Da un messaggio postato nella ml Ddojesicilie
MI
TOCCÒ IN SORTE IL NUMERO 15
EPISODI
DELLA VITA MILITARE
DEL
BERSAGLIERE MARGOLFO CARLO
Cari compatrioti,
di seguito troverete un estratto del diario del bersagliere
Carlo Margolfo che partecipò all'assedio di Gaeta e
alle varie campagne di repressione nelle nostre terre con
le truppe di occupazione. Delle sue vicende, il Margolfo
tenne un diario, che, riscoperto in epoca recente, è
stato dato alle stampe dalle autorità del suo paese
(Delebio, in provincia di Sondrio). Il documento, citato anche da
Del Boca in "Indietro Savoia", è di grande
importanza perché è un'impietosa
testimonianza "dell'altra parte".
Pacatamente, vorrei fare alcune osservazioni :
1) si evince chiaramente chi è "brigante" : gente comune e preti
che si oppongono agli invasori, cioè, propriamente,
i resistenti ;
2) i bersaglieri si danno al saccheggio. Posso sbagliarmi, ma non
mi pare che le SS arrivassero a tanto. Qui un altro
pensiero : perché in Germania, paese di gente seria,
nel bene e nel male, non ci sono più le SS e qui
continuano a marciare imperterriti i corpi militari che si
sono macchiati delle peggiori nefandezze. Capisco il triste
periodo sabaudo, ma la repubblica non avrebbe potuto cancellarli ?
3) E' tale il terrore che i bersaglieri creano nei
territori occupati che la povera gente è costretta
ad accoglierli con rami di ulivo, perché essi non
incendino i villaggi. La cosa non è da poco,
perché una tale inaudita violenza è servita a cancellare
la memoria e la coscienza di un popolo. Come è
successo ai nativi nordamericani che sopravvivono inebetiti
e immemori
4) Sarebbe il caso di dedicare un sito a Pontelandolfo,
dove riportare anche questa testimonianza, e foto, se
visono, successive all'eccidio.
Concludo con i versi dell'Anonimo poeta della fine del `600
che chiudono la "Storia de' cient'anne arreto" e che sono
dolorosamente e sorprendentemente vivi ed attuali :
23
E mo, Napole mia bella e gentile,
Si' ghiuta `n mano a ttant' ausorare!
Quant' jere bella si' ttornata vile,
E baje sperta cercanno sanzare.
Io da la varva mme scicco li pile,
Ca te veo da sti lupe laniare.
Peo si' ogge, che non fuste jiere
`N mano de pisciavinnole e bucciere !
24
Non vedarraggio maje retornato
Lo tiempo ch' jere, Napole, felice!
Comme Fortuna va cagnanno stato!
So' ssecche, chelle nnobbele radice!
Io stopafatto resto, anze ncantato,
Ca Cajazza si' ffatta, da Fenice!
Saie quanno fuste, Napole, corona?
Quanno regnava Casa d' Aragona
Nando
_________________________________________________________________________________
"MI
TOCCÒ IN SORTE IL NUMERO 15 - EPISODI DELLA VITA MILITARE
DEL BERSAGLIERE MARGOLFO CARLO"
Edizione
a cura del Comune e della Pro Loco di Delebio - stampato a Sondrio nel
1992
(pagg : 51 - 56) : N.B. : tra
parentesi sono le notazioni e le correzioni del curatore.
...subito andai coi compagni, e quasi subito hanno cessato il
fuoco, e fecero una caccia di 232 briganti, fra i quali
c'erano i preti del paese e tutte le autorità del
paese, rimanendo nel paese sino al sabato giorno 20,
guardando i prigionieri cioè i briganti.
<<TIRATE A QUEL
GALANTUOMO>>
Domenica giorno 21, partimmo tutto il batttaglione, compo-sto
in maniera che una compagnia era) davanti, 2 compagnie una
da (una) parte e l'altra (dall'altra), in mezzo i carcerati
inca-tenati a due a due uniti insieme, e di dietro l'altra
compagnia, coll'ordine, passando dai paesi, al minimo
movimento della popo-lazione (di) fare fuoco, ed eravamo
diretti in Avellino.
