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Dopo la pubblicazione del nostro articolo abbiamo ricevuto il seguente messaggio:

Subject: RIGUARDO I TRE MILIONI DI FRANCHI

Message: il link qui sotto, si riferisce alla GAZZETTA DI MANTOVA, a pag. 78 in data 9 maggio 1860 già si conosceva, la somma destinata alla spedizione garibaldina.

In effetti sulla Gazzetta di Mantova si parlava dei tre milioni cambiati in oro nella Banca di Genova prima che l'eroe dei due mondi sbarcasse a Marsala!Riproduciamo in basso quasi integralmente la colonna di sinistra di pagina 78 della Gazzetta di Mantova del 16 maggio 1860.

Ringraziamo Mauro per questa importantissima segnalazione che mettiamo a disposizione di tutti come è nostra abitudine.

Zenone di Elea – 10 Dicembre 2011

Gazzetta di Mantova del 16 Maggio 1860– pag. 78

Genova 7 maggio

Oggi Garibaldi, con circa 2000 uomini su tre vascelli, è partito per la Sicilia.

Del 9.

Intorno alla spedizione di Garibaldi, leggiamo nel Movimento di Genova: 

Ci si dice che il capitano di un bastimento a vela, arrivato questa mattina (9) nel nostro porto, racconti di aver veduti i due vapori della spedizione con un bastimento a rimorchio, lunedì mattina nelle acque toscane, all'imboccatura del canale di Piombino.

Si assicura che Garibaldi si è imbarcato Ira Genova e la Spezia, nella notte del 6 al 7 di questo-mese, con circa 1800 uomini e 24 pezzi di artiglieria sopra due navigli mercantili a vapore, lino inglese e l'altro sardo. Però Alessandro Dumas, partito sul suo yacht, nella stessa mattina, ha ricevuto il lunedì un dispaccio di Garibaldi del 7, dicendogli che lo attèndeva a Genova per consegnargli la seconda serie delle sue memorie..

Tre milioni di franchi in viglietti furono cambiati in oro alla Banca di Genova, evidentemente nello scopo dì facilitare la spedizione.

I Genovesi credono che vi sia dimezzo la mano di una grande potenza marittima.

La Patrie dice che, indipendentemente dal legno su cui s'imbarcò Garibaldi, due altri vapori lasciarono Genova con 1,400 Cacciatori delle Alpi, romagnoli, lombardi e genovesi; e che quattro altri legni han dovuto da differenti punti raggiungere Garibaldi.

La spedizione (continua la Patrie) è organizzata Su vasta scala: possiede armi, munizioni, viveri, materiali per accampamento, mezzi- per sostenere durante parecchi mesi la lotta.

Le soscrizioni raccolte in Inghilterra e in Italia non essendo bastevoli a coprire la spedizione, la Patrie domanda chi ha fornito il completamento del danaro necessario. (G. U. di Ven.)

L’oro di Garibaldi in piastre turche?

di Zenone di Elea


(se vuoi, scarica l'articolo in formato ODT o PDF)

RdS, 7 dicembre 2011


Venezia 1860 – Un anno di stampa che avevo visto tante volte su un volume, in genere col luogo diverso ovvero “Napoli 1860” oppure “Torino 1860”. Niente di straordinario, dunque. Invece stavolta mi colpiva quella data impressa sul frontespizio di un testo (1) dove leggevo a pagina 11 la seguente frase: “Tre milioni di franchi in viglietti furono cambiati in oro alla Banca di Genova evidentemente all'uopo di facilitarne la spedizione.”

“Tre milioni di franchi”, “oro”, “Banca di Genova”. Questo accostamento riferito alla spedizione dell'eroe dei due mondi mi ha fatto drizzare le antenne e mi son detto “allora di questo oro si sapeva già dal 1860”.

A partire dal 1988 grazie ad alcuni scrittori vicini alla massoneria (2) e sopratutto grazie a scrittori cattolici – Messori (3), Pellicciari (4), Socci (5) – è rimbalzata – su libri, riviste, quotidiani, siti web – la notizia che presbiteriani scozzesi avrebbero finanziato Giuseppe Garibaldi sperando che giungesse nel cuore della cristianità e ponesse fine al potere temporale del Papato. Notizia importante che confermava certe asserzioni e ipotesi mai suffragate da prove sul fatto che la mano potente della massoneria avesse favorito il tracollo del Regno delle Due Sicilie per indebolire e poi attaccare al cuore anche il papato.

