La vicenda della Sicilia borbonica è un eccellente esempio di come la crisi dell’antico regime innesca modelli politici di partecipazione politico-sociale rivoluzionaria. Si presentano subito una serie di interrogativi centrali per la ricerca: Perché si diventava rivoluzionari?
Perché si decideva di diventare giacobino, separatista o patriota? Perché ci si affiliava a qualche setta segreta? Perché ci si procuravano libri proibiti? Perché si abbracciavano ipotesi di trasformazione geopolitica radicalmente eversivi degli assetti esistenti nel sud Italia tra il 1796 e il 1860? Perché si sceglieva la lotta armata a rischio della vita?
Solo la ricostruzione dei percorsi degli attori siciliani, collettivi e individuali, permette di poter dare alcune risposte. La contestualizzazione dell’azione dei soggetti e dei gruppi sociali, che nel giro di una due generazioni costruiscono il mito di una Sicilia rivoluzionaria, dà la possibilità di misurare l’oscillazione, teorica e pratica, tra ordine e disordine pubblico, tra il tentativo di impiantare una nuova monarchia amministrativa, cioè non più assoluta e non ancora costituzionale, priva di diritti politici, ma che assicurava il rispetto della legge, e il rigetto violento da parte di ampi settori della società, tra l’esperimento di creare nuove regole del gioco politico e partiti che si impegnano in una lotta terroristica contro quelle regole, tra la creazione di un sistema di alta e bassa polizia e una reazione “criminale” di una parte del ceto dirigente unito ad ampie fasce popolari.
Punto di snodo fondamentale della vicende politiche siciliane è il Risorgimento, una rivoluzione nel contempo aristocratica, borghese, contadina, plebea, insieme politica e sociale; decisiva per il processo di unificazione nazionale, eppure espressiva di differenze e divisioni destinate a pesare a lungo nella storia dell’Italia unita.
Il 1860 si situa nel solco di una costruzione mentale che assegna al «popolo» di Sicilia una indomita capacità rivoluzionaria, tale da riecheggiare positivamente nel resto d’Italia e d’Europa.
Una specificità siciliana viene identificata con un’organizzazione armata «plebea» e solidamente «partitica», refrattaria al controllo governativo, ulteriormente cresciuta nel periodo della dittatura garibaldina.
Questa organizzazione armata popolare si poneva come elemento di coniugazione tra passato e futuro: tra le rivoluzioni del 1820, del 1848, del 1860; e le altre che si sarebbero verificate a unificazione compiuta: quella del 1862 culminata con gli scontri in Aspromonte, quella palermitana del 1866.
Accettando il terreno dell’insurrezione popolare armata, una parte della classe dirigente (o aspirante tale) si era impegnata nel doppio problema di suscitare le forze sociali in grado di esercitare tale violenza, e di porsi come garante del controllo della violenza espressa.
Luigi Blanch, un liberale dell’Ottocento, definiva la Sicilia una conquista postuma della rivoluzione francese: i provvedimenti di riforma amministrativa del 1817 cancellavano all’improvviso il divario degli antichi assetti giuridico-istituzionali tra il mezzogiorno continentale e l’isola.
La centralizzazione statale faceva retrocedere l’antico regno di Sicilia dalla sua costituzione “patrizia”, secondo la quale i diritti delle comunità e dei nobili erano sempre contrattati con la monarchia, riducendolo a semplice provincia.
Inoltre l’istituzione delle intendenze, gli antenati delle attuali province, ridisegnava i confini, le gerarchie e l’attribuzione di risorse simboliche e materiali. La lotta politica tra il baronaggio siciliano e il governo napoletano, il contrasto tra la vecchia aristocrazia e i nobili più recenti, la rivalità tra Palermo e le altre città, specie quelle divenute capovalli, cioè sedi di intendenze, il conflitto per l’accaparramento delle terre demaniali, la continua messa in discussione nei municipi dei precari e nuovi equilibri di potere, la distruzione dei secolari sistemi di credito nelle campagne, la violenza dei nuovi sistemi di mercato, l’immissione di dosi sempre maggiori di repressione e controllo poliziesco della popolazione, la circolazione di nuove idee politiche oscillanti tra municipalismo, separatismo e nazionalismo, trasformarono la Sicilia in un perenne elemento di instabilità della monarchia borbonica, fino a provocarne il dissolvimento.
