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Bersaglio sbagliato

Zenone di Elea
(se vuoi, puoi scaricare l'articolo in formato RTF o PDF)
RdS, 6 Gennaio 2008

Manderanno da Roma un altro proconsole a governare la Campania (in)felix e tutto resterà come prima. Questo il primo pensiero che ci è venuto venerdì mattina, 4 gennaio 2008, leggendo l’articolo di Francesco Merlo dalla copia omaggio di Repubblica appoggiata sul tavolo dove stavamo facendo colazione, in un albergo del Vallo di Diano, in cui alloggiavamo per trascorrere pochi giorni di relax in terra natia.

Sapevamo benissimo, era fin troppo evidente, che quell’articolo così duro, al limite del disprezzo, costituiva una condanna a morte – politicamente parlando – per il governatore della Campania.

L’estensore dell’articolo era un noto opinionista, se un giornale fiancheggiatore del PD come Repubblica gli aveva fatto passare – o magari addirittura lo aveva incaricato di scrivere - un pezzo del genere, voleva dire che Antonio Bassolino diveniva l’agnello sacrificale di tutti i guai della regione Campania.

In nome del “si salvi chi può” si chiedeva la sua testa, oltre non si poteva andare, stretti fra rivolte popolari e riflettori della opinione pubblica mondiale.

Avevamo sentito parlare la prima volta di Bassolino quando giovane e sconosciuto dirigente del Partito Comunista Italiano girava per i comuni della Campania per le campagne elettorali del suo partito. Un amico fraterno lo aveva ascoltato in un comizio a Vallo della Lucania – circa trentacinque anni fa – e ce ne aveva parlato entusiasticamente pronosticandone un radioso futuro politico.

Così è stato, chi non si ricorda il rinascimento napoletano? Sembrava la panacea di tutti i mali della ex-capitale del Regno delle Due Sicilie. Ma era un bluff, non poteva essere altrimenti, cambiare i destini di una colonia presuppone ben altro che una riverniciatina ai quartieri bene di Napoli. L’Antonio, fine talento politico, capisce che è ora di fare il grande salto e di abbandonare una città i cui problemi si mostrano insormontabili: si fa eleggere governatore della regione ed apre faraoniche rappresentanze in terra d’America.

Ma  l’Antonio non ha fatto i conti con la monnezza, la buccia di banana su cui rischia di scivolare una intera classe politica napoletana, in quanto non crediamo che egli sia così stupido da lasciarsi trasformare da potente viceré campano ad agnello sacrificale senza battersi.

Ne vedremo delle belle.

Ci dispiace solamente, come dice una delle tante perle musicali della canzone napoletana, della gente che come alternativa ha da scegliere tra lo scontro con le forze di polizia – o l’esercito, probabilmente – e l’accettare di convivere con montagne di spazzatura che inquinano terra, acqua ed aria.

E ci dispiace anche dei tanti napoletani della diaspora che in questi giorni in particolare – ma avviene da qualche anno ormai – nei loro luoghi di residenza vengono dileggiati per la situazione in cui è precipitata la loro città. Un dileggio che proviene da gente ignorante e presuntuosa che non sa cosa vuol dire vivere in una colonia, dove tutto diventa complicato e corrosivo, da dove la gente se ne fugge appena può, e chi non fugge rimane ostaggio di parassiti e galoppini di un potere lontano ed estraneo.

Per questo l’articolo di Merlo non ci è piaciuto. Non intacca la sostanza del potere campano, non fa altro che affossare un esponente politico che di colpe ne ha tantissime, ma che non ha fatto tanto peggio di altri esponenti di sponde politiche avverse.

Per lo stesso motivo non ci piace neppure il taglio di alcune manifestazioni – ci riferiamo agli insorgenti, di cui abbiamo visto alcuni video su youtube – che individuano come bersaglio l’Antonio.

Noi non siamo separatisti, ma dobbiamo ammettere che Nicola Zitara ha ragione: il problema è l’Italia, nel senso che il Sud non risolverà mai i suoi problemi senza rimetterla in discussione nella sua forma statuale uscita dal risorgimento, quindi in tutte le sue forme politiche, siano esse di sinistra, di centro  o di destra poco conta.

Nella soluzione dissentiamo con Zitara: egli sostiene la separazione con creazione di uno stato indipendente, noi riteniamo che si possa rifondare questo stato con un nuovo patto fondante che riconosca il fallimento dello stato nato dal risorgimento e poi trasformatosi in repubblica con passaggi discutibili.

Un nuovo stato dovrebbe riconoscere – tra i suoi primi atti, se non addirittura nel suo patto fondante – i torti subiti dalle popolazioni meridionali e adoperarsi per riequilibrare le due aree del paese.


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Fonte:
Repubblica, 04-01-2008

DEMOCRAZIA UCCISA DALLA SPAZZATURA 

FRANCESCO MERLO

È come se il presidente del Consiglio e il ministro degli Interni non capissero che in una delle nostre più grandi regioni e in una delle più belle città del mondo la spazzatura sta seppellendo la democrazia e la sinistra italiane.