Quella che poteva essere una delle solite boutades antimassoniche della rivista dei gesuiti “La Civiltà Cattolica” (6) si era trasformata in un fatto acclarato, comprovato dalle ricerche di Giulio di Vita che ne dava notizia durante il convegno "La liberazione d’Italia nell’opera della Massoneria", organizzato a Torino nel settembre del 1988 dal Collegio dei Maestri Venerabili del Piemonte. Notizia che veniva ripresa dagli organi di stampa negli anni successivi e che da taluno veniva definita una “sconcertante rivelazione”.

Dove sta la rivelazione sconcertante se in un libro del 1860 stampato in quel di Venezia si diceva con precisione che presso la Banca di Genova erano stati cambiati in oro tre milioni di franchi per finanziare la spedizione?

Il fatto che a Venezia nel 1860 si scriveva della Banca e dei franchi cambiati in oro, significa una cosa sola, che qualcuno sapeva ciò che era successo – potremmo ipotizzare che il testo stampato anonimo a Venezia poteva essere stato ispirato da agenti austriaci a conoscenza della esistenza del finanziamento inglese.

La verità poteva venir fuori, meglio allora seppellirla in mezzo al mare, insieme alle carte che avrebbero potuto comprovarlo. Così perse la vita Ippolito Nievo, patriota, letterato e cronista meticoloso, con un gruppo di funzionari (semplici “scrivani contabili” non funzionari quindi, lo stesso Nievo soltanto un "passacarte", si legge in alcune pagine su internet) appartenenti all'amministrazione militare che aveva gestito le finanze della spedizione dei Mille. Leggiamo nella presentazione di Vito Caporaso del testo di Cesaremaria Glori, LA TRAGICA MORTE DI IPPOLITO NIEVO - Il naufragio doloso del piroscafo Ercole:

“Nel corso della navigazione verso le coste siciliane gli fu affidato l’incarico di Vice Intendente, il che comportava la responsabilità dell’amministrazione del corpo di spedizione e, in seguito, dell’Esercito Meridionale. Un incarico pieno di responsabilità questo, suscettibile di critiche che divennero malevole e spesso calunniose nella lotta fra le fazioni che vedevano contrapporsi Cavour e Garibaldi.

Fu proprio per difendersi da queste calunnie, che avevano trovato nella stampa dell’epoca una tribuna ascoltata e temuta, che Nievo fu costretto a redigere un Rendiconto nel quale dimostrava, con meticolosa precisione, l’operato suo e di tutta l’Intendenza.

Fare ricorso a quella stesura fu una mossa corretta, tuttavia nel fascicolo erano contenute notizie riservate, della specie che non sarebbe stato opportuno rivelare.

Nievo partì da Palermo con il vapore Ercole la sera del 4 marzo 1861: a bordo c’erano ottanta persone tra equipaggio e passeggeri e, custodito in una voluminosa cassa, il Rendiconto con tutti i documenti giustificativi che lui aveva predisposto.

Il console amburghese Hennequin, che a Palermo curava gli interessi del Governo di Londra, aveva cercato di dissuaderlo dall’imbarcarsi su quella nave, ma il Vice Intendente non era uomo dall’abbandonare né il suo equipaggio né il prezioso carico, e non comprese il criptico messaggio dell’annunciato disastro.

Non sapeva che quel rendiconto non doveva vedere la luce, perché avrebbe rivelato l’ingerenza pesante del Governo di Londra nella caduta del Regno delle Due Sicilie. L’Intendenza aveva dovuto gestire un ingente finanziamento in piastre d’oro turche, che aveva favorito l’arrendevolezza di gran parte degli ufficiali e delle alte cariche civili borboniche: un’immobilità che aveva paralizzato l’Esercito e soprattutto la Marina borbonica.”