L’isola diviene così il luogo dove si manifesta platealmente la crisi politico-istituzionale dell’intero mezzogiorno; crisi che deve essere letta tanto all’interno di un contesto che accomuni le sue “valli” alle province del continente, quanto rivolgendo l’attenzione alle realtà locali, alla composizione delle classi dirigenti urbane con le loro relazioni di potere, che assumono molteplici sfaccettature, una della quali è quella della violenza.
La scoperta della politica da parte di nuovi gruppi urbani e la possibilità di gestirla con gli strumenti della mediazione e dei rapporti informali, poteva forse determinare un rapporto meno traumatico tra istituzioni e società, se il ricorso sistematico alla repressione poliziesca non avesse aperto una faglia non più sanabile tra ceto civile e corona.
I canoni della monarchia amministrativa, con la presenza di un diritto pubblico, anche se non di libertà costituzionali, trasmettevano un messaggio di modernizzazione istituzionale e sociale che fra violenza e repressione non poteva però regolare la vita dell’isola. In Sicilia, Vandea e Bretagna degli ultimi Borboni, non si guardava più a Napoli ma all’Italia e all’Europa rivoluzionaria.
Tra i lasciti della monarchia amministrativa vi è la grande quantità di documentazione conservata negli archivi centrali e locali. Qui si proporranno alcuni sondaggi di questa quasi inesplorata massa di documenti, attraverso la concentrazione su alcuni momenti fondamentali quali la psicosi dell’invasione e della rivoluzione giacobina a cavallo dei due secoli, la rivoluzione del 1820 con l’azione dei gruppi carbonari, le insurrezioni del ‘37 la cui carica esplosiva si sentirà un decennio dopo nel biennio ‘48-49 per finire con la guerra del ’59-60 con i suoi strascichi del ’62 e ’66 quando i sovversivi diventano chi, poco tempo prima, era stato un reazionario.
Le carte d’archivio che emanano più fascino sono senza dubbio quella della “Real segreteria del viceré Dipartimento di polizia”. Questi documenti possono essere facilmente consultabili grazie ad un inventario annuale (1819-1855) con indici analitici di nomi e materie.
Si può in questo modo portare avanti una ricerca, anche per un anno soltanto, attraverso soggetti come: “carboneria”, “tumulti popolari”, “rapporti sullo spirito pubblico”, “disordini”, “eccessi”, “rivolte”, “sedizioni tendenti a turbare la tranquillità pubblica”, “censura di libri” e “congiure”.
A titolo di esempio, prendiamo il primo quinquennio delle carte di polizia. Tramite i suoi indici possiamo risalire a quei documenti riguardanti reati, nomi o luoghi che ci sembrano più interessanti al fine di una ricerca breve ma esaustiva.
1819-1820
Caltagirone: preparativi di sommossa
Capitano di armi dei distretti di Corleone, Caltanisetta, Cefalù, Mazzara, Messina, Mistretta, Nicosia, Noto, Patti, Sciacca, Termini.
Capizzi: tumulto popolare
Carboneria in Alcara, Caltanissetta, Casalnuovo, Casteltermini, Costrogiovanni, Castroreale, Catania, Favara, Mascali, Mineo, Monteleone, Naso, Niscemi, Patti, Polistina, Randazzo, San Mauro, Sciacca, Scordia, Siracusa, Spadafora, Taormina, Trecastagni, Ventimiglia, Vizzini.
