miniera di pietra marmorea, che lavorata prende la figura di persichino. La città ha un grande ospizio destinato per gli orfani della provincia.

Melfi, con 9 mila abitanti, capoluogo di distretto, e sede vescovile, suffraganea della S. Sede, città industriosa e commerciante, posta sopra un'amena collina, a piè del Vulture, in un fertile territorio produttivo principalmente di olj e di vini. La città fu distrutta dal terremoto del 1851, ed oggi è quasi del tutto ristaurata.

Venosa, con 8 mila abitanti, sede vescovile, suffraganea di Acerenza, capoluogo di circondario, posta in luogo elevato, a piè dell'Appennino, assai ben fabbricata, cinta di mura, con magnifica cattedrale.

Lagonegro, con 6 mila abitanti, capoluogo di distretto, posta alle falde di un monte, in mezzo a fertile campagna, città commerciante.

Maratea, con 7 mila abitanti, presso alle rive del Tirreno, posta alle falde di un monte, donde si gode ameno orizzonte. E' piccola città, ma con commercio alquanto operoso.

La Basilicata ha una superficie di 3134 miglia quadrate, con una popolazione di 519,587 abitanti, ed è scompartita in 4 distretti, 44 circondarj, 124 comuni e 5 uniti.

La Calabria Citeriore.

Questa provincia confina a settentrione con la Basilicata, ad oriente col Mar Jonio, a mezzodì con la 2. a Calabria Ulteriore, ad occidente col Tirreno.

Il territorio ha la sua parte montuosa e la sua parte piana. La catena degli Appennini si raggruppa in sul confine settentrionale della provincia, e dal Monte Pollino, ch'è il punto culminante, discende una catena da settentrione a mezzodì, quasi parallelamente alla costa, tirrena sulla quale gitta molte diramazioni secondarie, dà origine a molli rivi di acqua e torrenti. Sono molte rupi nella parte occidentale e scendono sin presso al lido bagnato dal Tirreno, ed alle loro falde alcune colline di fertile terreno sono coltivate dalla numerosa gente che vive sopra quelle rive con le industrie de' campi e del commercio marittimo, Dallo stesso monte Pollino si distacca un'altra catena di montagne dalla parte del. Ionio, la quale scende parallelamente alla prima, a cui poi si aggruppa sul confine meridionale, formando le montagne della Sila, le quali si aprono in fertili valli e pianure, e cadono in erte balze ricoperte da immensa foresta.

Da' gioghi della Sila partono i due principali fiumi di questa provincia, e sono il Crati ed il Savuto, de' quali il primo scende a guisa di torrente, tocca Cosenza, e, serpeggiando in largo letto per la valle, corre al mare nel golfo di Taranto; ed il secondo corre sul confine meridionale e mette foce nel Tirreno.

Le valli e le più vaste pianure si aprono dalla parte del Jonio, e sono terre fertilissime. Ed i maggiori prodotti sono grano, olio, vino, lino, canape, riso, zafferano, miele, cotone, seta, manna, sale, legumi ed ogni surta di frutti e di prodotti ortalizj;

e quasi ogni comune ha il suo gelseto

, segnatamente ne' distretti di Cosenza e di Paola; e molti giardini di agrumi sono nel distretto di Rossano.

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E sono tenuti in pregio segnatamente gli olj di Amantea, di Corigliano, di Altomonte, e di tutt'i colli calcarei e marittimi di questa provincia; generosi i vini di Castrovillari, di Cirelle, e sopra tutti gli altri quello del Diamante, ed eccellenti i fichi secchi, di cui si fa grande commercio. Vi ha estese mandria e si producono buoni formaggi; v'è grande industria di porci e di ottimi salami; e sono belli e forti i cavalli e i muli. Vi ha cave di alabastro e di sale montano, e trovasi a Lungro una salina estesissima, con vaste gallerie.

Vi sono manifatture di pelli e suole; fabbriche di cappelli e di regolizia; telaj di seta, di flanella, castorini, e tessuti di cotone, di filo e di lana. Vi ha forni per il lavoro della pece nera, ed altri per la bianca, da cui si trae l'olio, e si fa catrame e terebinto; v' ha molte seghe ad acqua per il taglio delle tavole.

Il commercio è operoso e comprende tutt'i prodotti del suolo e dell'industria. La maggiore esportazione è di olj, vini, salami, legnami. I principali centri di questo commercio sono Cosenza, Paola, Rossano, Amantea, Corigliano.

Le città più notevoli sono queste:

Cosenza, capoluogo della provincia, con 15 mila abitanti, posta in una valle cinta di colline, al confluente del Busento e del Crati, con vasto e ricco territorio. La città ha grandi e belli edificj, un ospedale, un orfanotrofio, una bella e grande cattedrale, un'accademia che dicesi Cosentina. È sede arcivescovile, e città industriosa e commerciante.

Rossano, con 13 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede arcivescovile, città ben fabbricata, cinta di mura, difesa da un castello, in mezzo ad amene e fertili campagne, produttive di vini, cedri, e di altri frutti abbondanti. Ha una magnifica cattedrale, incrostata di marmi lavorati, e chiese e stabilimenti di pietà.

Paola, con 9 mila abitanti, capoluogo di distretto, piccola ma bella città, posta in riva al Mar Tirreno in amenissima posizione, con belli edificj, e stabilimenti di pietà. Ha un territorio fertilissimo, ed i gelseti sono fra' migliori delle provincie Calabre. Ha varj stabilimenti d'industria, e specialmente fabbriche di panni, di seta, e di stoviglie di terra.

Castrovillari, con 8 mila abitanti, capoluogo di distretto, posta in una valle dell'Appennino, nella grande via che, partendo da Napoli, si dirama nelle Calabrie insino a Reggio, e la quale è come una gola stretta tra due colli elevati ed alpestri. La città ha mediocri fabbricati, ed esercita un qualche commercio.

S, Giovanni in Fiore, con 10 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta a piè della Sila, in una fertile valle, ad oriente di un fiumicello abbondante di pesca.

Acri, con 11 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta in luogo elevato, in vicinanza de' boschi della Sila, con territorio fertilissimo, produttivo di vini ed olj eccellenti, e con ottimi pascoli. L'industria maggiore è quella delle carni salate, ed il commercio principale è di salami e prosciutti eccellenti.

Fuscaldo, con circa 10 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta sopra un'altura, presso al Tirreno, con ampio e fertile territorio, con un commercio operoso.

Corigliano, con 10 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta sopra un alto colle in mezzo a campagne fertilissime. Esercita un certo commercio di esportazione e di cabotaggio, e la sua dogana è tra la foce del Crati e il Capo Trionto.

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Lungro, con 6 mila abitanti, posta sul declivio di una montagna, notevole per le sue saline vaste e montane.

Morano, con 9 mila abitanti, capoluogo di circondario, fabbricata in luogo aspro e montuoso, con manifatture di lana e di seta, di cui fa ricca commercio.

Cassano, con 8 mila abitanti, edificata in una valle presso al Mar Jonio, con fertile territorio, città ricca e commerciante, capoluogo di circondario, sede vescovile suffraganea di Reggio.

La provincia ha 1980 miglia quadrate, con 465, 511 abitanti, ed è scompartita in 4 distretti, 43 circondarj, 152 comuni e 94 villaggi.

La 2.a Calabria Ulteriore.

La 2. a Calabria Ulteriore confina a settentrione con la Calabria Citeriore, ad oriente col Jonio, il quale vi forma il golfo di Squillace, ad occidente col Tirreno, che forma i golfi di S. Eufemia e di Gioja, a mezzodì con la provincia di Calabria Ulteriore 1. a

Il territorio di questa provincia è in gran parte montuoso, e sono le diramazioni appennine che si aggruppano e si sviluppano in tante direzioni diverse, e formano valli e burroni profondi. E partono dal gruppo della Sila, ed una diramazione si sviluppa tra le sorgenti del Lámato ed il corso del Savuto infino al Capo Suvero nel Tirreno. E dalla parte opposta fra' divergenti corsi del Nieto e del Tacina, che dalla Sila traggono origine, i monti digradansi in una pianura, che un tempo faceva parte del Marchesato di Cotrone, fertile terra non interrotta che da basse colline.

Tra le valli del Lamato e del Corace l'Appennino protendesi insino a Tiriolo, ove torreggia il monte, e divide come in due parti la media e la Calabria meridionale, e domina la pianura di S.a Eufemia.

Tra' due golfi di Squillace e di S.a Eufemia, sulla parte più stretta non solo della Calabria ma della italiana penisola, che Botta con molta proprietà chiamò Strozzamento d'Italia, il terreno è attraversato, da un golfo all'altro, da una gran valle, che da una parte è dai monti della Sila, dall'altra da quei della Serra fiancheggiata. E il suo fondo è ingombro di copiosi depositi di antichi alluvioni, che specialmente osservansi nel lato orientale dell'alveo del Corace, e di grande quantità di crostacei marini, soprattutto sulle rive del fiume ¿amato. Proseguendo le montagne il loro cammino, un ramo passa per Bivona ed inoltrasi sino al Capo Vaticano, ed un altro forma le granitiche montagne di Serra, Mongiana e Fabrizia, dalle quali staccansi quelle di Stilo, dove sono le ricche ferrifere miniere di Pazzano. Ed altro ramo nell'opposta parte termina nel comune di Palmi, le cui montagne fanno corona alla vasta pianura detta della Piana, coverta di belli e fiorenti uliveti.

Sulle aspre pendici di quei monti si formano molli fiumi e torrenti, i qual i cadono rovinosi nelle valli che bagnano, e i maggiori di quelli che sboccano nel Jonio sono il Nieto, il Tacina, il Simmari, l'Alli, il Corace, Ancinale, Assi; e quelli che sboccano nel Tirreno sono il Savuto, il Lamato, l'Angitola, il Mesima.

Abbonda la provincia di acque minerali, e sono notevoli quelle di S. Biase, stimate molto salutari.

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La provincia ha monti coverti di boschi e sono di castagni, quercie, abeti, faggi, pini, cipressi, tassi, olmi, frassini, aceri, carpini, corbezzoli, elci, ontani, ecc. , ed ha vasti e ricchi pascoli su' monti e nel piano. I boschi oggi sono meno estesi di prima per distruzioni e dissodamenti, il che ha portato un turbamento nelle condizioni atmosferiche di alcuni luoghi, e danno all'agricoltura.

Buona parte del suolo è messa a coltura, e i maggiori prodotti sono il frumento, il frumentone, la segala, l'orzo e l'avena, i legumi, e, in alcuni comuni, il riso. È estesa la coltura delle patate e del lino, e non manca la canapa e il cotone. Cresce spontanea la robbia e il zafferano, e la regolizia, di cui si fa grande industria e commercio. Si fanno ortaglie, e quasi in ogni circondario vegeta il fico, il pero, il melo, il castagno, il sorbo, il pruno, il ciliegio, l'albicocco, il pesco, il noce, il melagrano. In alcuni comuni si coltivano agrumi, e quasi da per tutto i gelsi. Estesa e utile alla provincia è la coltura degli ulivi, e si trae eccellente olio, e buona parte si manda fuori della provincia e del regno. È pure estesa la coltura della vite, e non mancano i luoghi in cui si fa buon vino, ed è rinomata sopra le altre la contrada di Santa Eufemia.

Importante è l'allevamento de' bestiami, e v' ha gran numero di bovi e di vacche, numerose mandrie di pecore, e buone razze di cavalli; ed importante c pure l'industria degli animali porcini.

La pastorizia è fiorente, e se ne traggono molti e buoni formaggi, segnatamente ne' pascoli del Marchesato di Cotrone; e sono buone le lane, per la massima parte lavorate nella provincia.

Ma grande lavoro di quella provincia è l'industria serica, sparsa quasi in tutt'i comuni, del pari che i tessuti ordinarj di lino, di cotone, di lanaio flandine e panno detto arbaso, manifatture di cera, concerie di cuoj e di pelli.

