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30 settembre - 20 ottobre 1860:
la guerra civile in Molise

Antonio Armenti

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7 Aprile 2011

“…Pettorano, Carpinone, Isernia, meritereste che su di voi non venisse più né pioggia né rugiada, fin che durerà la memoria dei nostri, ingannati e messi in caccia e uccisi pei vostri campi e pei vostri boschi!... “ Così scriveva  Giuseppe Cesare Abba nel suo celebre “Da Quarto al Volturno” cronistoria dell’impresa  garibaldina del 1860.

Ma cosa accadde nel Molise di tanto orrendo da far scrivere quelle parole allo storico garibaldino?

Nel suo ultimo libro “Pietà per i vinti” l’amico Antonio Grano racconta l’Unità d’Italia e gli avvenimenti dal 30 settembre al 20 ottobre 1860 a Isernia e dintorni dove si combatté una fra le pagine più sanguinose del Risorgimento con l’enigma delle “teste mozzate”.

Accadde che nel Molise ci fu una strenua resistenza dei “cafoni” all’avanzata dei garibaldini che si distinguevano per crudeltà, saccheggi, stupri avendo fatto infiltrare tra le loro fila masnade di avventurieri di ogni risma e di ogni regione d’Europa, veri lanzichenecchi sotto le vesti di liberali.

Guai a chi veniva additato come borbonico: tutti contro di lui, era come un marchio d’infamia ed una maledizione che si estendeva anche ai figli.

Tornando ai fatti raccontati da Cesare Abba, ad Isernia ci furono continui cambi di fronte. Ai garibaldini che occuparono e rapinarono la città con violenze di ogni tipo fecero seguito rivolte popolari che scacciarono l’invasore che tentò poi di riconquistare il terreno perduto. Una colonna di Garibaldini al comando del colonnello Nullo da Boiano marciò il 17 ottobre verso Isernia, facendo sosta per riposare a Pettoranello che dista pochi chilometri dal capoluogo molisano. A nulla valsero gli allarmi lanciati dai suoi uomini che avevano visto gruppi di “cafoni” che dalle vicine alture di Castelpetroso, armati di forconi, uncini ed altre armi improvvisate avanzavano verso di loro.

Quando Nullo si rese conto del pericolo era ormai troppo tardi e non trovò di meglio che fuggire con la scusa di andare a chiedere soccorso a Boiano. Fu un eccidio, un’ecatombe con la maggior parte dei garibaldini scannati e massacrati dai popolani fra i quali le donne erano le più inferocite.

Qualche giorno dopo all’ingressi di Isernia vennero esposte le teste di alcuni molisani ed intorno a questo fatto si sono susseguite ipotesi, smentite, precisazioni. Le foto delle teste vennero addirittura attribuite ai “boxer” della rivolta cinese del 1900 ma alcuni documenti dell’archivio storico dello Stato Maggiore dell’esercito italiano (fasc. 19, busta 60) confermerebbero che si trattava dei resti dei “cafoni” molisani.

Ha scritto Antonio Caprarica: “... l’orrore di Isernia spalanca un baratro in cui fa paura guardare. Una spirale senza fine di rappresaglie e depravazioni, che per più di cinque anni farà di questo conflitto intestino la guerra più feroce mai combattuta fra italiani. Almeno fino alla replica del 1945. “

Antonio Armenti - Isernia




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