Carbonaro Giuseppe Antonio cappuccino
Carini: Rapporti sullo spirito pubblico del circondario – Tumulti popolari
Catania: rapporto sullo spirito pubblico della valle
Cause di carboneria
Cefalù: rapporto sullo spirito pubblico
Compagnie d’armi nei distretti siciliani
Corleone: rapporto sullo spirito pubblico
Deputazione di pubblica sicurezza di Capizzi, Castrogiovanni, Santangelo, Taormina
Direttore generale di Polizia Ugo Pietro marchese delle Favare
Disordini in Parco e in Taormina
Girgenti: Rapporto sullo spirito pubblico
Grammichele: tumulti
Messina: atti ostili al governo
Piana: Rapporto sullo spirito pubblico
Polizia: pianta organica
Revisore dei libri
Rivolta in Savoca
Rivoltosi in Alcamo
Termini: Rapporto sullo spirito pubblico
Tumulto popolare in Bagheria, Capizzi, Carini, Frazzanò, Gangi, Grammichele, San Cataldo, Savoca, Taormina, Tortrici
1822
Alcamo: rivolta – rivoltosi
Alimena: processo per rivoltosi carbonari
Caccamo: Famiglie danneggiate nel tumulto
Caltagirone: carbonari della diocesi
Cammarata: comitiva armata nel territorio
Carboneria di Aci S. Antonio, Aidone, Alcara, Alessandria, Alimena, Augusta, Barcellona, Barrafranca, Bivona, Borgio Giardini di Taormina, Butera, Calascibetta, Calatabiano, Caltagirone, Campobello, Caronia, Castiglione, Castroreale, Catania, Centorbi, Chiusa, Comiso, Favara, Fiume, Forza, Francofonte, Geraci, Gesso, Giarre, Girgenti, Graniti, Leonforte, Licata, Mazzarino, Menfi, messina, Milazzo, Mineo, Misilmeri, Melia, Motalbano, Motta, Naro, Naso, Niscemi, Noto, Novara, Partanna, Paternò, Piazza, Pietraperzia, Poggioreale, Pozzallo, Prizzi, Randazzo, Riesi, Saponara, Sanfratello, San Giuseppe, San Michele, Savoca, Scicli, Serradifalco, Siracusa, Spatafora, Taormina, Termini, Vallelunga, Vittoria, Vizzini.
Carbonari ecclesiastici
Carbonari in Acireale, Aci Santantonio, Casalnuovo, Falcone, Giarratana, Lercara, Mascalucia, Novara, Oliveti, Palermo, Piana, San Biagio, Scicli, Termini
Castronovo: compagnia armata sul territorio
Circondario di Carini, Corleone, Misilmeri, Partitico e Piana: Rapporti sullo spirito pubblico.
Comitive armate nel territorio di Mazzara, Altavilla, Borgetto, Cammarata, Castronovo, Girgenti, Militello, Monreale, Partitico, Piazza, Polizzi, San’Angelo Muxaro, Terranova, Ucria.
Compagnie d’armi dei distretti delle valli
Conflitto tra la compagnia d’armi e Giacomo Spoto
Competenza giurisdizionale delle corti marziali
Corte marziale di Caltanisetta, Palermo, Siracusa, straordinaria di Valdinoto.
Corti marziali in Sicilia
Corrispondenza del commissario del Re con il Direttore generale di Polizia
Corrispondenza profughi in Malta
Cospirazione di Palermo
Disordini nel comune di Ventimiglia
Distretto di Cefalù, Corleone, Termini: rapporto sullo spirito pubblico
Eccessi in Polizzi
Impiegati carbonari
Moti contro la tassa sul macino in Leonforte
Omicidi in Biancavilla, Bugio, Carini, Casteltermini, Chiusa, Corleone, feudo Buci-buci. Ghibellina, Leonforte, Lipari, Mirabella, Misilmeri, Mistretta, Modica, Montalbano, Noto, Palermo, Palma, Partitico, Piraino, Raccuja, Santa Lucia, Trapani, Tusa, Valguarnera, Valle d’Olmo, Villabate, Vizzini.
Persone di fiducia per Malta onde spiare le mosse dei profughi siciliani e napoletani
Processi di Abela-Ferrari, Alimena, Bronte, Catania, Meccio e consorti, Menfi, Messina, Palermo, Termini.
Rapporti di gendarmeria di Polizia
Rapporti sullo spirito pubblico del circondario di Carini, Misilmeri, Partitico, Piana, e dei distretti di Cefalù, Corleone, Termini.
Rapporti sullo spirito pubblico della Sicilia e delle valli di Caltanisetta, Catania, Girgenti, Mazzare, Palermo, Siracusa, Trapani.
Rapporti sulla tranquillità delle città di Messina, Palermo, Piazza e Catania.