E segnatamente in Catanzaro sono manifatture di ferro e di legname, tratture di seta organzina di molto pregio, tintorie, tessuti diversi di seta, non escluso il velluto, il damasco ed il raso, nastri e diversi lavori di seta ritorta. E tratture di seta organzina sono in Girifalco, Squillace, Gasperina, Montauro, Dinami, Nicastro, Confienti, Savelli, Cirò, ecc.; in Fabrizia trovasi il Real Stabilimento di Mongiana per manifatture di ferro; in S. Andrea e in Soriano manifatture di stoviglie e di sapone; in Tropea estese filando di cotone, e tessuti di lino e fabbriche di cuoj e di pelli; in S. Severina ed in Isola stabilimenti per estrarre il succo di regolizia; in Sambiase e Pizzo fabbriche di sapone; in Gasperina e Conflenti fabbriche di cere; in Serra lavori di ferro e di legno;e in Cardinale è la maggiore manifattura del panno arbaso.

Operoso è il commercio della provincia, e comprende i prodotti naturali del suolo e quelli dell'industria, buona parte de' quali viene esportata in altre città del regna e fuori di esso. I centri del commercio interno sono Catanzaro e Nicastro, e le città marittime mercantili, Cotrone, il Pizzo. Soverato, Tropea.

Le città più notevoli sono:

Catanzaro, con 15 mila abitanti, capoluogo di provincia, posta in luogo elevato ed ameno, tra il Corace e l'Alli, e molto sicura per natura e per arte. Ha territorio fertilissimo, e le industrie agricole sono tenute in gran pregio, e le manifatture sono prosperevoli, e segnatamente quelle della seta.

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Ha belle ed amene strade, grandiosi edificj, tra' quali sono da notare il palazzo dell'intendenza, il vasto liceo, e il seminario, il quale da pochi anni a questa parte ha acquistato larghe proporzioni, e numerosa ed eletta schiera di giovanetti studiano le lettere e le scienze. Ha belle chiese, ed è magnifica la cattedrale, rifatta recentemente; e tra' conventi noteremo quello de' Cappuccini, fuori il recinto della città, in luogo ameno e sorridente. La città è sede vescovile suffraganea di Reggio; ed è la sede de' tribunali della provincia e della corte di appello delle Calabrie.

Monteleone, con 10 mila abitanti, capoluogo di distretto, posta in luogo elevato e sorridente, in mezzo a fertili campagne coperte di gelsi e di ulivi. La città ha belli edificj, strade spaziose e regolari, ed è dominala da un vecchio castello. Ha un collegio reale e un tribunale di commercio. La maggiore industria degli abitanti è quella della seta, di cui fanno ricco commercio.

Cotrone, con 6 mila abitanti, capoluogo di distretto, città marittima mercantile, sede vescovile suffraganea di Reggio. Il territorio che la circonda è fertilissimo, e sono rinomati i suoi formaggi.

Nicastro, con 12 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede vescovile suffraganea di Reggio. È posta a piè dell'Appennino, in una situazione pittoresca, cinta di belle cascate, ed in mezzo ad un territorio coverto di gelsi, di viti, di uliveti e di altri alberi fruttiferi. Vi si osservano molte chiese, alcuni conventi, gli avanzi delle antiche sue mura. La città è industriosa, e molto operoso il commercio.

Pizzo, con 8 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta in bella situazione, sopra di alto scoglio che sporge sul golfo di S. a Eufemia. La città è sorridente, con belli edificj, ed è circondata da campagne amene e fertili. La città è un grande emporio de' prodotti della provincia, e la sua marina è operosissima. La pesca è abbondante, e specialmente di tonni.

Tropea, con 7 mila abitanti, capoluogo di circondario, situata sulla sommità di una rupe che cade a picco sul mare. Ha belli edifizj, tra i quali è da notare la cattedrale. È città industriosa, e segnatamente di suole, che sono tenute in grande pregio, e di coperte di bambagia con bei disegni. Le campagne circostanti sono produttive di vini, frutta, cotone, seta, piante aromatiche e terra da porcellane. La pesca è abbondante sulle coste.

Squillace, piccola città posta sopra amena collina, capoluogo di circondario, sede vescovile suffraganea di Reggio. Ha belle chiese, un seminario, e fabbriche di vasi di creta assai pregiati. Il territorio produce vini, olio di ottima qualità e fiorisce l'industria della seta.

La provincia ha una superficie di 1560 miglia quadrate, con una popolazione di 390,445 abitanti, ed è scompartita in 4 distretti, 37 circondarii, 153 comuni, 112 villaggi.

La 1.a Calabria Ulteriore

La provincia della 1.a Calabria Ulteriore confina a settentrione con la 2* Calabria Ulteriore, ad oriente e a mezzodì col Jonio, ad occidente col Faro di Messina e col Tirreno.

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Essa si sviluppa inverso mezzodì sotto forma di penisola, in fra 'l Tirreno e il Jonio, ed è l'estrema parte della penisola italiana. L'Appennino, seguendo il suo cammino, si dirama nel territorio di questa provincia, e ha termine con le montagne di Aspromonte, quasi per intero ricoperte di boschi, e sono principalmente faggi, pini, abeti. Dalle falde di quei monti traggono origine i fiumi e i torrenti, e mettono foce nel Tirreno e nel Jonio dopo breve corso; e i più notevoli del versante occidentale sono il Mesima e il Marro o Petrace, e del versante orientale, lo Assi, lo Stillaro, l'Alaro. I monti vanno declinando poco a poco insino alle rive del mare, e si aprono in piccole valli, e sono terminate inverso occidente da pianure alquanto spaziose. Le coste offrono promontori notevolissimi, siccome il Capo Spartivento, ¡l Capo delle Armi, e, all'entrare del Faro di Messina, il famoso scoglio di Scilla.

Tutta la costiera, cominciando da Bagnara insino a Reggio, ba un aspetto ridente e delizioso; e le campagne sono coperte di viti, di gelsi, di aranci, limoni, cedri, frutti di ogni specie, e l'aria è come imbalsamata.

La posizione e la natura del suolo di questa provincia non si addicono alla pastorizia né a grandi colture di cereali, per modo che l'una e le altre non bastano ai bisogni del consumo interno. Ma ha largo compenso in ricchi prodotti di olio, di bergamotto, di limoni, di aranci, di cedri, di seta e di castagne. Ed è la terra fortunata degli aranci, dove crescono diremo quasi spontanei lungo la marina, e sono coltivati diligentemente. Il bergamotto è produzione unica di questa estrema parte della penisola, e alligna lungo la bella costiera dal Capo Spartivento a Torre di Cavallo.

Gli olii di questa provincia non sono di eccellente qualità, e se ne usa principalmente per le manifatture e per la illuminazione. Estesa è la coltura del gelso, e l'industria della seta dà eccellenti sete organzine, e buoni drappi rasati, damascati o a fascioni. Il vino abbonda nella provincia, segnatamente nel distretto di Palmi, ma i più pregiati sono quelli di Pellaro, di Ardore, di Bovalino e di Gerace, dove si produce il così detto vino greco e la lagrima di Gerace.

Sono nella provincia miniere di carbon fossile, e nel territorio di Agnana se ne incominciarono le esplorazioni. Vi sono cave di argilla nelle vicinanze di Reggio, e miniere di ferro presso Valanidi e Pazzano. Dai boschi si ricava pece, tavole e carbone, e molto legname da costruzione, che nella massima parte si traffica nella marina di Bagnara. Vi sono in Reggio belle fabbriche per l'estrazione dell'acido nitrico dal succo dei limoni e dei bergamotti, ed importanti fabbriche di cremore di tartaro. Non mancano altre industrie e manifatture, ma non hanno grande sviluppo ed importanza.

Il commercio è molto operoso, e si fa grande esportazione di aranci e di limoni, di essenze, di seta, di vini, e le città più commercianti sono: Reggio, Gioia, Bagnara, Scilla, Villa S. Giovanni, Bianco, Gerace. Le città più notevoli sono:

Reggio, capoluogo della provincia e sede arcivescovile, con 19 mila abitanti, posta in amena situazione presso al mare, dolcemente elevandosi dal lido; ed è piana nel mezzo e va a terminare ad anfiteatro sopra sorridente collina. Le sue strade sono larghe e diritte, ed una lunga via la divide da settentrione a mezzodì, fiancheggiata da bei palazzi. La grande e magnifica cattedrale, l'episcopio, il seminario, i tribunali, l'intendenza, il real collegio, e parecchj altri edifizj accrescono le bellezze di questa culta ed amena città.

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È città industriosa, fa commercio di essenze, olio, vini, ed è il più grande emporio delle sete calabresi. Non ha porto, ma nella sua rada ancorano grandi e piccole navi.

Palmi, con 10 mila abitanti, capoluogo di distretto, posta sul golfo di Gioia, con belli edificii, lunghe e diritte vie, una piazza quadrata detta del Mercato. Il territorio è ubertosissimo, e abbonda specialmente di vini, gelsi ed agrumi.

Gerace, con 6 mila abitanti, capoluogo di distretto, posta alle falde di un monte in sito ameno, con territorio fertilissimo, 4 miglia lontana dal Jonio, ricca e commerciante città, sede vescovile suffraganea di Reggio.

Gioiosa, non 9 mila abitanti, capoluogo di circondario, poco discosta dalle rive del Mar Jonio, con aria purissima e fertile territorio, posta sulla pendice di un monte donde si gode magnifico orizzonte.

Siderno, con 4 mila abitanti, poco discosta da Gerace, notevole per l'ameno ed ubertoso suo territorio, produttivo di ogni sorta di frutta, e di olii e vini eccellenti, da cui gli abitanti traggono grande guadagno.

Castelvetere, con 7 mila abitanti, capoluogo di circondario, edificata sopra un monte in sito di aria purissima, e con fertile territorio.

Ardore, Bovalino, Bianco, grandi borgate, tutte presso alle rive del Mar Jonio, in amena posizione, con fertile territorio.

Scilla, con 8 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta sopra uno scoglio che cade a picco sul mare, entrando nel faro di Messina. È importante il suo commercio marittimo, ed operosa la pesca del tonno, del pesce-spada e di altri pesci.

I suoi abitanti sono eccellenti marinari ed intrepidi palombai. Nei dintorni sono uve squisitissime, e si fa buona raccolta di un vino dei più generosi e che uguaglia la Malvasia di Candia.

Bagnara, con circa 6 mila abitanti, capoluogo di circondario, sulle rive del Mar Tirreno, con territorio che, quantunque angusto e montuoso, produce vini squisiti.

Gioia, sulla riva del Tirreno, piccola città, ma importante poiché è il principale caricatoio degli olii delle Calabrie. Città-Nuova e Mammola sono, nell'interno della provincia, città popolose e ricche d'industrie e di commercj.

La provincia ha una superficie di 1659 miglia quadrate, con una popolazione di 335, 727 abitanti, ed è scompartita in 3 distretti, 28 circondarii, 108 comuni, 97 villaggi.

Provincia dl Palermo.

La provincia di Palermo confina a settentrione col Mar Tirreno, ad oriente con le provincie di Messina e di Catania, a mezzodì con quelle di Caltanissetta e di Girgenti, ad occidente con quella di Trapani.

Il suolo è in gran parte montuoso, ingombro delle varie diramazioni delle Madonie, le quali digradando a poco a poco formano lunghe valli e

pianure, segnatamente nella parte settentrionale, bagnata dal Tirreno. Dalle faide di quei monti discendono rapidi torrenti e fiumi, e bagnano e fecondano quelle amene campagne. E sono notevoli il Bilici sul confine occidentale, il quale sbocca nel Mediterraneo, e il Milicia, il Termini, il Torto, il Fiume Grande, i quali correndo da mezzodì a settentrione mettono foce nel Tirreno.

