L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
  Eleaml



Fantasy-Landia

di Antonio Orlando

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8 Febbraio 2012



La Lega Nord, dopo essere stata partito di governo negli ultimi nove anni, a causa della caduta del governo Berlusconi, torna (o pretende di tornare) partito di lotta. Riprende le dismesse vesti populiste, agita lo spadone di Pontida, soffia sul fuoco di qualsiasi rivolta si presenti a tiro, addita l’obiettivo della costituzione di uno Stato autonomo, addirittura federato, scavalcando a piè pari la geografia, con la Baviera e, in ogni caso, staccato dalla (ma solo a parole!) odiata “Roma ladrona”.  Come al solito non si va oltre gli slogan e le parole d’ordine, affermazioni solenni, promesse mirabolanti condite da ingiurie, contumelie e parolacce più qualche coreografico corteo con gli elmi gallici e le bandiere verdi e la minaccia di aprire il Parlamento del Nord nell’ex quadrilatero asburgico tra Peschiera e Mantova. Passeggiate fuori-porta e discorsi da osteria, nessun programma, nessun progetto concreto, nessuna prospettiva perché mancano del tutto le basi teoriche, manca la preparazione politica, manca la tensione ideale, non esiste alcun retroterra culturale cui agganciare queste idee vaganti, stravaganti ed estemporanee.

Soprattutto non esiste e non è mai esistita l’idea di “nazione padana” se non nell’immaginazione di Bossi e nella fantasia dei suoi più fedeli accoliti. Se ne è accorto, adoperando semplicemente un po’ di buon senso, uno come il Presidente della Repubblica, che ha passato la vita a tentare di non scontentare nessuno. Non esiste né mai è esistita – ha detto, grosso modo, Napolitano - la Padania e di conseguenza mai è esistito un popolo padano separato e distinto da tutti gli altri italiani. Prova ne sia, mi permetto di aggiungere, che perfino il “Dizionario storico-mitologico di tutti i popoli del mondo”, nel suo campo una specie di super enciclopedia, pubblicato in nove tomi per complessive 5.400 pagine, a Livorno tra il 1829 ed il 1837, da Giovanni Pozzoli e continuato e completato da Felice Romani e Antonio Peracchi, non menziona l’esistenza, né reale né mitologica, di un popolo padano o di una nazione padana. Si rassegnino, perciò, Bossi, Maroni, Calderoli, Cota e compagnia cantando. Nel replicare, volendo dimostrare la sua profonda preparazione storica, l’on. Castelli afferma che Napolitano sta preparando una repressione sul tipo di quella subita dall’Ungheria nel 1956. Non si capisce se con tale affermazione voglia colpire il passato stalinista del Capo dello Stato (che si fa di tutto per nascondere, a onor del vero) e quindi evidenziare che la sostanza è sempre la stessa e che l’uomo fondamentalmente non è cambiato o inneggiare al prossimo martirio dei militanti leghisti, novelli patrioti. Un altro leghista di cui francamente non ricordo il nome, recentemente, ha affermato che la Padania esiste poiché esiste il grana padano. Come dire che la Sardegna è tale in virtù della produzione del pecorino sardo. E’ vero che il gen. De Gaulle sosteneva che è impossibile governare un popolo come quello francese che ha oltre 300 tipi di formaggio, ma fondare uno Stato sul formaggio mi sembra estremamente ridicolo perché sa tanto di “Stato pastoral-bottegaio”.

Vien, dunque, da pensare che la preparazione culturale e storica dei dirigenti della Lega (lasciamo stare gli umili militanti) deve essere stata fatta su testi come ”Le cronache di Narnia”, “Harry Potter”, l’intera saga de “Il Signore degli anelli” e il ciclo di “Dune” di Frank Herbert, mentre quelli che hanno frequentato un master devono aver studiato a fondo “I viaggi di Gulliver”, “Alice nel paese delle meraviglie” e, naturalmente, “Il meraviglioso mago  di Oz”, tutt’e tre romanzi di difficile lettura, detto senza ironia.  E certo questo sarebbe già un notevole passo avanti rispetto al…formaggio!