Giunti in Avellino, pochi briganti abbiamo lasciato, quindi
partimmo per Nola, dove vi era il generale Pinelli,
coman-dante il movimento (di repressione) del brigantaggio.
Giunti in Nola, su un gran piazzale si fece sosta, avvertendo
il Generale di venire a vedere la caccia ed ordinare il da
farsi. Giunto il generale Pinelli, fece gli elogi della
bella caccia che ave-vamo fatto.
Sortì una voce dicendo che lui era galantuomo, ed era figlio
del sindaco. Pinelli allora gli disse: <<Bene, allora
mettetevi da una parte, ed il resto si conduca verso
montagna>>, lontano circa 50 passi da noi, e noi nel
centro, che dai tre lati c'era la Fanteria di guarnigione
al presidio facendo cordone, in caso di sollevazio-ne dei
cittadini. I detti briganti, facendogli fare front'indietro, e
poi diede l'ordine: <<Per tre, fate fuoco>>. Al
comando: <<Fuoco>> tutti cascarono per terra
morti.
Rimase solo il figlio del sindaco, che credevamo proprio che la vita
fosse salva.
Pinelli gli disse: <<Dunque sei figlio del sindaco e sei un
galan- tuomo?>> - <<Si, signor generale>>.
<<Ebbene, andate, andate, ma di questa parte>>.
Appena fece un trenta passi, che il generale Pinelli disse:
<<Tirate a quel galantuomo>>. Difatti fu colpito, e
cascò an- che lui vicino agli altri suoi compagni.
Ritornammo, e siamo passati di Mercogliano, giunti siamo in
Summonte, bel paese di circa 1.500 abitanti, dopo 5 ore di
mar-cia, rimanendo sino al 4 agosto, giomo di domenica,
partendo di pattuglia, passando S. Angelo (S. Angelo a
Scala) e la Rocca (Roccabascerana], e dopo 6 ore di
cammino, circa le ore 6 di sera, marciando tutta la notte,
passando di Monteforte, Migna-no, Sparone, Tasino e Cimifili
(Mugnano del Cardinale, Spero-ne, Tufino e Cimitile) sempre
pattugliando, di nuovo siamo giunti a Nola dopo 14 ore di
marcia.
Mercoledì giorno 7, montammo in ferrovia per Cancello, un bel
paese di 1.400 abitanti. Arrivati al paese ci siamo messi
in cammino, passando di S. Felice, Arienzo, Arpaia e
Montesar-chio, rimanendo un 2 ore di riposo, indi avanti
per la città di Benevento, dopo 14 ore di marcia.
L'indomani, venerdì 9, alla sera ci prepariamo per la
parten-za; difatti all'una dopo mezzanotte, dopo 5 ore di
marcia, arri-viamo al punto dove c'era `lo brigante'.
All'alba circondavamo il paese, e principiando a fare fuoco e
salendo alla baionetta, dopo un tre ore di combattimento
pren-demmo la posizione, trovando 29 morti e 2 feriti e
prendendo 28 cavalli. Di noi fu morto un bersagliere e il
Maggiore ferito.
Pensando poi che la forza dei briganti era di 400, noi
erava-mo soltanto 147, tra linea e bersaglieri. Infine
entrammo nel pae-se di Pietrelcina, un paese veramente
borbonico: abbiamo trova-to bandiere e ritratti dei
suddetti Borboni.
Dopo un'ora di riposo, partimmo per Paio (Pago Veiano), decima
mia tappa. Nel paese ci siamo riuniti con altre compagnie
ed alla mezzanotte partimmo per S. Marco (S. Marco dei
Cavo-ti); bel vedere il popolo di questo paese di S. Marco,
son venuti incontro tutti in processione con l'immagine di
Maria Vergine, per il timore che noi avessimo incendiato il
villaggio.
Noi abbiamo oltrepassato il paese rimanendo in pianura;
alla mezzanotte partimmo pei monti. In questa notte fu per
noi un gran movimento: dopo esserci nascosti dietro un
colle si videro i briganti che facevano pattuglia, ed erano
4, che furono presi su-bito a fucilate; avvicinandoci al
paese ne abbiamo presi altri 4, il resto degli abitanti
erano fuggiti. Appena spuntò l'alba siamo en-trati
nel paese chiamato S. Giorgio (S. Giorgio la Molara). Dalle
autorità rimaste nel paese abbiamo avuto pane, vino
a gratis amore dei, ed abbiamo chiesto anche dei denari.