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La florida e ridente valle, in cui è situata la capitale di questa provincia e di tutta l'isola, è come fiancheggiata da Monte Pellegrino, da Morreale, da Capo Zaffarana, ed è incantevole per vaghezza di campi, per amene ville, per deliziosi giardini. E i monti sono ricchi di eccellenti pascoli.

È ricco il suolo di prodotti naturali, e vi ha ferro, zolfo, belli marmi, diaspri ed agate, alabastro, ed acque minerali, giudicate molto salutari.

Il territorio è molto ubertoso, e produce biade di ogni sorta, granone, buoni vini, olio di uliva eccellente, olio di lino, frutta squisite, agrumi, pistacchi, mandorle, cotone, lino, canape, manna, sommacco, regolizia, noci di galla, e si raccoglie molta cantaride. Il mare di Palermo abbonda di pesci, massime di tonni e di molluschi e crostacei.

L'agricoltura e l'allevamento del bestiame formano le principali industrie di questa provincia.

Non vi sono grandi opificj manifatturieri, ma trovansi non pertanto fabbriche ed istituti di beneficenza, dove si fanno tessuti di seta, di cotone e di lino, varie bigattiere, fonderie di ferro, fabbriche di prodotti chimici, ecc.

Il commercio è concentrato in Palermo, dove esiste una Camera consultiva di Commercio, una borsa di cambj, un banco regio, un banco comunale, e dove approdano continuamente vapori e legni mercantili, i quali rendono più vivo ed operoso il commercio della provincia.

Sono città notevoli di questa provincia:

Palermo, capitale della Sicilia, sede arcivescovile, una delle città più belle di Europa, posta sulle rive del Tirreno, ricinta di belle e amene colline, con grandi e nobili edificii, tra' quali sono da notare il palazzo reale, con la bella cappella palatina, ricca di musaici e pietre dure; l'edificio dell'università, un grande ospedale, la cattedrale ed altri templi superbi, e bei teatri, con strade diritte e spaziose, con molti stabilimenti di beneficenza, con un porto mercantile molto operoso. La città è circondata di bei casamenti e vaghi giardini, e sono luoghi di delizie, quivi intorno, la Favorita, l'Olivuzza e la Figuzza; ed è rinomato Monte Pellegrino, dove si giunge per amena via serpeggiante, e trovasi il Santuario di S. a Rosolia. E parimenti sopra una collina che fiancheggia il mare, a 4 miglia da Palermo, trovasi l'amenissimo villaggio di Bagheria, splendido di sontuosi palagj e magnifici giardini.

La città ha 180 mila abitanti, e non manca d'industrie, ed è grande emporio del commercio della Sicilia. La Spagna e il Portogallo ne traggono cereali, la Francia gli olii per la fabbrica dei saponi e per gli usi domestici, l'Italia continentale vini squisiti. Vi si fa traffico di acciughe ' salate, pistacchi, mandorle, frutta secche, tonno, e molto altro pesce, cordami, ambra gialla, manna, sommacco, soda, zolfo, cantaridi, coralli, sale, seme di lino, canape, regolizia, allumi, pomici, salpietra.

Morreale, con 15 mila abitanti, capoluogo di circondario, sede arcivescovile, bella città posta in luogo elevato i ¡cinto da monti più alti, donde si gode la veduta della vasta pianura di Palermo e del Mar Tirreno. E sono intorno, dalla parte di settentrione, colline deliziose coperte di ulivi e di agrumi, e ameni giardini e rivi di chiare e fresche acque.

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E notevole il superbo tempio, che dicesi di Morreale, con mura coperte di finissimi marmi, con preziosi mosaici, con colonne di granito egiziano, il cui altare maggiore è tutto coperto d'argento con mirabili bassi rilievi dello stesso metallo, con pavimento a mosaico, con porte di bronzo istoriate.

Termini, con 21 mila abitanti, capoluogo di distretto, posta in riva al Tirreno, città notevole per belli fabbricati e ricchi monumenti, e per l'operosità del suo commercio. Si fa grande pesca di tonno e di sardine, e grande estrazione di grano, frutta, mandorle, sommacco, cantaridi, tartaro, ecc.

Cefalù, con 10 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede vescovile, dita mercantile posta in riva al Tirreno, con belli edificii, tra' quali è un tempio ricco di mosaici e di colonne. Ha vasto territorio, ameno e fertilissimo. Vi sono cave di belli marmi, Ira" quali la pietra cosi detta conchiliaria o lumachella, di rara bellezza.

E sono pure città notevoli: Corleone, con 12 mila abitanti, capoluogo di distretto . Misilmeri, con 15 mila abitanti, capoluogo di circondario, con vasto e fertile territorio, con bellissime cave di marmo e specialmente di diaspro rosso-cupo. Partinico, con 15 mila abitanti, capoluogo di circondario, città marittima mercantile, donde si esporta vino ed olio di buonissima qualità.

Alla provincia di Palermo appartiene l'isoletta di Ustica, fertilissima di cereali, viti, ulivi e cotone, nelle cui vicinanze si trovano banchi di corallo. Forma un circondario di 3500 abitanti, e capoluogo è il villaggio di S. Maria,

Questa provincia ha una superficie di 1500 miglia quadrate, con una popolazione di 541,326 abitanti, ed è scompartita in 4 distretti, 37 circondarii, 74 comuni, 48 villaggi.

Provincia di Messina.

La provincia di Messina confina a settentrione col Mar Tirreno, ad oriente col Jonio e col Faro di Messina, a mezzodì, con la provincia di Catania, ad occidente con la provincia di Palermo.

Il territorio di questa provincia è sparso quasi da per tutto di montagne, dove più dove meno alte, e discendono fino sulle rive del mare. E la catena principale è detta dei Monti Peloriani, riguardata dai Geografi come continuazione degli Appennini, non interrotta dallo stretto di Messina, simigliante essendo la natura e lo sviluppo. I monti, i quali generalmente non si levano a grande altezza, sono parte nudi parte coperti di ricca vegetazione. I più boscosi sono nel distretto di Mistretta, dove presentano una serie non interrotta di boschi, i quali sono tutti compresi nella denominazione generale di Basco di Caronia, il più esteso non solo della provincia ma di tutta l'isola. In fra le varie diramazioni dei monti si formano le molte valli, e le piccole pianure di questa provincia, e sono bagnate da fiumi che diconsi generalmente fiumare, e che hanno natura di torrenti, larghi e rapidi durante l'inverno, scarsi di acque nella state: e quelle valli e quelle pianure sono di una grandissime fertilità. Le coste sono generalmente elevate quasi tutte, segnatamente quelle del Faro, dove le ultime diramazioni dei monti cadono sul mare. Il clima è salubre in ogni parte, e favorevole ad ogni sorta di coltura.

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L'olio, il vino, le biade, i diversi legumi ed agrumi formano i prodotti comuni; il granone è particularmente coltivato nelle pianure di Milazzo; il gelso, la regolizia, il cotone nelle vicinanze di Patti; la manna nel territorio di Mistretta; le castagne, le nocelle e le ghiande nelle vicinanze di Tortorici; il lino nel territorio di Tusa. La caccia e la pesca sono molto produttive, e massime quest'ultima in sarde ed in tonni nelle tonnare di Milazzo e di Patti.

Nelle vicinanze di Fiumedinisi trovasi argento, rame, allume; presso Galati, il cinabro; presso Mistretta, il carbon fossile, la nafta; presso Patti, crete finissime; Milazzo, Alì e Mistretta hanno sorgenti di acque minerali.

La pastorizia è una delle industrie di quegli abitanti, e fiorisce segnatamente nel territorio di Mistretta e di Capizzi, dove si fanno buonissimi formaggi. Grande industria è quella della seta, e diviene ogni giorno più vasta. Sono in Messina manifatture di cotone, lane, cuoj, cretaglie, ecc; e si fanno molti lavori di coralli, e si traggono le essenze di limone, cedro, melarancio, anice, rosmarino, bergamotto, ecc. In Patti si trae il sugo di regolizia.

Considerevole è il movimento delle navi mercantili tanto nazionali che estere nel porto di Messina, e importano generi coloniali e oggetti di manifatture straniere, ed esportano i varj prodotti delle diverse parti dell'isola, e principalmente seta, vino di Lipari, grano, riso, noci, fichi secchi, agrumi e le anzidette loro essenze, carrubbe, sommacco, tonno, sarde, cacio, pelli di agnelli e di capretti, ceneri di soda, pietra pomice, ecc.

Le città più notevoli sono:

Messina, con 100 mila abitanti, capoluogo della provincia, grande e bella città, con nobili edifizj disposti parte nella pianura e parte sul pendio gratissimo di fertili e ben coltivate collinette, le quali si elevano gradatamente e si tramutano a poco a poco in alti monti. Ha grandi ospedali, un bel teatro, superbe chiese, ricche di marmi e di stupendi lavori, e bellissime passeggiate. Ha un porto franco, ed è uno de' più belli e più sicuri del Mediterraneo; è il più grande emporio della Sicilia, ed esercita un commercio estesissimo, per la felice sua posizione, quasi nel centro del Mediterraneo, nella via de' grandi commercj. Ë piazza di armi, difesa da una forte cittadella, ed è sede arcivescovile.

Castroreale, con 7 mila abitanti, capoluogo di distretto, posta in mezzo a fertile territorio.

Milazzo, con 11 mila abitanti, capoluogo di circondario, fabbricata parte sopra un promontorio e parte in riva al mare, onde si distingue in alto e bassa città; e questa non ha né mura, né fortificazioni, ma belle strade e un'ampia piazza; ma l'altra è una forte piazza cinta di grosse mura, di bastioni e di altre fortificazioni. La città ha belli edificj e chiese eleganti; ed è bello e capace il suo porto. Sono fertili ed amene le campagne circostanti, e pingui i pascoli, ed uno de' più importanti prodotti è la eccellente manna che si ricava dal suo territorio.

S. Lucia, con 7 mila abitanti, capoluogo di circondario, bella città posta in sito ameno in mezzo a fertile territorio.

Patti, con 6 mila abitanti, capoluogo di distretto e sede vescovile, città assai vaga, presso alle rive del golfo che da essa prende il suo nome, con belli edificj e vie regolari e ben lastricate.

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La città è industriosa, ed è importante la sua fabbrica di stoviglie, e sono nella sua spiaggia pescosissime le tonnare di S. Giorgio e di Olivieri. Nel suo porto riparano bastimenti mercantili.

Tutta la spiaggia che da Patti si sviluppa in sino a Cefalù è bellissima; tutto è pittoresco, ameno il lido, lieti i campi vicini, montagne che vanno gradatamente elevandosi coverte di alberi e di paesetti; e v' ha copiose e gelide acque, ombrose valli, prati sempre verdi.

Mistretta, con 12 mila abitanti, capoluogo di distretto, situata poche miglia lontana dal Tirreno, ricca e bella città industriosa e commerciante, con pingui pascoli e armenti da cui si ricavano ottimi prodotti: il territorio è fertilissimo, e trovasi nafta, piriti di rame, carbon fossile ed una sorgente bituminosa, che vien detta comunemente la Fontana dell'Olio.

Taormina, presso alle rive del mar Jonio, in una magnifica situazione, posta su' fianchi del Monte Tauro, da cui tolse il nome, all'entrata di gole tortuose, e protetta da strette difficili e da alture inaccessibili. La città è antichissima, e veggonsi ancora le superbe rovine de' suoi monumenti. La parte interna della città è mal fabbricata, ma vi sono molte chiese e conventi ben decorati di marmi, ed un ospedale. È capoluogo di circondario, piazza forte, e dà il suo nome ad una baja terminata dalla parte di scirocco dal capo S. Andrea. Ha fertile territorio, con buoni erbaggi, olio, frutta di varie specie, vino, lino, canape e seta. Il mare è pescoso, e il suo commercio maggiore è di vino e di canapa.

Appartengono a questa provincia le isole Eolie, Lipari, Salina, Vulcano, Stromboli, Felicuri ed Alicuri, ed altre minori, ed hanno 18 mila abitanti. Lipari è la maggiore di tutte, ed ha territorio fertilissimo, produttivo di viai squisiti; e qui trovasi in grande abbondanza la pietra pomice. La città è capoluogo di circondario e sede vescovile.

