Ma il dialogo comporta che nessuno degli interlocutori, né i cittadini né le istituzioni, siano reciprocamente sordi e muti. In fondo qui, in senso non tecnico-formale, ma sostanziale e morale, sta la democrazia. Molti ormai sono gli anni, lungo i quali, fin già da quelli, in cui "la rinascita di Napoli aveva stupito il mondo", i più avvertiti tra noi avevano ammonito sulla differenza, spesso pericolosamente ignorata, tra apparenza e sostanza.
Non ci voleva molto, in effetti, se non buon senso e buona fede, per
capire che lo scossone politico innescato in Italia dall'esplosione di
Tangentopoli, avrebbe avuto effetti salutari sulle parti economicamente
e socialmente più forti del Paese, ma avrebbe messo in serio
pericolo quelle caratterizzate da instabili equilibri, come il
Mezzogiorno in genere e Napoli in particolare.
Basti pensare a cosa hanno rappresentato per il nostro mondo del lavoro
il precipitoso smantellamento dell'apparato industriale a capitale
pubblico e le radicali trasformazioni nelle forme del produrre.
Non solo i poteri strettamente politici nazionali, ma ancor più
i potentati economico-finanziari del Paese, avrebbero dovuto elaborare
e mettere in atto strategie adeguate affinché una
città-chiave come Napoli riuscisse ad attraversare il turbine
dei cambiamenti non solo salvandosi dal crollo, ma cogliendo
l'occasione per iniziare il recupero dei suoi enormi ritardi storici, e
realizzarsi finalmente come società del profitto e del diritto e
non più della rendita e della protezione.
Ci troviamo invece, a quanto pare, sull'orlo del disastro. Cosa
possiamo fare, noi privati cittadini napoletani, non armati d'altro che
del nostro diritto (lo dico senza ironia), per evitare almeno di fare
dinanzi al ministro dell'Interno la figura di "rassegnati e inerti" e
dimostrare di essere fieramente "accanto alle istituzioni"?
Credo che non possiamo se non continuare a fare ciò che, in
molti o in pochi, abbiamo sempre fatto, non noi indifferenti alle
istituzioni ma le istituzioni a noi, e che con il MANIFESTO promosso
dal Mattino, e già ricco del sostegno di numerosissime e
significative adesioni di ogni provenienza professionale e sociale e di
ogni età, ci accingiamo a continuare in modo corale.
Si tratta di ridare coraggio ai molti cittadini, soprattutto i
più umili, demoralizzati, e di richiamare le istituzioni sui
nostri bisogni di cittadini, soprattutto parlando ai potenti senza
arroganza ma pure senza infingimenti.
Occorre esercitare quella salvifica virtù civile, che gli
antichi greci chiamarono "parresia", cioè il parlare con
franchezza al potere. Ma soprattutto si tratta di combattere in noi e
negli altri quel vizio mortale della mala tolleranza, contro cui oggi
qualche autorevole personaggio parla, avendo taciuto per tutti gli anni
in cui io ne feci il tema dominante delle mie pubbliche denunce. Il
senso della nostra iniziativa non è (non può e
soprattutto non vuole) essere altro che il gesto di responsabile
impegno di uomini privati in difesa dell'etica pubblica e del diritto
fondamentale specificamente sancito nella Carta europea dei diritti
dell'uomo nella città.
Tutti, istituzioni e cittadini, facciano fino in fondo la propria
parte, senza pretendere di usurpare competenze altrui. Noi privati
faremo la nostra parte, se svolgeremo in pieno la funzione di educare
criticamente noi stessi e gli altri alla cittadinanza attiva, e di
provocare il dialogo, ossia la seria e ininterrotta comunicazione
politica tra i deleganti e i delegati del governo della città.
Tutta qui sta la forza della resistenza civile alla dittatura del
crimine.
"Stiamo tutti volenterosamente collaborando alla rovina. Napoli affoga nella confusione". Aldo Masullo, lo sguardo del filosofo sull'ennesimo impazzimento della città. Corre la voce, falsa e creduta, che i corsi d'orientamento per disoccupati siano slittati e scattano occupazioni, blocchi, anche l'invasione di un seggio elettorale. "Mi chiedo da cittadino - dice il professore - se delle ragioni ci sono, perchè non hanno avuto risposta? E se le ragioni non ci sono, perchè non si reprimono queste cose?".
Lei si è dato risposta?
"No. Ammetto. Occorrerebbe un di più di chiarezza, vorrei dire di informazione, che consentisse analisi e riflessione. Dai giornali capiamo che questo o quello si agita in piazza e sentiamo parlare di pseudocorsi variamente battezzati, dei quali si va, cripticamente, ragionando da anni. Si capisce solo che si tratta di pannicelli, tamponi, ma sfugge la ragione di quel che accade".
Non si vorrà sottrarre dal dare un giudizio?
"Tutt'altro. Ma vorrei, e volentieri, sottrarmi al destino dell'intellettuale in queste situazioni affogate nel rumore in cui è generalizzata la fuga dalle responsabilità; diventare un predicatore. Preferirei, dopo anni di parole inutili, ammutolire".
Non si può. Le chiediamo: perchè siamo arrivati ad un punto di stallo in cui le soluzioni non risolvono, la piazza si agita e regna la sfiducia?
"Perchè è in atto, ritengo, una poco virtuosa gara a scavalco fra forze politiche, istituzioni, forze sociali, una gara all'ammiccamento a questa o quella fazione che porta a simulare disponibilità interessata, al massimo elettorale, inefficace, dannosa addirittura perchè dà alimento al circolo vizioso che tutti ci soffoca. Quello che crea il disagio sociale che diventa, a sua volta, il padre di quello economico. Prenda la camorra. Nasce come risposta al mancato sviluppo economico e, alla fine, ne diventa causa".
Esempi di questa poco virtuosa gara?
"Poco virtuosa e masochista. Quando affonda la nave non vanno sotto solo i topi, ma anche i marinai ed i comandanti sulla tolda. Un esempio patente di disponibilità simulata è senz'altro quello del presidente del Consiglio nella sua recente visita elettorale a Napoli con le sue promesse ad esponenti di gruppi della disoccupazione. Ma penso che il gioco a scavalcarsi sia responsabilità di tutte le istituzioni e forze politiche. Si perde di vista l'obbiettivo principale e, invece di collaborare sinergicamente, si alimenta il disastro dei circoli viziosi che crea la paralisi endemica".
Un manifesto degli intellettuali potrebbe richiamare istituzioni e forze politiche al dovere della collaborazione?
"Sarebbe una strigliata, un avvertimento. Senz'altro una cosa utile. Bisognerebbe vedere, però, se i provocati si lascerebbero provocare. La fuga dalle responsabilità ci rende anche inerti. Un'altra malattia di questa città".
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