Resistenza alla forza pubblica in Campobello
Revisione di stampa
Riunione di carboneria in Alimena e Barrafranca
Rivolta in Alcamo, Agrò, Polizzi. Tentata rivolta in Palermo e Vizzini.
Rivoltosi latitanti
Scoperta di società segreta in Catania
Siciliani in Malta
Sindaci di Calascibetta, Campobello, Baronia, Cerda, Cimino, Comiso, Gangi, Giarratana, Melia, Motta, Parca, Poggioraele, San Giuseppe, Scordia, Spatafora, Taormina, Tusa.
Soppressione della Via Crucis nella chiesa della Gancia di Palermo
Soppressione dei consolati e delle maestranze di Palermo
Spinnato Giovanni, sindaco di Caronia denunciato per carboneria.
Tumultuanti in Alcamo, Agrò. Palermo, Polizzi, Randazzo.
1823
Abolizione delle maestranze in Palermo
Aceto Giovanni
Adamo Leonardo sindaco di Calatafimi
Carbonari in Alimena, Belpasso, Caltagirone, Caltanisetta, Canicattì, Catania, Fiumefreddo, Lercara, Mascali, Mazzara, Messina, Mineo, Nicosia, Pietraperzia, Regalbuto, Sambuca, Saponara, San Giuseppe, Santo Stefano, Spadafora, Taormina, Trapani.
Carbonari ecclesiastici nella diocesi di Catania, Mazzara, Monreale, Patti, Siracusa. Carbonari impiegati nella Diocesi di Mazzara, Nicosia, Piazza. Carbonari ecclesiastici non impiegati nella diocesi di Mazzara, Nicosia e Piazza.
Cartelli anonimi in Bagheria, Caltanisetta, Canicattì, Comiso, Linguaglossa, Siracusa.
Comitiva armata in territorio di Alia, Calatafimi, Castigione, Francavilla, Manforte, Mangiuffi, Montemaggiore, Niscemi, Partanna, Pietraperzia, Salemi, Santalucia, Sciacca.
Conciliazione dei partiti in Castroreale e di Casalvecchio
Comune di Naso e di Vittoria
Corte speciale pei misfatti di Campobello e di Palermo
Cospiratori in Palermo
Deputazione di Sicurezza Pubblica in Taormina
Disordini in Montalbano
Divieto di congregarsi per le confraternite di Palermo
Ecclesiastici carbonari destituiti dalla diocesi di Monreale
Processo per riunioni settarie a Messina
Processo contro i rivoltosi di Alcamo
Rapporto sullo spirito pubblico del distretto di Caltagirone, Cefaù e della Sicilia.
Rapporto sulla tranquillità di Camporeale, Castrogiovanni, Val demone, Val di Catania, Val di Mazzara, Val di Noto, Val di Palermo.
Rapporti mensili di polizia
Rapporto storico della gendarmeria reale
Reclamo del Senato di Messina contro l’abolizione di quel peculio frumentario
Rivoltosi di Alcamo e di Montalbano
Saccheggio e omicidi in Caltanisetta, Palmi e Polizzi.
Sindaci di Augusta, Belmonte, Belpasso, Calascibetta, Calatafimi, Melilli, Modica, Montalbano, Petralia Soprana, Prizzi, Sortino, Tusa, Vicari.
Tassa macinato in Piazza
Tumulto popolare in Assaro e Castrogiovanni
Visita del commissario del Re di Val Demone ai comuni di Catenanuova, Centorbi, Licodia, Paternò, Regalbuto, Valdemone
Voci sediziose in Catania per una prossima coscrizione o leva, e sullo stato politico dell’Europa.
1824
Alterco fra arrendatari del macino e la forza pubblica in Niscemi
Cannizzaro Mariano: direttore generale di polizia
Carbonari di Giarre, Licodia, Mascali, Mezzojuso, Militello, Montalbano, Nicosia, Niscemi, Novara, Palermo, Partanna, Petralia Soprana, Regalbuto, Bivona, Trapani, Villafranca.
Cartelli anonimi in Palazzo e Palma.
Comitive armate nel distretto di Girgenti e nel territorio di Belpasso, Castrofilippo, Comitini, Grotte, Mirabella, Mussolmeli, Naro, Palma, Partanna, Piaraino, Ramacca, Recalmuto, Sommatine, Trapani Val di Mazzara.