La provincia ha una superficie di 1048 miglia quadrate, con una popolazione di 384,664 abitanti, ed è scompartita in 4 distretti, 29 circondarj, 95 comuni, 59 villaggi.

Provincia di Catania

La provincia di Catania confina a settentrione con quella di Messina, ad oriente col Jonio^ a mezzodì con la provincia di Noto, ad occidente con quella di Caltanissetta.

Il suolo di questa provincia è molto vario, e dove si eleva in altissime montagne, dove si abbassa e si allarga in estesissima pianura. L'Etna o Mongibello, gigantesca massa vulcanica, è la maggiore elevazione del suolo. Essa forma un gran cono separato, il quale pe' molti altri coni inferiori, che si elevano in diverse sue parti, è un gruppo di monti anzi che un monte solo.

La sua base ha un circuito di quasi 70 miglia; ed elevandosi ad un'altezza maggiore di 12 mila piedi, presenta tre zone o regioni principali assai distinte. E la prima, che dicesi inferiore, e ch'è la parte popolata e coltivata, comprende terre fertilissime, pingui pascoli, ricche vigne, uliveti, alberi fruttiferi di ogni specie, lieta verdura, città popolose, numerosi borghi, ville amene; il che rende quella regione di aspetto ridente ë bellissimo.

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La seconda regione detta mezzana o selvosa, è ripiena di boschi di pini, di faggi, di quercie e di castagni di straordinaria grandezza. La terza regione, detta nevosa e deserta, è scoscesa e coverta per gran parte dell'anno di neve e di ghiaccio, e riboccante di lave e di ceneri.

Altre diramazioni di monti sono nella parte meridionale ed occidentale della provincia, e in mezzo ad esse si apre quella vasta piana di Catania, grandemente fertile, e produttiva di grande quantità di grano. Il maggiore fiume della provincia è la Giarretta.

Dalle falde dell'Etna, e dalle colline e valli circostanti si ricavano î vini più generosi, i frutti più squisiti ed olio eccellente. I maggiori prodotti del suolo della provincia sono in generale, orzo, legumi, agrumi, pistacchi, mandorle, cotone, lino, canapa, regolizia, sommacco, soda, manna. In alcuni siti raccogliesi buona qualità di castagne, e nelle parti settentrionali molte nocelle e ghiande. I boschi del Mongibello ed altri luoghi boscosi abbondano di caccia di lupi, cignali, daini, volpi, lepri, ecc. Il mare è ricco di pesci squisiti, di molluschi, di crostacei.

Nel territorio di questa provincia trovansi piriti di argento, di rame, di ferro, agate, alabastro, ambra gialla, marmi, argilla finissima, bitumi, asfalto, zolfo, gesso, åcc. Vi sono sorgenti di acque minerali, sulfuree, ferruginose, salse, åcc.

L'agricoltura e la pastorizia sono fiorenti in molte parti di questa provincia; ma le maggiori industrie sono quelle della seta, e l'estrazione della soda e della manna. Catania ha molti stabilimenti industriali, e tra gli altri primeggiano le grandi manifatture di tessuti di seta tenuti in grande pregio, e di tessuti di cotone; e si fanno lavori di lave e di ambre.

In Caltagirone si fabbrica bello vasellame di argilla finissima, e statuette colorate che rappresentano i varj costumi di Sicilia. In Acireale si fanno ottime tele di lino e di cotone; vi si fabbricano buoni coltelli e forbici; e le sue fiere sono frequentatissime.

Il commercio è operoso, e comprende i varj prodotti del suolo e dell'industria della provincia, e soprattutto i tessuti di seta. Catania è la città più commerciante, anzi l'emporio della provincia.

Le città più notevoli sono:

Catania, con 60 mila abitanti, capoluogo della provincia, sede vescovile, posta a piè dell'Etna e sulla riva del mare, grande e bella città> con nobili edificj, strade larghe e regolari, grandi piazze, con una università, e molte superbe chiese, tra le quali è da notare quella de' Benedettini. La città è culta, ricca, commerciante, industriosa, rinomata pe' suoi tessuti di seta, e per là celebre Accademia Gioenia.

Il territorio è fertilissima, e la pianura di Catania è quella che produce la maggiore quantità di grano,#Napoli olj eccellenti, le frutta più squisite, i vini più generosi, i pascoli più abbondanti.

La città è antichissima, e tra gli avanzi de' suoi monumenti maravigliosi quelli del teatro, dell'anfiteatro e del foro.

Caltagirone, con 22 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede viscovile con una reale Accademia di belle lettere, bella città, situata sopra due 'colline, con belli edificj e stabilimenti di beneficenza, ricca d'industrie e di commercj. L'esportazione maggiore è di grano, soda, regolizia e vasi di creta.

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Nicosia, con 13 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede vescovile suffraganea di Messina, posta sulle falde di un monte presso alle sorgenti del Simeto, con belli edificj, conventi e chiese. La città fa commercio di grani, di vini, olj e bestiami, che sono prodotti del suo fertile territorio. In quelle vicinanze è una ricca miniera di salgemma e molte sorgenti sollo rose.

Acireale, con 22 mila abitanti, capoluogo di distretto, posta alle falde dell'Etna e presso alla riva del mare, in mezzo a fertile territorio, città industriosa e commerciante.#Napoli

Bronte, con 11 mila abitanti, capoluogo di circondario, situata alle falde dell'Etna, ricca di grani, mandorle, pistacchi, formaggi e seta, di cui fa grande commercio.

E sono città notevoli, Paternò, con 14 mila abitanti, a piè dell'Etna, circondata da deliziose campagne, produttive di grani, vini, olii, canapi e soda, di cui fa grande commercio. A dernò, con 12 mila abitanti, con vasto e fertile territorio. Giarre, con 16 mila abitanti, rinomata pe' suoi vini eccellenti. Vizzini, con oltre 12 mila abitanti, posta in luogo elevato, abbondante di piante fruttifere. Le quali città sono tutte capoluoghi di circondarii.

La provincia ha una superficie di 1332 miglia quadrate, con una popolazione di 411,832 abitanti, ed è scompartita in 4 distretti, 33 circondarii, 62 comuni e%60 villaggi.

Provincia di Noto

La provincia di Noto confina a settentrione con la provincia di Catania, ad occidente con quelle di Catania e di Caltanissetta, a mezzodì col Mure Mediterraneo, ad 'oriente col Mar Jonio.

Questa provincia forma l'estremità sudest della Sicilia, € si restringe nel promontorio Pachino, ch'è una delle tre ¡punte sporgenti dell'isola. Il suolo è in gran parte montuoso, ingombro delle diramazioni di montagne e di colline che si sviluppano dalla parte di greco, e declinano inverso le coste del Jonio e del Mediterraneo, e sì che la parte meridionale forma un'ampia zona di pianure. Le montagne non sono molto elevate, e sono quasi generalmente di formazione calcarea, mista a strati di materie vulcaniche. Le pianure, segnatamente quelle della parte meridionale, sono arenose e selciose; e le isolette e gli scogli del lido di Pachino sono formati di tufo basaltico e di antiche lave. I fiumi più notevoli sono l'Anapo e l'Abisso che mettono foce nel Mar Jonio, e il Ragusa che mette foce nel Mediterraneo. Le valli di quei fiumi sono fertilissime, ed hanno ricca vegetazione. Il Biviere o Biveri di Lentini è il lago maggiore della Sicilia, ma le sue acque sono malsane, e rendono guasta l'aria de' luoghi circostanti. Tolti alcuni pochi siti verso le coste, in cui l'aria è malsana, il clima è generalmente salubre.

Le falde delle montagne, le valiate ed i terreni lungo la costa orientale sono fertilissimi, offrono ottimi pascoli, e, in varj circondarj dell'interno, boschi di quercie, faggi e pini. I prodotti comuni del suolo sono, grano, orzo, olio, vino (ed è rinomato il moscado di Siracusa e lo squisito moscado-cannamele di Noto), agrumi, legumi, carrubbe, cotone, lino, canapa, soda. Coltivansi le mandorle e la regolizia, e, in alcuni circondarj, il riso. 'Presso A vola e in altri siti trovasi la canna da zucchero, ivi detta cannamela, da cui si estrae zucchero e rum di buona qualità.

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Sulle rive dell'Anapo, verso Siracusa, cresce la rara pianta del papiro, di cui gli antichi usavano per scrivere. Nelle vicinanze di Melilli cresce il timo; raccolgonsi molte noci presso Ferla, e molte ghiande presse Sortino, Palazzolo, Cassaro, Spaccaforno. Non manca la caccia, e specialmente quella di uccelli sulle rive de' fiumi e del lago di Biviere. La pesca è produttiva di tonni nelle varie tonnare lungo le coste del Mar Jonio, di molluschi conchigliferi principalmente da Siracusa al capo Passaro, di anguille nel lago di Lentini, e di varj altri pesci marini e fluviali. E vi si trovano marmi, eccellenti pietre calcaree da costruzione, agate, stalattiti variamente colorati, bitume, ambra nera; e non manca di acque minerali.

L'agricoltura e la pastorizia sono le principali industrie degli abitanti di questa provincia. Si elevano muli e bovi di ottima razza, particularmente nel distretto di Modica. Si fanno buoni formaggi, miele squisito, massime in Avola e Melilli. fabbricarsi ne' varj circondarj buone tele; in Ragusa panni lani ordinarj e ottimi mattoni; a Lentini buono vasellame di creta; in Sortino buoni coltelli.

Il commercio maggiore è di esportazione, e comprende vini, e particolarmente quelli di Siracusa e di Noto, olio, agrumi, carrubbe, regolizia, soda, sale marino, formaggi, tonno ed altri pesci salati, mandorle, seta greggia, cotone.

Le città più notevoli sono:

Noto, capoluogo della provincia, sede vescovile, con 10 mila abitanti, bella e ridente città con ricchi templi, eleganti palagi, strade spaziose e diritte.

Modica, con 28 mila abitanti, capoluogo di distretto, posta in una vallata molto fertile circondata di alte roccie. Ha belli edificj, fra' quali primeggiano la chiesa primaria, il palazzo municipale, il convento de' Francescani. Dal suo castello godesi una veduta bellissima.

Siracusa, con 18 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede vescovile, città fortificò la e piazza di armi. Il suo famoso porto è ora ingombro di sabbia e non può ricevere che piccoli legni. Tra' suoi edificj sono notevoli la cattedrale, il palazzo Montalto e varj altri con facciate gotiche.

Agosta, con 10 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta in luogo delizioso sopra un'isoletta unita alla vicina penisola per mezzo di un ponte. La città ha belli edificj, ed è degno di considerazione l'ampio suo porto capace di due armate navali. La città e il porto sono difese da un castello e da altri piccoli forti. È fertile il suo territorio, dove una volta si facevano grandi piantagioni di canne da zucchero; e nelle sue vicinanze vi sono grandi saline.

E sono città importanti di questa provincia: Lentini, con 7 mila abitanti, con belli edificj, città industriosa e commerciante. Floridia, con 8 mila abitanti, in mezzo a fertile territorio. Palazzolo e Avola, ciascuna con 9 mila abitanti, e capoluoghi di circondarj. Ragusa, con 22 mila abitanti, posta sopra alta collina, con nobili edificj e belle strade, con fertile territorio, abbondante di ottimi pascoli, e produttivo di cereali, legumi, olio, vino, di cui fa grande commercio. Comiso, con 14 mila abitanti, posta a piè di un monte, circondata da fertili campagne. Vittoria, con Il mila abitanti, posta sopra una collina, e ricca delle industrie di bestiami, di api e di bachi da seta. Scicli, con 10 mila abitanti, posta sopra alta rocca, a piè della quale apronsi molte grotte che servono per uso di magazzini.

