L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
Eleaml


“Il perenne dissidio”

di Andrea Balìa
Napoli, 14 settembre 2006

L’argomento riguardante l’ex Regno delle Due Sicilie con la consequenziale storia del Sud è stato affrontato ed ampiamente espresso con opinioni, analisi, punti vista e svariate angolazioni – sfavorevoli e non, condivisibili o meno – da più letterati, scrittori, giornalisti, ecc…da don Benedetto Croce a tanti altri.

Il risultato è il perenne dissidio tra chi ritiene l’ex Regno qualcosa che poneva nell’arretratezza le regioni meridionali ed andava superato dal vento liberale che attraversava l’Europa, e per ragioni “più alte” come l’unità degli ex stati della penisola italica sotto un’unica bandiera ed un unico Stato, e  altri che ritengono altresì il Regno di Napoli (o delle Due Sicilie) come un sano esempio di lunga autonomia soppresso con un’infausta guerra fratricida che ha declassato tutto il Sud facendogli iniziare un lungo percorso di degrado e sottosviluppo.

Tra i primi vi sono anche quelli che con finta o vera bonomia, pur non essendo così critici sulla gestione e le condizioni preunitarie del Sud, sottolineano l’ineluttabilità degli eventi e dell’evolversi della Storia per cui sostengono inevitabile l’accaduto.

Tra i sostenitori invece dell’ex Regno è quasi costante la sottolineatura del “come” è avvenuta l’unità, a fronte di un’invasione pretestuosa (senza regolare dichiarazione di guerra) con il carattere più sfacciato dell’annessione, con una ferocia poco credibile in dei “fratelli” liberatori, e per ragioni meramente d’appropriazione economica a ciambella di salvataggio delle disastrate finanze sabaude; il tutto dietro il paravento degli ideali unitari.

Anche nei secondi vi sono i più possibilisti che non si dichiarano in assoluto contrari all’idea unitaria, ma ne contestano appunto la maniera in cui è stata attuata e la mancanza di volontà reale d’integrazione attuata e concessa come possibilità vitale al Sud.

Adesso è inevitabile che tutte le valutazioni, pur restando delle proprie idee e convinzioni, possiamo per spirito democratico ritenerle rispettabili o coglierne l’aspetto positivo, ma il punto non è questo e risulta ormai inderogabile fare chiarezza su qualcosa che forse è più d’una precisazione.

Esistono numeri, dati, cifre, che essendo tali (e non opinioni o altro) risultano poco o per niente confutabili e/o manipolabili, e perciò portatrici o portatori d’una oggettività su cui – piaccia o meno – non vi è opinione o punto di vista che tenga!

Spieghiamoci meglio e portiamo l’esempio tra gli ultimi governi  dell’Italia: sia Berlusconi che Prodi, con le relative coalizioni a sostegno, sono critici l’un l’altro di leggi, iniziative, impostazioni economiche, e cantori delle proprie virtù.

Ovviamente la si può pensare in modi diversi sostenendo idee, tesi, teorie e quant’altro, e, tutto è opinabile o discutibile, ma se poi guardiamo i numeri, le cifre, il PIL, i dati di disoccupazione, quelli del bilancio, le tabelle d’esportazione, ecc… non c’è discorso che tenga e, senza star ora a far graduatorie, sarà palese che questi dati danno di sicuro più ragione a qualcuno.

Orbene per l’argomento in questione di cui sopra, i numeri sulle condizioni del Sud prima e dopo stanno là, quelli industriali pure, quelli sull’emigrazione anche, i dati sull’economia sono chiari, e così via.

Cosa si evince? Che tutte le teorie sono buone, che alcune impostazioni di riflessioni sono più argute o sottili, che la ricerca è più profonda o seria in alcuni, ma infine carta canta, e, anche volendo dare a tutti la patente di buona fede (anche se molte volte la cosa è disagevole), il dissidio resterà pure ma si dipana la verità, e quest’ultima non è certamente a conforto di chi ritiene che gli eventi risorgimentali ed unitari siano stati favorevoli e giusti per il Sud.





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