Conflitti armati in Nicosia, Palermo, Parco, Serradifalco, Siracusa, Spaccaforno, Trapani.
Cospirazione in Pantelleria
Divieto di introduzione e spaccio di oggetti religiosi o politici nocenti l’ordine attuale
Ecclesiastici detenuti nelle prigioni di Palermo
Fucilate sulla forza pubblica in Caltanisetta
Galletti e Oneto Salvatore Princ.Sancataldo esule a Malta
Giunta di sicurezza pubblica in Taormina
La Malfa Giuseppe
Modica Michele e Pietro
Molinè Antonino
Partiti in Caccamo e Vicari
Processo per conflitto in Parco tra gendarmi e paesani
Processo per fucilate tirate ai gendarmi in Caltanisetta
Precesso per i misfatti comuni imputati ai gendarmi di Sicilia
Processo per riunioni settarie in Messina
Processo per rivolta tentata in Pantelleria
Processo per saccheggio in Caltanisetta
Processo per sommossa in Palermo
Processo per sommossa a Villarosa
Rapporto sullo spirito pubblico dell’Isola, di Valdemone e di Val di Mazzara
Rapporto sulla tranquillità della valle di Catania, Noto, Palermo
Rapporto storico della gendarmeria reale
Sindaci di Alia, Barcellona, Calatafimi, Comporeale, Caronia, Gagliano, Gran Michele. Licodia, Mascalcia, Militello, Mineo, Mirabella, Monterosso, Novara, Pacco, Pagliata, Petralia Soprana, San Michele, Sclafani, Santangelo, Santo Cono, Palagonia, Ramacca e Vizzini.
Sommossa popolare in Castiglione
Ugo Pietro march. delle Favare, Luogotenente G.le in Sicilia
Il
tempo della raccolta di dati da queste carte non é certo
notevole, ma notevoli sono le domande a cui si cercherà di dare
risposta. A incominciare da quella cruciale: per quali motivi un
tentativo di monarchia amministrativa apparentemente così “moderno” non
solo non “fa presa” sull’Isola, non solo non ottiene consensi, ma
addirittura scivola di crollo in crollo verso la rovina finale?
Una struttura politica abbastanza robusta, forte di una gloriosa tradizione giuridica, come ha potuto fallire nella fondazione di un stato unitario nel Mezzogiorno?
La rivolta del 1820-21, la crisi del 1837, la rivoluzione del 1848, il decennio di cospirazione, sono tutte premesse che spiegano perché nel 1860, quello che cadde sotto le ondate garibaldine é un edificio politico ormai spacciato.
Per capire tutto questo dobbiamo guardare a queste borghesie emerse dopo il 1816 chiamate al governo della città. E’ la governabilità della città, Palermo in particolar modo ma non solo, che é in gioco. Crescendo e ingrandendosi, richiede un intervento sempre più invasivo della “alta” e “bassa” polizia. Senza dimenticare le campagne e l’ordine pubblico all’interno dell’isola.
A questo punto, ci si pone la seguente domanda: attraverso quali canali venivano controllate le masse, come e da chi? Nel luogo periodo si crea una crisi del tradizionale controllo aristocratico sulle masse popolari.
Lo schema massonico e carbonaro costituisce la nervatura della struttura sociale di controllo con cui la borghesia - specialmente urbana - fa proprio il sistema di controllo che era appartenuto all’aristocrazia. Si tratta, come la ricerca cercherà di mettere in evidenza, di una struttura basata su reti di patronage, rese possibili proprio dalle risorse e dagli spazi occupati grazie alle riforme della monarchia. Ma una borghesia che avrebbe potuto approfittare per la sua ascesa dell’alleanza con l’amministrativismo borbonico e della crisi dell’aristocrazia, perché invece che allearsi con la corona, scelse invece di opporlesi, rimanendo più alleata che nemica dell’aristocrazia? E’ questo il grande tema politico su cui si é esercitata la storiografia sulla Sicilia, ed è un cantiere nel quale gli studenti di Scienze Storiche possono esercitare il “mestiere dello storico”.
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