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Ed ha belli edifizj, ed è città commerciante, ed esporta grano, canapa, formaggio, carrubbe. Spaccaforno, con 8 mila abitanti, posta sul pendio di un monte, poco lontana da Capo Passaro, in mezzo ad un territorio ubertosissimo, e produttivo principalmente di grano, vino, olio, carrubbe, soda. E tutte queste città esercitano qualche industria, e sono commercianti, e capoluoghi di circondarj.

La provincia ha una superficie di 1120 miglia quadrate, con una popolazione di 254,593 abitanti, ed è scompartita in 3 distretti, 22 circondarii, 31 comune e 10 villaggi.

Provincia di Caltanissetta

La provincia di Caltanissetta confina a settentrione con le provincie di Palermo e di Catania, ad oriente con quelle di Catania e di Noto, a mezzodì col Mare Mediterraneo o Mar d'Africa e con la provincia di Girgenti, ad occidente con la provincia di Girgenti.

Questa provincia occupa la parte centrale della Sicilia, ed è attraversata da una delle principali diramazioni della catena delle Madonie, su cui si apre la vasta pianura ove siede Castrogiovanni (l'antica Enna) da Diodoro chiamata l' ombelico della Sicilia. Ed è tale la situazione di quel punto che godesi una delle più belle vedute, larghissimo orizzonte, e monti che. si perdono nello spazio, e molte città dell'isola, fiumi, laghi e interminabili convalli dell'Etna. E molte altre più basse ramificazioni di monti sono sparse nella provincia in mezzo alle quali si formano le valli de' suoi fiumi, e alcune estese pianure; e sono notevoli quella ad oriente di Caltanissetta, detta Terra pilota, ove sono tracce di vulcani estinti, e quella molto estesa ad oriente di Terranova. Il suolo è argilloso biancastro, e vi si trovarlo agate, diaspri, argille ferruginose. I maggiori fiumi della provincia sono il Terranova ed il Salso.

I principali prodotti naturali di questa provincia sono, grano, vino, olio, pistacchi, mandorle, castagne, soda, legumi, frutta, zolfo, ecc. Vi sono, oltre alle molte solfatare, miniere di sale, di gesso, e di ottima argilla da fabbricare vasi di ogni sorta, e acque minerali molto salutari.

Fiorisce la pastorizia ne' pingui pascoli della provincia, e produce buoni formaggi. È scarsa la pesca, ed il commercio esterno poco importante, e limitato alla sola città di Terranova.

Le città principali sono:

Caltanissetta, capoluogo della provincia e sede vescovile, con 17 mila abitanti, posta sul dorso di un altipiano, con aere sano; bella città, con nobili edificj, molli conventi, e utili stabilimenti di pietà. Ha un vasto territorio fertilissimo, ed esporta grano, orzo, vino, olio, mandorle e pistacchi. Ha solfatare i vi intorno ed acque calde sulfuree.

Piazza, con 14 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede vescovile suffraganea di Siracusa, posta nel centro della Sicilia in una eminente collina ricinta da altre più basse e amenissime. Sono ridenti le sue campagne sparse di pini, mandorli, castagni, e cresce spontaneo il pino, e produce ed esporta grano, legumi, vino, olio, castagne e nocciuole. La città è ricca di motti edificj, e monasteri e ospizj di carità.

Terranova, con 10 mila abitanti, capoluogo di distretto, fabbricata sopra una collina all'imboccatura del fiume dello stesso nome. È città marittima, e produce ed esporta vino, soda, grano, legumi, olio. Nel suo porto non possono ancorare che piccoli legni mercantili.

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Calascibella, con 5 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta in luogo elevato e sorridente. Nelle campagne circostanti trovasi asfalto, solfato di calce, ed un'acqua acidola detta acqua d'ambra.

S. a Caterina, con 6 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta sopra alto colle con vasto e fertile territorio, città industriosa e commerciante: ha fabbriche di bellissimi vasi di creta, di cui fa commercio, ed esporta biade e vino.

Mussomeli, con 8500 abitanti, capoluogo di circondario, con territorio in cui trovansi solfatare, miniere di agata, diaspri, zolfo azzurro e salgemma.

La provincia ha una superficie di 900 miglia quadrate, con una popolazione di 185, 531 abitanti, ed è scompartita in 3 distretti, 19 circondarj, 29 comuni.

Provincia di Girgenti.

La provincia di Girgenti confina a settentrione con la provincia di Palermo, ad oriente con quella di Caltanissetta, a mezzodì col Mare Mediterraneo o Mar d'Africa, ad occidente con la provincia di Trapani.

Il territorio di questa provincia è quasi tutto montuoso, ingombro delle. motte e varie diramazioni della catena delle Madonie; ma non si elevano a grande altezza, e di mezzo a quei monti si formano motti torrenti e fiumi. Qui sono da notare due colline che hanno natura vulcanica, e sono quella di Maccaluba, tra Girgenti e Aragona, e quella presso il monte Bifara tra Cattolica e Cianciana. E sono come coni troncati formati di fango, innalzati da sotterranee correnti di gas idrogeno e di acido carbonico; e odonsi spesso fragori interni, e l'acqua che ne zampilla trae seco globetti di petrolio di un odore bituminoso.

I terreni sono quasi generalmente o argillosi, o calcarei-cretosi, o arenosi e conchigliferi, ed offrono buoni pascoli e boschi di maestose quercie e di frassini. I campi sono ridenti e sparsi d'incantevoli giardini, vigneti, uliveti, e di ortaggi e di agrumi. , I principali prodotti sono, grano in abbondanza, orzo, fave, mandorle, olio, vino, sommacco, carrubbe, soda, zolfo, erbe medicinali. Tra' molti e buoni pesci del mare trovasi non di rado lo storione. La provincia è ricchissima di miniere di zolfo, che trovansi ne' territorj di Girgenti, Favara, Aragona, Comitini, Grotte, Racalmuto, Palma, Casteltermini, Cianciana. Nelle vicinanze di Villafranca vi sono belli marmi sgreziati di bianco e rosso, ed in diversi luoghi belle agate di varj colori, alabastro e diaspri. Sulla sommità del Monte Calogero, nelle vicinanze di Sciacca, esistono le antiche terme di Selinunte, le quali sono state recentemente ristaurate per comodo degli ammalali. Al piede di detta montagna scaturiscono quattro sorgenti di acque minerali diverse.

La coltura de' campi e la pastorizia sono le industrie principali della provincia; ed oltre ai prodotti del suolo notati qui innanzi, si hanno buoni formaggi e burro. Si estrae buona quantità di miele e di soda; e vi sono fabbriche di vasi di terra cotta, di sapone, di cera, di regolizia, di salnitro, di paste fine, concie di pelli, e lavoro d'incisione in pietre dure. L'esportazione è operosa, specialmente in frumento, olio, mandorle, ¿olio, salnitro, ceneri di soda, sommacco, pistacchi, agrumi, pesci salati.

Le città più notevoli sono:

Girgenti, con 19 mila abitanti, capoluogo della provincia, sede vescovile, 4 miglia lontana dal mare, posta sopra alta e ripida roccia, donde si gode una illimitata veduta di giardini, attraverso i quali scorrono due fiumicelli, ed ove signoreggiano le

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venerando rovine della città antica, in mezzo ad alberi e vigneti, ed assai deliziose e variate colline ricoperte di uliveti. Tra' suoi edificj sono da notare l'ampio duomo, molte chiese e conventi, il seminario, il teatro. Vasto e fertile è il suo territorio, e vi si trovano miniere di zolfo, gesso, salgemma, bitume, piriti di rame e di ferro. Girgenti è piazza di armi, ed importante piazza di commercio.

Sciacca, con 13 mila abitanti, capoluogo di distretto, posta sulla riva del mare, città commerciante con leggiadri edificj e varj stabilimenti di pietà. Ha territorio fertilissimo, produttivo principalmente di grande quantità di pistacchi. Ha un piccolo porto, ma molto operoso, segnatamente pei la esportazione de' grani. Di qui si esporta pure olio, soda, miele, sardelle ed acciughe salate, nitro raffinato e bellissimi vasi di creta lavorati dagli artisti del paese, i quali per bellezza sono paragonabili ai vasi antichi.

Bivona, piccola città con 4 mila abitanti, capoluogo di distretto, con territorio fertile, e dove si trova asfalto, diaspri ed agate pregevoli.

Licata, con 15 mila abitanti, capoluogo di circondario, posta sulla riva del mare, città molto commerciante, con fertile territorio produttivo di grani, di ulivi e di buoni vini, di cui fa grande commercio. Di qui si esporta pure soda, pesce salato e zolfo.

Sono pure città notevoli: Canicattì, con oltre 17 mila abitanti. Naro, con 10 mila abitanti, e con vasto e fertile territorio. Palma, con 10 mila abitanti, assai bella città posta a piè di una collina, commerciante di zolfi, vini, frutta secche e soda. Favara, con Il mila abitanti, con fertile territorio, ricco di miniere di zolfo, e con bei marmi e bitumi. Cattolica, con 7 mila abitanti, con vasto c ricco territorio, con solfatare e miniere di sale. Fanno parte di questa provincia le isolette di Lampedusa e di Linosa.

Questa provincia ha una superficie di 1040 miglia quadrate, con una popolazione di 251,515 abitanti, ed è scompartita in 3 distretti, 23 circondarj, 40 comuni e 5 villaggj.

La provincia di Trapani.

La provincia di Trapani confina a settentrione col Mar Tirreno, ad occidente e a mezzodì col Mediterraneo, ad oriente con le provincie di Palermo e di Girgenti.

Questa provincia forma la parte più occidentale della Sicilia. Le montagne che ingombrano il suo territorio sono diramazioni della giogaia delle Madonie, e derivano dalla vicina provincia di Palermo. Verso ta costa di Marsala e di Mazzara il terreno appianasi; e queste pianure di un suolo arenario e calcareo-conchiglifero offrono una ricca vegetazione, e il clima è saluberrimo e favorevole ad ogni coltura. Le acque che derivano d ai monti traversano profonde e brevi valiate, interrotte da colline in parte sterili; e sono notevoli il Fiume Freddo e il Bilici. Le coste sono per lo più basse, e sono elevate quelle del Capo S. Vito.

I principali prodotti della provincia sono, frumenti, biade, legumi, vini, tra cui primeggiano quelli di Marsala e di Castelvetrano, olio di uliva, soda, sommacco, cotone, lino, canapa, mandorle, agrumi, frutta squisite, zafferano. Trovansi cave di belli marmi, agate e gesso, e sorgenti di acque minerali. L'agricoltura e la pastorizia sono importante industria della provincia; ed oltre a ciò vi sono saline marine lungo la costa da Trapani a Marsala; e lioriscono le industrie della pesca del corallo, e della pesca del tonno.

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A Trapani si fanno ricercati lavori di corallo, di conchiglie, agate, alabastri, avorio; in Marsala esistono vasti stabilimenti per concia di vino, e filande di cotone; fabbriche di regolizia in Trapani e Salemi.

Il commercio è operoso, e le maggiori esportazioni sono di sale, tonno ed altri pesci salati, vino, coralli rozzi e lavorati, frumento, olio, soda, sommacco, uva passa, fichi secchi, mandorle, regolizia. E le principali città marittime commercianti sono Trapani, Marsala, Mazzara, Castellammare.

Le città più notevoli sono:

Trapani, con 27 mila abitanti, capoluogo della provincia, sede vescovile suffraganea di Palermo, fabbricata sopra una penisoletta, cinta di mura e di fortificazioni, con strade regolari, adorne di belli edificj pubblici e privati, tra' quali sono da notare la casa comunale e molte chiese ricche di marmi e dipinti pregiatissimi. E da notare una torre di maniera gotica edificata da' Saraceni nella strada detta Giudecca; e un acquidotto che, partendo dal monte S. Giuliano, alimenta le fontane della città. Il suo porto, quantunque in parte ricolmato ed occupato dalle saline, è sicuro e riceve legni mercantili di ogni portata. La città è molto industriosa e commerciante, e circondata di fertile territorio. Possiede fabbriche di tele, di lane, lavori di marmo, di alabastro, di corallo, di ferro, fabbriche di sapone, ecc. Il commercio è quasi tutto di esportazione, e comprende sale, frutta, formaggio, sommacco, lino, olio, soda, vino, alabastro, pelli, ed altri prodotti delle sue fabbriche.