Non dimentichiamo poi che i fedelissimi del Capo chiamano la sua segreteria ed il suo staff “il cerchio magico” evocando immediatamente una simbologia di tipo esoterico, ritualistico e spirituale  di stampo neo-pagano. Par di vedere Bossi in un contesto tribale esprimere la volontà di ricreare intorno a se uno spazio in cui richiamare energie ancestrali, legate alle forze primordiali dell’universo e alle sue dinamiche energetiche e attraverso queste, lui, Officiante, attinge quell’energia necessaria al compimento dei suoi rituali. Vi ricordate le ampolle con l’acqua attinta alle sorgenti del Po’? portata poi a Venezia, altro luogo magico e sacro per il turismo di massa da sfruttare fino all’osso. In passato Bossi si era ispirato ai Celti e agli Irlandesi, qualche volta ai Baschi, ai Corsi e alla Catalogna, sempre in maniera superficiale ed epidermica, ma stranamente mai agli Ebrei (ai quali ha pure rubato “il va pensiero”) e tanto meno ai  loro antagonisti palestinesi o agli Armeni. Eppure la nascita dello stato di Israele dovrebbe ispirarlo. Un fondo razzista ed antisemita, in verità, costituisce il sostrato su cui si regge la fantasiosa costruzione padana e se togli quello crolla tutto molto più velocemente.  Non un cenno, non una parola sul richiamo, pure fatto da Napolitano, all’unico vero caso di secessionismo che la nostra storia post-unitaria registra che è quello siciliano del periodo 1943 – 1947. Per non parlare delle sempre vive spinte autonomistiche della Sardegna e della Valle d’Aosta, mentre un discorso a parte merita il secessionismo alto-atesino che negli anni ’60 diede concreta prova della sua forza e della sua determinazione.

 La Sicilia è sempre stata “altro” rispetto alla penisola e non è un caso che ancora oggi molti siciliani quando attraversano lo Stretto, dicono di “andare in continente” intendendo dire che si recano in un’altra nazione o che passano nelle “Calabrie” e notate l’uso non casuale e storicamente corretto del plurale. L’idea di “nazione” può essere immaginata  come un’utopia o costruita politicamente o può essere estratta dal corpo di una comunità ed elevata ad ideale, in ogni caso non può essere inventata poiché o non ha futuro o diventa un gioco.

Nel corso dei secoli, ma potremmo forse dire in ogni epoca, l’uomo ha immaginato terre, isole o città immaginarie nelle quali rifugiarsi dallo squallore della vita di tutti i giorni. Scappare da tutto: dalla guerra, dall’ingiustizia, dai tiranni, dalla civiltà. Gli esempi sono tantissimi, da Thomas Moore a Tommaso Campanella, fino alla moderna fantascienza. Negli anni Settanta del Novecento, John Lennon di fronte al fatto che la polizia americana tentava di revocargli il visto temporaneo di soggiorno per cui si vedeva costretto ogni volta a rivolgersi a un tribunale per ottenere una proroga,. proclamò in diretta tv la nascita di “Nutopia”. Uno stato libero, senza barriere né confini, senza passaporti, senza leggi se non quelle cosmiche, uno stato del quale tutti i cittadini sarebbero stati ambasciatori. La bandiera di Nutopia era una bandiera bianca, una semplice bandiera bianca da sventolare contro chiunque. Chi se ne ricorda oggi? E, soprattutto, quanto conta oggi quel gesto?

La serie di “Dragon Age” ha realizzato la nazione di “Ferelden”, parte meridionale del continente di Thedas con tanto di geografia, storia, cultura, società, tradizioni, usi, costumi, regole, culti religiosi.