Cfr. https://it.paperblog.com/

Non solo l'ingerenza di Londra sarebbe venuta fuori ma anche il ruolo della Banca di Genova (7), la banca che cambiò i franchi in oro ovvero in piastre turche, la moneta franca del tempo in tutto il Mediterraneo. Moneta inesistente secondo i detrattori del complottismo. In realtà in base alla riforma turca del 1844 la moneta d'oro esistente in quel paese veniva denominata medjidié d'oro (lira turca) ed equivaleva a cento piastre. Come si può notare dalla tabella sottostante neanche un mago riuscirebbe a far venire fuori “10 mila piastre turche d'oro” partendo da 3 milioni di franchi, anche tenendo conto che si tratta di una elaborazione basata su dati del 1864. Il fatto che da tre milioni di franchi non si possa arrivare alle diecimila piastre sbandierate su articoli di giornali e siti web non dimostra però che il finanziamento sia una invenzione (8).

L’oro di Garibaldi in piastre turche
FRANCHI Valore di
1 piastra
espressa in franchi
PIASTRE TURCHE Valore in piastre di
1 piastra d'oro
Piastre turche d'oro
(LIRA TURCA)
MEDJIDIÉ D'ORO
3000000 0,23 13043478,26 100 130434,78
Nostra elaborazione fatta utilizzando i cambi della piastra turca
riportati nelle pagg. 154-155-156 del volume di B. C. Colas,
La Turchia nel 1864, Corona e Caimi Editori, Milano 1869


Alcuni sostengono che il naufragio del battello a vapore “Ercole” sia avvenuto nelle acque tra Punta Campanella e le piccole Bocche di Capri, per lo scoppio delle caldaie. Altri, invece, davanti alla Bocca Grande di Capri, dove è sempre passata, fin dai Fenici, la rotta Palermo-Napoli. Secondo alcuni giornali dell'epoca, moltissimi legni arrivarono sulla assolata spiaggia dei Maronti, a Ischia. Una dozzina di giorni prima della proclamazione del Regno d'Italia.

Neanche il paragnostico olandese Gerard Croiset ingaggiato da Stanislao Nievo – pronipote dello scrittore scomparso in fondo al mare antistante la costa campana – è riuscito a far luce su questo primo mistero italiano (9).

La frase, in cui siamo inciampati casualmente, per noi dimostra una cosa sola, che delle trame anglo-franco-cavouriane tutto si sapeva! Lo abbiamo già scritto in altra occasione e qui lo ribadiamo, a certi livelli la verità sulla unificazione sabauda era ben conosciuta. Questo almeno nei primissimi anni sessanta dell'ottocento, poi calò il sipario sulla verità ed ebbe il nome di Legge Pica (10), la legge speciale che fece strage non solo di uomini.

Meglio tenere celato come era crollato il nostro Regno, bisognava cancellarlo per sempre dalla memoria degli italiani, soprattutto da quella degli abitanti delle Provincie Napolitane.


(1) Cfr. Gli avvenimenti d'Italia del 1860 cronache politico-militare dall’occupazione della Sicilia in poi, Vol. I, Venezia, 1860, Cecchini Editore, pag. 11

(2) “Il finanziamento – ha detto il prof. Aldo Mola, docente di storia contemporanea di Milano e storico della massoneria e del Risorgimento – proveniva da un fondo di presbiteriani scozzesi e gli fu erogato con l’impegno di non fermarsi a Napoli, ma di arrivare a Roma per eliminare lo Stato pontificio. Tutta la spedizione garibaldina – ha aggiunto il il professor Mola – fu monitorata dalle massoneria britannica che aveva l’obbiettivo storico di eliminare il potere temporale dei Papi e anche gli Stati Uniti, che avevano rapporti diplomatici con il Vaticano, diedero il loro sostegno. I fondi della massoneria inglese – ha aggiunto Mola – servirono a Garibaldi per acquistare a Genova i fucili di precisione, senza i quali non avrebbero potuto affrontare l’esercito borbonico, che era l’esercito di Pulcinella, ma un’armata ben organizzata. Senza quei fucili, Garibaldi avrebbe fatto la fine di Carlo Pisacane e dei fratelli Bandiera.” (Cfr. Quei massoni britannici che finanziarono i Mille - IL GIORNALE DI BRESCIA del 27.07.2009)