Marsala, con 26 mila abitanti, capoluogo di circondarlo, edificata nell'estrema punta occidentale della Sicilia, presso il Capo Boeo, grande città con ampie strade, belli edificj, fra cui distinguonsi la chiesa madre, il castello, la caserma, e si ammira il campanile de' Carmelitani scalzi, il quale al suonare delle campane oscilla sensibilmente. L'attuale suo porto è di recente costruzione, ed è capace di piccoli legni mercantili. L'antico fu chiuso nel XVI secolo con ingenti massi di pietre, per impedire le frequenti scorrerie de' pirati barbareschi, ch'erano allora il terrore degli abitanti. Nel fertile e vasto territorio della città sono miniere di sale e cave di marmo bianco bellissimo, e si producono vini squisiti, di cui si fa grande commercio.

Mazzara, con 8 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede vescovile, piccola città, ma circondata di mura con torri e fortificazioni, e con belli edificj, tra' quali è da notare il duomo, dove sono tre antichi sarcofaghi con bellissimi bassirilievi, sole reliquie di antichità ivi conservate. Sono fertili e ridenti le campagne vicine; e la strada che da Mazzara mena a Trapani, corre costantemente in vicinanza del lido, in piacevole pianura.

Alcamo, con 19 mila abitanti, capoluogo di distretto, nella parte settentrionale della provincia, prima situata sopra un monte detto Bonifato, dove si scorgono ancora gli avanzi di un antico castello, e poi distrutta e riedificata alle radici dello stesso monte dal re Federico II di Sicilia.

Ha fertile territorio e cave di marmi. E sono città notevoli: Castellammare, con 10 mila abitanti, in riva al Tirreno. Monte S. Giuliano, con 12 mila abitanti, sulla vetta del monte del suo nome, nel luogo dov'era miticamente il famoso tempio di Venere Ericina. Salemi, con 13 mila abitanti. Castelvetrano, con 13 mila abitanti, in mezzo a fertile territorio, produttivo di vino squisito, bella città de corata di molti stabilimenti pubblici e privati, di belle chiese, di comode strade, con fabbriche di tele di cotone e di seta nera.

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E tutte queste città sono capoluoghi di circondario. Fanno parte di questa provincia le isolette Egadi, cioè Favignana, Levanzo e Maritimo, con 4 mila abitanti, e più a mezzodì la Pantellaria con 8 mila abitanti. La provincia ha una superficie di 1027 miglia quadrate, con una popolazione di 202,279 abitanti, ed è scompartita in 3 distretti, 15 circondarj, 21 comune e 4 villaggi.

RICAPITOLAZIONE

Domini di qua del faro

ProvinceDistrettiCircondariComuniVillaggiPopolazione

Napoli4426912

418,198

441,802

la capitale

pr. s. la c.

Terra di Lavoro55023851

776,936

Principato Citeriore444165232

591,334

Principato Ulteriore33413487

377,200

Abruzzo Citeriore 32512134

326,759

1° Abruzzo Ulteriore2187591

241,585

2°Abruzzo Ulteriore432127229

336,593

Molise33314211

387,690

Capitanata332656

340,294

Terra di Bari337532

554,557

Terra d'Otranto44413051

445,343

Basilicata444

1245

519,587

Calabria Citeriore44315294

465,511

1°Calabria Ulteriore437153112

390,445

2°Calabria Ulteriore32810897

335,727

Totali5354318561114

6,949,561

Domini di là del faro

Palermo4377448541,326Messina4299559384,664

Catania4336260411,832Noto3223110254,593

Caltanissetta31929185,531Girgenti323405251,515Trapani315214202,279

Totali241783521862,231,740

TOTALI GENERALI

ProvincieDistrettiCircond.ComuniVillaggiPopolazione Dominii di qua del Faro1553

543

185611146,949,561

Dominii di là del Faro7241783521862,231,740

Totali227772122081300 9,181,301

- 340

Popolazione delle province de'Reali Domini Continentali distinte per sesso per gli anni dal 1852 e 1853

Province*18521853 MaschiFemineTotaliMaschiFemine

TotaliNapoli427,023433,229860,252427,639435,171862,610

Terra di Lavoro 391,007385,280776,287389,858388,563778,421

Principato Citeriore289,243285,307574,550291,908286,906578,814

Principato Citeriore195,205198,669393,874195,860196,265392,125

Abruzzo Citeriore *60,161159,516319,677162,132160,889323,021

Abruzzo Ulter I °127,537109,394236,931128,281110,368238,649Abruzzo 

Ulter II°168,607162,724331,331170,413163,787334,200

Molise182,541186,993369,534185,528191,222376,750

Capitanata164,037165,504329,541165,14167,97333,104Terra di 

Bari 268,522262,990531,512271,857265,683537,540

Terra d'Otranto 213,175214,100427,275215,163216,059431,222

Basilicata258,328254,565512,893261,685256,658518,343

Calabria Citeriore 233,829212,734446,563236,223214,233450,456

Calabria Ultra II a198,148190,339388,487198,096193,659391,755

Calabria Ultra I a160,024167,596327,620165,569170,371335,940

Totali 3,437,3873,388,9406,826,3276,883,1503,465,3483,417,802

Province18541855MaschiFemineTotaliMaschiFemineTotaliNapoli

420,694429,749850,443428,843426,969855,812

Terra di Lavoro

387,743386,780774,523384,311386,587770,9

Principato Citeriore

295,575285,085580,660294,323289,66583,979

Principato Ulteriore

186,410187,326373,736186,188187,76373950

Abruzzo Citeriore

162,500160,990323,490162,638161,110323,748

Abruzzo Ulter I°

127,367112,062239,429127,385112,162239,547

Abruzzo Ulter II°

171,389164,294335,683172,348162,7*1335,129

Molise

185,008191,927376,935186,737194,492381,229

Capitanata

164,646167,648332,294165,637169,241334,878

Terra di Bari

272,291265,812538,103274,429270,823545,252

Terra d'Otranto

220,784211,164431,948214,846223,293438,139

Basilicata

263,305254,049517,354257,225257,593514,82

Calabria Citeriore

237,789214,977452,766238,883216,806455,689

Calabria Ultra IIa

197,142197,887395,029191,655195,012386,667

Calabria Ultra Ia

163,327171,545334,872161,994170,422332,416

Totali

3,455,9703,401,2956,557,2653,447,4423,424,7096,872,151

Popolazione delle province de' Domini di la del Faro distinte per sesso per gli anni 1852 e 1853

Provincia18521853MaschiFemineTotaliMaschiFemineTotaliPalermo

266,588269,953536,541268,958272,37541,325

Messina

191,015189,264380,279193,169191,495384,664

Catania

197,426210,101407,527199,467212,365411,832

Caltanissetta

124,106127,281251,87125,767128,826254,593

Noto

90,35893,418183,77691,21694,315185,531

Girgenti

121,932126,594248,526123,801127,714251,515

Trapani

98,632101,724200,35699,590102,689202,279

Totali1,090,0571,118,3352,208,3921,101,9681,129,7722,231,740

341

Popolazione e movimento della popolazione nelle provincie continentali per l'anno 1855 SUPERFICIE E POPOLAZIONE MOVIMENTO DELLA POPOLAZIONE Province

superficie in m. quad.pop. assai.pop. relat.

Nati Gemelli Nati - Morti Morti MatrimoniM.F.Tot.M.F.Tot.M.F.Tot.M.F.Tot.

Napoli

288885,812307516161156453180622424146557148810591241711385238027297

Terra di Lavoro

1885770,898408136141283826452237208445164101265101589237193956954

Princ. Citeriore

1710583,979341106799973206521148219621816137964996396128954640

Princ. Ulteriore

1064373,9503517536712414660787215069691384467426187283554

Abruzzo Citeriore

940323,7483446577620012777797115084541384917493198483231

1° Abr. Ulteriore

935239 54725640603836789677631403727642623265452771959

2° Abr. Ulteriore

1905335,1291755700551411214871091963529643481349969802703

Molise

1344381,22928386077971165781321222541389623454075191105983814

Capitanata

2205334,878151780272731507514614629211910422357115122108333766

Terra di Bari.

1783545,25230511403110162241919016135120716737467156884135995381

Terra d'Otranto

2171438,13920191678602177691191242431279622358445502113464493

Basilicata.

3134514,81816411149107742192318719938621813135078037327151305439

Calabria Citeriore

1980455,689230895184191737014512627117153253435115104584631

2a Cal. Ulteriore

1560386,66724778157284150999288180896814758235673114963497

2a Cal. Ulteriore

1659332,416200607557461182177641414734814255404182962723

Totali

245636,872,151279135296128215263511198418763860214116303771914638721817868164282


342

Popolazione e movimento della popolazione delle province della Sicilia per l'anno 1853 (1)

SUPERFICIE E POPOLAZIONEMOVIMENTO DELLA POPOLAZIONE Matrimonii

ProvincieSup. in m. quadr.Pop. assol.Pop. relat. NatiMorti

M

F

Tot

M

F

Tot

Palermo 1500541,32636010855102272108284857812162973571

Messina 1048384,66437670436756137994889452594142555

Catania 1332411.832309918788701805771466606137523159

Noto 1120254,59322757695410111794108386579732009

Caltanissetta900185,5312064581440189823723350472271553

Girgenti 1040251,51524154975029105264348390982571790

Trapani 1027202,2791974123388280053165291760821479

Totali79672,231.74028047055445759163035864331386900216116

Movimento della popolazione dei Domini continentali per sesso e per mesi nell'anno 1855

Mesi

NATINati -morti LegittimiIllegittimiEspostiTOTALI

per sesso

gemelli

MFMFMFMF Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre12765 12478 12939 11207 10272 8160 8291 8891 9604 10992 11344 1188511608 11989 12184 10901 9721 7894 7645 8316 9134 10455 10722 11237238

248

235

221

209

144

149

159

169

174

178

202239 218 232 205 187 127 158 131 146 174 154 178394 381 413 398 366 282 292 260 291 387 340 338382 388 400 437 388 314

300

269 272 360 379 37113397 13107 13587 11826 10847 8586 8732 9310 10064 11553 11862 1242512229 12595 12816 11543 10296 8335 8103 8716 9552 10989 11255 1178625626 25702 26403 23369 21143 16921 16835 18026 19616 22542 23117 24211332 332 348 300 287 288 258 296 304 329 332 335Totali128828121806232621491414242601352961282152635113761

(1) Se noi non possiamo offrire gli stessi elementi della popolazione e del movimento di essa per le provincie continentali e per quelle di Sicilia, deriva da ciò, che le Commis-sioni Centrali di Statistica, da' cui lavori abbiamo ricavati questi elementi, sono distinte e indipendenti l'una dall'altra ne' dominii di qua e in quelli di là del Faro

343

Mesi

MORTI

(esclusi i nati-morti)Matrimonii

Fanciulli

e celibi

Coniugati

vedovi

TOTALI

per sesso

gemelli

MFMFMFMF 

Gennaio5044448220621523752159175961545456797858 Febbraio4730410617521328556142968631390140117038 Marzo5319455319431482785163076651571234978047 Aprile4639399920311367682148268481420057477352 Maggio4017345215271160470110257141172859466014 Giugno446939451336106244298959961224346796247 Luglio582950821567114348199972241510142497877 Agosto6651600116161365510116485301730756138777 Settembre6240572416491393551121883351677561028440 Ottobre5448480915191184448110871011455665037455 Novembre5540436219371427763160879971623770438240 Dicembre51*3422221451467790166073491546752138118Totali

63109553372108415901727015980914638721817868164282

Dogane del Regno

PROVINCIA DI NAPOLIDoganedi 1aclasse Napoli e Castellammare.»di 2 a» Piano di Sorrento, Procida, Ischio,, Pozzuoli.»di 3 a» Granatello, Torre del Greco Torre

Annunciata, Vico, Sorrento, Massa, Capri, Casamicciola, Forio.TERRA DÌ LAVORODoganedi 1aclasse Gaeta e Fondi.»di 2 a» Marata e Ponza.«di 3 a» Mola, Garigliano, Mondragone, Portella, Lenola, Pastena, Isola, Sora, Isoletta, S. Giovanni Incarico,

Ventotene.PRINCIPATO CITERIOREDoganedi 1aclasse Salerno.»di 2 a» Vietri, Majuri, Amalfi, Castellabate Pisciotta, Sapri«di 3 a» Agropoli, Acciarolo, Casalicchio, Palinuro, Camerota, Capitello, Scario.ABRUZZO CITERIOREDoganedi 1aclasse Pescara, Ortona, Vasto.»di 2 a» S. Vito-Chietino.«di 3 a» Francavilla.1° ABRUZZO ULTERIOREDoganedi 1aclasse Giulia.»di 2 a» Martin-Sicuro, Passo di Civitella, S. Egidio, Controguerra, S. Vito Teramano.«di 3 a» Silvi.2° ABRUZZO ULTERIOREDoganedi 2aclasse Grigiano, Leonessa , Città Ducale, Carsoli.»di 3 a»

» Città Reale, Villa Traiana, Capradosso, Borgo S. Pietro, Leofreni, Tufo, Cavaliere, Cappadocia, Canistro, Roccavivi.

