Antonio Nicoletta ci ha inviato un interessante articolo sulle celebrazioni dello sbarco in Sicilia. In questo sito potete leggere altri interventi o resoconti dell'attività di pubblicista dell'autore che da anni si impegna per ricostruire la memoria storica del paese meridionale.
L'Altra Sicilia, associazione di diritto internazionale a tutela della Sicilia e dei Siciliani "al di qua ed al di là del Faro", prende atto con rammarico che l'Amministrazione Comunale di Marsala ha deciso di non partecipare più alla Festa dell'Autonomia in programma a Mazara nei prossimi 13, 14 e 15 maggio. Tale defezione sarebbe dettata dalla sovrapposizione di un altro festeggiamento: l'11, 12 e 13 maggio ricorre il 145° dello sbarco dei Mille e quindi della conquista garibaldina della Sicilia.
Il sindaco di Marsala, col pieno rispetto delle sue idee, ancora
ritiene evento epocale, l’impresa di Garibaldi e dei suoi
“mille scriteriati”. Personalmente mi pare azzardato e
ritengo sia antistorico continuare a celebrare l’opera di
Garibaldi, quando anche a Venezia ed in molti degli stati preunitari,
manifestanti contestano i Savoia, il plebiscito del 1866 e
l’annessione successiva che ci portò, nei “79 anni
di troneggiamento” ad un livello economico sociale e civile che
fu il più basso della nostra storia, ed anzi significò
l’inizio della nostra fine come nazione, popolo, storia,
dignità ed orgoglio..
Cominceranno fra poco le celebrazioni e la commemorazione
dell’anniversario dello sbarco dei Mille, atto fondamentale con
cui iniziò la “liberazione” del Regno delle due
Sicilie dalla tirannide borbonica. Mi chiedo cosa ci sia da festeggiare
e celebrare in quella che fra tutte le dominazioni subite dal Sud, fu
la più nefasta, crudele, oppressiva e sanguinosa.
I Piemontesi vennero nel sud per non lasciare inascoltato il
“grido di dolore che si levava dall’italia tutta”;
vorrei sapere chi li indicò e li investì del ruolo di
“liberatori”. Io so solo che l’unico stato
nell’Italia preunitaria, che guerreggiava senza fine era il loro,
il Regno di Sardegna, che di volta in volta era in guerra con gli stati
limitrofi con la tendenza ad espandersi a macchia d’olio
fagocitando quegli stati che ebbero la sventura di essere loro
confinanti.
Prima di loro non risulta in alcun modo, nel periodo che stiamo
considerando, che gli stati preunitari lottassero l’uno contro
l’altro armato.
Addirittura, Re Ferdinando II ricusò al congresso di Bologna del
1833 la possibilità di avere sotto la sua corona l’Italia
unita, in quanto non avrebbe mai potuto e voluto combattere contro gli
altri principi a lui legati da vincoli di sangue e di amicizia. Tali
valori non tennero a freno i Savoia.
Ma fare tante guerre costava tanti soldi, ed il Regno delle due
Sicilie di soldi ne aveva tanti; figurarsi che dopo la spoliazione
garibaldesca del Banco di Sicilia e di Napoli, dopo il plebiscito, il
Regno poté contribuire con più dei due terzi al tesoro
dello stato unitario.
E fu questo, quello della rapina l’incentivo più forte, ed
assieme alle brame politiche di Francia ed Inghilterra, il motivo
scatenante di questa occupazione fatta, cosa eccezionale anche per quei
tempi, senza alcuna formale dichiarazione di guerra. Fu una turpe
conquista coloniale, nonostante la probabile adesione di Siciliani che
lottavano per l'indipendenza da Napoli e per la confederazione con
l'Italia. Di emancipazione sociale ed economica non ne portò
alcuna e i "morti di Bronte" lo dimostrano; quanto all'emancipazione
politica fu tradita non convocando il legittimo Parlamento di Sicilia,
illudendo i Siciliani per qualche anno col governo della Luogotenenza e
poi tradendo negli anni successivi definitivamente ogni illusione.
Morirono per via diretta o indiretta (brigantaggio, deportazione, emigrazione) più di ottocentomila regnicoli nei dieci anni successivi alla conquista.
Fu operata una damnatio memoriae a livello radicale e senza precedenti.
Furono cancellati i monumenti, le lapidi, le ricorrenze, la
toponomastica e tutto quanto poteva ricordare l’antico ed odiato
Regno; su tutto fu imposta la croce sabauda!.
Avere in casa il ritratto di un re Borbone o un cimelio che li
ricordasse, era motivo di essere passati per le armi, senza
pietà.
La conquista del regno per molti versi può essere confrontata
con quella di Troia
La conquista del regno, è ormai acclarato, fu il risultato non
di epiche battaglie, non di volontà popolari, non di eroismi di
condottieri, non di volere di compassionevoli dei, ma come quella di
Troia fu il risultato di inganno, tradimento e ferocia conquistatrice.
Lì valse la furbizia, l’astuzia e l’assenza di
scrupoli di Ulisse e del suo cavallo, che sotto l’aspetto di dono
portava morte e rovina -Timeo Danaos et dona ferentes . L’eroismo
di Ettore, il valore di Achille, la grandezza di Aiace, l’amore
per Patroclo diventano valori solo a contorno nella vicenda di Troia.
Alla fine incombe il tradimento e la viltà che vincono e
sovrastano in un finale che non è più epico i grandi
valori umani e trascinano tutto in lutti e rovina, definitivi e senza
appello.
Da noi l’ebbe vinta la corruzione, l’inganno, le false
amicizie e perché no, il manto di buone intenzioni false
fin dall’origine che coprirono per molto tempo la realtà
ed i fini.
Altro che soccorrere il popolo anelante alla libertà. Il nostro
fu l’assassinio di un Regno, la prevaricazione di un popolo, un
genocidio senza pari, una rapina senza scrupoli.
Ma si sa che la storia la scrivono i vincitori.
In Italia questo è più vero che altrove. Forse
perché, come ogni popolo ha bisogno di una mitologia in cui
riconoscersi; forse perché non abbiamo mai avuto una scuola di
storici emancipati dalla politica; oppure perché siamo fatti
così, semplicemente faziosi.
E questo è dimostrato considerando che su questioni come
risorgimento, fascismo, comunismo, resistenza,, ecc., sono state
scritte intere biblioteche che hanno dato, e continuano a dare, da
una parte e dall’altra, una visione parziale dei fatti, a
volte distorta, altre volte del tutto falsa.
Come aveva preconizzato Francesco II, l’eroe di Gaeta, con la
conquista del sud e la sua fagocitazione in quell’entità
artificiale e disarticolata che fu detta Italia, a noi meridionali non
restarono nemmeno gli occhi per piangere; il Sud fu retrocesso a
colonia periferica e Napoli e Palermo iniziarono ad essere governate da
prefetti venuti dal nord.
E tutto questo dura ancora!
Per cui, nei panni del sindaco di Marsala, mi chiederei cosa ci sia di
onorevole nel celebrare e ricordare gli invasori e colonizzatori della
nostra terra e non privilegiare invece quanti si riuniscono per
ricordare e celebrarne la dignità.
Ai sensi della legge n.62
del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e
del web@master.