E a Napoli Antonio Bassolino e Rosa Russo Iervolino non ci vengano ancora a parlare di lotta alla camorra, di rinascita, di sogno meridionale. E smettano per sempre di declamare il loro impegno morale contro la criminalità organizzata.

Il punto è che un amministratore del territorio che non riesce a risolvere i problemi del territorio si deve dimettere. E dunque o la Iervolino e Bassolino trovano subito una soluzione tecnica e politica alla spazzatura di Napoli oppure si tolgano davanti e ci provi qualcun altro con più coraggio, con più forza, con più coscienza; qualcun altro che, pur di sgominare Gomorra, pur di usare la tecnica contro la vischiosità locale, le stupidità ecologiche, gli spasmi plebei, gli interessi criminali e l´incompetenza arrivi a mettere a rischio anche se stesso, la propria carriera politica, la propria vita persino.

Soffocata dagli escrementi di Napoli c´è infatti l´idea, con la quale eravamo cresciuti, che può esistere una maniera dolce di governare e di amministrare anche il nostro meraviglioso mondo meridionale. Muore tra i miasmi la speranza che i Bassolino avrebbero dato al Sud una nuova organizzazione, una nuova estetica, un nuovo ordine, una nuova etica: amministrare senza ammazzare, senza imbrogliare, senza scannarsi l´un l´altro. Ricordate il modello emiliano, toscano, umbro? Ebbene, è diventata spazzatura l´illusione che tutto il paese era toscano. Purtroppo nella spazzatura di Napoli c´è infatti la decomposizione di quell´antropologia che ci aveva fatto sognare, l´illusione che i bravi tecnici della sinistra, gli onesti funzionari della sinistra, i competenti e appassionati amministratori della sinistra sarebbero riusciti là dove erano falliti i Lauro, i Gava, i De Mita. E invece quella vecchia Napoli oggi si vendica su di noi. Guardiamo quella spazzatura e non capiamo come sia possibile che essa non laceri la coscienza civile dei nostri uomini di governo e della nostra sinistra. Perché l´orrore non diventa emergenza nazionale?

E´ questo governo di centrosinistra che deve tagliare il nodo, è Prodi che deve intervenire come Robespierre contro gli amministratori locali che sono invischiati fino al collo nel maleodorante guazzabuglio meridionale, impotenti e litigiosi, completamente incapaci di districarsi tra sperperi, sprechi e delitti. Il governo ha il dovere di separare le esigenze giuste dal plebeismo violento. Tocca a Prodi e ad Amato fronteggiare gli enormi interessi criminali, i rapporti della politica locale con la camorra ma anche gli estremismi ideologici. Non è possibile che si discuta ancora della spazzatura come fosse un problema accademico, una questione sociologica, una faccenda di storia e di geografia.

Ho un amico a Parigi, un napoletano che possiede un ristorante italiano in Place Victor Hugo. Ebbene, attaccata alla parete ha la foto di sua madre, un vecchia signora un po´ curva con uno scialle sulle spalle che si affaccia al balcone del suo appartamento al settimo piano e deposita un sacchetto di spazzatura sulla cima di un monte di rifiuti, ventisette metri di immondizia, che arriva appunto alla sua ringhiera. Ecco: noi vorremmo che Prodi la vedesse prima di spiegare agli italiani che non è vero c´è il declino e che, anzi, l´Italia ce l´ha fatta a ripartire. Vorremmo che Prodi andasse in quella pizzeria e illustrasse quella foto ai clienti francesi, raccontando quali possibilità di futuro stanno nascendo nelle strade di Napoli. Quella foto è cosi densa di significati e di presagi da battere in efficacia cento editoriali del New York Times sul degrado apocalittico dell´Italia. L´immagine basta da sola a dimostrare che in Italia ci sono alcuni problemi dinanzi ai quali non si può più tirare a campare.

La spazzatura di Napoli mette in gioco la democrazia italiana. Ha bisogno di soluzioni tecniche, che ovviamente esistono. Non è infatti una cosa eccezionale smaltire la monnezza in un paese industrializzato con una forte coscienza ecologica. Ma poiché la politica locale non ce l´ha fatta, sia il governo a imporre la tecnica: con l´esercito, con leggi d´emergenza, con arresti di polizia, con la forza.

Anche con la forza si può restituire Napoli a Napoli, ridare pulizia e splendore alle strade della Campania, dove oggi si aggira il peggiore e il più sordido dei diavoli: la forza al servizio della tecnica moderna prima di abbandonare Napoli a san Gennaro. 

e che in Italia ci sono alcuni problemi dinanzi ai quali non si può più tirare a campare.

La spazzatura di Napoli mette in gioco la democrazia italiana. Ha bisogno di soluzioni tecniche, che ovviamente esistono. Non è infatti una cosa eccezionale smaltire la monnezza in un paese industrializzato con una forte coscienza ecologica. Ma poiché la politica locale non ce l´ha fatta, sia il governo a imporre la tecnica: con l´esercito, con leggi d´emergenza, con arresti di polizia, con la forza.

Anche con la forza si può restituire Napoli a Napoli, ridare pulizia e splendore alle strade della Campania, dove oggi si aggira il peggiore e il più sordido dei diavoli: la forza al servizio della tecnica moderna prima di abbandonare Napoli a san Gennaro. 









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