344

MOLISE

Doganedi 1aclasse Termoli.»di 3 a» Campomarino.

CAPITANATA

Doganedi 1aclasse Manfredonia, Rodi.»di 2 a» Viesti.»di 3 a» Fortore, Peschici

TERRA DI BARI

Doganedi 1aclasse Bari, Monopoli. Mola di Bari, Molfetta. Bisceglie, Trani, Barletta.»di 3 a» S. Vito, Polignano. Giovinazzo.

TERRA D'OTRANTO

Doganedi 1aclasse Taranto, Gallipoli, Brindisi.»di 2 a» Otranto»di 3 a» S. Cataldo, Villanova.

BASILICATA

Doganedi 2 aclasse Maratea, Scansano.»di 3 a» Rocca Imperiale.

CALABRIA CITERIORE

Doganedi 1aclasse Paola, Rossano.»di 2 a» Amantea. Belvedere, Corigliano.»di 3 a» Fuscaldo, S. Lucido, Cetraro, Diamante. Scalea..Cassano, Trebisacce, Amendolara,Cariati, Torre Cerchiara.

2A CALABRIA ULTERIORE

Doganedi 1aclasse Cotrone, Pizzo.»di 2 a» Catanzaro, Soverato,Nicastro, Tropea»di 3 a» Cirò, Castelle, Squillaci, Badolato, Castiglione, Nicotera, Briatico

1A CALABRIA ULTERIORE

Doganedi 1aclasse Reggio. »di 2 a» Bagnava, Gioja, Roccella, Scilla.«di 3 a» Bianco. Gallico, Siderno, Melito, Palmi, Monasterace, Villa S. Giovanni, Gerace Marina.

PROVINCIA DI PALERMO

Doganedi 1aclasse Palermo.»di 2 a» Termini, Cefalo.«di 3 a» Partinico, Ustica.

MESSINA

Doganedi 1aclasse Messina.»di 2 a» Milazzo, Oliveri, Patti, S. Stefano

di Camostra, Taormina.«di 3 a» Castello di Tusa, Caronia. S. Agata, Capo d'Orlando, Brolo, Spadafora, Sammartino, Scaletta, Fiumedinisi, Lipari, Stromboli.

CATANIA

Doganedi 1aclasse Catania.«di 3 a» Acireale.

NOTO

Doganedi 1aclasse Siracusa.»di 2 a» Agósta, Avola, Marzamemi, Pozzallo, Scoglitti.«di 3 a» Castello di Bruca, Torre Mazzarella, Porta Secca, Scicli.

CALTANISSETTA

Doganedi 1aclasse Terranova.

GIRGENTI

Doganedi 1aclasse Girgenti.»di 2 a» Licata, Sciocca, Menfi, Terranova.«di 3 a» Palma, Siculiana.

TRAPANI

Doganedi 1aclasse Trapani.»di 2 a» Marsala, Mazzara, Castellammare.«di 3 a» Favignana e Pantellaria.

345 Fiere principali del Regno GENNAIO

S, Fili, in Calabria Citeriore dal giorno 12 al 17.

Taranto, dal 17 al 31 FEBBRAIO

Granita, nella provincia di Messina, dal 18 al 22.

Palazzo lo, nella provincia di Noto, dal 23 al 28. Gallodoro, nella provincia di Messina, da'30 a'6 Febbraio. Venafro in Terra di Lavoro, dal 2 al 4. $. Biase, nella 2* Calabria Ulteriore, dal 2 al 6. Canosa, in Terra di Bari, dal 6 all'8. Caltabiano, nella provincia di Catania, dal 16 al 1 Marzo. MARZO

Lucera, in Capitanata, dal 1 al 15.

Stalatti in Calabria Ulteriore 2a, e Laureano, in Calabria Ulteriore la, dal 9 al 12. APRILE

Lucera, in Capitanata, dal 1 all'8.

Viesti, in Capitanata, dall'8 al 17. Gravina, in Terra di Bari, dal 14 al 21. Lentini, nella provincia di Noto, dal 16 Aprile per 15 giorni. Amendolara, nella Calabria Citeriore, ultima domenica per 5 giorni. Calatafimi, nella provincia di Trapani, dal 22 agli 8 Maggio. Aggira, nella provincia di Catania, dal 30 a'12 Maggio. MAGGIO

Squillace ed Isola in Calabria Ulteriore 2*, dal 1 al 4.

Rodi in Capitanata, e Spinazzola in Basilicata, dal 1 all'8. Ottajano nella provincia di Napoli, e Vasto nell'Abruzzo Citeriore, dal 3 all'8. Solofra, in Principato Ulteriore, dal 6*1 9. Salerno, in Principato Citeriore, dal 6 al 13. Mesagne, in Terra d'Otranto, dal 7 al 15. Foggia, in Capitanata, dagli 8 "a' 20. Eboli, in Principato Citeriore, dal 12 al 22. Aquila, dal 19 al 24. Serracapriola, in Capitanata, dal 20 al 27. Ischitella, in Capitanata, dal 21 al 28. Linguaglossa, provincia di Catania, dal 1 agli 8. Pozzallo, provincia di Noto, da'2 a'9. Trecastagne, provincia di Catania, da'5 a'10. Grammichele, provincia di Catania, da'4 a'19. Piazza, provincia di Caltanissetta, da'27 a'4 Giugno. GIUGNO

S. Bartolommeo in Galdo, in Capitanata, dal 1 al 9.

Nicastro, in Calabria Ulteriore 2*, dal 6 al 13. Teano, in Terra di Lavoro, dal 10 al 13. 4$*. Severo, in Capitanata, dal 25 a' 2 luglio. Leonessa, in Abruzzo Ulteriore 2°, dal 26 a 4 luglio. Gallipoli, in Terra d'Otranto, dal 29 a 3 luglio. Tortorici, nella provincia di Messina, dagli 8 a'16. Chiaromonte, provincia di Notò, dal 13 per 8 giorni. Naro, provincia di Girgenti, dal 18 per otto giorni. LUGLIO

Noja, in Terra di Bari, dal 16 al 21.

Monteleone, dal 16 al 22. Sicignano, in Principato Citeriore, dal 20 al 28. S Croce, in Molise, dal 21 al 25. Caltagirone, da'3 a'26. Spada/ora, provincia di Messina, dagli Il a'15. Acireale, dagli 11 a'26. Patti. Da'18 a'21. Mistretta, da'21 a'28. Sciacca, dal 22 per 8 giorni. Capizzi, provincia di Messina, da'23 al 1.° Agosto. Alcamo, dal 25 al 1. ° Agosto. Castiglione, nella provincia di Catania, da'2 5 a'4 Agosto. Adernò, provincia di Catania, da'30 agli 8 Agosto. 346 AGOSTO

Soriano, nella 2* Calabria Ulteriore, dal 1 al 5. 44

Gildone, in Molise, dal 1 al 9. Penne in Abruzzo Ulteriore, dal 2 al 7. Satriano, io Calabria Ulteriore 2*, dal 2 al 9. Acerno, in Principato Citeriore, Elce nel 1° Abruzzo Ulteriore, Cassinuovo nel 2° Abruzzo Ulteriore, dal 2 al 10. Airola, in Terra di Lavoro, dal 3 ali' 11. Pontelandolfo, in Molise, dal 4 al 7. Bagnoli, in Principato Ulteriore, dal 4 al 10. Fico, in Capitanata, dal 4 ali' 11. Fasto, in Abruzzo Citeriore, dal 5 al 10. Catanzaro, dal 10 al 12. Majuri, in Principato Citeriore, dal 10 al 16. Gesualdo, in Principato Ulteriore, Tolve in Basilicata, Laurino in Principato Citeriore, dal 12 al 16. Altamura, in Terra di Bari, dal 14 al 22. Squillace, nella 2* Calabria Ulteriore, dal 15 al 20. Rignano, in Capitanata, Francatala nell'Abruzzo Citeriore, Lagonegro in Basilicata, dal 15 al 25. Montescaglioso, in Basilicata, dal 21 al 25. Benevento, in Principato Ulteriore, dal 23 al 29. Caserta, in Terra di Lavoro, dal 24 al 30. Feria, provincia di Noto, dal 2 per 7 giorni: Mazzara, da' 6 ai 13. Salaparuta, provincia di Trapani, da' 16 a' 21. Regalbuto, provincia di Catania, dagli 8 a' 12. Castellammare, provincia di Trapani, dagli 8 a' 15. Trapani, da' 13 a' 16. Pachino, provincia di Noto, dal 15 per 5 giorni. Menfi, provincia di Girgenti, dal 15 per 8 giorni. Licata, provincia di Girgenti, dal 18 per 8 giorni. S. Caterina, provincia di Caltanissetta, dai 18 ai 22. Caltavuturo, provincia di Palermo, da' 23 a' 30. Chiusa, provincia di Palermo, dal 24 agosto per otto giorni. SETTEMBRE

Ascoli, in Capitanata, dal 1 all'8.

Lanciano, nell'Abruzzo Citeriore, dal 1 al 15. Reggio, nella 1* Calabria Ulteriore, dal 1 al 15. Serracapriola, in Capitanata, dal 2 al 6. Cerignola, in Capitanata, dal 3 al 7. Siderno, nella 1' Calabria Ulteriore, dal 3 ali' 8. Taurasi, nel Principato Ulteriore, dal 4 all'8. Caposele, in Principato Citeriore, dal 5 all'8. Cassano, in Principato Ulteriore, dal 7 al 10. Ceglie, in Terra d'Otranto, Peschici in Capitanata, dall'8 al 15. Sammarco, in Calabria Citeriore, dal 10 al 14. Serrastretta, nella 2* Calabria Ulteriore, dal 10 al 15. Salerno, dal 12 al 30. Moliterno, in Basilicata, dal 24 al 27. S. Angelo le fratte, in Principato Citeriore, dal 26 al 30. Mesagne, io Terra d'Otranto, dal 28 al 6 ottobre. Radicena, in Calabria Ulteriore 1*, dal giovedì sino all'ultima domenica ed 8 giorni seguenti. Bivona, dal 3 per 8 giorni. Palma, provincia di Girgenti, dagli 8 per 8 giorni. S. Margherita, provincia di Girgenti, per 8 giorni dal dì 8. Petralia Sottana, provincia di Palermo, dagli 8 per 15 giorni. 347

Montemaggiore, provincia di Palermo, dal 14 per 6 giorni.

