Riceviamo e volentieri pubblichiamo un comunicato stampa della Delegazione di Roma del del Movimento Neoborbonico, col quale si informa dell'apertura del sito, che vi invitiamo a visitare e, per invogliarvi a farlo, riportiamo il saluto del prof. Gennaro De Crescenzo e un articolo di Don Paolo.
La Delegazione di Roma del Movimento neoborbonico comunica che il proprio sito è attivo da oggi 19 aprile 2006 ore 22.00 all'indirizzo https://www.neoborboniciroma.net
L'indirizzo di posta elettronica della delegazione rimarrà, sino
al 2 maggio p.v. neoborboniciroma AT hotmail.it, oltre tale
data sarà sotituito da neoborboniciroma AT
neoborboniciroma.net (tuttavia già attivo). Per inviare lettere
e/o materiale al sito, l'indirizzo da usare è tassativamente
solo il seguente: lettere AT neoborboniciroma.net.
Per ciò che attiene il forum esso rimarrà chiuso sino a
quando la ns. delegazione non avrà deciso le modalità di
gestione, prevediamo apertura entro inizio maggio.
Quando il Movimento è nato, nell'ormai lontano 1993, ci auguravamo la nascita di sedi e delegazioni in tutta l'Italia e all'estero: non avendo (allora come ora) grandi mezzi, puntavamo tutto sulla forza dei nostri “soldati”. La parola non è casuale ma non presuppone armi, fuochi o cannoni: la nostra è una vera e propria battaglia, però, che ha come primo obiettivo la ricostruzione della verità storica, come obiettivo intermedio la ricostruzione della nostra identità e dell'orgoglio di meridionali-duosiciliani e come obiettivo finale (e fondamentale per l'atteso riscatto dei nostri popoli) la formazione e la costituzione di classi dirigenti “neoborboniche” e finalmente degne di rappresentare il Sud di domani.
Nonostante le ansie, la stanchezza, la rabbia, le difficoltà e
gli ostacoli che i nostri (tanti) avversari (gli sradicati di ieri e di
oggi) ci creano quotidianamente, i risultati sono stati moltissimi e le
soddisfazioni o, napoletanamente, gli “sfizi”, ancora
più numerosi.
Una delle delegazioni sulla quale avremmo da sempre scommesso per la
presenza di tanti napoletani e duosiciliani era quella di Roma.
Il patto stretto tra alcuni neoborbonici veri, con l'ausilio della
“forza e dell'onore” di rinforzi vesuviani e, soprattutto,
casertani, ci fa sperare, dopo i recenti successi milanesi, in un altro
“battaglione” (o in un'altra “banda”, se
ritenete più giusta una metafora meno ufficiale) in grado di
vincere altre importanti battaglie nella provvisoria capitale
capitolina...
Auguri veri e in bocca al lupo..... “piemontese”.
E' interessante rileggere una pagina di storia, che tratta del miracolo economico, sicuramente ultimo, nel Sud dell'Italia.
Il periodo è quello del regno di Ferdinando II e come riferisce
il Nassau Senior, il Re, si poteva ben definire un liberista.
Egli infatti si diede molto da fare per ridurre i dazi che allora
esistevano, su almeno un centinaio di prodotti, tanto che questa sua
politica fu elogiata anche dal Parlamento inglese, sottolineando come
la politica del monarca fosse illuminata dalla teoria del Libero
Scambio.
La politica di Ferdinando era volta a rendere il paese indipendente e
sviluppato. Si diede forte impulso alle industrie; il complesso
industriale dell'opificio di Pietrarsa a Portici era uno stabilimento
di grandi dimensioni, copriva una superficie di circa 34.000 mq, con
più di mille impiegati ed aveva una linea produttiva che
spaziava dalle rotaie alle macchine a vapore, dalle gru alle caldaie,
fino alle bombe. Una sezione di questa fabbrica si occupava anche di
lavori più leggeri, come la copertura dei fili con la seta, oggi
si usa la gomma.