Su Internet è stata fondata, intorno alla fine del 2010, l’Adriazia che comprende la fascia di  territorio che si affaccia sul mare  Adriatico da Trieste fino a Santa Maria di Leuca e si estende verso l’interno fino alle prime propaggini dell’Appennino. La tesi dei fondatori  di questa “non-Nazione” è che: “se può esistere la Padania può esistere anche l’Adriazia; se non può esistere l’Adriazia non può esistere neanche la Padania”. Un sillogismo di carattere ontologico che permette al movimento M.O.N.A. – Movimento Organizzato Nazionalisti Adriatici – di affermare la legittimità dell’esistenza di un cultura adriatica che unisce tutte le persone che risiedono nelle regioni bagnate dall’Adriatico. E che dire poi di “Guanaca” nazione in cui l’immaginazione prende il potere in maniera dilettantesca grazie all’azione di un signor Nessuno? Viene fuori che le imprese agricole, con l’aiuto del governo, devono dedicarsi al miglioramento delle coltivazioni mediante esperimenti da condurre nelle “isole dell’energia” mentre il potere indice crociate alla ricerca di Dio e l’industria crea macchine per comunicare tramite la musica, inventa telefoni telepatici e auto con motore a sodio metallico. E tutte queste innovazioni non riusciranno, purtroppo, a fermare le guerre scatenate da false proiezioni di immagini sui campi di battaglia. E in ultimo, se uno ha proprio voglia di imitare John Lennon, può crearsi in rete la propria “Cybor Nation” e simulare on-line tutte le strategie geopolitiche che è in grado di elaborare, assumere il ruolo di capo del governo della nazione immaginaria che lui stesso ha fondato e plasmarla a propria immagine e somiglianza. Occhio solo al delirio di onnipotenza sempre in agguato. Se, invece, siamo convinti che una nazione è una cosa seria  , bisogna tornare con i piedi per terra

Una nazione può riferirsi ad una comunità di individui che condividono alcune caratteristiche comuni quali la lingua, il luogo geografico, la storia, le tradizioni ed un governo. Un'altra definizione vede la nazione come una comunità di individui di una o più nazionalità con un suo proprio territorio e governo o anche una tribù o una federazione di tribù (come quella degli indiani nord-americani) Alcuni autori, come Jürgen Habermas, considerando obsoleta la nozione tradizionale di nazione, si riferiscono ad essa come ad un libero contratto sociale tra popoli che si riconoscono in una Costituzione comune. Questo concetto, fortemente giuridicizzato, in questo caso, si estenderebbe anche a quello di patria ed il patriottismo nazionale verrebbe così rimpiazzato dal patriottismo costituzionale. Una nazione può essere rappresentata da uno Stato, che garantisce un ordinamento giuridico e ne afferma la sovranità. In tal caso si parla di Stato-nazione.  

Marx, in splendida solitudine, vede la nazione come un progetto della classe borghese, la quale, proponendosi come classe dominante, conquista il controllo dello Stato, dei suoi apparati legali e produttivi, a scapito dei vecchi ceti feudali e aristocratici. La nazione non costituisce dunque una totalità omogenea. I proletari vi sono esclusi. In quanto prodotto borghese, la nazione è strettamente connessa alle dinamiche del sistema capitalistico e come tale questa verrà meno con il superamento del capitalismo. La nazione è dunque una realtà storico-politica contingente.

Sulla scia di Marx, secondo Benedict Anderson, considerato uno dei maggiori storici del nazionalismo, una nazione e’ una costruzione culturale, una “comunità immaginata“, non certo immaginaria. Ciò significa che l’Italia, l’Irlanda, il Canada, l’Indonesia, il Belgio, la Svizzera, Monaco, il Sud Sudan, Singapore, Timor Est e ogni altro stato-nazione al mondo esistono perché un relativamente piccolo gruppo di persone ha immaginato e costruito queste nazioni, convincendo in qualche modo (con propaganda, giornali, scuole, guerre, accordi, diplomazia, “russificazione”, matrimoni tra famiglie reali, pulizie etniche, ecc) un relativamente più ampio gruppo di persone della loro esistenza. La nascita della nazione italiana o irlandese, canadese o singaporiana sono avvenute per determinate coincidenze storiche e per volontà di un gruppo di individui, non per volontà divina o di madre natura. Queste nazioni un tempo non esistevano, oggi esistono e domani potrebbero non esistere più.

Da qui dovremmo ripartire per sviluppare una riflessione seria sull’Italia di oggi e sul suo futuro possibile, lasciando da parte i miti, i riti, le parodie, i giochi, le simulazioni e ponendo una sola domanda: “sopravviverà l’Italia fino al 2024?”.









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