Dopo 4 ore di riposo, partimmo alla volta di Pago; in questo
siamo rimasti un 3 ore di riposo, quindi partimmo per
Pietrelcina, giunti alla sera dopo una marcia di 24 ore.
L'indomani, martedì giorno 13, rimanemmo in riposo sino le 6 di
sera; dopo di nuovo partenza, continuando tutta la notte.
PONTELANDOLFO,
UN NIDO DI BRIGANTI
Al mattino del mercoledì, giorno 14, riceviamo l'ordine
supe-riore di entrare nel comune di Pontelandolfo, fucilare
gli abitanti, meno i figli, le donne e gli infermi, ed
incendiarlo.
Difatti un po' prima di arrivare al paese incontrammo i
bri-ganti attaccandoli, ed in breve i briganti correvano
davanti a noi.
Entrammo nel paese: subito abbiamo incominciato a fucilare i
preti, ed uomini, quanti capitava, indi il soldato
saccheggiava, ed infine abbiamo dato l'incendio al paese,
abitato da circa 4.500 abitanti.
Quale desolazione, non si poteva stare d'intorno per il gran
calore, e quale rumore facevano quei poveri diavoli che la
sorte era di morire abbrustoliti, e chi sotto le rovine
delle case.
Noi invece durante l'incendio avevamo di tutto: pollastri,
pa-ne, vino e capponi, niente mancava, ma che fare? non si
poteva mangiare per la gran stanchezza della marcia di 13
ore: quattor-dicesima tappa.
Fu successo tutto questo in seguito a diverse barbarie corn-messe
dal paese di Pontelandolfo: sentirete, un nido di briganti,
e la posta la svaligiava ed ammazzava la scorta, fra i
quali l'ultima volta che svaligiarono la posta era scortata
da 8 soldati, e pure perirono i 8 soldati, lo stesso fu per
il posti(gli)one e conduttore, e lasciarono in balia
cavalli e legno.
Prima di questo poi era successo un caso molto strano al
paese: essendo di passaggio in perlustrazione, una
compagnia ha pernottato in una chiesa, ed era piena di
paglia; i soldati (erano) molto contenti col dire:
<<Questa notte riposeremo un poco>>.
Come sia stato, i paesani volarono (catturarono e uccisero)
la sentinella senza il minimo rumore, e l'hanno squartata,
tagliata a pezzi, e diedero fuoco alla paglia da un buco di
loro conoscenza, quindi che hanno fatto questi poveri
soldati? la figura precisamente che faceva-no adesso loro:
abbrustolire dentro. Proprio quale barbaro paese fu questo
Pontelandolfo, ma ora si è domesticato per bene.
VENIVANO
INCONTRO CON RAMI D'OLIVO
Circa le ore 4 pomeridiane, partimmo alla volta di Fregnedo
(Fragneto Monforte); la mattina prossima partimmo circa le
ore 6. e siamo entrati in Fregnedo Abate (Fragneto
l'Abate).
Il comandante distacca una pattuglia di 35 uomini dicendo:
<<Perlustrate il bosco, e quindi ritornate a dare il
risultato>>. Par- timmo io con altri 34 ma, dico la vera,
andava poco a genio perlustrando il bosco con sì
poca forza, pensando che il giorno prima c'era `lo
brigante', e difatti c'erano ancora.
Allora indietro ad unirsi alla colonna, ed avanti. Allo spuntar
del sole entrammo nel comune di Campolattaro, dopo una
mar-cia di 19 ore, stanchi dalla fatica.
Sentite com'è bella: entrando in paese tutti gli abitanti
veni-vano incontro con rami d'olivo, a piangere e pregare,
dimandan-do di non bruciare `lo paese', ed avrebbero
indicato 'lo brigante'. Infatti in paese non si fece che
qualche fucilazione.
Siamo venuti in cognizione che gli abitanti avevano nascosto tutte
le loro sostanze in luoghi sicuri: mi venne in mente (che)
anche a Delebio nel `48 è successo un fac-simile, di
nascondere tutto...