Oltre a Pietrarsa, fu dato notevole impulso anche alla Real Ferriera
della Mongiana, nella Calabria Ultra che Ferdinando in persona, seguiva
con passione con l'intento di farne l'arsenale più importante
del Mediterraneo.
Non bisogna dimenticare la Real Fabbrica di armi di Torre Annunziata,
la Real Fonderia di Poggioreale, oltre all'Arsenale militare di Napoli
e ai cantieri navali di Castellammare che sicuramente erano i
più grandi e moderni d'Italia, tanto che già era
cominciata la trasformazione per la costruzioni di scafi in ferro e con
propulsione ad elica.
Quindi è lecito parlare per il meridione di una tradizione
industriale già a cavallo tra la prima e la seconda metà
del XIX secolo. Basti pensare che alla Mostra industriale di Napoli del
1853, alla quantità di brevetti, come macchine a vapore per gli
usi più disparati , macchine pneumatiche, telescopi del famoso,
ancora oggi, La Barbera, bilance, orologi e perfino un motore
elettromagnetico.
Il settore tessile ebbe un notevole impulso dalla politica del governo
che riuscì ad attirare capitali stranieri, soprattutto svizzeri
e tedeschi che crearono una serie di fabbriche in Terra di Lavoro e
nella provincia di Salerno.
La zona della valle del Liri era conosciuta per il polo industriale dei lanifici, ben quindici.
La qualità dei panni prodotti era notevole, grazie anche alla introduzione della lana merinos in loco, il settore dava lavoro a circa 20.000 operai!
Se consideriamo poi il settore della seta, che con lo stabilimento di
San Leucio, aveva reso famosi in tutta Europa i suoi prodotti filati
per la qualità eccezionale.
Sviluppata era anche l'industria per la lavorazione delle pelli e del
cuoio, solo a Napoli esistevano 15 fabbriche, tanto che si era riusciti
a far crollare l'importazione di questi prodotti dall'estero.
Accanto all'iniziativa privata, ci furono massicci interventi da parte
dello Stato con la finanza pubblica, attraverso le Società
economiche provinciali che miravano alla creazione di un industria
pesante.
Infatti il settore più avanzato era quello metalmeccanico e siderurgico, si producevano, in vari stabilimenti e centri sparsi per il regno, barre e lamiere,macchine agricole, lavatrici automatiche a vapore, quella del Real Albergo dei poveri a Napoli, lavava duemila lenzuola!
Importante anche l'industria alimentare che produceva soprattutto
pasta, famosi i maccheroni esportati in tutto il mondo e dava lavoro a
moltissimi addetti. Oltre questi, erano centinaia gli stabilimenti per
la produzioni di latticini, mozzarelle di bufala, insaccati e conserve.
Quindi il quadro ci fa capire che nonostante il paese fosse
prevalentemente agricolo, esisteva già la struttura di un paese
industriale, con manodopera e tecnici specializzati,ma non basta.
In questo periodo la situazione economica della penisola italiana era
al rovescio, basti pensare che mentre nelle province napoletane vi
erano circa 9.500 medici su una popolazione di 9.000.000 di abitanti,
nel totale delle province del nord i medici erano in tutto 7.000
però su una popolazione di 13.000.000.
Mai come intorno agli anni '60 del XIX secolo, quindi alla vigilia
dell'unità d'Italia, il meridione aveva la struttura per
spiccare il volo dal punto di vista economico ed industriale, pur in
presenza di problemi a carico soprattutto delle zone più remote
ed agricole.
L'unificazione fu, per le Due Sicilie, la pietra tombale di tutte le
aspirazioni ma anche l'inizio di una spoliazione che va avanti ancora
oggi, colpa soprattutto delle classi politiche succedutesi, incapaci di
impedire i saccheggi prima e l'abbandono poi.
Gaude Lilio Fortitudo Principum Andevaghensium
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