(3) “Adesso, ecco la sconcertante rivelazione. Viene dal convegno "La liberazione d'Italia nell'opera della Massoneria", organizzato a Torino nel settembre del 1988 dal Collegio dei Maestri Venerabili del Piemonte, con l'appoggio di tutte le Logge italiane. Di recente sono stati pubblicati gli Atti, a cura dell'editrice ufficiosa dei massoni. Una fonte sicura dunque, visto il culto dei "fratelli" per quel Garibaldi che fu loro Gran Capo. Un breve intervento - poco più di due paginette, ma esplosive - a firma di uno studioso, Giulio Di Vita, porta il titolo Finanziamento della spedizione dei Mille.” (Cfr. Vittorio Messori, Pensare la storia, San Paolo, Milano 1992, p. 258)

(4) “5 maggio 1860: Garibaldi e i suoi Mille partono da Quarto (Genova) imbarcati sui piroscafi Piemonte e Lombardo alla volta del Regno delle Due Sicilie. A Garibaldi era stata segretamente versata dal governo inglese l'immensa somma 'di tre milioni di franchi francesi in piastre d'oro (molti milioni di dollari odierni) che sarebbe servita a corrompere i dignitari borbonici e comperare il loro tradimento.” (Cfr. MILLE E NON PIÙ MILLE di Angela Pellicciari - Il Timone - n. 20 Luglio/Agosto 2002)

(5) “La tesi, basata su alcune ricerche, è avanzata da Antonio Socci in un saggio di 24 pagine su "La Chiesa e la questione risorgimentale italiana", contenuto nel libro "Processi alla Chiesa" (ed. Piemme, in libreria in questi giorni), curato da Franco Cardini, docente all'Università di Firenze.” (Cfr. Garibaldi comprò l'esercito borbone - Corriere della Sera - 28 aprile 1994)

(6) Ed in effetti a pagina 487 de “La Civiltà Cattolica, Anno Decimoterzo, Vol. III. della Serie Quinta” del 1862 troviamo la notizia su tre milioni di franchi provenienti da Londra: “Mentre dalla tribuna parlamentare si bandivano, per bocca del Mordini, i vesperi da farsi in Roma, come il Garibaldi li proclamava dalia Sicilia, e si diffondevano a tal fine, per le stampe, sanguinarie istigazioni di fuorusciti senza onore e senza coscienza; d'ogni parte d'Italia traevano verso Napoli e Palermo frotte di giovani e venturieri, assoldati per una misteriosa spedizione, a sussidio della quale giungevano da Londra al Garibaldi circa tre milioni di franchi, e s'imbarcavano armi e munizioni.”

(7) Sul ruolo della Banca di Genova nella unificazione sabauda rimandiamo alla opera postuma di Nicola Zitara, L'INVENZIONE DEL MEZZOGIORNO - Una storia finanziaria, Editore Jaca Book, gennaio 2011

(8) Il testo di Antonio Socci fu bollato come “balle” da Denis Mack Smith e come “spazzatura a ruota libera” da Massimo Salvadori.

(9) Su internet dei buontemponi che si spacciano per esperti della materia sostengono che la favola dell'oro in piastre turche (a quei tempi non si usavano piastre d'oro turche ma solo d'argento, essi affermano) sarebbe nata nel 1988, che non se ne trova traccia alcuna su documenti dell'epoca (“Nessun documento, ufficiale o privato dell'epoca ne parla” parole testuali, tanto per riportarne solamente una). E la favola citata nel testo stampato nel 1860 a Venezia, secondo questi storici provetti dove sarebbe nata?

(10) La legge 1409 del 15 agosto 1863, nota come legge Pica, dal nome del suo promotore, il deputato abruzzese Giuseppe Pica, fu approvata dal parlamento della Destra storica e fu promulgata da Vittorio Emanuele II. Presentata come "mezzo eccezionale e temporaneo di difesa", la legge fu più volte prorogata ed integrata da successive modificazioni, rimanendo in vigore fino al 31 dicembre 1865. In forza di questa legge, i reati di brigantaggio assunsero l'aspetto di reati militari, e quindi puniti secondo l'eccezionale severità delle leggi militari. 



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