Sambuca, provincia di Girgenti, dal dì 21 per 8 giorni. Carlentini, provincia di Noto, dal dì 19 per 10 giorni. Mussomele, da'6 a' 12; Barrafranca, dagli 8 ai 15; Pietrapersia, dai 14 ai 27; Serradifalco, da'15 a'29; Vallelunga, dai 24 ai 28, e tutte nella provincia di Caltanissetta. OTTOBREPadula, in Principato Citeriore, dal 1 al 6. Fragneto, in Principato Ulteriore, dal 1 al 15. Girifalco, nella 2» Calabria Ulteriore, dall'8 all'11. S. Severo e Volturata in Capitanata, dal 14 al 22. Belvedere, nella Calabria Citeriore, dal 15 al 23, Amantea, in Calabria Citeriore, dal 20 al 30. Monte leone, dal 26 al 4 novembre. S. Vito, nella 2a Calabria Ulteriore, dal martedì precedente alla 4. A domenica. Ventimiglia e Castronuovo, nella provincia di Palermo, dalla la domenica di Ottobre per 8 giorni. Aragona, nella 3* domenica di Ottobre per 8 giorni, nella provincia di Girgenti, e Poggioreale nell'ultima domenica di Ottobre per 8 giorni, nella provincia di Trapani. NOVEMBREBorgia, nella 2a Calabria Ulteriore, dal 1 al 6. Nicastro, nella 2a Calabria Ulteriore, e Lucera in Capitanata, da' 12 a' 15. Stalatti, nella 2a Calabria Ulteriore, dal 13 al 17. Pozzuoli, nella provincia di Napoli, dal 16 al 26. Grotte, dalla 1* domenica di Novembre per 8 giorni; Villafranca, dalla 2* domenica per 5 giorni, nella provincia di Girgenti. Castrogiovanni, provincia di Caltanissetta, dal 4 al 19. DICEMBRE Mascali, provincia di Catania, dal 1 al 10. Ajello, in Calabria Citeriore, dall'8 al 13. Ascoli, in Capitanata, dal 9 al 17. Jatrinoli, in Calabria Ulteriore 1a, dall'11 al 15. Polistina, nella 1* Calabria Ulteriore, dalla prima domenica fino ai 12.

Sistema metrico del Regno di Napoli secondo la legge del 6 Aprile 1840

La base del Sistema

metrico napolitano è il palmo, settemillesima parte di un minuto primo del grado medio del meridiano terrestre, ovvero settemillesima parte del miglio geografico d'Italia o miglio nautico di 60 a grado. Esso è diviso in parti decimali, e dieci palmi formano una canna.

La canna antica era divisa in 8 palmi, il palmo in 12 once, l'oncia in 5 minuti.

La canna lineare, la canna quadrata, e la canna cuba sono le unità di misura di lunghezza, di superficie e di solidità, per tutti gli usi. La prima è uguale a 10 palmi lineari, la seconda a 100 palmi quadrati, e la terza a 1000 palmi cubi.

Il miglio è lungo 7000 palmi; 378 palmi valgono 100 metri (1) ; 3,78 palmi valgono 1 metro. Un palmo è uguale a metri 0,26455.

L'unità di superficie per le misure agrarie è il moggio di 10000 palmi quadrati, o un quadrato che abbia per lato 100 palmi, o 10 canne. Esso è diviso in parti decimali.

L'antico moggio era un quadrato di 220 palmi di lato, equivalente a 48400 palmi quadrati. Quindi il moggio antico comprende 4, 84 moggi nuovi.

(1) Il metro, unità fondamentale dei pesi e delle misure, è la diecimilionesima parte del quarto del meridiano terrestre.

348

Il moggio nuovo di 10000 palmi quadrati equivale a 6,99868 are (1).

Il moggio antico di 48400 palmi quadrati equivale a 33,8736 are.

Il tomolo è l'unità delle misure di capacità per gli aridi. Esso equivale a 3 palmi cubi, e si divide in 2 mezzette o in 4 quarte, o pure in 24 misure, ciascuna delle quali uguaglia il cubo del mezzo palmo. La misura degli aridi deve praticarsi a raso e non a colmo.

L'unità di misura di costumanza per valutare la quantità delle legna da bruciare è un volume (parallelepipedo) lungo 8 palmi, largo 8 palmi ed alto 4 palmi, detto canna da legna.

La canna di costumanza, usata dagli architetti per misurare le fabbriche, è un volume (parallelepipedo) lungo 8 palmi, largo 8 palmi ed alto 2 palmi.

Il tomolo napolitano uguaglia 55,545113 litri (2).

Il barile, è l'unità di misura di capacità per alcuni de' liquidi, come il vino, l'aceto, l'acqua, ecc., e si divide in 60 caraffe. Esso equivale a un cilindro retto del diametro di un palmo e di tre palmi di altezza. La botte si compone di 12 barili, ed è perciò uguale a un cilindro retto di 3 palmi di diametro e 4 palmi di altezza.

Il carro si compone di 2 botti. Il barile equivale a litri 43,625030.

Il rotolo è l'unità di misura de' pesi, e si divide in parti decimali: la sua millesima parte è il trappeso. Il cantaro si compone di 100 rotola.

Il rotolo era prima diviso in once 331|3, o in 1000 trappesi; Per alcuni generi si usava la libbra composta di 12 once (uguali alle once del rotolo), e l'oncia si divideva in 10 dramme, la dramma in 3 scrupoli o trappesi (uguali a quelli del rotolo), il trappeso in 20 acini o grani. Quindi un'oncia equivale a 3 centesimi del rotolo, una dramma a 3 trappesi o millesimi, due acini o grani equivalgono ad un decimo di trappeso, ossia ad un diccimillesimo.

Antica misura dell'olio era lo staio, equivalente ad un peso di rot. 101|3; e si divideva in 16 quarti, ed ogni quarto in 6 misurelli. Sedici staja formavano una salma, equivalente al peso di rotola 1651|3. Il rotolo è equivalente a chilogrammi 0,890997 (3).

La libbra è tollerata per gli usi farmaceutici, e con le suddivisioni qui sopra indicate.

Sistema metrico di Sicilia

Il palmo, unità di lunghezza, si divide in 12 once, l'oncia in 12 linee, la linea in 12 punti.

Il miglio equivale a 5760 palmi.

Il palmo di Sicilia è 40|41 del palmo di Napoli, ed equivale a metri 0,258098.

L'unità delle misure agrarie è la salma, ch'è un quadrato il cui lato è 64 canne. La salma si divide in 4 bisacce, la bisaccia in 4 tomoli, il tomolo in 4 mondelli, il mondello in 4 carozzi, il carozzo in 4 quarti.

(1) L'ara è 100 metri quadrati, o un quadrato di 10 metri di lato.

(2) Il litro è il cubo della decima parie di un metro, o un decimetro cubo.

(3) Il chilogrammo è 1000 grammi; ed è il peso nel vuoto di un decimetro cubo di acqua distillata alla temperatura di 4 gradi del termometro centigrado.

349

La misura di capacità per gli aridi è il tomolo, equivalente ad un palmo cubo; e si divide in 4 mondelli, il mondello in 4 carozzi, il carozzo in 4 quarti, il quarto in 4 quartigli. Sedici tomoli formano la salma.

Il tomolo equivale a litri 17,193053.

La misura di capacità pe' liquidi è il quartaro, equivalente ad un palmo cubo; e si divide in 20 quartucci, il quartuccio in 2 caraffe, la caraffa in 2 bicchieri. Due quartari formano un barile, e 32 barili una botte.

Il barile equivale a litri 34,386106.

L'unità di peso è il rotolo, e corrisponde ad un quartuccio di olio di uliva puro e lampante pesato a Palermo nell'aria, alla temperatura di 64° di Fahrenheit, ossia di 142|9 di Reaumur; e si divide in 30 once, l'oncia in 8 dramme, la dramma in 3 scrùpoli, lo scrupolo in 20 grani, il grano in 8 ottavi. La libbra è di 12 once, e il cantaro di 100 rotoli.

Il rotolo di Sicilia equivale a chilogrammi 0,79342.


FINE.




INDICE

Introduzione »1La Magna Grecia »114 Condizioni fisiche »3La Sicilia»140Limiti, estensione, popolazione»iviDominazione Romana»155Latitudine e longitudine »iviLa Repubblica Romana »157Provincie e distretti »4L'Impero Romano »160Isole, capi e golfi »iviLa Dominazione de' Goti »163Montagne »5La Dominazione de' Longo-»Regioni idrografiche, valli, pianure»6bardi e de' Greci»167Fiumi»8La Dominazione de' Normanni»171Laghi»15La Dominazione degli Svevi»179Sviluppo e natura delle coste»19La Dominazione degli »Climi fisici»22Angioini»185Natura e prodotti del suolo»25La Dominazione de' Vegetali»30Durazzeschi »194Animali»32La Dominazione degli » Condizioni storiche »39Aragonesi»199Popoli primitivi »iviLa Dominazione degli Il Piceno»41Spagnuoli, o il Governo de'Regione Vestina »42 Viceré»208La Sabina»44La Dominazione de' Borboni»217Regione Peligna »48Scienze, Lettere e BelleRegione de' Marrucini »49 Arti »228Regione Frentana »50Industrie»239La Marsia»53Commercio»249Gli Equi o Equicoli»55Vie di Comunicazione »255Il Sannio»57Condizioni Amministrative,Regione de' Volsci »63topografiche, statistiche»264Gli Ausoni o Aurunci »67Ordine giudiziario »266L'Agro Sidicino »72Amministrazione civile »269L'Opicia o Campania »iviAmministrazioni finanziere »273Regione de' Picentini »99Amministrazione generale diL'Irpinia»101poste e procacci »276La Lucania»104Del Gran Libro del DebitoLa Brezia»110Pubblico »277

Amministrazione generale del-

Abruzzo Citeriore

»

308la Cassa di Ammortiz-

1° Abruzzo Ulteriore

»

309zazione

»

2782° Abruzzo Ulteriore

»

311Amministrazione generale

Provincia di Molise

»

312del Banco e della Zecca

»

279La Capitanata

»

314Cassa di Sconto

»

280La Terra di Bari

»

315Monetazione e monete

La Terra d'Otranto

»

318Della G Corte de' Conti

»

286La Basilicata

»

320Amministrazione generale di

»

La Calabria Citeriore

»

321Bonificazioni

»

287La 2a Calabria Ulteriore

»

323Direzione generale di Ponti

La 1a Calabria Ulteriore

»

325e Strade

»

ivi

IVILa Provincia di Palermo

»

327Amministrazioni militari

»

288La Provincia di Messina

»

329Diocesi ed Amministrazioni

La Provincia di Catania

»

331diocesane

»

291La Provincia di Noto

»

333Istruzione Pubblica Accademie

»

292La Provincia di Caltanissetta

»

335Isituti e altri stabilimenti

Istituti ed altri stabilimenti

La Provincia di Girgetni

»

336scientifici

»

294La Provincia di Trapani

»

337Stabilimenti di Beneficenza

»

295Quadro delle provincie, de'

Monti frumentarii

»

299distretti, ecc.

» 339 Topografia delle provinciePopolazione e movimento del Reame»

ivi

IVIdella popolazione

»

340Provincia di Napoli

»

iviDogane del regno

»

343Terra di Lavoro

»

303Fiere principali

»

344Principato Citeriore

»

305Sistema Metrico di Napoli e

Principato Ulteriore

»

307di Sicilia

»

347

ERRATACORRIGEPag14V.16 da mezzodì e settentrioneda mezzodì a settentrione»23»18senza toccare alcun trattosenza toccare alcun trattodi terradi mare»80»9LitermoLiterno»103»47 traduzionetradizione»104»44rigidi internirigidi inverni»140»30BoeoBon»161»25TrajanoAdriano»200»436 giugno 18426 giugno 1442»209»19campo spagnuolocampo francese.














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